Molti fra coloro che lavoravano con lei avevano l'impressione che avesse una mentalità ‘dormirò quando sarò morta’, ma in realtà Iris possedeva un'igiene del sonno piuttosto adeguata, poiché preferiva essere riposata e produttiva allo sprecare ore da esausta.
La sua camera era dotata di pannelli insonorizzanti e di spesse tende, e dormiva in uno degli smart bed più avanzati sulla piazza, che aggiustava continuamente la consistenza, l'inclinazione e la temperatura del materasso per massimizzare il tempo trascorso in sonno profondo, e la svegliava invariabilmente al mattino, durante un ciclo di sonno leggero. Le sue lenzuola color porpora erano intessute di bambù e filamenti d'argento anti-microbici, così come la sua camicia da notte e i calzini - che la rendevano ben più pucciosa di quanto avrebbe gradito mostrarsi in pubblico.
Dopo le sue abituali lettura e cioccolata serale, fece partire la sua musica d'atmosfera preferita e si infilò nel letto. La sola cosa che rendeva quella notte diversa da ogni altra fu l'incantesimo che recitò nella sua mente, più e più volte, finché non si addormentò.
La successiva cosa che vide fu un lungo corridoio di pietra. Un bagliore arancione spettrale proveniva da una fila di finestre sul lato sinistro, e illuminava i ritratti, le statue e l'arredamento sulla destra. Le finestre erano in vetro colorato, e non riusciva a vedere sull'altro lato; poteva però udire un rumore distante, assieme ad un rombo simile ad un tuono.
Allungò una mano per toccare la finestra, solo per vederla svanire al di là come un videogame pieno di glitch; trasalì per un attimo, e questo le fece rammentare quel che stava facendo prima di addormentarsi. Si guardò le mani distese e le trovò distorte; quando tentò di toccarsi il palmo sinistro con l'indice della mano destra, il dito passò oltre senza produrre sensazioni.
Questi semplici test le confermarono che stava sognando: guardò in basso, e vide che la sua forma onirica non indossava il pigiama, ma il suo look preferito, dolcevita e pantaloni. Una fortuna, dato che se mai si fosse presentata ad un incontro d'affari -anche immaginario- senza i pantaloni, Ruprecht avrebbe riso di lei per il resto dei suoi giorni.
Procedette lungo il corridoio, il suono dei suoi passi attutito dal tappeto color cremisi sotto i suoi piedi; resistette all'impulso di ispezionare le decorazioni, ma li osservò comunque mentre passava. I pilastri erano decorati riccamente con fragili nudi umani, che si contorcevano ed urlavano in agonia; le rune dorate ricamate nel tappeto (che ora era scarlatto) erano nella Lingua del Caos, i mosaici di vetro colorato si frantumavano in frattali incomprensibili, e le statue raffiguravano creature così orrende che potevano esistere solo negli incubi più neri.
I ritratti mostravano principalmente l'individuo che era qui per incontrare, quasi sempre in scene che sottolineavano la magnificenza e il terrore del suo regno, e la futilità dell'opporsi ad esso. Ce n'era uno in particolare che attirò la sua attenzione: una raffigurazione di un Tiranno Onirico più giovane e vibrante assieme ad altri quattro personaggi, che sembravano molto a loro agio mentre discutevano di affari. Si somigliavano così tanto che avrebbero potuto essere fratelli, e uno di essi parve ad Iris molto familiare. Oltrepassò una porta dopo l'altra, senza preoccuparsi di controllarle: sapeva che erano tutte inaccessibili, e nessuna conteneva ciò che cercava. Dopo quello che sembrò un lungo cammino, lungo un percorso che non riusciva a rammentare precisamente, alla fine raggiunse una porta a due battenti leggermente socchiusa, alla fine di un corridoio. Il battente di destra scricchiolò in modo sinistro mentre lo spingeva, illuminando una sala del trono opulenta, ma disordinata. Sul trono sedeva il Re Incubo del Palazzo del Sogno; un uomo vecchio, scheletrico, vestito in una tunica scarlatta con una corona fissata alla testa, i capelli e la barba bianchi sparsi sul pavimento dopo anni di abbandono. Era coperto di polvere e ragnatele, e se Iris non fosse stata avvertita avrebbe potuto crederlo un cadavere.
Il Re non diede segno di averla notata - o di vita, per quel che valeva; ma Iris non aveva fatto tutta quella strada solo per venire ignorata.
“Vostra Maestà” disse ad alta voce, e le sue parole echeggiarono nella stanza, facendo vibrare le pareti e disturbando polvere e detriti.
Il Re finalmente si levò, sollevando la testa per guardare l'intruso con i suoi occhi innaturalmente incavati.
“Chi osa. Chi osa. Chi osa,” ripeté, con una voce rauca sempre più debole, che si spense nel silenzio.
Iris gli concesse un attimo per finire la frase, ma iniziò a credere che si fosse addormentato di nuovo.
“Uhm… io oso?” replicò alla fine. Il Re scrollò la testa, scuotendosi dall'apatia per occuparsi dell'insolente intruso.
“Dimmi il tuo nome, viaggiatore nei sogni” disse, incapace di alzare la voce oltre un mormorio.
“Dark,” rispose lei orgogliosa. Questo attirò l'attenzione del re, che si raddrizzò sulla sua poltrona e la squadrò, tentando di ottenere qualche altra informazione.
“Fratello?” disse incerto. “No… non del tutto, almeno. Lui sarebbe meno umano dopo tutto questo tempo, non di più. Però condividi il suo Nome: il suo ultimo proxy, dunque? Che è accaduto a Benjamin?”
“La Seconda Guerra Mondiale, penso, ma non mi prenda in parola.” replicò lei. “Il mio nome di battesimo è Iris, comunque. È un piacere conoscere un'entità della vostra statura.”
“Passata statura” replicò quello con amarezza, riafflosciandosi sul trono. “Lasciami marcire, donna.”
“Vi ho detto il mio nome - vi prego di usarlo - e sono stata mandata qui per vedere come stavate. Non reclamate alcuna vittima da un decennio ormai: il mio Antenato, vostro fratello, è preoccupato per voi.”
Il Re Incubo tossì, con una risata da cavallo.
“Lo è davvero? Ed è l'unica ragione per cui ti ha mandato, l'amore fraterno? Non desidera nulla da me?”
Iris fece una pausa, ponderando la sua risposta.
“Abbiamo avuto un incidente con gli Oneiroi di recente” ammise infine. “Siamo riusciti a risolvere la situazione in modo diplomatico, ma sarebbe preferibile avere un asso nella manica, nel caso accadesse un altro incidente.”
Il Re ridacchiò per la sfrontatezza del piano.
“E così Darke – o Percy, è così che si fa chiamare adesso? Vuole fare un patto con me?”
“Possediamo il catalogo di oggetti e servizi anomali più vasto del mondo; di sicuro c'é qualcosa che possiamo offrirvi.”
“Non ne dubito, ma non ho nulla da offrire in cambio” il Re scosse la testa. “Guarda il mio palazzo. È in rovina! I miei campi giacciono incolti, i miei servi muoiono di fame, i miei Cavalieri mi hanno abbandonato! Il mio Regno non è che un'ombra della sua precedente grandezza, ed io una parodia della mia passata maestà. Dopo tutti questi secoli, sono impotente, castrato, privato degli artigli.. Non sono in grado di reclutare un'armata per combattere gli Oneiroi; Darke deve cercare altrove. Non è rimasto nulla qui, eccetto ossa ammuffite.”
Iris si accostò al Re Incubo, tastandogli il polso senza incontrare resistenza.
“Siete debole, e affamato, ma avete ancora la vostra arte, no?” chiese. “Potete creare e sostenere delle formapensiero oniriche usando la paura raccolta dalle menti umane. Perché avete lasciato passare tanto tempo senza nutrirvi? Perché vi siete lasciato andare, fino ad essere troppo debole per lavorare?”
Il Re Incubo la guardò, con occhi umidi come quelli di un bambino spaventato.
“Avevo paura” disse dolcemente, e il suo capo ricadde con vergogna.
“Di che cosa?”
“Ho attraversato - ho viaggiato da qui al mondo della veglia, per la prima volta in troppo tempo. Ero in cerca di cavalieri, creature viventi in grado di ispirare un terrore senza fine nei cuori degli uomini, per il mio raccolto. Ma sono stato arrogante. Ero in grado di terrificare mortali isolati mentre dormivano inermi, e mi ritenevo un atroce, possente spettro che nessuno avrebbe potuto affrontare. Ma più percorrevo il mondo della veglia, più scoprivo la mia forma corporea fragile in modo sconsolante, e mi accorgevo che i miei poteri sulle menti altrui non erano grandi come pensavo. Ho attaccato un villaggio, ma un semplice cacciatore mi ha ucciso con un fucile, come un cerbiatto dagli occhi vitrei nel bosco."
Il Re si coprì il volto per la vergogna, rabbrividendo al ricordo.
“La volta precedente che mi ero aggirato sulla Terra, le armi da fuoco erano deboli, imprecise e potevano sparare un solo colpo alla volta. Non mi preoccupavano. Ma le armi di quest'epoca sono aggeggi blasfemi, in egual misura terrificanti e rassicuranti, a seconda di dove ti trovi rispetto alla canna. Quando il cacciatore venne, tentai di metterlo in fuga, ma la sua fiducia nell'arma fu sufficiente a dissipare ogni paura che ero in grado di provocargli. Battuto da un fucile; fisicamente e, quel che è più importante, emotivamente. Il Re Incubo, sconfitto da un normale fucile da caccia."
"Posso capire che i tuoi poteri siano limitati nel mondo reale, ma perché una singola gita andata male dovrebbe impedirvi di mietere le paure delle persone?" chiese Iris.
“Perché dopo quell'unico viaggio, i miei Cavalieri mi hanno abbandonato," rispose il Re. "Mi hanno visto per il fragile vecchio imbecille che ero, si sono resi conto che non gli servivo davvero; io stesso ero così scosso che non sono più riuscito a produrre Terrori Notturni, nemmeno all'interno del mio Regno. Così, mi sono rinchiuso qui dentro, mi sono lasciato deperire e con me la mia progenie, ed ora non potrei nutrirmi nemmeno se lo volessi. Non morirò mai, non per davvero, ma presto sarò così evanescente da non essere più nulla. Perciò ti prego, mia nipote: lasciami qui a marcire.”
Iris non badò alla richiesta del vecchio; raccolse invece lo scettro che giaceva dimenticato alla base del trono. Dopo aver soffiato via la polvere e le ragnatele, glielo porse.
“Mostrami il tuo Regno, zio,” gli ordinò. Le labbra del Re si arricciarono alla sua insolenza, ma c'era troppo di suo fratello maggiore nel tono di lei perché potesse rifiutare: usando lo scettro come stampella per supportare il suo corpo decrepito, si levò dal suo trono e barcollò attraverso la sala, ammantandosi di ragnatele come un gotico treno nuziale.
Giunsero davanti a due imponenti battenti, e il Re fece cenno ad Iris di aprirle, rivelando una balconata che dava sul Regno degli Incubi. Aveva conservato una parvenza di orrore: il cielo color ruggine, con un sole nero e nuvole rosso sangue; polle e ruscelli ed un fiume sporco di sangue, e la terra circostante era una fanghiglia nera. C'era una foresta di alberi neri rinsecchiti, un villaggio di edifici di pietra diroccati, e una catena montuosa in lontananza, scura e aspra. Ma ovunque - sangue o terra, foresta o campo, villaggio o montagna - erano sparsi gli scheletri in decomposizione di ogni sorta di creature innaturali. Un piccolo numero di mostri letargici vagavano ancora qua e là, le loro forme da incubo ridotte a poca cosa rispetto a solo un decennio prima.
“Che vista pietosa” mormorò Iris.
“Spero ciò significhi che hai visto abbastanza. Và, torna da dove sei venuta e dì a mio fratello che non ho più un esercito.”
“Hai ancora dei subordinati. Con una quantità sufficiente di paura, potrebbero tornare forti, di nuovo una legione. Non vedo nulla, qui, che non possa essere aggiustato.”
“Non mi hai ascoltato? Non possiedo più Cavalieri che diffondano la paura in mio nome, che coltivino il terrore nel mondo della veglia per il mio raccolto; né ho più la forza di invadere alla cieca i sogni dei mortali, alla ricerca di qualche terrore inconscio.”
“Non é questo che sto suggerendo. Dispongo di qualcosa di meglio di un Cavaliere per procurarle delle vittime adatte: dati. Ogni giorno, nel mondo moderno, miliardi di persone espongono un volume inenarrabile di informazioni personali sui social media, dove chiunque può raccoglierli. Mi sono già organizzata per dragarle: milioni e milioni di persone che soffrono di stress post-traumatico, attacchi d'ansia, paralisi del sonno e infinite altre condizioni adatte a produrre orrore, che discutono i loro mali in rete, magari proprio in questo istante. Tutto quel che devo fare è inserire qualche parametro, e in una frazione di secondo avrò in mano più perfette vittime potenziali di quante uno dei vostri Cavalieri rintraccerebbe in mille anni.
“Posso fornirvi i nomi e i luoghi delle vittime: a partire dalle più facili, per darvi il tempo di riprendere le forze e, quel che é più importante, la fiducia in voi stesso. Pensate a ciò che potreste fare con una scorta inesauribile di vittime ideali, senza dover perdere tempo a cacciare o a gestire i fallimenti: voi e il vostro regno tornerete più grandi di quanto non foste nella vostra gloria, così potenti, forse, che un giorno potrete aggirarvi per il mondo della veglia senza più temere le armi. Non suona meglio del nascondervi nella vostra sala del trono per il resto dell'eternità?”
Il Re si sporse dal bordo della balconata, osservando il suo regno con tristezza, sognando ciò che era stato e ciò che poteva tornare, se solo ritrovava un po' dell'antico coraggio.
“Non riesco a crederti. Sembra troppo bello per essere vero. Ma se davvero puoi procurarmi delle vittime adatte, suppongo di non aver nulla da perdere.”
Iris si toccò l'orecchio, ed estrasse dalla sua memoria un pezzetto di carta ordinatamente ripiegato.
“Immaginavo che avreste detto di sì. Ho già pronte tredici persone, elencate dalla più debole alla più forte: mandate solo un'ondacorvo a vostro fratello quando siete pronto per la successiva, e me lo farà sapere. Non entrate nei miei sogni senza invito.”
Il Re prese la lista con cautela, come se temesse qualche trappola.
“E in cambio?”
“La vostra rinvigorita armata di Incubi sarà al servizio della Marshall, Carter & Dark s.r.l.,” rispose Iris. “Entro limiti ragionevoli, è ovvio.”
“Ovvio,” annuì il Re, scettico. Dispiegò la lista e iniziò a scorrere i nomi che gli aveva portato. “Se questi mortali si dimostrano promettenti come dici, dovrò nominarti Cavaliere.”
Lei ponderò l'offerta per un istante.
“Significherebbe giurarvi fedeltà?” chiese.
“Invero.”
“Allora passo. La mia lealtà va innanzitutto a me stessa, in secondo luogo a chi mi è utile.”
Il Re rise freddamente al suo egocentrismo.
“Degna del Nome di mio fratello, dunque. Ha scelto bene. Lasciando perdere l'onorifico, sarai una alleata preziosa per il mio Regno, e il mio Regno lo sarà per te.”
Iris guardò il panorama desolato, considerando il potenziale di quelle terre incolte, delle foreste purulente e dei demoni abbandonati. La sola minaccia di una simile armata avrebbe eliminato la necessità di ammansire nuovamente gli Oneiroi; il potere di Marshall, Carter & Dark, il suo potere, si sarebbe esteso sui piani materiali e immateriali.
Inoltre, d'ora in avanti avrebbe dormito sonni ancora più tranquilli, con la sicurezza che il Re degli Incubi lavorava per lei.