"Per finire, la struttura è stata restaurata nella metà del 1900. Ora, se volete seguir-"
Queste furono le ultime parole che Mauro sentì, un attimo prima che la sua guida crollasse al suolo, insieme al resto del suo gruppo. Normalmente sarebbe corso immediatamente a chiamare i soccorsi, ma il silenzio assoluto lo aveva lasciato interdetto. Nessun chiacchiericcio, nessun urlo di terrore, nulla. Il timore di essere diventato pure sordo venne subito smentito dall'orribile rumore di centinaia di macchine che si schiantavano tra di loro.
Chiamò aiuto con tutto il fiato che la sua vecchia gola gli permetteva, inutilmente. Ben poche persone rimanevano a Napoli e di sicuro non lo avrebbero potuto sentire nell'immenso caos che aveva inghiottito la città.
Dopo non aver ricevuto nessuna risposta, Mauro decise di fare da sé, venendo colpito da una grave rivelazione.
Il guinzaglio che aveva in mano tirava a peso morto. Come il resto del gruppo turistico, anche il suo cane guida era inerme al suolo. Rassegnatosi dopo vari tentativi, Mauro prese il suo bastone e si fece strada tra i corpi dei suoi ex-compagni turisti.
Ci riuscì benissimo senza il cane, aveva fatto così per tutta la vita. Ne aveva preso uno solo perché la figlia voleva che il suo vecchio fosse più sicuro durante il suo tanto agognato rimpatrio. Ma evidentemente era successo un qualcosa ben più pericoloso di una semplice caduta. Allontanatosi dal gruppo, Mauro aveva intenzione di andare in una zona più affollata della città, dove ci sarebbero state sicuramente persone a cui avrebbe potuto chiedere soccorso.
Oh, quanto si sbagliava.
La piazza che normalmente sarebbe stata strapiena di turisti era desolata, senza anima viva. Non si sentivano neanche i moscerini che avrebbero bersagliato chiunque in un'afosa serata di agosto come quella.
Mauro cominciò ad avere paura. Doveva essere uno scherzo, certamente di pessimo gusto, ma pur sempre uno scherzo. Doveva trovare qualcuno, non era possibile che tutta la città fosse scomparsa. Prese una stradina secondaria, con l'intenzione di raggiungere altre zone della Partenopea dato che ormai la conosceva come le sue tasche. Ci viveva in gioventù fino allo scoppio della guerra. Certo, la città era cresciuta enormemente, ma sotto sotto era rimasta come se la ricordava.
Ma ora no, era tutto cambiato di nuovo.
Non era rimasto nulla se non lui e il sottile fragore in lontananza delle tante macchine che avevano preso fuoco. Ma non erano importanti, Mauro voleva solo sentire una voce, una singola voce umana. Camminò per ore alla ricerca di qualcuno, senza nessun risultato. Le strade, le piazze, i vicoli, tutti vuoti e muti.
Occasionalmente tastava quelli che sembravano cadaveri col bastone, non che potesse confermarlo, Mauro aveva il terrore di chinarsi per controllare.
Il camminare si faceva sempre più arduo. Continuava a sbattere su cartelli, panchine, cosa che gli succedeva di rado. Non che fosse così strano, non aveva più punti di riferimento se non se stesso, la familiarità con la città non poteva sostituire i rumori che la avevano abbandonata. Oppure si stava facendo prendere dal panico, si sarebbe magari dovuto fermare per riprendere un po' di fiato.
No, Mauro voleva continuare, avrebbe trovato qualcuno prima o poi, no?
Dopo chissà quanto tempo di camminata nulla: ancora nessuna persona.
Che stesse girando in tondo? Si era perso? Mauro si fermò a riprendere fiato. Era per caso impazzito? La vecchiaia aveva finalmente preso il sopravvento sulla sua mente?
No, non aveva senso, nulla di tutto questo aveva senso. Era sera, la gente esce a passeggiare, a cenare, a fare qualcosa, per Dio, non poteva essere da solo. Che fosse morto?
La città era come la aveva lasciata: desolata, vuota, morta. Perché? Era una punizione? Aveva fatto qualcosa di male?
No, aveva fatto qualche sgarro, ma si era sempre comportato bene, era stato un buon padre. Cosa poteva aver fatto per farsi colpire così durante il ritorno alla sua terra natia?
I suoi pensieri furono fermati da un orribile suono stridente. Prima che potesse capire cosa fosse successo, uno spostamento d'aria lo buttò a terra e, mentre cercava di rialzarsi, un'esplosione distante ruppe per l'ultima volta il silenzio.
Tornata la calma, Mauro rantolò fino al muro più vicino per poi appoggiarsi ad esso. Voleva riposarsi, fare mente locale della situazione, ma in realtà era semplicemente distrutto dalle circostanze.
Rimase accasciato a terra per chissà quanto tempo, forse pure ore, fino a che non partì la suoneria del telefono.
"Chiamata da Rosaria" squillò l'assistente vocale. Era la figlia. Mauro rispose prima che la suonerà potesse fare il secondo squillo.
"Papà, stai bene?"
"S-sì Rosy, più o meno."
"Oh, grazie a Dio." fu seguito da un sospiro. La voce della figlia era disperata, forse pure più di quella di Mauro.
"Sì, sì, cara, sono a posto. Grazie… di aver chiamato. Sai cosa sta succedendo?"
"Papà, lo stanno dicendo al T-" la figlia venne interrotta da un forte rumore di statico in sottofondo. "No, non ci credo che è saltato, dannazione!"
"Rosaria, cosa succede?"
"È saltato il TG1… e pare anche il resto dei canali. Ma non importa, basta che sei al sicuro."
"Perché, cara, cosa è successo?"
"Son morti tutti a Napoli, papà. Tutti."
Tossendo e arrancando, Sara si fece strada tra le macerie della sua macchina.
Fortunatamente l'incidente non sembrava avergli fatto molto male, dato che l'airbag aveva fatto il suo lavoro. Certo, un incidente due mesi dopo aver preso la patente non era il massimo, ma almeno era viva.
"Oh, infame, avevo la precedenza, ma la gu-" i suoi insulti furono fermati da altri incidenti, che accaddero improvvisamente davanti ai suoi occhi.
Sara prese riparo dietro al suo veicolo e ci rimase finché il suono dello scontrarsi di macchine cessò.
Dopo essersi timidamente alzata, Sara vide uno scenario apocalittico: decine, se non centinaia, di macchine schiantate lungo tutta la via.
Superato lo spavento iniziale, Sara si girò verso il suo tamponatore: un uomo di mezza età in giacca e cravatta, con la faccia che affondava dentro l'airbag. Sara lo scosse, dato che l'uomo pareva incosciente: nulla.
Dopo avergli controllato il polso e il respiro Sara ne trasse l'orribile conclusione: era morto.
Ma non aveva senso, il corpo era perfetto: niente sangue, niente di rotto. Che gli fosse venuto un infarto, un trauma cranico?
Sara gridò in ricerca d'aiuto e farlo le fece realizzare una cosa: era tutto silenzioso. Uno penserebbe che in una situazione del genere ci sarebbero state urla, grida di disperazione, caos generale. No, niente.
Sara si girò lentamente per il terrore della conferma, che arrivò prontamente: l'uomo non era l'unico morto.
I marciapiedi erano ripieni di cadaveri accasciati a terra.
Sara era immobile. Lo shock le aveva irrigidito i muscoli, bloccandola in una posizione di sconcerto e terrore.
Lentamente provava a riprendere la calma, ma no.
Che calma? Era circondata da morti, come sarebbe dovuta rimanere calma? Sara lentamente distolse lo sguardo dalla strada, cercando futilmente di capire cosa stesse succedendo. Nella strada era l'unica in piedi, l'unica che…
No, non poteva essere così. Doveva fare qualcosa, sì, chiamare aiuto, come aveva fatto a non pensarci prima?
Si rese conto subito che non avrebbe funzionato. Nessuno aveva notato la carneficina ai suoi piedi, non aveva sentito nessun'altra persona urlare, nessuna reazione.
No, non era possibile. Sara entrò in una via adiacente e il suo peggior dubbio fu confermato. La situazione era identica, se non peggiore.
Sì chinò lentamente verso il corpo di un uomo sulla ventina, in camicia e un po' abbronzato, probabilmente un turista.
Sara controllò: battito assente, respiro assente.
Sara controllo un'altro uomo accasciato a terra. Ed un altro. E un altro ancora. E ancora, e ancora.
Tutti uguali, tutti morti come l'uomo nell'auto. No, non poteva essere una coincidenza.
Cos'era successo? Un infarto collettivo No, cosa diceva? Che cavolo di conclusione era? Doveva avere un senso. Doveva averlo.
Sara decise di chiamare i soccorsi, ma non trovava il suo telefono: lo avrebbe trovato poco dopo distrutto sull'asfalto, lanciato dall'impatto causato dal tamponamento.
Ovviamente, era inutilizzabile.
Le opzioni rimanenti erano due: Trovare un telefono pubblico, se ce ne erano, oppure…
Resasi conto che la prima opzione le sarebbe costate ore, Sara prese un telefono da una delle persone accasciate: un vecchio flip phone, ma funzionante.
Sara chiamò un'ambulanza, ma si rese conto di un problema parecchio importante poco prima che il centralino rispondesse.
"Salve, centralino 118, mi dica della sua emergenza."
Cosa avrebbe dovuto dire? Sembravano tutti morti, un'ambulanza non sarebbe stata così utile. Nonostante ciò, c'era qualcuno in chiamata con lei, quindi non era sola, forse c'era qualcuno da salvare.
"S-salve sono reduce di un incidente stradale. Io ne sono uscita indenne ma la persona che mi ha tamponato non ha polso né respiro. Nella via in cui mi trovo sono successi altri incidenti e…"
"Signora, continui e dichiari la sua posizione."
"Scusi, scusi. Ci sono molte persone accasciate a terra, non rispondono a stimoli, un paio sono senza battito."
Il centralino rimase in silenzio per vari secondi.
A Sara sembrò di sentire in sottofondo un qualcosa di simile a "È la quinta volta oggi".
"Va bene signora. Ci dica la posizione e manderemo i veicoli."
"Via San Severino, Napoli, ma entrambe le entrate sono ostruite da macchine accidentate."
"Perfetto. Le ambulanze stanno partendo, rimanga nel luogo dell'incidente, ci vorrà un po' di tempo per raggiungerlo."
"Perché?"
"Le nostre sedi a Napoli non rispondono, le ambulanze saranno mandate da Caserta. Aspetti nel luogo e ci chiami se ci sono aggiornamenti."
"Certo, grazie mille."
La chiamata finì e Sara si sedette sul marciapiede. Bene, ora cosa doveva fare?
Non voleva controllare se le persone per terra erano tutte morte, anche perché era abbastanza sicura che lo fossero. Ci pensò su, e decise di chiamare la madre, fare conversazione per calmarsi un po'.
Compose il numero e non ricevette nessuna risposta. Il telefono fece tutti gli squilli, come se la chiamata fosse stata ignorata.
Aveva senso, no? Era comunque il numero di uno sconosciuto, non si deve rispondere agli sconosciuti. Ma lasciare squillare il telefono senza chiudere la chiamata? Quello sì che era strano, la madre chiudeva sempre le chiamate non desiderate.
Sara riprovò un'altra volta. Poi altre due volte, e da due cinque, e da cinque dieci. Nessuna risposta, nulla.
Sara cominciò a preoccuparsi. Ci doveva essere un motivo, magari era fuori casa e si era dimenticata il cellulare? Sì, sì, doveva essere quello, sarebbe tornata e avrebbe richiamato il numero che la aveva chiamata dieci volte, sì. Doveva solo aspettare la madre, aspettare l'ambulanza e tutto si sarebbe risolto.
Sara aspettò mezz'ora.
Aspettò un'ora.
Aspettò due ore.
Niente. Non arrivò nessuno, non richiamò nessuno, nulla.
Era rimasta due ore ferma su un marciapiede senza alcuno risultato. Aveva pure richiamato l'ambulanza, ma il numero pareva essere staccato o inesistente. Sara decise di andarsene a casa, si era fatto tardi ormai, era da poco tramontato il sole.
Uscendo dalla via trovò quello che si aspettava: altre strade piene di altri cadaveri. Qualsiasi cosa fosse successo, aveva colpito tutta la città.
Casa sua era in periferia, quindi ci avrebbe impiegato molto tempo ad arrivare, probabilmente a tarda notte.
Tre cose bloccarono il suo cammino.
Poco dopo aver iniziato, un qualcosa le cadde in testa, e, prima che potesse controllare cosa fosse, altri lo seguirono, schiantandosi a terra. Sara controllò: era un piccolo uccello, anch'esso morto.
Il suo stormo era nelle stesse condizioni, solo più spiaccicati a terra per l'impatto.
Sara continuò a camminare, fino a che non sentì un leggero fischio. Alzò lo sguardo e vide quello che sembrava un aereo schiantarsi a terra, con l'impatto in sé oscurato dagli alti edifici che la circondavano.
Sara, seppur scioccata, decise di non farsi domande.
Per finire, quando si stava già facendo tardi, vide un gatto.
Nulla di strano, ne aveva visto di gatti, morti, nella sua infelice passeggiata.
Il punto è che questo era vivo e vegeto.
Sara si avvicinò lentamente, ma il gatto scappò quasi subito. Ovviamente, Sara lo rincorse.
Un qualcosa di vivo? Perdio, pure le mosche erano morte, cosa aveva quel gatto di speciale?
Dopo dieci minuti di corsa, raggiunse una piazzola, con un piccolo bar sulla destra, dove il gatto pareva essersi rifugiato.
Il bar non era nulla di che, un semplice locale dove i vecchietti locali andavano a distruggersi il fegato.
Come aveva immaginato, era quasi vuoto, con giusto quello che pareva essere il proprietario e un paio di uomini al bancone.
Nel bancone si trovava un cartello con su scritto "Attenzione: Il gatto è orbo", accompagnato da un sottotitolo per turisti stranieri "Attention: The cat is orb."
Era quasi carina come cosa.
Il gatto si posò accanto al proprietario e, dopo aver tentato di interagire col cadavere per terra, si mise a miagolare.
Sara si allontanò, sedendosi nella parte del bar dove non si trovava nessuno.
Quindi il gatto era sopravvissuto perché cieco? No, doveva essere qualcos'altro. Lei non lo era, ci doveva essere un altro motivo per cui era in vita.
Un orologio appeso alla parete catturò la sua attenzione: 11 e un quarto di sera.
Si era già fatto tardi, e casa sua era ancora ad ore di distanza. Forse le sarebbe convenuto riposare là per un po'.
Notò a quel punto che al muro c'era pure una TV che, una volta accesa, si trovava sintonizzata su RAI Uno. C'era una edizione straordinaria del telegiornale. Le parole "Aggiornamento sulla situazione di Napoli" colpirono istantaneamente Sara.
Sì, finalmente, poteva capirci qualcosa!
"Non sembrano esserci miglioramenti dalla disgrazia che ha colpito oggi la Partenopea. A partire dalle 19 di questa giornata, la semplice visione della città sembra portare al decesso."
"C-cosa?"
"Le forze dell'ordine hanno cominciato a sgombrare i comuni vicini a Napoli per evitare ulteriori morti. In seguito a segnalazioni ricavate da chiamate, post online e altri metodi, il numero di sopravvissuti confermati è salito a 1753.
Segnalazioni acustiche saranno mandate in varie parti della città tramite droni per allertare i superstiti, buona parte di essi è non vedente."
Sara rimase ancora una volta scioccata. No, non era possibile. Era arrivata la conferma ma… Come? Perché?
"Il Primo Ministro Gentiloni è attualmente in riunione con altri membri della Comunità Europea per discutere possibili operazioni di recupero. Dopo un'interruzione della predica serale, Papa Francesco è sparito da ogni radar pubblico e non ha ancora espresso opinione riguard-"
Il Telegiornale perse l'audio e nel giro di pochi secondi l'immagine, diventando statico. Sara provò a cambiare canale per avere altre informazioni, non sapendo che non ci sarebbe riuscita.
"Direttore Rossi, è stata richiesta la sua presenza nella SSMM."
"Arrivo subito, cosa è successo?"
"Nap- L'intera città di Napoli pare essere diventata un agente memetico letale."
Sembrava uno scherzo di pessimo gusto, ma no, non lo era, era ben altro, era un disastro colossale da ogni punto di vista.
La Sezione Studi sulla Mente e la Memetica stava lavorando da ore col supporto di esperti dalla Branca Madre per cercare di trovare una soluzione o almeno una causa, senza alcun risultato.
"Stava". Da un quarto d'ora buono la Branca Madre aveva tagliato i contatti con quella italiana, demoralizzando ancora di più dei ricercatori che provavano a risolvere qualcosa di irrisolvibile.
A Nicola Rossi non rimaneva altro che cercare di far andare avanti il team di ricerca, nonostante la situazione disperata.
Purtroppo non c'erano stati molti miglioramenti dai tempi della scoperta.
L'agente memetico era apparso a caso, uniformemente in tutta la città, senza variazioni. Niente epicentro, niente caratteristiche fuori dal comune, niente simbolismo, nulla.
Ratio di sopravvivenza settantanove su un milione e morte immediata a vista, le uniche cose che erano riusciti a scoprire dopo ore di duro lavoro. Sembrava veramente che qualche forza si fosse svegliata solo per mandare a quel paese la città.
Ma non potevano arrendersi, la Fondazione aveva fatto di tutto per guadagnare tempo: tagliato linee telefoniche, buttato giù siti di condivisione e, come ultima opzione disperata, bloccato i maggiori canali di informazione italiani e poi globali.
Non che servisse a molto ormai: quasi tutta l'Italia e buona parte del mondo sapeva cosa fosse successo a Napoli.
L'unico, piccolo, miracolo era il fatto che foto di Napoli non fossero diventate retroattivamente memetiche, non era il concetto stesso di Napoli ad essere letale.
Ma si doveva continuare.
La Fondazione si era trovata altre volte ad arrancare nel buio in campo di anomalie; se un qualcosa non aveva un senso, bisognava trovarglielo.
Ma Rossi non poteva andare avanti per molto, anche lui stava perdendo le speranze. Anche se fossero riusciti a trovare un modo per schermare, o addirittura neutralizzare, l'agente memetico, cosa si sarebbe fatto dopo?
Erano comunque morte tre milioni di persone. C'erano comunque migliaia di testimoni, tra immuni e ipotevedenti. Puoi nascondere la morte di una famiglia, la scomparsa di una foresta o addirittura la distruzione di un paesino, ma Napoli?
Dopo che mezzo mondo aveva saputo della disgrazia?
Rossi si fidava della Fondazione, ma sembrava un qualcosa impossibile da mantenere segreto.
Il telefono di un ricercatore cominciò a suonare, come se gli fossero arrivate decine di notifiche.
"Scusate, mi ero dimenticato di spegner-" disse il ricercatore, prima di fermarsi di colpo leggendo le notifiche.
"D-direttore Rossi, venga a vedere."
Rossi andò dal ricercatore e si chinò per vedere cosa poteva averlo spaventato: il telefono mostrava l'app di Telegram aperta, ripiena di messaggi non letti.
Tutti i messaggi sembravano essere mandati da bot usati normalmente per condividere notizie ma, al posto di scoop da quattro soldi o risultati della Serie A si trovavano centinaia di messaggi, tutti uguali, tutti recitanti "Tutta la Verità su Napoli e la Fondazione SCP".
Il povero ricercatore guardò in faccia Rossi con la stessa faccia di un uomo esposto ad un memetico di classe XV.
Rossi premette riluttante il link sotto quel dannato titolo. Il telefono passò ad un sito russo con un video in diretta appena iniziato.
Il video mostrava un grosso uomo sulla trentina: era calvo, con una folta e scura barba.
Una preziosa veste purpurea con ricami dorati gli copriva tutto il corpo, ad eccezione della testa e delle mani, che teneva conserte. A stonare con questo aspetto quasi regale, l'uomo indossava pure una cravatta verde pistacchio sopra la veste.
Dietro l'uomo si potevano vedere dei pannelli di legno tinti di bianco.
Erano installati in maniera raffazzonata, certi storti, certi malridotti, come se fosse stata una cosa creata in fretta, ma davano comunque un falso senso di professionalità e sicurezza.
Dopo essersi sistemato la cravatta, l'uomo parlò.
"Buonasera, popolo d'Italia. Il mio nome è Ala ad-Dunya e sono un rappresentante del gruppo conosciuto nel mondo dell'occulto come Mano del Serpente."
Al contrario del giustamente confuso ricercatore, Rossi conosceva la Mano del Serpente, anche se non aveva mai avuto un incontro diretto.
Un branco di terroristi da strapazzo, fieri di mettersi contro la Fondazione per i loro utopici ideali.
Ma ne aveva sempre sentito parlare di rado e quasi sempre fuori dall'Italia.
Cosa avevano intenzione di fare?
Il membro della Mano continuò:
"A rappresentazione del mio intero gruppo, desidero dare le nostre più sincere condoglianze per i fatti accaduti alla città di Napoli. È inoltre nelle nostre intenzioni aiutare i pochi superstiti nelle giornate future."
Compassione? No, non poteva essere solo quello, dovevano avere una seconda motivazione, non-
Rossi si ricordo il titolo del link.
"Oh."
"Ci scusiamo per esserci intromessi a forza nei vostri cellulari e nelle vostre radio, ma non avevamo altra scelta.
Dopotutto, le reti televisive sono saltate poco tempo fa.
La causa di ciò è una sola organizzazione.
La Fondazione SCP.
Molti di voi saranno straniti, ma è normale.
Questa parte del nostro discorso è diretta a loro, non a voi, popolo innocente.
Sono loro che hanno tentato di bloccarvi dal sapere la verità.
Sono loro che hanno ignorato il disastro, nonostante potessero dare l'aiuto necessario.
Da quel che sappiamo, potrebbero essere stati loro a causare questa tragedia, per scopi a noi ignoti o, ancora peggio, per negligenza.
Il teatrino finisce qua, ma poniamo un'offerta.
A voi, Alti Membri del Consiglio, chiediamo una semplice richiesta.
Rivelatevi, tenete quel sottile velo di sicurezza che ora vi rimane.
In caso contrario, non avremo scrupoli.
Abbiamo tante informazioni, abbastanza per far sbucare fuori qualche altra organizzazione alla vostra pari.
E dubito che terranno la bocca chiusa, non lo fanno mai in queste situazioni.
Spero che questo nostro annuncio sia stato abbastanza.
E non proviate a censurarci.
Il danno ormai è fatto.
Arrivederci."
Il video finì, per poi cominciare daccapo.
La poca calma presente nella stanza svanì in un istante.
Rossi si buttò in una sedia, mentre i ricercatori entravano nel caos più totale.
Non riusciva a pensare.
Era una catastrofe, una catastrofe.
Qualunque fosse la decisione del Comando, sarebbe stato un disastro.
Una cosa era dannatamente certa, però.
Erano stati smascherati.