Crediti
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Originale: Such a Shame It Didn’t Work
Traduttore:
«Controlla la destinazione»
Premé un pulsante sul quadro di comando e uno schermo azzurrato si calò giù dallo sportello nel soffitto. Guardò il sole attraverso di esso.
«Destinazione confermata. Il sole c’è ancora»
«Fammi il favore di prendere la faccenda sul serio»
«È la mia vita, la prendo come mi pare e piace»
Alla radio ci fu un silenzio che lo fece sentire giudicato.
«E va bene. Controlla la sequenza di accensione»
Non si prese il disturbo:
«Sequenza di accensione controllata»
«Non hai controllato un cazzo. So quanto è lunga quella lista»
«E io conosco questa navicella come le mie tasche. L’ho progettata per mesi. Ho guardato gli operai lanciare i pannelli da una ripresa dal vivo nella mia cella. Li ho guardati saldarla. Se dico che è pronta, lo è»
«Capisci le conseguenze che ci saranno se va male?»
«Meglio di chiunque. Mi sto uccidendo per evitare quelle conseguenze, per sempre, per tutti»
«Ti sei ucciso tanto tempo fa. Questo è solo il funerale vichingo»
La direttrice Light disse:
«Bene, ho proprio visto abb…»
Sorrise:
«Questo sì che è lo spirito giusto. Accendiamo questa candela»
Ci fu di nuovo silenzio alla radio, dopodiché:
«Cosa?»
«Alan Shepard. È una citazione di Alan Shepard»
«Be’, l’hai detta male. E non puoi paragonarti ad Alan Shepard»
Iniziò a premere interruttori sul quadro di comando, rassicurato dalla memoria muscolare: ogni movimento era stato programmato settimane prima e impresso nella sua mente con precisione chirurgica.
«Faccio il preriscaldamento»
«Non ti abbiamo autorizzato al lancio»
In pochi secondi, tutte le letture furono al massimo.
«Be’, sarà meglio che lo facciate, perché sono pronto a volare»
Poggiò il suo indice guantato su un grosso bottone rosso. Aveva dovuto lottare con le unghie e coi denti per farlo installare.
La direttrice Light schioccò le dita:
«Ehi! Terra chiama dottor Dan!»
Alzò un braccio e staccò una fotografia sbiadita e stropicciata dalla striscia di velcro sopra di lui. Raffigurava una catena montuosa innevata; lo sapeva perché se lo ricordava, ma aspettò a guardarla.
«Accensione»
Premé il bottone e guardò la foto.
«E poi morì»
Sophia finì per lui e gettò la sua copia del fascicolo sul tavolo a cui erano seduti.
Il dottor Dan le lanciò un’occhiataccia:
«Non prima che esca dall’atmosfera, con SCP-096 al seguito»
Lei sghignazzò:
«Guardi la foto nel momento del decollo, SCP-096 irrompe nei livelli inferiori del razzo…»
«Guardo la foto dopo il momento del decollo. SCP-096 deve scalare tutta la torre, poi saltare sul razzo mentre accelera»
«E poi raggiunge la capsula…»
«Navicella spaziale»
«…la navicella spaziale ben prima che tu esca dall’atmosfera, ti uccide, salta fuori e fa una strage. Ma dove? Al Centro Spaziale Kennedy?»
Dan richiuse la sua copia del fascicolo e la buttò su quella di lei.
«È ovvio che useremmo una delle nostre strutture di lancio»
La direttrice Light fece un sospiro di frustrazione:
«Dan, è il peggior piano che escogiti da dieci anni. Non è la prima volta che presenti una bozza a tema spazio. Non è neanche la prima volta che provi a sparare SCP-096 nel sole, anche se di certo allertarlo per nessun motivo è un tocco nuovo, per quel poco che vale. Il mese scorso, hai suggerito di farlo morire di noia facendogli ascoltare Sul Monte Golgota a ripetizione. Perché mai usare delle anomalie? Non sei autorizzato a conoscerne… oh, circa quattromila. I tuoi dati sono obsoleti di un decennio. E questo non è il peggio, dammi retta. Almeno le tue vecchie proposte seguivano un formato di sperimentazione adeguato; questa è un racconto breve! La prossima volta cosa ti inventerai? Una sceneggiatura teatrale? Un fumetto? Ora pure i tuoi personaggi si lamentano delle tue stronzate»
Si era sentito stanco, quando aveva iniziato a recitarle il piano. Ora si sentiva arrabbiato:
«Le mie vecchie proposte? Vuoi parlare delle mie vecchie proposte, Sophia? Tutte e cinquecento? La maggior parte avrebbe funzionato, ma per qualche motivo, per qualche stramaledetto motivo, non volete lasciarmi provare. Credevo che avessimo un accordo»
Ora stringeva entrambi i pugni, pronto a pestarli sul tavolo di metallo. Sophia Light incrociò le braccia e gli rivolse uno sguardo freddo:
«Il nostro “accordo” era che avresti concepito un modo per terminare SCP-096, dopodiché avremmo terminato te per aver causato… quante morti? Dozzine?»
Dan rispose senza esitare:
«Quarantasette. Per mostrarvi di cos’è capace il vostro bambino»
«Il nostro bambino, d’accordo. E per mostrare ai civili di cosa siamo capaci noi? E mostrare loro gli orrori con cui condividono il mondo?»
Dan scosse la testa:
«Io e Oleksei abbiamo fatto il nostro dovere. Abbiamo fatto in modo che l’incidente si potesse insabbiare a dovere. Abbiamo fatto sì che le perdite fossero minime. Quanto bastava per concludere il lavoro»
Sophia fece una smorfia severa:
«Dillo a Oleksei. O ai motociclisti in autostrada. Dillo a quel neonato!»
«Si fotta il neonato»
La direttrice Light rimase interdetta.
«Secondo te, l’accaduto non mi turba? Mi turba eccome. Mi turba che così tante persone innocenti, o così presumo, siano state massacrate da quell’essere. Mi turba che fosse quello il mio piano! Ma sai cosa mi turbava di più? Sapere che avevamo intenzione di lasciargli continuare a infliggerci migliaia di taglietti, anno dopo anno, il tutto mentre rischiavamo una breccia fatta e finita, con un numero di vittime civili che poteva essere infinito. Tutto quello spreco, tutto quel pericolo, solo affinché i Sovrintendenti non dovessero depennare un numero dal loro prezioso inventario»
Si sentiva bollente sotto il colletto della sua uniforme da detenuto; gli mancava tanto la formalità sbarazzina del suo camice da laboratorio. Sophia scosse la testa:
«Approvarono la tua richiesta di dismissione»
«La approvarono così tanto tempo fa che avevamo appena coniato il termine!»
Stavolta, pestò il pugno sul tavolo e si compiacque nel vederlo ammaccarsi.
“Non ho perso lo smalto. Non del tutto, almeno” pensò.
«Kondraki voleva buttare piscio di gatto su un vampiro? Bollino verde. Iceberg voleva lanciare una palla di neve a un mutaforma? Concesso. Io volevo sbarazzarmi a dovere di un mostro assassino pressoché incontenibile e avevo elaborato cinquecento proposte fattibili per riuscirci, eppure nessuna andava abbastanza bene? Dico che sono stronzate. Oggi, proprio ora»
«Ah, sì?»
«Eh, sì»
«Alla buon’ora»
Si fissarono per un attimo, in silenzio. La porta della sala interrogatori si aprì e Charles Vaux, l’assistente della direttrice Light, arrivò con una borsa di tela e un vassoio del caffè in cartone che conteneva due tazze di cartone.
«Scusate, non trovavo la sala pausa»
Adagiò il vassoio in mezzo ai due, accanto all’ultimo capolavoro di Dan, e le porse la borsa. Sophia se la mise sul grembo. Prese una delle tazze e fece cenno a Dan di prendere l’altra. Il dottore incrociò le braccia e la fulminò con lo sguardo, per poi fare spallucce. Tra un sorso e l’altro, la direttrice Light rimarcò:
«I tuoi ultimi cinque piani erano altrettanto pessimi. Mi sono fatta l’idea che volessi che qualcuno venisse a chiederti cosa succede»
Dan emise un grugnito rauco. Aveva fatto molta pratica con quei grugniti, nel corso della sua mezza età.
«Sono io, il maestro della manipolazione, tessitore delle più subdole ed eccelse delle trame. Ho indotto Sophia Light a farmi visita dopo dieci fottuti anni! Il mio piano ventennale è avere un appuntamento di gioco coi go-kart col dottor Gerald»
«Gerald è in pensione e Iceberg si è suicidato. Inoltre, qualcuno ha sparato in testa a Kondraki poco dopo la storia del piscio di gatto, anche se su quello hai glissato un po’»
Era chiaro che Dan non sapeva come commentare. Sophia lo guardò pensierosa per un attimo, gli diede il tempo di assimilare la notizia, poi infilò la mano nella borsa di tela. Ne tirò fuori un raccoglitore sottile e lo fece scivolare sul tavolo. Il dottor Dan lesse il titolo e alzò un sopracciglio:
«Dipartimento di Dismissione?»
La direttrice Light annuì.
«Non sapevo nemmeno che avessimo una cosa simile»
«Be’, ce l’abbiamo da qualche anno. Tu, in quanto soggetto detenuto, non eri autorizzato a saperlo»
Dan sfiorò il raccoglitore e chiese:
«Cosa vedrei, se lo leggessi?»
«Una panoramica esaustiva della lunga e storica carriera di uno dei migliori consulenti del DD. Un uomo che ha concepito più di cinquecento metodi fattibili di dismissione o neutralizzazione, alcuni dei quali sono stati applicati con successo»
Dan rimase zitto per un istante, giusto la durata di un battito cardiaco, poi ghignò. Sophia alzò un sopracciglio. Dan rise, stavolta sul serio.
«Che c’è, ti aspettavi che mi stupissi? Ho fatto ciò che ho fatto un decennio fa! Non c’è nessun altro motivo logico per tenermi in vita così tanto. Se avessi scritto cinquecento piani di dismissione falliti, avreste smesso di chiedermi consigli e mi avreste fatto fucilare. Ho sempre sospettato che steste facendo qualcosa del genere»
«E sei stato al gioco?»
«No. Credo davvero che molte di queste anomalie vadano distrutte, Sophia. Sono troppo pericolose e siamo troppo bramosi di giocarci, metterne alla prova i limiti, rischiare vite. Mi credi machiavellico per via di ciò che ho fatto assieme a Oleksei? Ebbene, lo sono. Machiavelli approvava metodi freddi per giungere a risultati tiepidi e vaghi. Il bene superiore. Non sono come il dottor Clef, il dottor Mann o i vostri altri mastini assetati di potere. Loro sono ancora vivi?»
Sophia annuì.
«Peccato. Ma non sono come loro. Se devo, sono disposto a farmi sparare per i miei piani, perché sono i piani giusti. Per tutti. Ne sono ancora convinto»
La direttrice Light recuperò il raccoglitore, vi infilò entrambe le copie della proposta e lo buttò nella borsa di tela.
«Discorso finito?»
«Sì, discorso finito»
Sophia si alzò e gli porse la mano. Dan aggrottò la fronte:
«Perché mi stringi la mano?»
«Ti sto offrendo un lavoro»
«Al Dipartimento di Dismissione? Pensavo di averlo già»
«Non vengo dal Dipartimento di Dismissione. Sto facendo qualcosa che non approverai e voglio che mi aiuti. Preferirei che me la stringessi prima di dopodomani»
Si indicò la mano ancora tesa con un cenno del capo. Dan le ricordò:
«Sono in detenzione a tempo indeterminato»
«Sei appena stato rilasciato sulla parola. Quella dichiarazione preparata era una vera chicca, da quanto tempo l’avevi in tasca?»
Dan alzò gli occhi al cielo. Sophia sorrise:
«Dammi la mano e alzati. Prendi una boccata d’aria fresca e ricomincia a vivere»
«Vivere per fare cosa?»
«Intrighi machiavellici, è ovvio. Qualcuno ha appena tirato fuori George Bowe dalla formalina, così ho pensato di liberare un pezzo da museo tutto mio!»
Dan si alzò e le strinse la mano.
«Il generale Bowe? Dici sul serio?»
«Sì»
Sophia passò la borsa a Vaux, che le tenne aperta la porta.
«Diamoci una mossa. Io e te abbiamo dei piani infidi da escogitare»
Dan prese l’altro caffè mentre girava intorno al tavolo. Mentre Vaux gli passava accanto per recuperare il vassoio vuoto, domandò:
«Che mi dici di SCP-096?»
La direttrice Light ridacchiò senza voltarsi:
«Oh, l’abbiamo sparato nel sole nove anni fa»
Dan sfrecciò fuori dalla stanza per seguirla.
«Aspetta, cosa? Davvero?»
Doveva correre per tenere il passo.
«Davvero? Sophia?!»