Non aveva mai avuto grandi aspettative per la festa, ma di certo queste erano state superate in senso negativo. Era rimasta in uno spazio angusto e buio e pertanto decise di impiegare la lucidità appena tornatale per prendere nota della situazione.
Il vestito le si era strappato sullo spallino, gli occhiali si erano rotti e il segno sulla guancia le faceva molto male, ma tutto ciò di cui riusciva a rendersi conto, era quello strano languore che sentiva. Non poteva essere davvero fame, si era ben ingozzata al rinfresco, tanto che Monica ha dovut-
Cazzo, perché le era tornata in mente Monica? Lei le aveva fatto nient'altro che danni e desiderava soltanto che non fosse mai stata presente nella sua vita. Ora tutto quello che doveva fare era aspettare là rannicchiata fino a che lei e gli altri si sarebbero stancati di cercare. Tempo che sarebbe accaduto, di sicuro avrebbe riottenuto le forze per uscire dall'anfratto con una spinta.
Sarebbe tornata a casa, avrebbe preso le pillole in tempo, si sarebbe ripulita la bocca da quel saporaccio e sarebbe andata dormire per poi vivere un altro normalissimo giorno della sua normalissima vita.
Per quanto la notte precedente fosse stata frenetica, gli agenti della SSM H-11 congiunti ad un manipolo di agenti locali ora marciavano annoiati per i corridoi del complesso scolastico. Il solo a non avere un'espressione annoiata, ma piuttosto innervosite, era il comandante Richards. La sua squadra non veniva spesso messa in uso, il che gli aveva dato il presentimento che la sua carriera fosse ad un vicolo cieco. Sperava che questa anomalia sarebbe stata la sua balena bianca, ma si era invece ritrovato nel solito vicolo cieco con in aggiunta la scomodità di doversi presentare ogni anno in Italia.
Giunti di fronte ad un doppio portone, gli agenti Busolini e Porta si rivolsero a lui in attesa di un segnale, questi con la testa gli fece cenno di aprire. Questa non era chiusa, solo arrugginita.
- Libero! -
Esclamò il comandante Samuel Richards dopo aver esaminato il buio corridoio puntandoci la torcia. Con un gesto della sua mano gli agenti a suo seguito entrarono ordinatamente per la porta con i fucili imbracciati e pronti a far fuoco.
Al sentire: - Carter, Busolini, Moretti e Zhao, aprite gli armadietti sul lato, Hennesy, Frediani e Porta, pronti a fare fuoco. - iniziarono uno ad uno a spalancare quegli sportelli con il suono ritmico dei cardini arrugginiti che facevano attrito.
Lorenzo Porta pur rispettando i comandi del suo capitano alzò gli occhi al cielo. Sapeva quanto lui come l'anomalia con cui avevano a che fare fosse imprevedibile ma questa minuzia gli sembrava assurda; una cosa era certa: quando IT-032 si dava da fare, spazzolava la scena del delitto, non c'erano santi. Proprio quando ebbe tirato un forte sospiro, causato probabilmente dalla ripetizione continua che aveva segnato la giornata, sentì il suono di qualcosa che cadeva per terra. Abbassò lo sguardo e vide una figura umana distesa.
Il comandante non fiatò, ma fece cenno a Zhao di girare il corpo con cautela così da vederlo in volto. Lei obbedì e ribaltando la figura con la canna del suo semiautomatico, rivelò un volto familiare, decisamente rasato rispetto all'ultima volta che ciascuno di loro l'aveva visto ma percorso da una cicatrice che partiva dall'occhio sinistro e scendeva per la guancia.
- Guarda chi si rivede. - commentò Carter.
- Un minimo di rispetto, agente. -
Zhao si fece avanti e disse a Richards: - Sarà il caso di farlo presente alla direttrice? Non so di nessun protocollo sull'eventualità di morti di parenti sul campo. -
Richards, con tono abbastanza apprensivo le rispose: - Sarebbe buon senso informarla una volta terminate le ispezioni, non è la prima volta che questo bastardo gioca tiri simili, è solo che fino ad ora non ne ha mai fatti a noi. -
Zhao fece cenno di comprendere e riaprì la bocca, presto tutti gli agenti si fecero attorno al comandante e uno alla volta, diedero il loro contributo alla discussione su come procedere per la pianta dell'edificio e quali agenti mettere a sorvegliare il corpo. Ma Lorenzo non ne sentì una parola, poiché al contrario degli altri si era accovacciato ad osservare la potenziale vittima ritrovata.
Conosceva poco quella persona, e quel poco che ne sapeva era per lo più dovuto alla cattiva fama che ogni "figlio del mestiere" si portava dietro. Piacevano a pochi: bambini i cui genitori o guardiani legali erano membri della Fondazione a tempo pieno, venivano seguiti nell'educazione da agenti sotto copertura. Erano monitorati così che non dessero troppo nell'occhio o si facessero troppi amici e nei casi più estremi, come lo era questo, dimoravano nel sito come ogni altro dipendente. È inutile dire che il loro posto come futuri membri della Fondazione era già segnato. Reclutare ragazzini ed istruirli al mondo dell'anomalo era molto più semplice e garantiva un flusso costante di dipendenti; almeno questo è quello che qualche invasato ai piani alti aveva pensato.
Si concentrò sul suo volto, era quasi cadaverico con quelle pupille opache, rese ancora più dilatate dalle lenti degli occhiali sovrastanti e aveva i capelli decisamente più lunghi di quanto ricordasse. IT-032 aveva sicuramente preso questa vittima durante il suo anno sabbatico, quando i suoi contatti con la nonna e la Fondazione erano al loro minimo. Ai nuovi assunti ma specialmente ai "figli del mestiere" era normale concedere questi periodi di pausa. Non ne era mai stato comunicato il perché ma una teoria si era in fretta fatta strada fra il personale: all'inizio tenevano il guinzaglio allentato, giusto per fargli maturare un'idea positiva della Fondazione, poi li sbattevano in mezzo a tutto il resto dello staff senza tante cerimonie.
Se la teoria fosse stata vera, di certo nella pratica era meno brutale di quanto sembrasse, pensò Lorenzo: in un modo o nell'altro tutte le persone che aveva visto accettare un posto a tempo pieno, con sempre meno concessioni, l'avevano fatto senza dispiacere. Per convenienza o nostalgia, tutti tornavano dall'anno sabbatico. Questa però era una svolta raccapricciante, che quella per terra fosse veramente la persona a cui stava pensando o no. Era in procinto di voltarsi per unirsi al resto del gruppo quando sentì un gemito "Respira" pensò, si volto di scatto e confermò il suo dubbio guardando l'alzarsi e lo scendere del petto, urlò ad alta voce:
- Sta respirando! È ancora in vita! -
Il capitano Richards era chiaramente infastidito dalla mancanza di contegno ma preferì ordinare: - Cambio di piani, resteremo qui a sorvegliare il soggetto fino all'arrivo dei soccorsi. Una volta arrivati, due di voi lo scorteranno da qui al sito mentre gli altri rimarranno a perlustrare. Chi si offre? -
Frediani e Porta alzarono la mano, al che Richards rispose: - Bene, Hennessy chiama i soccorsi, voi due state attenti, potrebbe essere un altro trucco di quella bestia. -
I due fecero cenno di comprendere e poi voltarono lo sguardo verso la ragazza a terra. Aveva una cera terribile.
Lorenzo era felice del nuovo titolo. Aveva lavorato duramente per scalare i ranghi delle "Bestie Selvagge" e i suoi meriti erano stati finalmente riconosciuti. Avrebbe sempre avuto degli incarichi secondari ma ora era a capo della neofondata SSM K-76 e sperava che finalmente sarebbe riuscito ad essere d'aiuto. Insomma, dopotutto erano riusciti a recuperare una vittima di SCP-IT-032 sana e salva; era la prima volta e la vedeva come una vittoria personale. Ora che la malcapitata era al sicuro, Lorenzo si sentì molto ottimista per quanto riguardava il suo futuro da capitano.
Per festeggiare l'avvenimento, lui e qualche collega decisero di concedersi un pranzo fuori. Di ritorno dal ristorante, ancora digerendo la cacio e pepe, diede un'occhiata alla sua agenda, nel suo nuovo orario si erano ritrovate un paio di ore buche che gli erano state dunque assegnate ad assistere la signorina Ruggiero. Per quanto dal dipartimento di memetica avessero confermato e riconfermato l'autenticità della sua identità, era sempre premura che qualcuno di navigato la tenesse d'occhio mentre era in convalescenza. Ancora non ci credeva, "Capitano della Squadra Mobile"; per quel che ne sapeva, non era di certo l'unico candidato e Richards era stato senza dubbio la prima scelta. Conoscendo l'uomo e quanto lui odiasse i nomignoli spiritosi, immaginò che gli avesse concesso volentieri il comando della squadra "Controllo Corridoi".
Facendosi strada per l'ala medica del sito, era ancora avvolto in questi pensieri quando la sua attenzione venne richiamata dalla dottoressa Zaffiro che, venutagli incontro, gli mostrò quanto aveva segnato su di una teca. Contattando la farmacia abituale della ricoverata avevano ottenuto la lista completa delle sue prescrizioni. Esaminando la cicatrice fattasi sul volto assieme ad altre minori avevano concluso che in qualche modo queste fossero già suturate, ma comunque a rischio di infezione; perciò, avevano dovuto rimuovere i punti e rifarli da capo. Terminati gli elenchi di ferite riportate dalla paziente, concluse infine informandolo sul come lei fino ad ora si fosse rifiutata di consumare cibi sia solidi che omogenizzati e che avessero perciò dovuto nutrirla per via intravenosa. Lorenzo, il quale aveva partecipato alla conversazione solo tramite qualche verso di assenso, ne aveva compreso solo il minimo indispensabile. Ringraziata la dottoressa, si ridiresse per la stanza in cui era ricoverata Ruggiero, ma dovette fare qualche passo indietro per chiedere a Zaffiro quale fosse effettivamente la stanza.
Per quanto fosse solito mantenere un contegno maggiore sul luogo di lavoro, e fosse consapevole di trovarsi tecnicamente in un ospedale, Lorenzo non poteva fare a meno di sentirsi pimpante: aveva ottenuto un'ottima promozione con la quale, racimolando un po' di risparmi, avrebbe potuto aggiustare il parquet ammuffito di casa sua o portare la macchina dal meccanico. Ma questi pensieri erano da lasciare per dopo, ora aveva una persona a cui assistere. Continuò a camminare fino alla stanza 29-C quando all'improvviso, si ritrovò pietrificato. Guardò attraverso il vetro della porta e vide la ragazza seduta sul letto, la schiena premuta contro il muro. Una figura si stagliava di fronte a lei. Per quanto quest'ultima la vedesse solo di spalle, lui avrebbe riconosciuto quella sagoma nera con braccia conserte dietro la schiena e quella crocchia di capelli grigi ovunque: era la direttrice. Era sempre stato difficile decifrare cosa le passasse per la testa. Di cosa le stava mai parlando? Le stava augurando una pronta guarigione? Almeno stava dicendo qualcosa? Per quanto non sentisse nulla, lo dava per scontato, dato che la ragazza sul letto non apriva bocca e restava con lo sguardo fisso sulle lenzuola. Prima che Lorenzo potesse fare un altro passo in avanti, la direttrice si voltò e aprì la porta della stanza per uscire. Lui fece il possibile per evitare il suo sguardo, quando gli passò accanto sentì il sangue congelarsi. Solo quando dal rumore dei passi capì che si era allontanata, decise di entrare nella stanza.
La paziente fissava il muro della stanza spoglia. Il sito era circondato da edifici molto frequentati. Lasciare intravedere apparecchiature mediche ai civili che ronzavano per gli impianti industriali non avrebbe dato molta credibilità alla nozione che fosse solo un'altra fabbrica fra tante; pertanto, avere delle finestre nell'ala medica era fuori discussione. Non era però l'aria opprimente del luogo a turbarla. Il cuore le stava battendo forte ma almeno, con l'affievolirsi del rumore dei passi della direttrice mentre questa si allontanava, sentì i battiti farsi man mano più distanti. Pensò di essere finalmente da sola, ma un uomo silenzioso si introdusse nel suo campo visivo quasi immediatamente:
- Piacere Signora… -
Cadde un imbarazzante silenzio. Era palese a entrambi che aveva esordito senza riflettere e non sapeva come continuare il suo saluto. Non sarà mica che…
- Rachel. -
Lui ripeté con un tono all'incirca grato, evidentemente non si era preso il disturbo di farsi dire il suo nome. Poi, sempre senza fare un rumore, si sedette sulla poltroncina dall'altro lato della stanza. Incastonato tra muro, comodino con la TV e soffitto, dopo essersi girato i pollici per un po' le chiese:
- Senta, so che l'avranno sicuramente tempestata di domande ma… la vedo molto dimagrita, non se la sente di mangiare? -
Rachel non se la sentiva proprio di mangiare, anzi, ora come ora il solo pensiero le dava il voltastomaco. Aveva già dovuto spiegarlo a tutti i medici che avevano tentato di propinarle omogenizzati e quant'altro e se ha questo tale non importava abbastanza da farselo dire, allora non valeva la pena di dargli la spiegazione completa:
- Non ho fame. Tutto qua. -
Si poteva leggere l'imbarazzo sul viso dell'uomo, da come tendeva le labbra sembrava stesse per dare una risposta ma che ogni volta la sua mente la rimandasse indietro per rifletterci meglio. Rachel quasi provò una leggera pena. Decise quindi di lasciargli andare avanti l'andazzo fino a che non avrebbe trovato le parole giuste. Questo non accadde. Al che lei gli chiese:
- Può passarmi il telecomando? Vorrei vedere la TV. -
- Oh, certo - Rispose lui impacciato. Cercò il suddetto con lo sguardo per poi trovarlo infilato tra la sua gamba e lo spallaccio della poltrona. Si alzò per porgerglielo, lei lo prese dalla sua mano, premette il tasto per l'accensione e iniziò a scorrere fra i canali finché non trovò un programma che la aggradava. Passò l'intero pomeriggio a fissare quello schermo, almeno questo è quello Lorenzo intuì facendole delle visite sporadiche. Dai sussulti che le venivano ogni volta era chiaro che non si fosse ancora abituata né alla sua presenza né ai suoi passi silenziosi. Poco importava tanto, per tutto il resto del giorno non si scambiarono parola.
Il pranzo sembrava esserle uscito tutto quanto. Le sembrava molto strano visto che aveva ricominciato a mangiare da così poco. Si rese conto di non avere più gli occhiali addosso, una volta assicuratasi che non fossero caduti nella tazza, gettò un occhio a com'era messa. Il camice era ancora pulito, nonostante fosse seduta sul pavimento del bagno. Lo stesso non poteva dirsi per la maglietta dello 01, su cui si erano depositate due macchie di vomito, il cui odore nauseabondo le risaliva per le narici. Intanto il meglio che poteva fare era tirare lo scarico. Nel mentre, una voce la chiamò da dietro: - Signora Ruggiero, io, la direttrice ed il direttore Rossi la aspettavamo quindici minuti fa per un incontro. -
Lei, ricordatasene solo ora, rispose: - Perdonatemi, arrivo immediatamente. -
Lorenzo non sentendola per nulla convinta le disse, ora appoggiando anche lui le ginocchia terra: - Abbiamo già concluso a dire il vero. -
Facendo solo ora caso al tempo che aveva passato in bagno gli disse: - Oh, mi dispiace. Farò si che questo non mi accada più. Ad ogni modo cosa avete discusso? -
Lui disse: - Poche cose a dire il vero, le disposizioni della SSM, il contributo degli esperti di memetica e… oh, lei sarà parte della nuova divisione. -
Lei sentì dell'altro risalirle dallo stomaco al che si chinò di nuovo sulla tazza. Lorenzo vide di tenerle i capelli così che non le ricadessero nel water. Finito il lavoro e tirato lo scarico, lo ringraziò.
- Debole di stomaco? - le chiese, al che lei annuì.
Passò qualche istante di silenzio prima che lui le chiedesse: - È per quello che ha visto lì dentro? Nella scuola presa da IT-032 intendo. -
Lei scosse la testa in orizzontale - È per la direttrice Sifone allora? - lei annuì.
- So che incute molto timore e che non vi parlate da un anno ma è pur sempre vostra nonn- - lo interruppe - Non… non voglio sentirne parlare; chiaro? -
Lorenzo un po' basito allora andò sul -Se è per quella questione là allora non è un problema, anche la moglie di Rossi lo è, e i suoi colleghi… che presto saranno anche i suoi non se ne fanno un probl- lei interruppe ancora: - La smetti!? Voglio solo essere lasciata in pace, ormai l'incontro l'ho perso quindi tu puoi anche andartene. -
Lorenzo rimase assai stupito, a vederla non le dava più di venticinque anni ma volle comunque chiederle: - Quanti anni hai esattamente? - non fece caso al tono informale.
- Ventuno, - rispose, - ventidue fra qualche mese. -
Lorenzo rimase di pietra. Era una ragazzina, che ci faceva là? Cosa avrà avuto in mente la direttrice? Il suo flusso di pensieri venne deragliato dalla realizzazione e il suo volto si fece cupo.
- Ti ha cresciuta lei, vero? -
Lei non rispose. Se è per questo non lo guardò nemmeno, quasi che volesse evitare il suo sguardo. Pensò che non dire nulla sarebbe stata l'azione migliore, almeno fino a che non trovò le parole giuste:
- Senti, se non vuoi vedere la sua faccia posso benissimo capirlo; ma sei stata fortunata, molto più di chiunque altro si è fatto trascinare da quel mostro e molto più di chiunque si farà trascinare in futuro. Non pensi di voler cominciare a fare qualcosa da subito? -
Lei raccolse gli occhiali da terra per rimetterseli sul naso: - Inizio a pensare che sia solo un brutto scherzo. Insomma, credo quasi che mi abbia sputata apposta? - le venne da ridacchiare.
Lorenzo si alzò in piedi. Non lo trovava divertente e lei se ne rese conto in fretta, smettendo di ridere. Volle dire qualcosa ma lui la arrestò con lo sguardo.
Rachel cercò di ricomporsi per quel che poté e si rimise in piedi: Oh, capisco. Allora… vedrò di dare il mio meglio. -
Lorenzo, anche lui rialzatosi, vedendo la situazione risolta, si voltò per dirigersi all'uscita dicendole distrattamente: - Se è quello che vuoi, confido che ci riuscirai. -
Lei rispose freddamente : - Non sono io a volerlo. - rispose freddamente.
Lorenzo, pur arrestando il suo passo al sentire quelle parole, volle ignorarle, almeno per quel momento, e uscì dal bagno. Una volta uscito, si accorse subito di aver in poco tempo attirato lo sguardo di chiunque occupasse la mensa al di fuori del bagno. Da come lo scrutavano sembrava che stesse per dare loro delle risposte o che almeno si portasse la ragazza appresso, ma vedendolo allontanarsi senza neanche una spiegazione, persero in fretta interesse e non lo videro neanche quando tornò sui suoi passi per rientrare nel bagno.
Rachel si era spostata sul lavandino per togliersi il vomito da quella maglietta con il robot viola; pertanto, lo vide tornare dal riflesso e non si spaventò neanche troppo. Si voltò soltanto e si aggiustò gli occhiali con aria impacciata. Lui si schiarì la voce e le disse: - Avrei un'ora buca, potrei mostrarti l'ufficio della divisione. -
- Oh, ne ho una anch'io, sai prima che mi facciano altri controlli. - disse lei a lui.
- Lo so, mi hanno dato la tabella dei tuoi orari. - Lorenzo vide dipingersi sul suo volto una smorfia a metà fra il disgusto e la confusione al che lui le disse: - Lo so, qui vige la privacy assoluta, tranne quando ai piani alti decidono che deve essere il contrario. Ma tornando a prima: ti andrebbe? -
Lei ci rifletté un attimo, si guardò la maglia e gli disse: - Perché no? Prima devo andare a cambiarmi però. -
Lorenzo replicò: - Conta che qua fuori c'è ancora tutta una folla. Il tempo che si sarà smaltita e quell'ora sarà diventata venti minuti. -
- Beh, - cominciò lei - allora, non mi faccio problemi a presentarmi in ufficio con gli abiti sporchi di vomito. - Accennò uno pseudo sorriso.
- Ed il controllo medico, non scordarti il controllo medico. - Anche a lui venne da sorridere all'idea. Poi gli emerse un dubbio: - Aspetta, se non sbaglio, sono esami per rilevare l'influenza memetica, non sarà mica Rossi ha farteli? -
Rachel era un po' confusa: - Beh all'inizio, ora fa tutto l'assistente, perché? -
A Lorenzo venne quasi da ridere per la domanda che aveva fatto: - Oh, niente è solo che non lo sopporto. -
- Perché, sembra simpatico? -
- Non quando cerca di invitarti alle sue serate film. - rispose - Una volta ho provato ad accontentarlo e me ne sono pentito. -
A Rachel venne quasi da ridere. Poi si accorse di quanto la faccia di Lorenzo fosse seria e le venne da ridere ancora di più. Lorenzo dovette farle segno di contenersi, si mise un dito di fronte alla mano e le disse:
- Sai cosa? Prima che qualcuno si insospettisca è meglio nascondersi qui ed aspettare che smettano di cercarci, i box vanno bene? -
- Oh, sì credo… - disse lei volgendo lo sguardo verso il gabinetto - a te l'onore? -
- Con piacere. -
Lui entrò in uno dei box, si chiuse la porta dietro e si sedette sulla tazza appoggiando la schiena contro la parete laterale. In poco tempo sentì Rachel fare lo stesso e si sentì compiaciuto. Sentì di star già facendo un buon lavoro come capitano e nonostante il tempo che passò lì ad attendere di poter uscire, la considerò una vittoria personale.