Il Corridoio
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Un piede davanti all'altro. Il neon che ronza e illumina. "Esse ci pi numero…". Il corridoio.

Sicurezza, contenimento, protezione. Questo il motto per il quale ho vissuto e lavorato così duramente per gli ultimi ventisette anni. Poche parole che esprimono il sentimento, le paure e il sacrificio di migliaia di uomini e donne da decenni ormai, una continua battaglia contro l'ignoto, l'immensamente potente e l'incomprensibile.

Il corridoio continua, sterile e bianco, una fila sempre uguale di porte blindate e chiavistelli elettronici, con la loro lucina rossa ad indicare che sono bloccati, che tengono gli abomini e i demoni lontano da noi fragili esseri, così forti, così deboli. A ogni porta che supero mi sento osservato, sono spinto a fare un passetto verso il muro opposto, un buon compromesso fra la mia pulsione istintiva e il mio raziocinio; so benissimo che se qualcosa effettivamente ne venisse fuori, non sarebbero certo quei venti centimetri a salvarmi la vita, ma mi sento comunque un po' più al sicuro. Non che questa ala sia particolarmente pericolosa, in realtà: qui sono conservati per lo più oggetti inanimati di classe Euclid che, pur rappresentando un certo qual pericolo, sicuramente non sono causa di reale preoccupazione, grazie ai ragazzi dei team di contenimento. Io stesso non mi considero un uomo particolarmente pavido, anzi; è proprio questo corridoio che mi mette uno strano sentimento in corpo, ogni volta che ci passo.

Attraverso questa parte del Sito Minerva circa una volta a settimana, e ogni volta penso alle stesse cose. Quella porta, ad esempio. Sono abbastanza sicuro di esserci stato diverse volte, ma le procedure di contenimento specificano che dopo ogni visita è obbligatoria l'assunzione di amnestici; si dice però che sia una pianta in vaso con una coscienza e altre proprietà anomale. Quello che penso mentre i miei passi risuonano fra le quattro mura, però, è che forse non dovrebbe essere qui. In fondo, chi siamo noi? Che diritto abbiamo di intrappolare entità senzienti? Forse hanno ragione quelli della Mano quando ci chiamano i "Carcerieri". O forse no, forse non dovremmo neanche pensare di studiare o comprendere queste cose, dovremmo solo distruggerle, come fa la Coalizione. Oppure abbracciare le anomalie e farci dell'arte?

Oppure — e questa è la cosa che più mi spaventa e conforta allo stesso tempo — lasciarli andare tutti e non fare nulla. Così. Lasciare che la natura faccia il suo corso, permettere che questi esseri divini e oggetti inspiegabili ribaltino il nostro universo come un calzino, ponendo fine alle nostre paure e sofferenze. Sarebbe forse la cosa più giusta da fare per evitare che questa disparità continui: noi che moriamo nell'ombra, mentre la gente comune prospera, sguazzando nelle proprie trivialità. Sì, è così che deve andare; la mia mano scivola nella tasca dei pantaloni, con due dita prende il passepartout e mi avvicina verso la console di controllo delle porte blindate…

Ah, ma cosa sto pensando. È tutta colpa di questo corridoio che mi mette questo malumore addosso. Non posso certo permettermi pensieri del genere, io, il direttore di questo posto.

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