Crediti
Autore: DrClef
Originale: We Got a Good Thing Here
Traduttore: Roberto Turati
Aleksander capì che ci sarebbero stati guai quando la donna accostò lungo il marciapiede fuori dall'aeroporto, a bordo di una decapottabile rossa; indossava un abito scollato blu e una sciarpa di seta con motivi a fiori. Gli chiese:
«Aleksander Foxx?»
«Sì, sono io» rispose lui.
«Sono l'agente Andrea S. Adams. Le darò un passaggio»
La donna aprì quello che, in una macchina qualsiasi, sarebbe stato il cofano e rivelò un minuscolo bagagliaio occupato da una valigia da viaggio troppo grossa e due valigette di plastica.
«Butti dentro le borse»
Aleksander obbedì, per poi salire a bordo accanto alla donna. Commentò:
«Questo veicolo non è troppo vistoso?»
«Si fidi di me: dove stiamo andando, una vettura discreta darebbe nell'occhio ancora di più»
«Le dispiacerebbe spiegarmi che posto è? Il dottor Clef non è stato molto aperto, alla riunione operativa»
L'agente Adams sogghignò:
«Non oserei rovinarle la sorpresa»
Aleksander trattenne uno sbuffo: aveva capito come sarebbe stata quella missione.
Il giorno prima, il dottor Clef aveva detto:
«Devi andare in Arizona e fare da scorta per l'agente Adams. È successa una cosa e ho bisogno che Andrea si occupi di qualcosa per noi»
Aleksander non aveva ancora conosciuto la sua vice comandante da quando si era unito alla SSMA Lambda-2. Le poche informazioni che aveva potuto racimolare su di lei da terze parti si contraddicevano, ma le tre definizioni più comuni erano "letale", "competente" e "attraente". Aleksander aggiunse "imprevedibile" al suo profilo mentale dell'agente speciale senior Adams. In fondo, Andrea era il tipo di donna che noleggiava una Porsche come veicolo di viaggio. Il lungo tragitto attraverso il deserto fu la definizione stessa della monotonia e la conversazione si limitò ai convenevoli e all'accordo reciproco di darsi del tu. Si fermarono al cancello frontale di un lussuoso albergo che, senza alcun motivo apparente, si trovava in mezzo al nulla.
«Sai dove ci troviamo?» chiese l'agente Adams.
Aleksander pensò di mentire, ma alla fine decise di essere sincero:
«È l'albergo Mesa del Rubino, gestito dalle Attività Vacanziere di Marshall e Carter»
«Sì. Non è sofisticato come il Monte del Diamante, ma di certo ha il suo fascino»
A quelle parole, molte cose si fecero più chiare.
«Si tratta dell'incidente al campo giovanile che c'è stato a maggio, vero?»
«In un certo senso. A quanto pare, qualcuno dal tuo vecchio posto di lavoro ha informazioni su quell'incidente e vuole passarcele. Ma vuole farlo in segreto, ecco perché ho prenotato un soggiorno da un fine settimana in questo albergo»
Aleksander rimarcò:
«Sono già stato qui, mi riconosceranno di certo»
Mentre guidava nel parcheggio, l'agente Adams ghignò:
«Riconosceranno anche me: non userò un alias. Essere una degli agenti che hanno sistemato gli zombi nel campeggio dovrà pur valere un soggiorno in omaggio per il fine settimana, giusto?»
«Non proprio. Non è così che agiscono i signori Marshall e Carter»
L'agente Adams parcheggiò la macchina, scese e si avvolse la sciarpa intorno al collo.
«Dovrebbe almeno farmi entrare dalla porta. Inoltre, averti qui con me prende due piccioni con una fava. Mi permette di partecipare a questa riunione senza portarmi appresso un'intera SSM e rassicura i tuoi ex datori di lavoro che non è una trappola della Fondazione»
«Non lo è?»
«Non che io sappia. Potrebbe essere un complicato tranello in doppio cieco. Ma facciamo finta che non lo sia»
Entrarono in un atrio dell'albergo decorato con l'opulenza riservata di solito agli aristocratici della Francia prerivoluzionaria e ai magnati del petrolio mediorientali. Aleksander era ben consapevole che i pavimenti di marmo da soli costavano più di quanto la maggior parte della gente guadagnava in tutta la vita, figurarsi le finiture d'oro e gli intarsi di madreperla. Era un promemoria che i presenti non vivevano nello stesso mondo in cui viveva tutto il resto dell'umanità. I due furono accolti da un uomo dai vestiti immacolati, con indosso un completo a tre pezzi, il quale chinò la sua testa dai capelli pettinati alla perfezione mentre si avvicinavano al bancone della ricezione. Il portiere li salutò:
«Benvenuta, agente Adams. È un piacere rivederla, signor Foxx. Vi abbiamo preparato la suite dorata»
«Sa chi sono?» chiese Andrea.
Il portiere fece un sorriso meccanico:
«All'albergo Mesa del Rubino, siamo fieri di anticipare i desideri dei nostri ospiti ancora prima che sappiano cosa vogliono»
Passò loro un piccolo portafoglio di cuoio che conteneva due chiavi magnetiche e un sottile volantino dell'albergo.
«Prego, seguitemi»
«I nostri bagagli…» iniziò Andrea.
«Saranno portati nelle vostre stanze a breve. Ve lo ripeto: prego, seguitemi»
Seguirono il portiere fuori dall'atrio e lungo un corridoio percorso da lussuosi tappeti bordò e con muri dello stesso colore. L'agente Adams passò le dita lungo il muro, si accigliò e constatò:
«Tappezzeria di seta»
«Solo il meglio per i nostri ospiti» sorrise il portiere.
Aleksander sogghignò. Sapeva cosa aspettarsi dalla Marshall, Carter e Dark. Com’era ovvio, l’agente Adams non ne aveva idea. Furono condotti in una suite a cinque stanze con uno sfarzoso arredamento di ebano e finiture d'oro. Il candelabro appeso al soffitto scintillava; a prima vista, sembrava fatto di cristallo intagliato, ma era più probabile che fossero diamanti. I mobili erano rivestiti di velluto bianco, ricamato con fili dorati. Adagiati su centrini di pizzo realizzati all'uncinetto, c'erano vasi di vetro intagliato che contenevano composizioni floreali fresche, fatte di orchidee rosse e gigli viola, con un tocco di fiori della nebbia. Ma quello che attirò l'attenzione di Aleksander era il cesto di frutta sul tavolo della sala da pranzo, contro il quale era appoggiata una busta color crema. Aleksander la prese, lesse la dedica scritta a mano e la porse a una stupefatta agente Adams.
«È per te»
Andrea accettò la lettera con imbarazzo: i suoi occhi continuavano a studiare l'arredamento ricco e gli accessori di lusso. Quando finì di leggere, una parte della meraviglia sparì dal suo sguardo, rimpiazzata dall'amarezza. Segnalò:
«Il nostro ospite non potrà venire alla nostra riunione programmata stasera, ma ci incontrerà domattina e ci invita a goderci l'ospitalità dell'albergo per stasera»
L'agente Adams strofinò la carta pergamena color crema con le unghie, la guardò in controluce e tirò pure fuori un accendino dalla sua tasca per scaldare una sezione di quello che sembrava e, in effetti, era un foglio bianco. Siccome non trovò niente, lo piegò e lo ributtò sul tavolo.
«Sembra che ci stia dando buca»
«A quanto pare» disse Aleksander.
L'ex sicario prese uno dei frutti, una piccola pera verde con una lieve sfumatura rosa, e la annusò.
«Decane del comizio. Ottime pere. Sono pure difficili da trovare, in questo periodo dell'anno»
Andrea scosse la testa:
«Non mi piace quando mi fanno aspettare»
Aleksander fece spallucce:
«È quello che è. Non abbiamo altra scelta»
«D'accordo» sospirò lei.
L'agente Adams passò un dito sulla mensola in marmo levigato del camino, alzò il capo e guardò il candelabro, poi rivolse un sorriso beffardo ad Aleksander:
«Be', finché siamo nel lusso più sfrenato, vale la pena approfittarne. Che si mangia per cena?»
La cena, servita nel ristorante dell'albergo, era un filetto di manzo frollato per l'agente Adams e un agnello arrosto con un contorno di verdure estive grigliate per Aleksander. L'ex sicario trovò il pasto un po' deludente: certo, era cucinato con competenza, ma non era affatto all'altezza della media della ristorazione di Marshall e Carter. Andrea, dal canto suo, sembrava a un passo dall'estasi. Mangiò un boccone di filetto e tubò con felicità:
«Si scioglie sotto il coltello, è come il burro»
«Di certo è un passo avanti rispetto alle mense della Fondazione» ammise Aleksander.
«Non dico che Flames e i suoi schiavetti non fanno del loro meglio, ma non hanno a disposizione i soldi di questo posto»
L'agente Adams bevve un sorso del suo vino: un cabernet consigliato dal cameriere; era un'annata che Aleksander, a parer suo, trovava un po' stucchevole se combinata con la carne rossa. Andrea si affrettò a precisare:
«Accidenti, se è buono! Certo, non vorrei mangiare così tutte le volte, ma è bello viziarsi una volta ogni tanto»
Aleksander spolpò i resti del suo arrosto, mentre l'agente Adams finì di ripulire il suo piatto e sospirò con soddisfazione dopo l'ultimo boccone. Come se quel sospiro fosse un segnale, forse perché lo era, una coppia di cameriere silenziose arrivò e portò via i piatti vuoti. Poco dopo, al loro tavolo fu portata una coppa di vetro intagliato che conteneva un elaborato dolce al cioccolato guarnito con una polverina dorata. Prima di tornare da dov'era venuto, il cameriere disse con cortesia:
«Complimenti del cuoco»
Andrea mangiò un boccone del dolce, chiuse gli occhi e mugugnò:
«Oddio, se questo dolce fosse vivo, me lo tromberei sul posto»
Aleksander sussultò:
«Modera il linguaggio, per favore: siamo in un ristorante raffinato»
Mentre mangiava un altro boccone del dolce, che stava decadendo a una velocità incredibile, l'agente Adams sogghignò:
«A-ha! Sapevo che c'era qualcosa di umano, dietro quella facciata blanda»
«Blanda?»
Andrea passò il cucchiaio sul fondo del dolce e raccolse un pezzo di densa e delicata salsa di cioccolato.
«Forse non "blanda". Riservata, magari. Il tipo di persona che passa quasi tutta la vita come l'appendice vivente di un'altra persona. Sai, uno dei pesci piccoli. La MC&D non incoraggia proprio gli eccessi di personalità fra i suoi dipendenti»
«La nostra clientela preferisce vivere nell'intimità, senza disturbi. Direi che voi della Fondazione avete il problema opposto»
«Credi che incoraggiamo troppa personalità?»
«Basta guardare i vostri "Quattro Cavalieri" per capire cosa pensa la Fondazione della "personalità"»
L'agente Adams raschiò le ultime gocce di salsa di cioccolato dalla coppa di dolce e fece un sospiro felice:
«Touché. Be', è stato delizioso. Cos'altro si può fare qui?»
"Per forza, ha portato un costume da bagno. E per forza, è un bikini nero"
Aleksander sedeva a bordo piscina e teneva gli occhi aperti in cerca di minacce, mentre l'agente Adams nuotava con pigre bracciate, avanti e indietro per la piscina occupata solo da lei. A quell'ora, non c'era quasi nessuno: a parte una coppia di ospiti che usavano la vasca idromassaggio, lui e Andrea erano gli unici presenti. L'agente Adams interruppe le sue bracciate incessanti e si aggrappò al bordo della piscina.
«Non nuoti?» gli chiese.
«Non mi piacciono le piscine. Il cloro ha un brutto effetto su di me»
«Ah! Non ci avevo pensato. Immagino che i trattamenti contro le alghe non facciano tanto bene ai tuoi nuovi polmoni»
«Non li ucciderebbe, ma sarebbe molto sgradevole»
Aleksander non si stupiva che quella donna sapesse della matrice a base di muschio che rimpiazzava i suoi alveoli; trovava notevole quanto sembrasse ben informata. L'agente Adams gli chiese:
«Com'è farsi ficcare così tante modifiche nel corpo?»
«Ammetto che non è tanto diverso da prima. Alcune cose sono più facili, altre sono più difficili. Ci si deve solo ricordare che, al di là di tutto, si è ancora quelli di prima»
Andrea salì la scaletta ed emerse dalla piscina, inzuppata e luccicante; i suoi capelli castani le si appiccicarono alla testa e alla schiena.
«Immagino che possa essere una lama a doppio taglio. Se non ti piaceva quello che eri prima, il discorso cambia»
«Non è una questione di piacersi o no. È quello che è»
L'agente Adams si stirò le braccia sopra la testa e annunciò:
«Vado a controllare l'idromassaggio»
Aleksander fece una smorfia.
«Allora, cos'è che fa lei per vivere?» chiese l'uomo dai capelli grigi.
Aveva il braccio avvolto attorno a una giovane bionda vivace che aveva meno della metà dei suoi anni e passava tutto il tempo a giocare con un cellulare intarsiato di gioielli. Nessuno dei due aveva il costume da bagno. Aleksander non li guardava: controllava i cancelli e i balconi, in cerca di minacce. Andrea rispose:
«Sono un'esecutiva iunior in una ditta internazionale, specializzata in sicurezza e acquisizioni»
«Interessante»
L'agente Adams aveva deciso di tenere il costume da bagno e sedeva sul bordo della vasca idromassaggio coi piedi immersi nell'acqua ribollente e fumante. L'uomo fissava il corpo seminudo di Andrea come un lupo che squadrava un agnello. La ragazza sembrava interessata più che altro a giocare a Candy Crush Saga. L'uomo affermò:
«Anche la mia azienda lavora in quel campo. Magari abbiamo già lavorato insieme in passato, signorina…»
«Simmons. Veronica Simmons. E ne dubito, la Shanghai Prodotti Consumabili non è molto interessata all'America»
«Shanghai, eh? Sa, ho intenzione di espandermi nel mercato cinese. Non è che potremmo trovare un accordo?»
«Non ho l'autorità per farlo. Ma se mi dà il suo biglietto da visita, posso passarlo ai miei superiori e…»
L'uomo la interruppe con un sorriso:
«Forse sarà meglio se presenta ai suoi superiori qualcosa che è già impacchettato e pronto per la loro firma: dimostrerebbe che c'è iniziativa. Magari le aprirà le porte di una carriera brillante, ben al di sopra dell'esecutiva iunior»
L'agente Adams reagì con un sorriso che mostrava fin troppi denti per essere amichevole:
«Uhm… i miei capi apprezzano le "iniziative"»
«Perché non andiamo nella mia camera? Potremmo parlare un po' di più davanti a un bicchiere di spumante o, se preferisce, qualcosa di più forte»
Aleksander trasalì. Diede un'occhiata più attenta all'uomo nella vasca idromassaggio, rabbrividì e si schiarì la voce due volte. L'agente Adams si voltò, stupita, e rivolse un accattivante sorriso di scuse all'uomo dai capelli grigi. Gli disse:
«Purtroppo, domattina devo incontrare il mio cliente e, visto quanto è importate, dovrò riposare al meglio»
L'uomo insisté con una smorfia disarmante:
«Non ci vorrà molto. Non più di mezz'ora»
La sua mano strinse la presa sul fianco della sua giovane compagna, che emise un lieve squittio di sgomento. Sempre col sorriso, Andrea si congedò:
«Buonanotte, signore»
Si alzò e indossò un soffice accappatoio bianco che Aleksander le stava porgendo. L'uomo fece un ultimo tentativo:
«Magari domani sera? Posso offrirle da bere!»
L'agente Adams lo mise a tacere con un cenno della mano, mentre tornava nell'albergo assieme ad Aleksander. Una volta che entrarono nell'atrio, gli chiese:
«Cosa voleva dire quel tuo segnale? "Pericolo imminente, fermati subito"?»
«Mi sono ricordato dove avevo già visto quell'uomo. È Richard La Fontaine, un ex cliente. I suoi passatempi sono le signorine, la droga e drogare le signorine»
Andrea si impietrì:
«Porca troia»
«Infatti. È meglio non bere i cicchetti che ti offre»
L'agente Adams si guardò alle spalle. Attraverso il vetro colorato, vide l'uomo dai capelli grigi sottrarre il cellulare alla biondina e gettarlo nella vasca; la ragazza gridò sgomenta, il che diede inizio a un rumoroso litigio. In tono freddo, Andrea disse:
«Sai, forse dovrei accettare di seguirlo in camera sua e farmi offrire un cicchetto. Scambio il mio bicchiere col suo e vedremo che gliene pare»
Aleksander scosse la testa, con un'espressione cupa:
«Non funzionerebbe: droga l'intera bottiglia. Tra l'altro, ha speso un capitale per farsi immunizzare dal flunitrazepam»
«Cristo di un Dio! Perché questo stronzo non è in galera?»
«Abbastanza soldi possono cancellare molti misfatti»
L'agente Adams strinse i pugni con forza:
«Ora penso che dovrebbe avere un malaugurato incidente, come annegare nell'idromassaggio o cadere da un balcone al…»
Aleksander la interruppe:
«Non dirlo. Non pensarci neanche, a meno che non voglia diventare un lotto a un'asta di beneficenza»
«Asta di beneficenza?»
«È una punizione tradizionale della MC&D per chi fa del male ai loro clienti. Vendono il colpevole a uno di tanti "specialisti" con un'asta silenziosa. Se sei fortunata, sarai mandata dall'Inquisitore o dal Macellaio. Se sei sfortunata, dal Ladro d'Identità»
«Ti ruba la carta di credito?»
«E la faccia; la mente; il passato; la famiglia; gli amici. Poi li rivende a chiunque voglia condurre la tua vita e possa permettersi le sue tariffe»
«Cristo» sussurrò Andrea.
Aleksander fece spallucce:
«Il ricavo va alla vittima o alla sua famiglia. Così ci sono meno costi e procedure»
«Aspetta, però. Se mi drogasse in un albergo della MC&D, non sarebbe venduto all'asta?»
Aleksander accompagnò l'agente Adams nell'ascensore e serrò le labbra:
«Vorresti provare che ti ha drogata contro la tua volontà? La tua parola contro la sua? Una donna ci è riuscita. Gli amici di La Fontaine hanno messo in comune i loro fondi e hanno offerto più soldi di lei all'asta: l'hanno mandato dal Cortigiano, che gli ha dato dieci scudisciate con un frustino per cavalli»
«Figlio di puttana» sibilò Andrea.
«È quello che è»
La porta dell'ascensore si chiuse.
Tornarono alla loro suite e l'agente Adams fece la doccia. Aleksander ne approfittò per chiamare a casa. Gli fu risposto al terzo squillo e sentì la voce di una bambina:
«Pronto?»
«Ciao, Lucille. Sono papà»
«Ciao, papà. Come stai?»
«Tutto a posto. Com'è andata oggi?»
«Bene. I bruchi a scuola sono diventati farfalle. Sono vanesse del cardo. Sono carine»
«Ci scommetto. Indovina cos'ha fatto il tuo papà oggi?»
«Non saprei. Hai sparato a qualcuno?»
Aleksander corrugò la fronte:
«Cosa ti fa pensare che spari alle persone, Lucille?»
«Ho raccontato a un mio compagno di classe che sei una guardia giurata in una grande azienda e mi ha detto che a volte le guardie giurate sparano alle gente, con gli storditori e altro»
«Storditori?»
«Sì. Sono piccole pistole di plastica che sparano scintille, danno la scossa e fulminano la gente»
Aleksander guardò i suoi guanti, adagiati sul tavolo accanto a lui.
«Lucille, non ho una pistola fatta così»
«Non hai uno storditore? Ma se qualcuno ti attacca?»
Aleksander volse lo sguardo alle due pistole cariche posate accanto ai guanti.
«Gli do un pugno fortissimo»
«Oh! Bene»
«Cos'altro hai fatto?»
Aleksander continuava ad annuire in silenzio, mentre sua figlia chiacchierava al telefono sulla sua giornata. Dopodiché, rimase al telefono per un'altra mezz'ora, in cui raccontò a sua figlia della Baba Yaga e della sua casetta su zampe di gallina; infine, le diede la buonanotte e le promise che avrebbe portato un ricordino a casa. Alla fine, riattaccò, tirò un sospiro soddisfatto e bloccò lo schermo.
«Quanto spesso ti tocca mentire a tua figlia?»
Alzò lo sguardo e vide che l'agente Adams era appoggiata al mini-bar e stava mangiando una fragola. Aleksander non sapeva da quanto lo ascoltava. Si mise il cellulare in tasca, si unì ad Andrea al mini-bar e replicò:
«Non ho mentito in questa telefonata. Non ho una pistola elettrica. Preferisco davvero prendere la gente a pugni. Tutto quello che ho detto era vero. A te quanto spesso tocca mentire ai tuoi figli?»
L'agente Adams buttò il picciolo della fragola nella spazzatura e prese una pera dal cesto della frutta, prima di rispondere:
«Non ne ho. Il fatto è che non ho mai avuto tempo, né ho trovato il padre giusto. Né altro. Ho sentito che c'è stata solo una donna che sapeva trovare il giusto equilibrio tra il lavoro alla Fondazione e una famiglia e, alla fine, ha scelto quest'ultima»
«Chi era?»
«La dottoressa Agatha Rights. Non l'ho mai conosciuta davvero: ha lasciato la Fondazione prima che arrivassi»
«Capisco»
Andrea tagliò una fetta sottile di pera e se la portò alla bocca col suo coltello a serramanico.
«Hai ragione: questa frutta è buonissima. Chissà se posso portarne un po' a casa per i ragazzi?»
«Sono certo che il portiere ti preparerà un cesto da regalare, se glielo chiedi»
«Eh, non ci avrei mai pensato. Non sto spesso in posti dove c'è un portiere»
«Si capisce. Forse è per questo che il signor La Fontaine si è interessato a te: dimostri una certa "ingenuità" che ti contrassegna come una forestiera, una che non bazzica queste cerchie sociali»
L'agente Adams si accigliò:
«Non posso dire di essere nata con la camicia. Anzi, non so affatto come sono cresciuta: non ricordo niente, fino al mio primo giorno alla Fondazione»
«È una pratica insolita?»
Andrea fece spallucce:
«Non è impossibile. Ma di solito ci cancellano la memoria se nella nostra vita passata c'è qualcosa che metterebbe a rischio la sicurezza. Qualunque cosa fosse nel mio caso, alla fine ho scelto comunque di unirmi alla Fondazione. Forse non era tanto importante per me»
«Non ti sei mai fatta domande su chi eri prima?»
L'agente Adams scrollò le spalle di nuovo, mangiò un altro boccone di pera e si pulì la bocca dal succo. Alla fine, dichiarò:
«Mi basta e avanza preoccuparmi di chi sono adesso. E tu? Hai qualche rammarico sul tuo passato?»
Aleksander ripensò a una baita invernale piena di sangue e all'odore della paura; nella sua mente balenarono le immagini di un bruttissimo uomo sorridente con un fucile a pompa e di una donna vecchissima e tosta che indossava pellicce di orso. Ricordò la puzza della polvere da sparo, il primo pianto di sua figlia e l'ultimo respiro di sua moglie. Concluse:
«Il passato? È quello che è»
«Ci puoi giurare»
Rimuginarono su quel fatto insieme per qualche istante.
Aleksander si svegliò prima dell'alba. Fece la doccia; indossò il suo completo; si accertò che i suoi guanti fossero accesi e carichi; infilò il Palvese nel taschino interno della giacca; controllò che la sua pistola fosse carica e che i due caricatori di scorta fossero a posto e fu pronto per affrontare la giornata. Il servizio in camera era già arrivato con la colazione: l'agente Adams stava gustando una frittata alle erbe aromatiche con lo stesso entusiasmo con cui aveva divorato il filetto della sera prima. Il piatto di Aleksander era ancora coperto da un tovagliolo; l'ex sicario lo tolse e si godé il profumo delle frittelle appena fatte. Le condì con burro e sciroppo d'acero e assaporò il primo boccone. L'agente Adams prese la parola dopo aver ingoiato un boccone di frittata:
«Il nostro contatto ha mandato un messaggio con la colazione. Dobbiamo incontrarlo tra un'ora nella suite imperiale. Sembra che ieri sera ci sia stato un nuovo sviluppo: le trattative potrebbero essere cambiate»
«Ci complicherà la missione?» chiese Aleksander.
Andrea usò un pezzo di pane tostato per raccogliere gli ultimi pezzi di uovo rimasti sul suo piatto, fece un sospiro felice e si alzò dal tavolo.
«Non molto. Devo andare a vestirmi, fai con calma»
Si ritirò nella sua stanza, mentre Aleksander si godeva la colazione. Si stava rilassando con una tazza di caffè, quando la donna tornò; indossava un abito da ufficio grigio. Aleksander la osservò e posò la sua tazza sul tavolo, quando notò che le mani dell'agente Adams erano coperte da guanti neri e lisci e che le sue "calze" erano fatte dello stesso materiale. Sporgeva persino sopra la scollatura della camicia e saliva fino al mento di Andrea. Aleksander le domandò:
«Quella è la tuta da combattimento?»
«Sì. Non ho intenzione di usare il casco, ma sarebbe stupido andare là senza un minimo di protezione per…»
Aleksander alzò la mano e la interruppe:
«Voglio darti un consiglio»
Quando il portiere venne a prenderli per il loro incontro, li trovò seduti insieme sul divano. L'uomo era vestito alla perfezione col suo completo immacolato e la sua cravatta verde, mentre la donna indossava una tuta attillata nera e liscia con bordini rossi; la sua faccia era nascosta da un casco nero dal visore opaco. Il portiere indugiò. Inarcò le sopracciglia e agitò la mandibola, mentre cercava di elaborare ciò che vedeva. Le sue parole pronte si persero sulle sue labbra.
La donna si alzò; oltre alla tuta da combattimento, indossava un paio di décolleté coi tacchi a spillo. Mentre la donna gli si avvicinava, i tacchi emettevano schiocchi forti sul pavimento. Il portiere deglutì, mentre fissava la sua immagine deformata riflessa nel visore del casco. Una voce femminile fredda e metallica gli chiese:
«È ora?»
«Il signor…»
Il portiere si leccò le labbra con ansia, stette sull'attenti, fece appello a tutto il suo ritegno e sorrise:
«Il vostro colloquio è pronto, signora. Potrebbe seguirmi, per cortesia?»
La donna annuì. L'uomo si alzò e li seguì nel corridoio; portava con sé una valigetta di plastica.
Mentre attraversavano l'atrio, tutti gli sguardi erano puntati su di loro. L'agente Adams vide Richard La Fontaine seduto da solo nella sala da pranzo dell'albergo, intento a mangiare una bistecca e uova all'occhio di bue. L'uomo dai capelli grigi la guardò e rimase a bocca aperta, mentre lo superavano. Era così stupefatto che gli cadde la forchetta. Sotto il casco, Andrea fece un sorriso compiaciuto. Entrarono nell'ascensore; il portiere aprì un pannello nascosto e premé un pulsante che si illuminò al tocco. Lo tenne premuto finché una lucina accanto a esso non passò da gialla a verde.
«Scansiona le impronte digitali?» chiese Andrea.
Il portiere annuì, teso:
«Sì, signora. È anche un sensore di battiti cardiaci, per impedire che si usino mani amputate senza permesso»
«Che succede se qualcuno prova a usarlo senza permesso?»
«L'ascensore si blocca e si riempie di gas soporifero. Nella maggior parte dei casi, l'ospite viene interrogato, amnestizzato e rilasciato. In altri casi…»
Il portiere rabbrividì e le rivolse un sorriso di scuse. L'agente Adams annuì. Il portiere tossicchiò, agitato, e si tamburellava le dita sui pantaloni. Continuava a dare rapide occhiate alle immagini riflesse di lei e Aleksander sulla porta dell'ascensore. Andrea si divertì provando a restare più immobile che poteva, il che sembrava mettere il portiere ancora più in ansia. L'agente Adams vide che Aleksander guardava da un'altra parte. Sembrava che si guardasse l'orologio da polso, ma era convinta che stesse sorridendo. Alla fine, la porta dell'ascensore si aprì ed entrarono in una stanza ancora più lussuosa della suite dorata. Due uomini in giacca e cravatta scattarono sull'attenti.
«Sono Andrea S. Adams, ho un appuntamento alle dieci»
Le guardie annuirono in silenzio, in apparenza indifferenti al suo aspetto. Nella stanza risuonò una risata grave e inquietante:
«Brava! Di certo sa come si entra in scena»
L'agente Adams guardò in direzione della voce. Erano in due: entrambi signori vecchissimi, uno sdentato ma dallo sguardo vispo, l'altro con un sorriso raggiante e perfetto ma lo sguardo vitreo. Quello sorridente fece le presentazioni:
«Signorina Adams, sono Jeremy Marshall. Questo è il mio socio, Thomas Carter. Il nostro terzo collaboratore, il signor Dark, si scusa per non essere qui oggi»
Aleksander voleva fuggire. Voltarsi e andarsene. Desiderava solo scappare più in fretta che poteva da quella stanza. Jeremy Marshall era morto, lo sapevano tutti. Sapevano tutti che era morto decenni prima e che aveva tramandato la sua porzione dell'azienda ai suoi figli ed eredi. Eppure eccolo lì, alto, sorridente, vivo e vegeto; era identico a com'era nelle foto sbiadite appese in ogni ufficio aziendale della Marshall, Carter e Dark. E Thomas Carter? Sapevano tutti che era ancora vivo. Ma chiunque avesse lavorato per l'azienda sapeva come e perché. Solo quello bastava per non volergli stare davanti.
Guardò l'agente Adams. Se Andrea avesse sussultato o mostrato segni di voler scappare, l'avrebbe seguita a ruota. La sua mano fece per afferrare la pistola: un gesto inutile, visto quante guardie c'erano nella stanza; sarebbe stato crivellato di piombo in pochi secondi e neanche il suo completo antiproiettile l'avrebbe protetto da un colpo in testa. L'agente Adams raddrizzò la schiena, inclinò la testa celata dal casco e tese la mano con una disinvoltura aggraziata.
«Andrea Adams. Incantata»
Il signor Marshall le strinse la mano. Il signor Carter baciò il dorso della mano guantata come l'eroe di un brutto romanzo rosa. Aleksander espirò e rilassò il braccio. Jeremy Marshall indicò la sedia vuota fra lui e il signor Carter e disse:
«Le offrirei un tè e stuzzichini, ma date le circostanze, ritengo che sarebbe tutt'altro che garbato»
«Infatti» annuì lei.
L'agente Adams si sedé, incrociò le gambe e si stravaccò, con quella che Aleksander interpretò come noncuranza risentita. Andrea domandò:
«Vogliamo parlare di affari?»
«In effetti, sembra questo il suo modo di agire. Ha portato l'anomalia?» chiese il signor Marshall.
L'agente Adams fece un cenno ad Aleksander, che adagiò la valigetta che trasportava sul tavolino. Andrea armeggiò coi lucchetti a combinazione per un attimo, poi aprì i ganci. Tirò fuori un raffinato piatto di porcellana con intarsi ondeggianti d'oro e platino, dall'orlo borchiato con una fila di diamati da tre quarti di carato. Una guardia coi guanti bianchi prese il piatto e lo porse al signor Carter, il quale lo studiò da vicino con un monocolo da gioielliere, per poi poggiarlo sul tavolino e schioccare le dita. Si avvicinò una ragazza che portava un vassoio d'argento, su cui stava un tagliere con cinque salsicce crude. Adagiò il tagliere sul piatto di porcellana. Ora, al posto delle salsicce, sul tagliere c'erano cinque dita umane mozzate. Il signor Marshall commentò:
«Voi della Fondazione siete bravi in tante cose, ma il galateo non è mai stato il vostro forte. Servire il cibo sul sottopiatto? Che barbarie!»
L'agente Adams ribatté:
«Di solito, abbiamo cose più importanti di cui preoccuparci. Ricordare quale forchetta ci vuole per l'insalata non è la nostra priorità. Avete chiesto SCP-604 e ve ne abbiamo dato una parte»
Il signor Marshall spiegò:
«La forchetta per l'insalata è più piccola e si mette a sinistra di quella per la cena. È una regola generale: si parte dall'esterno e si procede verso il piatto»
L'agente Adams inclinò la testa, in segno di riconoscimento. Il signor Carter protestò:
«Questa valigetta è troppo piccola, non può esserci tutta la raccolta»
Andrea replicò:
«Vi ho portato abbastanza stoviglie per apparecchiare otto tavoli. Bastano e avanzano per le cene piccole e intime. La Fondazione si terrà il resto»
Il signor Carter sghignazzò:
«Ah, sì? Forse, allora, dovremmo fare altrettanto con le informazioni che abbiamo raccolto»
Il signor Marshall lo apostrofò:
«Thomas? Col permesso della signorina, non pensi che dovresti fare l'inventario della merce? Magari nella stanza accanto»
Il signor Carter sbuffò, ma fece un cenno a una guardia che, dopo aver dato un'occhiata all'agente Adams, prese la custodia e la portò in cucina. La porta si chiuse alle loro spalle e Aleksander e Andrea si ritrovarono da soli con Jeremy Marshall e una coppia di guardie discrete. Il signor Marshall sospirò:
«Chiedo scusa. Thomas è un caro amico e nessuno ha un fiuto per gli affari migliore del suo, ma quando si tratta delle relazioni coi clienti…»
Scrollò le spalle e fece una risatina disarmante. L'agente Adams annuì:
«Conosco la gente come lui. A dirla tutta, neanch'io me la cavo benissimo da quel punto di vista. Dunque, parliamo»
Il signor Carter si sporse in avanti e il suo sorriso scomparve:
«Molto bene, veniamo al punto. Qualcuno ci ha danneggiati. Ha fatto del male ai nostri clienti. Ma soprattutto, ha macchiato la nostra reputazione. Non lo posso tollerare. Abbiamo usato parecchie risorse per stanare queste persone che hanno avuto l'audacia di sferrare quell'attacco barbarico ai figli dei nostri clienti e crediamo di aver trovato il colpevole. Sono certo che lo conoscete»
«Sputi il rospo, allora. Non ho tutta la giornata»
«Il generale Ulysses Bowe»
Aleksander vide l'agente Adams sussultare:
«Lo ripeta»
«Il generale Ulysses Bowe. L'ex capo della Commissione Bowe degli Stati Uniti. L'ex benefattore della Fondazione, nonché l'architetto del suo programma di militarizzazione originario»
Andrea scosse la testa:
«Il generale Bowe è morto. Fu ucciso nove anni fa. Fu decapitato da…»
Il signor Marshall la interruppe e il suo sorriso fu come un coltello sfoderato in un vicolo buio:
«Sì, ma si dice che nessuno è davvero morto, finché c'è chi lo ricorda. E c'è chi ricorda il generale Bowe, condivide il suo sogno e serba molto rancore ai responsabili della sua morte. Secondo voi, perché i loro primi bersagli sono stati i siti della Fondazione? Credevate che fosse una coincidenza?»
L'agente Adams non rispose. Jeremy Marshall adagiò una chiavetta placcata d'oro sul tavolino e aggiunse:
«Qui troverete tutte le informazioni che siamo riusciti a raccogliere sugli eredi del generale Bowe. Vi chiediamo solo di trovarli e permetterci di avere la nostra fetta di torta, quando sarà ora di punirli per i loro misfatti»
Andrea non si mosse. Aleksander lo considerò un tacito ordine di prendere la chiavetta, annusarla e studiarla con attenzione, in cerca di trappole o dispositivi di tracciamento. Non trovò niente di sospetto, quindi la infilò nel taschino interno della sua giacca per custodirla. L'agente Adams chiese:
«C'è dell'altro?»
Il signor Marshall rispose:
«Niente che mi venga in mente per ora. Com'è ovvio, è libera di stare qui un'altra notte, offre la casa. È il minimo che possiamo fare per lei, visto l'aiuto che ci ha dato tempo fa»
«È un'offerta generosa, ma dopo questi sviluppi, torneremo subito da dove siamo venuti»
«Se lo desiderate, in effetti un'ultima cosa c'è. Una questione personale»
Il signor Marshall fece un cenno alla guardia calva dietro di lui, che si avvicinò e mise una piccola custodia d'argento sul tavolino. Il signor Marshall aprì il gancio, sollevò il coperchio e rivelò dodici cartucce da nove millimetri messe in fila su un pezzo di velluto viola.
«Tra le vittime di quell'attacco di zombi, c'erano due dei miei bisnipoti. Non mi illudo che avrò mai l'occasione di vendicarmi di persona. Per questo, ho preparato questi proiettili per voi»
L'agente Adams tirò fuori uno dei proiettili dalla custodia. Il bossolo era placcato d'oro e vi era inciso lo stemma della Marshall, Carter e Dark. Il proiettile emanava uno strano luccichio nauseante e sembrava pulsare con un ritmo lento e stabile. Il signor Marshall affermò:
«Usate questi e vi garantisco che i vostri nemici moriranno fra atroci sofferenze»
Sorrise ancora e la sua smorfia faceva venire i brividi come nient'altro.
Tre ore dopo, Andrea e Aleksander erano seduti a bordo di un aereo di linea regionale, diretti a casa. L'agente Adams guardava fuori dal finestrino; teneva la chiavetta in mano e ne apriva e chiudeva il coperchietto di continuo, con un'espressione concentrata. Aleksander sorseggiava il suo bloody mary e aspettava con pazienza. Non era il caso di interrompere qualcuno con un'espressione meditabonda del genere. A un certo punto, l'agente Adams passò la sua carta d'identità nel lettore di carte di credito sul bracciolo del suo sedile; si sollevò uno schermo che non aveva niente a che fare con un acquisto. Dopo che Andrea ebbe premuto qualche tasto, apparve un uomo in abiti scadenti; la sua testa era un insieme tremolante di varie immagini e motivi. L'uomo parlò:
«Qui è il dottor Clef. Dimmi tutto, Andrea»
«È un argomento scottante, non posso parlarne via etere. Ma credo che tu abbia ragione: dobbiamo espanderci. Il problema è molto più grave di quanto pensassimo»
«L'agente Lurk e il dottor Bridge stanno arrivando. In quanto agli altri, tieni gli occhi aperti e farò altrettanto. Qual è il vostro tempo di arrivo stimato?»
«Le quattro del pomeriggio locali. Dall'aeroporto, andremo dritti al sito»
«Ricevuto. Clef, chiudo»
L'immagine sfarfallò e scomparve, sostituita dal simbolo della Fondazione. L'agente Adams chiese:
«Aleksander, secondo te com'è andata la missione?»
L'ex sicario fece spallucce:
«Abbiamo quello che ci serviva e siamo ancora vivi. Direi che è andata bene come speravamo»
«Non sei deluso perché non hai avuto l'occasione di fare a pugni con qualcuno? O di uccidere qualcuno?»
Aleksander scrollò di nuovo le spalle:
«A meno che non abbia frainteso la situazione, mi sa che in futuro ne avrò parecchie»
Le dita di Andrea strinsero la chiavetta con forza:
«Ci puoi scommettere. Cazzo, se ci puoi scommettere»
Aleksander mise giù la sua bevanda e le chiese:
«C'è qualcosa che ti turba?»
L'agente Adams si stravaccò sul sedile e guardò il soffitto:
«Sto solo pensando alla giustizia, ai soldi e all'incrocio di queste due cose. Un ricco bastardo può andare in giro a drogare ragazze senza prendersi neanche uno schiaffo sul polso, mentre un altro ricco bastardo mette una vera e propria taglia sulla testa di chi gli ha fatto un torto. Il fatto che per loro va bene così mi fa imbestialire»
Aleksander annuì, pensieroso, prima di confessare:
«Sai, quando ho scoperto che saresti stata tu l'agente a capo di questa missione, ero scontento»
Andrea fece una risatina sprezzante:
«Perché ero una donna che si buttava a capofitto nel cuore stesso del patriarcato?»
Aleksander bevve il resto del suo bloody mary e mise il bicchiere sul tavolino.
«Perché eri una forestiera che entrava in un mondo che non capiva. Non negherò che avresti potuto fare di meglio, ma come ho detto prima: abbiamo quello che ci serviva e siamo ancora vivi. A questo punto, è il massimo in cui possiamo sperare»
«Immagino che sia vero. Avrei voluto comunque poter fare qualcosa di più»
Aleksander annuì a occhi chiusi:
«È quello che è»
L'aereo continuò il suo volo.
Testo di una Comunicazione Intercettata da una Parte Sconosciuta
DA: "Nathan Hale"
A: "Lafayette"
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[IMMAGINE REDATTA]
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