Mi nascosi nel locale caldaia, quando iniziò il panico. Continuavo ad addormentarmi, ma mi svegliavo ogni volta che qualcuno cercava di aprire la porta. Allora la tenevo chiusa fino a quando non la smettevano, per poi tornare a dormire, e ricominciare da capo. Ogni tanto uscivo per andare a pisciare, ma non so quanto rimasi lì. Alla fine me ne andai solo perché volevo qualcosa da mangiare.
L'altra metà della scuola era sparita nel nulla, tagliata in modo netto come se un coltello da cucina gigante l'avesse mozzata via, e con essa metà dello spogliatoio delle ragazze, uno dei laboratori scientifici, la parete di fondo della palestra, la maggior parte degli studenti del secondo anno e dei senior, e un grosso pezzo della biblioteca. Lo notai solo perché andai lì per vedere se ci fosse qualcuno che conoscevo, dentro, ma un sacco delle persone che più mi stavano a cuore era sparito. Era vuota tranne che per una delle assistenti della biblioteca, rannicchiata accanto a una libreria. Me ne andai.
Attraversare il corridoio con le classi degli studenti anziani per arrivare alla mensa è stata la più lunga corsa che abbia mai fatto. Non era iniziata come una corsa, solo una camminata a passo svelto. Mi fermai quando sentii delle urla provenire da una delle classi. Diedi un'occhiata all'interno: la signorina Ladia stava cercando di tenere a bada i senior. Li guardai avanzare verso di lei come un corpo solo, li guardai violarla, li guardai mentre facevano a turno, guardai la pozza di rosso che si spargeva attorno a loro. Poi loro si accorsero di me.
Mi misi a correre; li sentivo dietro di me, e giuro che corsi per ore, squarciando l'aria spessa come l'acqua, mentre mi riempivano di insulti e tentavano di afferrarmi per le braccia, riuscendo a scappare solo grazie all'adrenalina. Ogni volta che battevo le palpebre la porta della caffetteria sembrava sempre più lontana, mentre la folla alle mie spalle sembrava più vicina. Gridai "no, no", ma non potevano più capirmi, non erano più umani. Quasi sfondai la porta una volta raggiuntala, e la barricai con tutte le mie forze. Ero davvero una magra sfida per uno studente del terzo anno, figurarsi due o tre o dieci; forzarono la porta e mi sbatterono per terra. Facce indistinte riempirono il mio campo visivo, fino a quando qualcosa mi prese per il polso.
"Andiamo", mi disse il mio rapitore, praticamente trascinandomi in cucina. Urlai anche a lui, prima di capire chi fosse.
Feci un profondo respiro e mi guardai intorno. Riconobbi i lavoratori della caffetteria, tutti a terra con grandi ferite rosse sui loro stomaci, e Cyrus, che chiudeva la porta.
"Che cosa sta succedendo?", dissi con lo sguardo fisso sui lavoratori della cucina. "Sei… sei stato tu a fare tutto questo?"
Si sedette sul pavimento, massaggiandosi la fronte. "No. Ho solo preso le chiavi…" fece un cenno in direzione della porta, indicando la folla, "— prima che loro potessero arrivare al cibo."
"Cibo…" mormorai. "Ne è rimasto un po'?"
"Sì, prendi quello che vuoi."
Superai gli impiegati della cucina, dirigendomi verso il grande frigorifero industriale. Non c'era molta varietà fra gli alimenti disponibili a scuola, e ho il sospetto che sarà così fino alla fine dell'umanità, ma avevo così sete che presi la prima cosa potabile che ebbi a tiro.
"Dunque", cominciò Cyrus alzando la voce un po' sopra il putiferio della caffetteria, "dove ti eri nascosta? Sono passati quasi tre giorni dall'ultima volta che ti ho vista."
"Nel locale caldaia," risposi dopo essermi seduta con un cartone di latte al cioccolato, uno di quei burrito incartati, ed un biscotto. "È davvero angusto e puzza di muffa, ma nessuno ci ha mai guardato dentro…"
Restammo in silenzio per un po'. Cyrus sembrava completamente esausto, come se fosse stato sveglio tutta la notte a fare la guardia al nostro cibo. Aveva un coltello a scatto in una mano e un paio di chiavi nell'altra.
"Dove sono tutti gli insegnanti?", chiesi.
Scrollò le spalle. "Alcuni sono morti. Altri scomparsi." Fece una pausa, assorto nei suoi pensieri, fissando il soffitto. "Ho visto uno di loro saltare nel burrone. Quel nuovo insegnante di scienze, mi pare."
Capii subito di chi parlava, era quello che teneva un boa constrictor in una vasca nella sua aula. Mentre il signor Darrick era probabilmente morto, mi chiesi se il serpente stava bene.
"Penso di aver visto la signorina Ladia morire", dissi. La mia voce divenne come vuota mente parlavo, ora che avevo davvero capito quel che ebbi visto. "Sono stati quei ragazzi che mi stavano inseguendo. Avrei dovuto fare qualcosa."
Altro silenzio. Immagino che fu la cosa più vicina ad un funerale che quella persona ebbe.
"Ti chiami Mercoledì, giusto?"
Annuii, e stavo per chiedergli se Cyrus era davvero il suo nome o se ricordassi male, quando qualcosa sbatté con forza contro la porta della cucina.