Avevano dei Nomi
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La nostra gente è stata massacrata in un istante. Ogni nostra storia comincia in modo differente. Uno stava mangiando con i propri figli, uno stava danzando con il suo amore, uno stava tornando a casa dopo un lungo giorno di lavoro. Io stavo guardando una partita con mio fratello maggiore, il quale era arrivato in città per la prima volta dopo mesi. Tutte le storie finiscono allo stesso modo: c’era un lampo verde, e dopo siamo rimasti gli unici.

Gli altri erano più che scomparsi. Erano stati cancellati. Mai creati. Anche i loro nomi erano stati spazzati via dal lampo verde. Io e mio fratello parlavamo ogni giorno al telefono. Ma mentre ero seduto in quel teatro con tutte le persone rimaste, scoprii che non avevo un nome da gridare. Ricordo ancora di aver percorso l'alfabeto, gridando i nomi che riuscivo a ricordare nella sala in preda al panico. Alphonse, Astrid, Ætrox, Aaron, Amkir… Mi fermai a Meshta. Faceva troppo male continuare, e comunque nessuno di loro mi diceva niente.

Non sapevo cosa fare dopo. Con me stesso. Con l'appartamento. I giorni successivi furono confusi. Ricordo di aver mangiato molto e bevuto ancora di più. Il tavolo era coperto da piccoli brandelli di carta che facevano parte dell'elenco telefonico. La maggior parte dei nomi era in bianco. Un giorno decisi di chiamare uno dei numeri rimasti. Chi ha risposto aveva l'aria di chi sta piangendo. Era il primo sopravvissuto che trovai.

Quando noi sopravvissuti cominciammo a ritrovarci, sapevamo che dovevamo trovare la nostra gente. I giorni erano brevi e le nostre famiglie erano sparite, così iniziammo la nostra ricerca nella Corte d'Inverno. E in quella casa, quel rifugio stagionale per i disastrati, non riuscivo a trovare mio fratello. Non abbiamo visto nessuno dei nostri familiari. Vedevamo però noi stessi, gli ultimi frammenti di una civiltà in frantumi, troppo piccoli e inutili per essere notati. Certo che ci siamo visti. I non invitati possono entrare nella Corte dell'Oblio solo se vi appartengono, solo se sono adatti ad assistere agli spettri dei castelli caduti e alle nebbie fantasmatiche sovrapposte al mondo dei vivi.

Per un po', la Corte d'Inverno fu quasi piacevole. Per i nostri macellai eravamo invisibili. Intangibili. Ho trascorso molti giorni camminando per le strade illuminate dal sole dell'uomo, inesistenti per gli umani da cui un tempo dovevo nascondermi. Ma le creature che erano nella Corte con noi erano… appassite. Cose dolorose, dimenticate da tempo, indescrivibili ai margini. Si stavano tutti vaporizzando, nel loro lento e strano modo. Una volta vidi una cosa che sembrava uno scarafaggio, un topo e una canzone preferita mescolati insieme. Si muoveva in ginocchio, raccogliendo con le mani i tratti del viso che fluttuavano delicatamente verso il suolo. Ogni volta che riportava le mani a coppa sul viso, lo scintillio di un occhio o il sarcasmo di un sorriso scivolavano tra le dita. Se non ce ne fossimo andati, sarebbe stata solo questione di tempo prima di unirci alla nebbia.

Non passò molto tempo da questa consapevolezza che trovammo il campo di battaglia. La voce si diffuse così velocemente che ci ritrovammo tutti lì prima del tramonto. Da fuori il campo sembrava perfettamente ordinario. Non c'erano trincee, né terra ribaltata dai proiettili d'artiglieria, né pallottole esaurite. Invece, abbiamo trovato i nomi delle nostre famiglie sparsi per terra. Erano maciullati, fatti a pezzi e sparsi in uno spettacolo di crudeltà. Di dominio. Vi trovai parte del nome di mio fratello. Sentivo che la "k" apparteneva a lui. Forse il suo nome era Amkir. Forse era Amkir e non riuscivo nemmeno a riconoscerlo.

La leggenda diceva che Mab, la regina che aveva armato i nostri macellai, un tempo aveva un nome più lungo. Si dice che la maggior parte di esso sia stato fatto a pezzi. Non ci avevo mai creduto. L'idea che i nomi avessero una tale fisicità, che potessero essere tagliati e cauterizzati come un braccio o una gamba, mi sembrava assurda. Il campo di battaglia ha cambiato le cose. E, immersi nel caos linguistico, imparammo i nomi delle persone contro cui stavamo combattendo: La Fondazione SCP. E diventammo vendicativi.

Quando l'inverno si trasformò in primavera, ci rendemmo conto di non essere più i benvenuti nella Corte di ciò che non è. I castelli erano diventati lontani. La nebbia… soffocante. Mentre i semi della nostra furia crescevano e crescevano, era giunto il momento di farli germogliare. Solo allora il nostro vagare ci condusse alla Corte del Cambiamento.

Siamo fioriti. Nel suolo di quei boschi nascenti siamo stati plasmati di nuovo. Una volta eravamo gli avanzi di una razza nove volte decimata. Non eravamo nulla. Grazie alla nostra vendetta, siamo diventati qualcosa. Ma quando la nostra essenza è quella di distruggere, cancellare, radere al suolo, cosa potremmo diventare?

Siamo diventati le armi che non sono mai state usate contro di noi.

Siamo diventati i motori della distruzione che cercavamo.

Siamo diventati bombe.

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