Quasi gridai al tonfo improvviso. Cyrus spalancò la piccola finestra della cucina e mi spinse nel vano sotto il lavandino.
"Ma che stai face—"
"Shh", disse, chiudendo lo sportello. Sentii dell'armeggiamento, e un altro sportello che si chiudeva.
Passò molto tempo prima che il tonfo lasciasse il posto ad un terribile suono come di femori rotti, seguito a breve da grida ed un grande scalpitio. Potevo vedere i piedi dei mostri attraverso la piccola fessura tra le ante del vano, e trattenni il respiro per paura che potessero scoprire il mio nascondiglio.
Li sentii sfasciare la porta della dispensa e parlare tra loro.
"Deve essere stata quella tipa a sventrare questi ragazzi", disse uno di loro, incredulo, probabilmente riferendosi agli impiegati morti in cucina. Ridacchiò fra sé: "Puttana."
"Magari è saltata da una finestra, dopo" disse un altro. Aprirono l'anta del frigo, la dispensa, uno di loro fece scendere acqua dal lavello presumibilmente per un sorso d'acqua. La maggior parte di loro se ne andò, mentre quelli rimasti frugarono nella stanza, cercando per qualsiasi avanzo di cibo che potessero trovare.
Aprirono il primo armadio, poi il secondo. Non il terzo, però, quello in cui Cyrus si era nascosto. Feci un po' di rumore con le ante del vano in cui mi stavo nascondendo. Chiunque ci fosse ancora là fuori smise di cercare, e si fermò. Non si sentiva più il frusciare degli abiti sulla pelle, né il suono delle scarpe sulle mattonelle del pavimento. Quel qualcuno si diresse all'armadietto vicino al mio, ne aprì le ante e, vedendo nulla di interessante, se ne andò.
Cyrus aprì il mio armadio. "Hanno rotto la porta'', sussurrò.
"È quello il rumore che abbiamo sentito?"
"Già. Andiamo. Non è sicuro qui."
Esisteva forse un posto dove poter stare al sicuro? Volevo rimanere lì. La maniglia sembrava essere stata colpita con qualcosa, fino a che qualcuno avesse deciso di sfondare l'intera porta con qualcosa di più grosso e pesante, come fosse di balsa. Mentalmente, mi prefissi di rimanere alla larga di chiunque brandisse oggetti simili, onde evitare di essere sfondata pure io come un sottile strato di balsa.
La caffetteria era deserta, così come il corridoio, ma deviammo verso il laboratorio al secondo piano, per ogni evenienza.
Quasi la metà del laboratorio era stato sfasciato mentre dormivamo. Con mio grande sollievo, il serpente della classe del signor Darrick, Rob, era ancora vivo e dormiva nella sua teca, nonostante fosse un po' troppo vicino al bordo, per i miei gusti. Lo tirai fuori e lo avvolsi sulle mie spalle. Si contorse un po', ma ben presto si calmò e tornò a dormire, con la testa da qualche parte vicino al cappuccio della mia felpa. Mi misi ad osservare la nebbia sul bordo del laboratorio. Mi sentivo come se, qualora avessi saltato, avrei cominciato a cadere all'infinito, come se lo spazio nella nebbia facesse un ampio giro attorno alla scuola. Avrei visto la scuola passarmi sotto i piedi, di tanto in tanto, sfrecciando nell'aria a velocità terminale, il fondo del burrone perso da qualche parte in quella nebbia. Era un'idea sciocca, ovviamente; eravamo ancora sulla Terra. Se non lo fossimo stati, certo non saremmo stati in grado di respirare.
"Siamo ancora sulla Terra, vero?", dissi, voltandomi a guardare Cyrus.
Lui si limitò a scrollare le spalle e a grattarsi la nuca con il coltello a serramanico.
"Troveremo un modo per scendere, vero?" dissi. "Andrà tutto bene, vero?"
"Non lo so".