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Frascati (Roma)
22 Maggio 1945


BRIGANTE: Tempo di cambiamenti. Tempo di scelte. Tempo di creare una nuova Italia, o di perire nel tentativo.

Così il camerata Arturo Brigante inizia il proprio discorso.

La riunione è secreta, e tutti i partecipanti sono stati avvisati del luogo di svolgimento solo poche ore prima tramite missiva consegnata manualmente. Il luogo è scarno, solo alcune sedie ed una scrivania lo arredano per suddetto incontro, ed esso si situa nei dintorni della città di Frascati; la locazione esatta non verrà quivi rivelata, ma se anche dovesse esser scoverta, si rivelerà deserta ormai da tempo.

BRIGANTE: La Guerra è terminata, ormai. Coloro che ci guidavano non calcano più questa terra, e della nostra Nazione, come del Mondo intero, non restano che macerie fisiche e disgregazione morale.

Così continua egli, mentre gli altri partecipanti odono con attenzione. Il numero è parvo, e non viene quivi rivelato. Si trascrive, però, con solerzia, tutto ciò che viene riferito, e da chi.

BRIGANTE: Non saranno gli uomini mediocri a ricostruire il Paese, e né, persino!, quelli che si innalzano sugli altri per propri meriti e capacità: tale è il livello di distruzione e caos che ci troviamo ad affrontare.

Il camerata Ettore Riva alza il braccio per chieder di parlare, che Brigante gli concede con un gesto della mano, ed egli si erge in piedi per proferir parola.

RIVA: Prima di continuare, Brigante, spiegate a tutti noi, che rischiamo ora la vita in questa riunione clandestina, perché siete voi a parlare, e non il Dottor Auriga, che pure è qui con noi?

Il Dottor Ennio Auriga si aggiusta gli occhiali, annuisce verso il camerata Riva, ma non proferisce parola.

BRIGANTE: Non c'è bisogno di cotesta ostilità, Riva. La Patria è caduta, e con Essa il Fascio, ma noi siamo qui, superstiti, pochi e provati; eppur pieni di valore e forgiati dal rigore delle battaglie combattute. Tutti voi avete visto le Anomalie, cose che sono celate all'uomo comune; avete visto quanto sono pericolose, orribili, deplorevoli, e oscene. E molti di voi le hanno combattute: le nostre battaglie sono iniziate ben prima della Guerra, ben prima delle beghe politiche, e il prezzo, qual era? Non la gloria, non la ricchezza, non la nazione: era la vita sul pianeta, talvolta la Realtà, e talvolta addirittura il Tempo. Nulla di ciò è mai stato reso noto all'uomo comune, che non può capire, né DEVE!

Il camerata Riva si mette a sedere, seppur con le labbra contratte ed i pugni serrati sui fianchi. Brigante indica Auriga.

BRIGANTE: Il Dottor Auriga era Capo Archivista, e il qui presente che vi parla solo un archivista qualunque, ciò è vero, camerata Riva. Ma il Regio Instituto non esiste più, caduto anch'esso, travolto dalle tribolazioni dell'immanente, nonostante il suo scopo superiore a tutto e tutti. E se l'Instituto è caduto, valgono forse i titoli che noi avevamo in esso?

Il camerata Riva soccombe a tali parole, e fa cenno al Brigante di continuare.

BRIGANTE: Gli indicibili incubi che il Regio Instituto conteneva sono ancora dentro le loro celle, ma per quanto ancora? Quanto, prima che tali abomini ritornino a camminare liberi sul nostro suolo, a cacciare i nostri cari per saziare le loro immonde fauci?

AURIGA: Andiamo al punto… che cosa proponete, Brigante? Perché ci avete evocati tutti qui? Ed avete scelto solo individui che lavoravano presso il RIDIA…?

BRIGANTE: Il Fascio è eroicamente caduto, Dottor Auriga. Non possiamo certo ricostruirlo, siamo in pochi, e gli invasori d'oltreoceano calcano il suolo italico. Ma la nostra missione non cambia.

AURIGA: La nostra missione è di contenere le anomalie, in modo che non nuociano.

RIVA: Vero!

Gli astanti mormorano, colpiti nel profondo da tale osservazione.

BRIGANTE: Guardatevi intorno, in somma! Non vi sono più confini tra nazioni, non v'è più l'Instituto, e non v'è più ALCUN ORDINE! La nostra missione, miei solerzi colleghi, è FALLITA!

Riva balza in piedi, ma Auriga lo precede e prende la parola con solerzia.

AURIGA: Non parlare così! Non… non è fallita…!

BRIGANTE: Davvero, Dottor Auriga? E dove sono le chiavi delle celle? O i meccanismi avanzati che le tengono chiuse, se è per questo? Spariti! O meglio, in questo momento quella Fondazione, arrivata insieme agli invasori americani, ne sta prendendo possesso. Cosa ne faranno delle Italiche Anomalie? Cosa, Dottor Auriga, COSA?!

AURIGA: Io… questo non so dirlo.

RIVA: Sembra che anche loro condividano i nostri scopi… "Sicurezza, Contenimento, Protezione", questo è il loro motto.

BRIGANTE: Follia, camerata Riva! Invasori, assassini e ladri, qui sul suolo italico, a prendere possesso degli abomini che abbiamo catturato a costo della vita di tanti di noi! Non è questa la strada giusta da percorrere, Riva.

RIVA: Che cosa propone, dunque?

BRIGANTE: Di seguire valore e virtù.

RIVA: Come? Non possiamo uscire a fucilare gli invasori!

BRIGANTE: No, e non lo faremo. D'ora innanzi, l'ombra sarà la casa in cui lavoreremo. L'oscurità sarà nostra compagna e protettrice.

RIVA: Continuare il Fascio in secreto…?

BRIGANTE: D'ora innanzi noi saremo…

Il camerata Brigante afferra un drappo sul muro e lo strappa via con veemenza. Dietro di esso, si rivela esserci il simbolo riprodotto in apertura di documento. Brigante continua il suo discorso.

BRIGANTE: …I FASCI OSCURI.

Gli astanti emettono vocalizzi di stupore, turbati ma rapiti dagli accadimenti che si dispiegano dinanzi ai loro occhi.

AURIGA: Che… che cos'è quello?

BRIGANTE: La nostra nuova bandiera. Il nostro nuovo credo. O, invero, credo che sia più accurato dire che cotesta è la nostra nuova MISSIONE.

RIVA: Cosa significa?

BRIGANTE: Sarò lieto di spiegare. Il punto ed il cerchio al centro rappresentano il nostro obiettivo, l'ORDINE. La perfezione del cerchio lo rappresenta, così come la sua eternità. Il contorno rappresenta le mura che contengono gli abomini.

RIVA: Perché è aperto in un punto?

BRIGANTE: Perché alcune di esse possono essere IMPIEGATE. E dunque possono essere liberate. Ma il passaggio ha un cancello, e può chiudersi ed aprirsi, secondo il nostro volere.

AURIGA: Rilasciare delle anomalie? Ma questa è pazzia!

BRIGANTE: Quelle di cui avremo il controllo.

AURIGA: Ma non ne abbiamo nessuna…! Lo avete detto voi stesso prima, Brigante!

BRIGANTE: Invero. Per ora.

RIVA: "Per ora"?

Brigante si volta verso il simbolo che troneggia sulla parete, e, petto in fuori, indica fiero le due linee oblique.

BRIGANTE: Questa è la runa Ansuz, la runa magica che indica la divinità. E che può aprire portali con altri mondi.

AURIGA: Ansuz…!

BRIGANTE: Dottor Auriga, in quanto Capo Archivista sapevo che non mi avrebbe deluso. Leggo nei suoi occhi che ha CAPITO.

AURIGA: Non avrete osato effettuare… il Contatto!

Senza dir nulla, il camerata Brigante, con la compostezza che si confà ad un discendente di Roma, si mette impettito di fronte al Dottor Auriga. Sorride, egli, ma il Capo Archivista non ne ricambia l'ardire, pare anzi teso e preoccupato. E subito dopo Brigante si rivolge a Riva, senza diminuir prestanza.

BRIGANTE: Per ora non abbiamo nessun abominio, camerata Riva. Ma presto, e odete tutti le mie parole, presto le potremo CREARE.

AURIGA: PAZZO! Voi avete aperto un Portale! Avete effettuato il Contatto!

BRIGANTE: Il Duce non è più qui a guidarci. La Guerra è perduta, l'Italia è calpestata dallo stivale americano ed il Regio Instituto è stato dismesso. Quale altra scelta avevamo, Dottor Auriga?

AURIGA: La RESA! Meglio la resa che liberare quella Entità nel nostro mondo!

BRIGANTE: Voi dite?

AURIGA: Non avete letto ciò che io so, Brigante! Se quegli esseri immondi sono stati esiliati oltre il Velo è perché essi non devono accedere a questa Realtà, pena la distruzione di tutto! La Guerra stessa… non sarà che un pallido strato di polvere in confronto alla devastazione suprema che l'Entità può apportare!

RIVA: Camerata Brigante… è vero ciò che il Dottor Auriga dice?

BRIGANTE: Mi chiedete se è verità, Riva. Ebbene, vi dico: il Capo Archivista non mente. Eppure, quivi aggiungo, egli erra!

AURIGA: Spiegatevi, camerata! Non avete forse effettuato il Contatto?

BRIGANTE: Sì, Dottor Auriga. Io, Arturo Brigante, tenente scelto, camicia nera, archivista del Regio Instituto delle Italiche Anomalie, io, vi dico… io ho squarciato una porzione del Velo, e indi HO GUARDATO IN FACCIA L'ENTITÀ.

AURIGA: FOLLE! Avete condannato il mondo all'oblio!

RIVA: Anche questo corrisponde al vero, Brigante?!

BRIGANTE: No.

AURIGA: No…?

BRIGANTE: L'Entità non ha voluto entrare nel nostro mondo. Non ha mai oltrepassato il Velo, se non per farmi un meraviglioso dono.

AURIGA: Magia nera…!

BRIGANTE: Errate ancora, Dottore. Non di magia trattasi, bensì di tecnologia.

RIVA: "Tecnologia"?

BRIGANTE: SIC FUIT, o miei valorosi! Una tecnologia sconosciuta, ma così avanzata che gli ordigni atomici degli americani non sono che brezza marina al confronto! Una tecnologia che può manipolare la VITA!

A quelle parole il Dottor Auriga freme vistosamente, che la sua dignità parve sparita nel nulla.

RIVA: E cosa "fa" questa "tecnologia"?

BRIGANTE: Ci permetterà di assemblare le NOSTRE ANOMALIE!

AURIGA: NO, BRIGANTE, NO! È PAZZIA, LA VOSTRA!

BRIGANTE: Esse saranno VIVE, Dottore! E sotto il nostro controllo!

AURIGA: Sarà IL CAOS!

BRIGANTE: E SIA, DUNQUE!

Auriga estrae la sua M34 d'ordinanza, e la punta contro il fiero petto del camerata Brigante, ma questi non batte ciglio, anzi s'avanza di due passi verso il Dottore, che freme ancor, ma non abbassa l'arma.

AURIGA: Non ve lo permetterò, Brigante!

BRIGANTE: Volete spararmi? Fate pure! Ma penserete di fermarmi, così? Di terminare ciò che stiamo iniziando?

AURIGA: Il Contatto… l'Entità fa un DUPLICE dono, nevvero…?

BRIGANTE: Come Capo Archivista conoscete la teoria e la pratica della trasmutazione alchemica. Voi sapete che per poter CREARE, bisogna prima DISTRUGGERE. Si può generare una creazione più PERFETTA. Ma PRIMA… ciò che è IMPERFETTO va disgregato, decomposto nei suoi elementi, che rimessi insieme, creano ORDINE.

Brigante estende un braccio verso Auriga, incurante della canna da fuoco puntata verso il suo cuore pulsante di valor.

BRIGANTE: Datemi la pistola, Dottore.

AURIGA: Sarebbe inutile se vi sparassi, vero?

BRIGANTE: Non può uccidere un'idea.

AURIGA: Né colui che ha ricevuto il secondo dono dell'Entità… eh…?

BRIGANTE: La pistola, Dottore.

Le membra dell'Auriga sono scosse da fremiti, eppure il dito non preme il grilletto, e non chiama via la vita del camerata Brigante. D'improvviso poi, il corpo del Capo Archivista si ricompone. Terminati i brividi, egli gonfia il petto e batte le gambe, come un vero uomo dovrebbe stare in posa. E, con flemma, si porta l'arma alla tempia.

BRIGANTE: Non lo fate, Dottore. Voi sarete utile per i Fasci Oscuri. Ci aiuterete a costruire una Nuova Italia.

AURIGA: Voi non avete letto tutto, Brigante. Ed ora che il RIDIA è caduto, non ne avrete più occasione. I doni dell'Entità non sono che una maledizione, mascherata da benedizione. Nulla di ciò che è oltre il Velo dovrebbe passare in questa Realtà. Anomalia, essere, oggetto o persino idea che attraversi il Velo, vuole solo portare devastazione e null'altro. E io, camerata… non sarò complice di ciò che verrà.

BRIGANTE: Vedo che avete fatto la vostra scelta. La vostra perdita sarà rimpianta da tutti noi… ma porto i miei rispetti al vostro valore.

AURIGA: SCIENTIAM TIMETE.

Il Brigante sbatte i tacchi, e porge il saluto romano al Capo Archivista. Egli ricambia il saluto; i suoi tacchi echeggiano nella stanza, un attimo prima del rombo della polvere da sparo, che falcia la sua vita; il corpo dell'Auriga, esalando l'ultimo respiro, cade a terra esanime. Nella sala si leva un mormorio sommosso, che trasuda la preoccupazione dei deboli.

BRIGANTE: Siete tutti turbati, ora? Nevvero, affiliati? Eppure… vi vedo fermi, bloccati. Volete sapere cosa succederà ora, ed io sono in grado di dirvelo. Disvelerò i vostri dubbi.

Due camerati si avvicinano al corpo del Dottor Auriga per raccoglierlo e portarlo via, ma Brigante li ferma con un gesto.

BRIGANTE: Lasciatelo lì. Che sia di monito a me ed a voi tutti qui presenti. Siete più attenti ora. Non vedete? Dalla tribolazione origina la compostezza. Dal caos nasce l'ordine.

RIVA: Brigante…

BRIGANTE: Cosa, Riva?

RIVA: …cosa è il Velo?

BRIGANTE: Non importa, per ora. Uditemi piuttosto, su ciò che sarà il nostro ideale, la nostra guida, fintanto che continueremo ad esistere nell'oscurità. Vedete tutto intorno al simbolo, quelli che sembrano chiodi, o bulloni? Essi rappresentano il poter costruire, che è ciò che faremo. Costruiremo le nostre anomalie, e le useremo per COSTRUIRE la NUOVA ITALIA, così come sempre avrebbe dovuta essere. Voi tutti ne avete vista almeno qualcheduna all'opera… e ben sapete che nessun umano, né battaglione, né esercito!, possa resistere ad esse. Saremo prima FORTI. E dopo, INVINCIBILI"

RIVA: Perché sono di lunghezze diverse?

BRIGANTE: Cosa conta di più per noi, Riva?

RIVA: Eh…? L'o… L'onore.

BRIGANTE: L'onore! Sic est! Onore e valore, miei seguaci! Ma talvolta l'onore non si può perseguire senza dover sacrificare una parte per il tutto. Talvolta il maglio dovrà sfiorare con la delicatezza d'un seme di soffione, ed altre volte esso dovrà colpire col vigore che frantuma le montagne.

RIVA: Eppure… come ci può dimostrare che tutto ciò è vero? Che il Contatto c'è stato?

BRIGANTE: Osservate.

Il camerata Brigante raccoglie l'arma dalle dita ancora calde del Dottor Auriga, reggendola per la canna, ancora fumante, senza però essere infastidito in alcun modo dalla temperatura della stessa, sicuramente più calda dopo aver esploso un colpo. Lentamente, e con stupore di tutti, egli la impugna saldamente, e poggia la bocca di fuoco sul palmo dell'altra mano. Preme dunque il grilletto, ed il proiettile gli trapassa le carni, finendo conficcato nella parete. Grande sgomento serpeggia tra gli astanti, che però non si muovono dalle loro posizioni, statuari a mirare ciò che si dispiega dinnanzi a' loro occhi. Brigante rimane impassibile, e non mostra segni di dolore, né di turbamento. Mostra a tutti la mano, che perde sangue dalla ferita; ma il fiotto si riduce sempre più finché non restano che poche gocce. La carne lungo i bordi della ferita, che avrebbe invalidato chiunque, appare consistente come la gomma usata per produrre gli pneumatici. Egli si avvicina agli astanti mostrando la propria estremità, e ne muove le dita, che mostrano agilità propria della perfetta salute in connubio con un buon addestramento.

BRIGANTE: Vi è ordunque chiaro, ora, COSA possiamo ottenere?

RIVA: Questo è il secondo dono dell'Entità?

BRIGANTE: Esatto, Riva, esatto!

RIVA: È incredibile! Se solo avessimo potuto avere prima…

Brigante ferma le sue parola con un gesto.

BRIGANTE: Ciò che è stato non può esser cambiato. Ciò che sarà, invece, può esser guidato. Ora avete VEDUTO, ed ora SAPETE.

Riva si volta a guardare le spoglie mortali del Dottor Auriga, e le sue parole gli riecheggiano in mente. "Scientiam Timete". Ma egli non ha più dubbi dopo esser stato testimone di tale prodigioso potere.

BRIGANTE: Dovrei uccidervi tutti, ora che SAPETE cosa mi è stato donato, a tutti voi che sapete riconoscermi. Ma naturalmente non lo farò, e il singolo decesso del Dottor Auriga è stato una grave perdita per la nostra missione. Perciò, farò altro.

Brigante prende una valigetta e la posa sulla scrivania, poscia la apre, dando le spalle agli astanti. Estrae una baionetta, e ne poggia la lama sulla tempia. Ancora non si volta verso gli astanti, e senza indugio fa scendere la lama verso la guancia, tagliando la propria cute, e pur sgorgando sangue, egli non si ferma. L'arma bianca, maneggiata come solo un vero combattente sa fare, scende verso il mento, lo percorre, sbuca sull'altra guancia, arriva alla tempia opposta, e infine lacera lo scalpo, terminando la propria inquitante corsa lì dove era iniziata. Tutti coloro che sono quivi riuniti osservano, rapiti e quasi senza poter respirare. Brigante quindi si porta alla mano sulla fronte e, seppur ancora dà le poderose spalle a tutti, due indizi non lasciano dubbi su cosa sta accadendo: il rumore, che pare quello di un tessuto che viene strappato, e la copiosa quantità di sangue che scorre dal volto fino alla divisa rendendola in gran parte rubiconda. Eppure egli non ha né un fremito né uno spasmo, riguardo ciò che anche il più forte dei guerrieri mai avrebbe potuto sopportare in tal guisa. Non passano molti altri istanti, che l'emorragia si ferma, come mai sarebbe parso possibile, e Brigante allunga la mano a prendere una maschera completamente nera, che si pone sul volto. Infine si volta egli, reggendo in una mano la cute che fu del suo viso, e che grottescamente si allunga verso il basso, monda di sangue. La getta a terra, ed osserva tutti dagli occhi che appaiono rotondi dietro la maschera, la quale, pur apparendo di fattura grezza e non destinta a durare, turba gli animi dei presenti colla sua nerezza che circondano due occhi senza più palpebre, simili, forse, al simbolo che troneggia dietro di lui. Brigante indi punta il dito verso lo straccio di pelle che macchia il pavimento del proprio sangue, iniziando a declamare.

BRIGANTE: Quella è la mia vecchia identità, sia come metafora che nel senso più letterale. Arturo Brigante ordunque non esiste più: d'ora innanzi, io assumerò identità, nome e titolo di DICTATOR!

RIVA: DICTATOR…!

DICTATOR: E voi tutti, miei sodali, miei soldati, futuri governanti della Nuova Italia, siete ora il CONCILIO FASCISTA DELL'OCCULTO!

I presenti si infervorano a tali parole, e vi rispondono con un saluto romano, pregno di grande eccitazione. Il Dictator allarga le braccia, come a proteggere tutti i presenti, e fa alcuni passi in avanti.

DICTATOR: CHAOS FABRICAT ORDINEM!

Gli astanti ripetono quanto pronunciato dal Dictator, ancora, ancora e ancora, alzando la voce, fino ad urlare. Il Dictator li ferma, ed indi inizia ad illustrare la futura strategia dell'appena generato Consiglio Fascista dell'Occulto. Questa però non verrà inclusa nel presente documento; si sappia, tuttavia, che essa prende molto tempo per essere illustrata, ed è intrisa di dettagli e sopraffina strategia.



Gioacchino Sabini, mio carissimo amico e compagno di tante battaglie,
da quivi in poi Vi scriverò di mio pugno.

Non avremo più modo di vederci, e considero dunque questo mio vergare a mano le mie parole come se fosse il nostro ultimo incontro.

Lavorando nel Regio Istituto delle Italiche Anomaliæ abbiamo combattuto e vinto copiose entità non di questo mondo, ed ogni volta siamo tornati vittoriosi, ognuno sicuro che l'altro gli avrebbe coperto le spalle.

Ma oramai la nostra Nazione è cambiata, e con essa noi pure medesimi, siamo diversi ed irriconoscibili. So bene che state trasformando l'Istituto in qualcos'altro, assieme alla Fondazione S. C. P. che lo sta assorbendo come una sanguisuga fa col sangue di ignare vittime.

Ormai le nostre visioni divergono: voi volete regalare agli invasori ciò che a costo di tante vite abbiamo costruito; io, invece, voglio una Grande Italia per il popolo che da Roma discende.

Noi abbiamo accolto la potenza dell'occulto, e stiamo costruendo il nostro esercito.

Ma, in nome della nostra amicizia senza tempo, ed in nome dell'onore che un uomo valoroso non può mancar di avere in grande copia, ho voluto raccontarVi del Consiglio Fascista dell'Occulto e del momento della sua creazione.

Ora sapete che non avrete vita facile: forze oscure si addenseranno contro di Voi come onde tumultuose.

Ho deciso di abbracciare l'occulto ed i suoi doni, e dopo ciò che ho veduto di persona, non ho niuno dubbio sulla mia scelta.

Eppur, vi chiedo, come amico: se dovessi scovrir d'essere nel torto, Ve ne prego, che siate Voi a terminare la mia folle esistenza, e che sia un vostro proiettile a contare il mio ultimo respiro.

Ma se sono nel giusto, così come io credo sia, allora saremo nemici, e preparatevi ad affrontare un avversario temibile, che Vi fronteggerà senza remora alcuna. L'onore mi ha spinto a non nascondervi tale realtà dei fatti, e senza indugio a tale spinta ho dato seguito con questa missiva.

Non entrambi potremo avere il suolo ed il popolo italico.

Che la Vittoria arrida il migliore, e che a questi, Essa regali la Nuova Italia.



Chaos Fabricat Ordinem.



Il Vostro fu amico
ed ora inimico,
Ettore Riva

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