❗ Vuoi lasciare un +, un - o un commento a questa pagina? Iscriviti!❗
Lo straniero pazzo fece un ultimo sospiro, stanco dal lungo viaggio. Le entrate, le scale, i guardiani, i bivi e tutto il resto furono una vera impresa da attraversare, e l'ultimo muro neanche fu uno scherzo.
Finalmente vide il bordo, e si sedette. Dal tetto del mondo poteva vedere tutto: c'erano persone felici, persone infelici, persone che conosceva, e persino persone che non conosceva. Vide un uomo piangere davanti ai corpi senza vita della propria famiglia, e se ne rattristò. Vide una delle persone che odiava moribonda, vagando per il mondo sotto il tetto su cui era appollaiato, e se ne compiacque. Si stese supino, testa verso il bordo, e chiuse gli occhi.
Si svegliò poco dopo, infuriato, e cominciò a imprecare verso tutto il mondo. Un piccolo dito si avvicinò, aspettando che si calmasse. "Perché sei su tutte le furie?", domandò il dito. "Perché non sono ancora un sognatore!" tuonò lo straniero pazzo. Fissò un attimo il dito, poi tornò a sedersi sul bordo.
"Perdonami, dito", sospirò "Pensavo mi avreste cacciato, o peggio".
"Perché dovremmo? Tutti sono i benvenuti, chi sono le dita per dirti dove andare oramai?"
"Perché sono io che ho bruciato il mondo! Io ho inventato il fuoco, e portato la morte sui mondi!"
Il dito stette qualche secondo a pensare, distogliendo lo sguardo dallo straniero pazzo. Poi gli si illuminarono gli occhi, si sedette sul bordo del tetto del mondo e si avvicinò allo straniero pazzo. "Te ne saresti già andato da solo se non fossi il benvenuto, non credi?"
"Magari hai ragione", sospirò. "Ti lascio ai tuoi pensieri" mormorò il piccolo dito. Lo straniero pazzo tornò a dormire. Non si rividero mai più.
Lo straniero pazzo cominciò a vedere qualcosa nella sua testa. Sì, sì, era un colore accesso, splendido, come un verde schiacciato dal celeste, a sua volta ricoperto di bianco e giallo. Lasciò il posto dei sogni alla realtà, quando un dito nero lo svegliò.
"Cosa vuoi, dito nero?", domadò infastidito ma incuriosito. "Voglio sapere che fai tutto da solo sul tetto del mondo, straniero pazzo", replicò il dito nero. "Guardo il resto del mondo dal suo tetto". "E perché mai?", "Per osservare quel che resta". Questo fece arrabbiare assai il dito nero, che per poco non si sfogò sullo straniero pazzo. "Quel che resta? Per bruciare anche quello?!" sibilò il dito nero.
"Il fuoco non è più cosa mio, dito nero", sospirò lo straniero pazzo. "Cacciami dal tetto, o peggio uccidimi se vuoi", continuò. "Ma oramai non sono più interessato a quel che fu". Il dito nero stette a guardarlo un attimo, incredulo. "Sono sorpresa, ma immagino che anche quelli come te possano cambiare".
Lo straniero pazzo sospirò di nuovo. "Cosa vuoi davvero da me?"
"Sapere perché sei davvero qui. Insomma, quand'è che quelli come te si sono interessati al contemplare?"
"Anche un povero pazzo può volere altro, dito nero".
"E tu cosa vuoi?"
"Te l'ho detto, contemplare!"
"Un uomo non cammina perché vuole camminare, straniero pazzo".
Lanciò un'imprecazione, e tornò a guardare il mondo dal suo tetto.
"Quell'uomo è uguale a te", cominciò il dito nero. "Eppure combatte per il suo mondo. Cosa ha di diverso da te?"
"Lui è un sognatore, io no", attaccò lo straniero pazzo. Questo fece ridere di buon gusto il dito nero.
"Sembri essere da solo, eppure troppi fantasmi ti divorano l'animo!"
"Che ne sai tu dei miei spettri, dito nero?!"
"Lascia che ti racconti una storia: c'era una volta un uomo, onesto e coraggioso. Non aveva paura di niente, perché nella vita non vide mai nulla di davvero pauroso. Viaggò in lungo e in largo, perché il villaggio dove abitava ormai aveva dato tutto quello che potè dargli, e aveva una sacra missione: diventare più forte di quanto non lo sia mai stato nessuno al mondo, e proteggere per sempre la sua casa".
"Bruciò della selvaggina che aveva catturato col suo ingegno, e senza volerlo raggiunse il tetto del mondo. Vide, vide e vide finché non gli sembrò di sapere tutto del tetto del mondo. Poi si svegliò, e realizzò di aver visto a malapena un solo angolo del tetto del mondo. Eppure, quell'unico angolo per un istante divenne quanto di più importante gli era al mondo: proprio grazie a esso vide il suo villaggio consumato dalle fiamme, e si precipitò lì. Non arrivò in tempo, e solo una grande vipera non fu arsa dai fuochi. Sai cosa gli disse la vipera?"
Lo straniero pazzo si voltò. "Cosa gli disse?"
Si aggiustò un attimo la voce, poi continuò. "«Tu, ramingo e fuggiassssco sulla terra, fifone che non ssssei altro, missssero topo da biblioteca che abbaia come il più grande dei massssstini, ecco a cosssa ha portato la tua ricerca! Fossssi rimasssto qui, tutto sssarebbe andato per il verssso giusssto; eppure no! Ti sssei ribellato al dessstino, da quel momento in poi quessssto fu il tuo fato!» L'uomo allora sorrise, perché il suo destino si era compiuto".
Lo straniero pazzo si alzò. "E che ne fu dell'uomo?"
"La vipera era adirata dall'affronto dell'uomo. «Basssta! Tu che ti prendi gioco del fato, non conssssumerai mai più il bene della terra o i tesssori del mare! Ssssarai piccolo, contorto, ossscuro, tutti ti eviteranno, e mangerai ssssolamente la paura che tanto consssuma gli altri, perché sssolo di quello un mezz'uomo come te può nutrirsssi!»"
Lo straniero pazzo sospirò. "Sì, la so già la favoletta… verrai punito se ti prendi gioco del destino-" non fece in tempo a finire, che il dito nero lo interruppe. "Chi ha mai detto ci fosse una morale?"
Rimasero entrambi in silenzio per un po'. "Ho cose più importanti a cui pensare, straniero pazzo, e ho perso anche troppo tempo con te". "Dito nero… grazie per la storia. Non l'ho vista da qui". "Davvero? Significa che il nostro incontro fu voluto". "Che le stelle ti guidino e la strada ti porti lontano, dito nero", farfugliò lo straniero pazzo. "Spero tu possa trovare quel che cerchi, straniero pazzo. Ravvediti".
Lo straniero pazzo tornò a dormire. Non si rividero mai più.
Il rosso consumò tutto, prima con un dolce abbraccio e poi con una violenta esplosione. Lo straniero pazzo si svegliò all'improvviso, notando nel mentre l'arrivo della Serpe.
Fu sorpreso da questa visita in particolare, poiché la Serpe era la signora del tetto del mondo, e arrivava solo in gravi situazioni.
"Cosa vuoi da me, Serpe?" chiese lo straniero pazzo. La Serpe guardò attorno al tetto del mondo, facendo attenzione a tutte le storie presenti. "Fin da quando esiste il mondo, esiste il tetto del mondo", cominciò, "e fin da quando esiste il tetto del mondo, sono esistita io. Eppure, sin da quando è esistito il mondo, ho visto gente entrare, gente uscire, gente vivere e morire sul tetto. Ad oggi, tu sei l'unico che sia sempre rimasto, straniero pazzo. Sono passati innumerevoli età, tante quelle dei numi, intere generazioni sono scorse come acqua dentro al letto di un fiume… e ancora, ti ostini a malapena vedere dal tetto del mondo, quindi non è la conoscenza ciò che desideri. Dunque, ti chiedo, cosa cerchi? Cosa hai voluto per tutto questo tempo?"
Lo straniero pazzo stette a guardare prima la Serpe, poi il tetto del mondo. Vide cento, mille, infiniti stranieri pazzi gettarsi contro il fuoco, portando la morte sui mondi. "Se fossi rimasto nel mondo, li avresti seguiti. Temi forse di perdere il senno? Pensavo che gli stranieri pazzi non lo avessero sin dal principio…"
Lo straniero pazzo sospirò per l'ennesima volta. "Va bene, accontenterò la tua richiesta. Sono venuto sul tetto del mondo millenni fa per cercare la pace, la quiete, un… un sogno". La Serpe si sorprese assai. "Immagino che alla fine anche le volpi possano perdere il vizio. Hai dormito per intere ere, passato oltre milioni di mondi, eppure ancora non trovi la pace. Cosa significa, secondo te?"
"Che devo ancora sognare!" esclamò lo straniero pazzo. "Sì, basta ancora un po', sono così vicino, devo solamen-" non fece in tempo a finire, che udì la Serpe sibilare. "Pensi davvero che sia la cosa giusta da fare?"
"Cosa?"
"Sono passati millenni. Se non ti sei ripreso dopo i primi dieci anni, perché dovresti dopo tutto questo tempo? Hai forse paura?" Lo straniero pazzo tacque. "Dunque, se un metodo non ha funzionato, perché non cambiarlo?"
"E… se non funzionasse? Se fosse tutto inutile?"
"Cosa sono dieci anni di tentativi per chi non può conoscere ciò che c'è dopo?" La Serpe sorrise, prendendo qualcosa da leggere. "La Corte del Re Affamato. La Fuga dei Figli del Fuoco. Il Giocattolaio e la Ruggine. Hai letto tutti questi libri, ma hai mai letto questo?"
Lo straniero pazzo guardò il libro che la Serpe gli porse. "La tua Insorgenza lo fece per il Caos, ma le cose possono essere andate diversamente. L'Insorgenza contro il Caos è fra i miei libri preferiti. Non è la migliore delle Insorgenze, ma la perfezione esiste solo per spronarci a fare di meglio, non credi?"
Lo straniero pazzo la guardò in silenzio, riuscendo solo a farfugliare un "Grazie" arronzato. "Buona lettura, Abitante Pazzo".
L'Abitante Pazzo aprì il libro, e cominciò a leggere.