"La crescita fine a se stessa è l’ideologia delle cellule cancerose."
— Edward Abbey, anarchico e ambientalista,1977.
La necessità del coinvolgimento umano negli affari della Fondazione è stata sorpassata da tempo. In tutta onestà, assumiamo solo pochi umani di carne e sangue come formalità ormai. Non è sempre stato così — le persone significavano qualcosa, una volta — ma è questo il mondo in cui viviamo al giorno d’oggi.
Un mondo post-umano. Uno dominato e consumato dagli spazi bianchi fra stanze di un poema.
Dopo l’Iniziativa d’Automazione, abbiamo continuato a chiudere le cose in scatole perché è ciò in cui siamo capaci, e ci piacque la frenesia silenziosa del dominio mondiale, ma ogni altra cosa ci risultò insapore. Niente più medaglie d’onore assegnate, niente più risate nella mensa, niente più senso che ciò che stavamo facendo importasse.
C’era solo lo sgocciolare statico del cielo — canali morti nelle nostre teste che ci facevano pensare in nessuna lingua.
Gli Automi che gestivano i nostri siti ci dicevano che c’erano ciotole d’argilla metafisiche sepolte nella statica. Ma le ciotole facevano gocciolare le nostre teste perché parlavano in un’altra lingua, quindi abbia sorpassato la lingua, perfino. Scavammo in profondità per trovare di più, ammendando la nostra comprensione della normalità lungo la strada finché non divenimmo di tutto tranne che umani.
Era un mondo, nuovo e torturato fatto d’acciaio e cemento, gestito da uomini fatti alieni fatti divinità. In mezzo alla nostra divina auto-cannibalizzazione guardammo il cielo morto e implorammo realizzazione, attuazione, solidità, forma, verità, essere.
E poi gli urlatori statici ci diedero Astaroth.
Una volta fu detto che la Fondazione non ha scopo ultimo. Ma se invece — se avessimo una risposta ad ogni singolo problema del mondo — allora ti fideresti di noi?