SCP-589-FR
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Elemento #: SCP-589-FR

Livello di Minaccia: Giallo

Classe dell'Oggetto: Euclid

Procedure Speciali di Contenimento: SCP-589-FR deve essere contenuto in una camera di sicurezza blindata. Essa deve restare sotto costante sorveglianza video, in virtù dei protocolli standard applicati alle anomalie transdimensionali.

Qualsiasi attivazione non provocata dell'anomalia deve essere considerata alla stregua di un atto ostile contro l'umanità e innescare un'evacuazione del sito, oltre a una risposta armata.

Descrizione: SCP-589-FR designa un insieme costituito da cinque candelabri della città di Parigi datati all'inizio del XX secolo, collegati tra loro da una massa di ciottoli fusi. Sulla base fusa sono incise scanalature larghe da 1 a 2 centimetri che collegano i vari candelabri, e che si intrecciano per formare diversi simboli oppidici1.

In queste scanalature sono stati rinvenuti residui di gesso e sangue umano carbonizzato, sottointendendo un'origine umana, sebbene siano adesso integrati nella pietra. La tracciabilità di questa anomalia è soggetta a dibattito, ma essa faceva parte degli artefatti confiscati dal SKP agli Archivi Neri sotto il regime di Vichy, per poi ritornare agli Archivi nel dopoguerra e infine in possesso della Fondazione, in virtù degli accordi del 1973 sulla privatizzazione parziale del patrimonio anomalo dello Stato francese.

L'anomalia si manifesta durante l'accensione dei candelabri. All'inizio, le fiamme aumentano notevolmente di volume, fino a raggiungere il baricentro dei cinque oggetti. Subito dopo, appare tra le fiamme una porta in legno rosso con cardini di acciaio temprato incandescente. Essa, nonostante l'assenza di serratura, è rimasta chiusa a chiave fino alla sua apertura forzata da parte della Fondazione, nel 1983.

Questa porta si apre in un universo-bolla di subrealtà, labirintico e spiraleggiante2, designato SCP-589-FR-A. Questo micro-universo è composto da un immenso campo3 di lampadari e candelabri, che si accendono a intervalli regolari. Il terreno è interamente ricoperto da uno strato, spesso 30 cm, di cadaveri di falene (diverse specie esotiche, la maggior parte europee). Tale spazio è teorizzato come un'estensione del ███████████████████ e possiede dunque delle regole di funzionamento analoghe a ████████████████████████████████████.

I candelabri e i lampadari si accendono secondo un ciclo di giorno/notte analogo a quello del nostro mondo (seguendo il fuso orario GMT+1), nonostante l'assenza di sole in questo mondo. Tali oggetti sfruttano il metano rilasciato dai cadaveri a terra per alimentarsi, tramite un mezzo ancora relativamente poco conosciuto. Le aree prive di candelabri e lampadari risultano essere per la maggior parte irrespirabili, il che implica anche un ruolo di filtraggio da parte di questi oggetti.

Popolazione di SCP-589-FR-A

SCP-589-FR-A è abitato da un'enorme popolazione di falene. Il numero di specie è spropositatamente grande (2521 formalmente identificate), di cui molte di esse corrispondenti a quelle dell'ecosistema francese, così come vi è la presenza di specie provenienti da altre parti del globo. La maggior parte delle falene vagano vicino alle luci finché non muoiono, solitamente a causa di denutrizione. L'origine di questa popolazione è sconosciuta, in quanto la dimensione è impropria alla loro sopravvivenza a causa dell'assenza di nutrimento.

Tutte le specie di falene presenti in SCP-589-FR-A corrispondono a specie terrestri identificate, ad eccezione di una sola, che sembra essere propria di tale ambiente. Questa, designata come SCP-589-FR-B0, è vicina alle specie della famiglia Miletinae e si presenta come una grande falena bruna a macchie bianche. La specie sembra essere affetta un difetto di sviluppo che non limita la crescita delle istanze. La taglia degli esemplari adulti varia dunque notevolmente, con un'apertura alare che può andare dai 12 cm a 2,3 m. La specie sembra essere in grado di vivere una cinquantina di anni, nutrendosi dei cadaveri di falene. Nonostante siano prevalentemente saprofite, sembrerebbe che le istanze SCP-589-FR-B0 siano anche in grado di predare, mostrandosi ostili verso l'uomo. La loro spirotromba è circondata da due mandibole capaci di lacerare la carne, mentre la stessa spirotromba serve a dispiegare un altro organo ad essa collegato. Quest'ultimo, chiamato appendice parasapiente, è composto da una porzione di sistema nervoso dispiegabile in grado di innestarsi su un sistema nervoso esterno e di parassitarlo. Questo organo è talvolta utilizzato per prendere il controllo di altre entità (spesso altre istanze SCP-589-FR-B0) ferite.

La vittima perde progressivamente le capacità motrici e le facoltà mentali a vantaggio dell'istanza che la parassita. In generale, SCP-589-FR-B0 utilizza semplicemente l'individuo parassitato come "annesso" di se stesso, in modo da economizzare l'energia facendogli svolgere compiti basilari, rimanendogli attaccato come una zecca. Questo effetto è stato già osservato sui mammiferi, in particolare sull'uomo.

Tra i cadaveri delle falene presenti sul terreno sono state identificate anche due sottospecie di SCP-589-FR-B0, sebbene ritenute estinte.

SCP-589-FR-B1 possiede, a dispetto dei numerosi punti in comune con SCP-589-FR-B0, molteplici variazioni anatomiche anomale. La maggior parte dei cadaveri ritrovati hanno una lunghezza compresa tra uno e due metri, e possiedono un principio di scheletro cartilagineo e una proto-colonna vertebrale in aggiunta all'esoscheletro proprio degli insetti. Vi è inoltre la presenza di diverse appendici prensili all'estremità delle zampe, in maniera similare a mani rudimentali. Diversi cadaveri completi dell'incidente della "marcia dei diavoli bianchi" sono ancora conservati negli Archivi Neri, anche se la maggior parte delle istanze ritrovate erano direttamente in SCP-589-FR-A.

SCP-589-FR-B2 è un'istanza unica, il cui corpo è stato anch'esso ritrovato senza vita in SCP-589-FR-A. Si tratta di un'istanza gigantesca (3,87 m) con ali atrofizzate, ritrovata trafitta da numerose sciabole e decapitata. Essa possiede le stesse caratteristiche anomale di SCP-589-FR-B, così come di un'ipertrofia degli organi genitali (femminili). Tale variazione anatomica può far pensare al sistema riproduttivo di alcuni insetti con una "regina che depone", nonostante non sia il caso delle falene.

Va inoltre notato che le istanze di SCP-589-FR-B0 sono generalmente sessuate e perfettamente capaci di riprodursi; esistono tuttavia dubbi per SCP-589-FR-B1, a causa della mancanza di esemplari viventi.

Tracce di attività umana:

Al recupero dell'artefatto da parte della Fondazione, la porta che conduce a SCP-589-FR-A si presentava chiusa dall'interno. La decisione di forzarla è stata presa il 30/01/1982, alle ore 10:30.

La porta ha subito mostrato un meccanismo che ne ha permesso l'apertura. In seguito, la camera di contenimento di SCP-589-FR è stata invasa da una marea di resti di falene che hanno quasi rischiato di soffocare la squadra d'assalto. Dopo la pulizia, la squadra è riuscita a penetrare in SCP-589-FR-A per la prima volta.

La porta è stata trovata sepolta sotto una montagna di cadaveri di normali falene, SCP-589-FR-B0 e -B1. Inoltre, essa era originariamente bloccata da una bandiera francese disposta su entrambe le ante mediante un nodo che collegava le due maniglie.4

Vicino alla porta è stato ritrovato anche un semplice accampamento abbandonato; le tende erano state realizzate con pelli di cavallo e lampadari rotti. Vi era la presenza di strumenti rudimentali, realizzati con ossa ed esoscheletri di SCP-589-FR-B0. I cadaveri di 82 uomini (probabilmente dello squadrone Robert-Houdin) sono stati ritrovati carbonizzati nei pressi dell'accampamento. I corpi sembravano essere stati disposti in fila, similmente all'organizzazione di un cimitero. Un cadavere umano è stato inoltre ritrovato carbonizzato vicino SCP-589-FR-B2. Presentava numerose tracce di danni post mortem.


Addendum 1: Documento confiscato a MC&D

FR84P/PS176/921AA
Stato Venduto
Domanda Media
Valore 20.000 franchi, possibilità di vendita "a pezzo"
Disponibilità Unica
Identificazione Luigi Augusto di Francia
Descrizione Resti dell'ultimo re di Francia consacrato. Presenta numerose tracce di scarificazione rituale, esito del tentativo di ████████████████████████, ultimo amministratore del Fondo di Versailles, di salvare il re dalla ghigliottina, e poi di ████████████████████████████████████████████████, allo scopo di riportare in vita il sovrano5.
Marshall, Carter and Dark, Ltd.

Rapporto Iniziale
Autore William T. Tomslow Data 12/12/1856
Interesse Medio Identificazione Luigi Augusto di Francia
Articolo acquistato da Andrée de Saint-Juste, intermediario d'affari a Parigi, conservato in un barile di formalina.

L'articolo presenta un interesse per numerosi necromanti che desiderano studiare le sue scarificazioni, ma anche per qualsiasi cellula assolutista6.

La salma è in discreto stato di conservazione, una vendita rapida e definitiva è senza dubbio la scelta migliore: la pelle può essere conciata per la vendita al dettaglio secondo necessità. Possibilità di vendita all'asta, all'ingrosso o al dettaglio.
Dossier aperto sotto: FR84P/PS176/921AA
Marshall, Carter and Dark, Ltd.

Informazioni sul Monitoraggio
FR84P/PS176/921AA
Proprietario Data Commento
Patrice Petiot, becchino del cimitero de la Madelaine 21 gennaio 1793 Ha scambiato il corpo con quello di un vagabondo.
Hubert Legrand, uomo di spettacolo 1 febbraio 1793 Acquisto dell'articolo per il suo gabinetto delle curiosità.
Julius Montartre, ex agente del Fondo di Versailles 14 aprile 1801 Recupero dell'articolo durante l’asta del gabinetto delle curiosità di Hubert Legrand, dopo la morte di quest'ultimo.
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Andrée de Saint-Juste, intermediario d'affari 25 luglio 1888 Recupero dell'articolo per la sua messa in vendita. L'articolo viene generalmente affittato "per consultazione" a diversi necromanti francesi.
Marshall, Carter and Dark, Ltd. 10 febbraio 1933 Acquisto dell'articolo a scopo speculativo.
Jean-Eliot de Tricot, gran maestro della Loggia del Monarca 2 marzo 1933 Acquisto dell'articolo in un unico pezzo per la somma di 20.000 franchi.
Marshall, Carter and Dark, Ltd.


Addendum 2: Canto lealista, inno della Loggia assolutista del Monarca


Certamente siam devastati
Ma i fidi son comunque rimasti
Il re è morto viva il re,
Per la Francia e per la croce ci accingiamo a cantare

Quando andarono a seppellirlo,
In questa fossa chiamata tomba,
Mai avrebbero profetato
Che un giorno il re sarebbe tornato

Ma creder si dee che le stesse falene
Abbian più gusto di questi contenitori di fiele
Poiché il cimitero era fiorito,
E la regina ha lui sorriso

Il seme del ritorno verrà piantato
La regina alata riunita al suo amato
Nel cuore di un terreno incoronato
Tornerà il sangue blu a splendere magnificato

La sua progenie tornerà a calpestare indisturbata,
La terra del regno su cui la sua autorità verrà restaurata
E sarà quando il suo popolo lo chiamerà
Che la progenie del re rinascerà!

I sanculotti eran senza onore,
Senza dignità e senza fierezza
Ma un giorno un ritorno vendicatore,
Soffocherà lo straccione senza purezza

Coloro che riconosceranno il proprio errore,
Forse saran risparmiati
Ma per gli altri sarà terrore
Loro sì, verran massacrati

E allor canta forte e marcia dritto,
La regina alata figlierà
E allor la nazione rinascerà
La Francia che amiamo, quella del re.


Addendum 3: riassunto degli eventi della "marcia dei diavoli bianchi"


Nella sera del 6 febbraio 1934 ebbe luogo una grande manifestazione antiparlamentare a Parigi su iniziativa delle grandi leghe di estrema destra francesi, in segno di protesta contro il licenziamento del prefetto di polizia Jean Chiappe in seguito all'affaire Stavisky. Si notò la partecipazione dell'Azione Francese e dei Camelot del Re, del partito franchista, della Lega dei Patrioti, delle Croci di Fuoco e di Solidarietà Francese. La gestione della manifestazione fu delegata alla prefettura di Parigi e venne supervisionata da Édouard Daladier in persona. All'ultimo momento, Lucien Desmartres, maresciallo delle logiche alla Gendastreria, fu integrato d'urgenza nell'unità di crisi di fronte al sospetto di un'azione delle logge assolutiste.

Immediatamente, scoppiò una rivolta in Place de la Concorde e all'altezza del ponte di Solférino, mobilitando la quasi totalità delle forze della guardia repubblicana a protezione del Palazzo Borbone. Si sentirono degli spari e la marcia si trasformò rapidamente in una guerriglia urbana. Si registrarono diversi feriti da arma da fuoco, mentre nella sede dell'unità di crisi viene segnalato un gruppo dissidente convergere non verso il Palazzo Borbone ma verso quello del Lussemburgo. Una truppa della guardia mobile fu inviata in rinforzo per fermare questo secondo gruppo di insorti.

Alle ore 20:03, un messaggero ritornò in fretta e furia per segnalare la presenza di diverse logge assolutiste in questo secondo corteo: si sentiva intonare l'inno della Loggia del Monarca, si vedevano numerosi stendardi della Lega del diritto umano della Loggia di Prussia. Lucien Desmartres avvertì immediatamente l'unità del pericolo, ma nel caos che stava avendo luogo, poche truppe erano ancora dispiegabili a fronteggiare il secondo corteo. Un battaglione della guardia repubblicana venne inviato sul posto con l'ordine di caricare e disperdere in mancanza di scelte migliori, e alle truppe di gendastri venne ordinato di unirsi al battaglione repubblicano al boulevard Saint Germain.

Mezz'ora più tardi (20:37), si riportò l'annientamento del contingente della guardia. Qualche gendarme sopravvissuto affermò che delle creature alate grandi come diavoletti avevano invaso il boulevard, attaccandosi a vista su ogni individuo ferito. Nonostante si segnalassero diverse perdite, sia civili che militari, la folla non si disperse. Fu riportato che "i diavoli"7 si fissavano sui feriti e sui morti alla stessa maniera delle zecche, prima di costringerli a gettarsi sulle barricate come burattini disarticolati. L'insieme delle truppe parigine della Gendastreria vennero mobilitate e inviate sul "fronte Saint Germain".

La situazione precipitò prima dell'arrivo delle truppe, e quando i battaglioni arrivarono sul posto, il Palazzo del Lussemburgo era già stato circondato da una folla lobotomizzata: le porte sembravano ancora reggere. Le truppe si accontentarono di limitare l'avanzata della folla e di abbattere i "diavoli" che tentavano di allontanarsi dal perimetro. Diverse cariche furono tentate invano, che causarono più perdite alle forze dell'ordine che ai manifestanti.

Nelle due ore che seguirono, i gendastri non poterono che cedere di fronte alle ondate ininterrotte di questi diavoli. La vicina manifestazione impedì il dispiegamento di armi pesanti o l'uso del gas, ostacolando l'approvvigionamento delle truppe barricate. Il numero di manifestanti parassitati fu stimato a 81.000 persone. Il principale rischio era la congiunzione tra la folla al Palazzo Borbone e il gruppo parassitato: un raggruppamento di questo tipo avrebbe avuto delle conseguenze catastrofiche.

A causa delle manifestazione, l’evacuazione della zone circostanti era resa impossibile. La manifestazione dei diavoli guadagnava terreno, la situazione era ingestibile. Vennero effettuati diversi tentativi di assalto, senza successo. Nessuna soluzione sembrava praticabile in questo contesto; le truppe della gendarmeria e della polizia regolare furono chiamate come rinforzi, ma la loro grande ignoranza sugli argomenti occulti non fece altro che aggravare la situazione. Alle 22:00, la manifestazione principale e la manifestazione dei diavoli erano separate soltanto da tre strade: il perimetro di difesa si quadruplicò di volume e divenne incontrollabile, il Palazzo del Lussemburgo era irraggiungibile da più di un'ora. La torma di diavoli alati non si affievoliva.

Il maresciallo delle logiche L. Desmartres propose l'abbandono diretto del 5° et 6° arrondissement per attacco taumaturgico di grande entità, la sola soluzione praticabile a questo punto per salvare la città: la fusione della due manifestazioni avrebbe probabilmente raddoppiato il numero di infestazioni.

Joseph Teyssèdre, comandante dello squadrone Robert-Houdin, chiese allora il permesso di lanciare un ultimo assalto prima di abbandonare il centro della capitale. L. Desmartres all'inizio rifiutò, ma cedette su pressione di Édouard Daladier.

La "carica dell'ultima speranza" venne lanciata alle ore 22:20.

Alle 23:00, solo pochi ultimi diavoli isolati volavano sopra il boulevard, passivi. I manifestanti parassitati restarono immobili, cosa che permise di recuperarli e di neutralizzare il loro parassita. Essi, malgrado molti fossero feriti gravemente, ripresero a poco a poco coscienza. Nessuna traccia dello squadrone Robert-Houdin.

Il 19/02/1934, durante la "notte bianca", fu effettuato un assalto nel locali della Loggia del Monarca, segnando la fine delle ultime logge assolutiste.


Addendum 5: Estratto della conferenza internazionale del professor G. ██████ al centro di formazione della Gendastreria di Cergy


È necessario capire che l'incidente delle logge assolutiste fu un trauma per lo Stato Francese, un trionfo dolceamaro, il sacramento del suo savoir-faire in materia di gestione occulta, ma anche la sua caduta.

Numerosi osservatori esterni presenti sulla scena all'epoca erano fuggiti dalla capitale, predicendo la fine di Parigi e della Repubblica. Bisogna capire che il pericolo era tale che, più di un mese dopo, l'ambasciata americana dovette negare formalmente al suo governo la caduta di Parigi, poiché la sua sopravvivenza sembrava improbabile; durante l'anno, alcuni leader mondiali dell'arcanismo e della taumaturgia firmarono una petizione per chiedere allo Stato Francese la conferma dell'esistenza di una Parigi non eterea. Allo scoppio della guerra, sette anni dopo, l’esistenza di una Parigi non occupata era ancora dibattuta da una parte dello stato maggiore tedesco: alla presa della città, l'SKP portò tutti i documenti del dossier nella loro sede di Berlino per cercare di capire, invano.

Quello che accadde e che salvò Parigi fu chiamato il "Miracolo Francese", ma questo miracolo aveva un nome: lo squadrone Robert-Houdin della Gendastreria Nazionale. Si trattava di un corpo d'élite, 106 abiuranti formati dalla nascita, pupilli della nazione selezionati con cura: la fierezza della Repubblica.

Contrariamente a quanto raccontato, non erano al centro di alcuna profezia, né erano particolarmente attrezzati. La Francia ha infatti rispettato i trattati di non armamento anomalo della grande guerra. Non avevano altro che una sciabola, un képi e un manganello; e ovviamente, l'amore per la patria e la repubblica. Tutto quello che avevano era un savoir-faire.

Ci si dimentica spesso che Parigi possiede la più grande popolazione di piegatori della realtà d'Europa: la città è un groviglio dove i loro nascondigli sono sempre fioriti, ed è sufficiente ricordarsi dell'affare delle porte gialle. Parigi trasuda della loro influenza: la corte dei miracoli fu un tempo ben più che un nome; ci si dimentica troppo spesso delle aberrazioni delle catacombe, la saga dei bus predatori, l'albero degli scuoiati… Ad oggi, quasi nessuno si ricorda che Gambetta non è mai fuggito dalla città in mongolfiera, ma che quest'ultima fu noleggiata in fretta e furia per raggiungere il pover uomo.

Quel che si deve rammentare, è che la Francia e la sua capitale hanno sempre vissuto con questo ritmo un poco particolare, bisognava capire e adattarsi per sopravvivere. Per comprendere al meglio il "Miracolo Francese", bisogna ritornare a cos'è un manipolatore della realtà. È un mostro, una creatura aberrante, un riflesso della vita. Un manipolatore non vive per davvero: per questo, è necessario che lui abbia coscienza di esistere.

Un manipolatore della realtà è una creatura che manipola inconsapevolmente la realtà circostante, che vive di questo, e per certi specialisti sono ancora meno; sono il cambiamento che provocano, un vento nella realtà. Tutto questo per dire che un manipolatore della realtà esiste solo grazie agli effetti ad esso attribuiti, si nutre inconsapevolmente della nostra visione di lui stesso. Questo fatto, teorizzato abbastanza recentemente, è in realtà conosciuto fin dal Medioevo in Francia. Questo è il principio stesso di quella che noi chiamiamo "Demonologia Parigina": credere che sia un demone a creare un demone che, con un po' di fortuna, esaudirà i nostri desideri. È qua il savoir-faire francese, quello di un buon abiurante. Credere senza vedere, rinnegare San Tommaso. Se non crediamo a nulla di fronte a questi mostri, non temiamo nulla: non si pensa, si esegue, si applica il protocollo. Si seguono gli ordini. La procedura non è mai idiota, poiché essa regola il problema. E se l'abiurante è convinto che la procedura funzioni, allora essa funzionerà, il loro zelo genererà il dubbio nel nemico. Un manipolatore non è altro che il riflesso di ciò che offriamo loro, e il ritratto di un manipolatore da parte del gendastre è un problema che può essere risolto con l'applicazione degli ordini. E quella volta, l'ordine fu di usare i manganelli.

È una scommessa sicura che fosse soltanto un semplice manipolatore manovrato dalla Loggia del Monarca, un mostro che veniva nutrito con l'immagine del proprio potere e con la schiena presa a randellate. Immaginate, siete nella piena conquista di Parigi, avete schiacciato ogni resistenza incontrata finora, e vi ritrovate con uno squadrone di pazzi furiosi che vi caricano a cavallo, e poi continuano a piedi per farvi saltare i denti a colpi di manganello; immaginate il terrore di un intero squadrone convinto di potervi cadere addosso, e che lo fa per davvero; immaginate per un istante, un solo istante, che nel dubbio, in un momento di debolezza, ciò funziona. Ed è allora la fine, la prova è stata fatta, la procedura funziona. Questo è quel che è successo durante l'incidente: il dubbio del mostro di fronte allo zelo repubblicano dei nostri uomini.

Sono stati ritrovati sulla strada crateri da impatto, alcuni hanno dovuto persuadersi a portare tutte le speranze della Repubblica sulla punta di un bastone, in un senso troppo letterale, sono stati ritrovati corpi mutilati tranciati di netto, la sciabola di un gendastre che fendeva il male. Quel giorno, lo squadrone Robert-Houdin liberò Parigi; e invece di ritirarsi, caricarono il centro del maelstrom e sparirono nella nebbia, perché non si poteva lasciare la minaccia in libertà e il male impunito. Quale sia stata la loro sorte, nessuno la sapeva davvero, ma al levarsi del nuovo giorno la capitale era stata salvata.

E fu così che sparì il fior fiore della Gendastreria Francese, in una vittoria dal pesante tributo: si racconta che essi furono pianti, rimpianti, adulati e talmente medagliati che mai si ebbero bare vuote così pesanti. Ma trent'anni più tardi, le loro prodezze non erano state ancora comprese al di fuori dell'esagono.


Addendum 6: articolo di Jean Fernand, corrispondente a New York per la stampa francese, 1958


Mi è necessario oggi raccontarvi, cari lettori, una storia alquanto singolare. Come sapete, la festa nazionale è sempre un momento di nostalgia per l'espatriato qual è il vostro servitore, così presi la decisione di uscire e di prendere una boccata d'aria. Percorrevo le vie della città, canticchiando brani della mia giovinezza mentre mi godevo il clima mite attraverso l'Atlantico in questa stagione. Senza fare attenzione, passai subito alla marcia militare e al canto patriottico e presto, con orgoglio, cominciai ad intonare la Marsigliese: se non potevo essere in Francia, allora la Francia sarebbe venuta da me in questo giorno di gloria finalmente arrivato. Meccanicamente stavo iniziando il ritornello, quando una vecchia donna mi afferrò la mano, i suoi occhi umidi. Credetti per un istante di averle arrecato disturbo e subito profusi in scuse -patriota sì, ma prima di tutto gentlemen- ma al contrario lei m'incoraggiò a continuare. Incuriosito, esaudii il suo desiderio. Avevo appena iniziato la seconda strofa quando, con mia grande sorpresa, scoppiò in lacrime tra le mie braccia, implorandomi di continuare.

E allora proseguii senza fermarmi, guardando lacrime di gioia rigare le sue guance. La donna non parlava una sola parola di francese, eppure eccola qui più patriota di tutti noi! Una volta che il canto finì, lei mi ringraziò mille volte per averle fatto risentire "la canzone dei lampadari".

E così le spiegai che si trattava dell'inno francese, ma lei non ne voleva sapere. "La canzone dei lampadari", mi ripeteva come un mantra.

Mi spiegò che, nata in una famiglia povera della Pennsylvania, il suo sogno era sempre stato quello di vedere Parigi. Attraverso un bel po' economia, suo marito - morto l'anno scorso, mi avvisò - era riuscito a portarla lì prima della guerra, nel 1937. Mentre il fascismo scendeva in Europa, il suo cuore era in festa, tale è il potere della capitale delle luci. Mi descrisse la città con un tale ardore, un amore così intenso che a mia volta ebbi una lacrima agli occhi. Mi parlo del Louvre, di Notre Dame, della Senna, dei ristoranti di periferia, di romantiche passeggiate nei pachi e nei viali, di amori che volano fino al levarsi del giorno, quei momenti di complicità che si vivono solo laggiù. La vita, la passione e l'amore totalizzante, fino alla fine, fino a crollare su una panchina tra le braccia di un amante, e ad ascoltare il canto dei candelabri.

Mi affermò con assoluta convinzione che la Marsigliese le fu cantata nel 1937 da un lampadario della capitale, mentre il marito le metteva l'anello al dito; la canzone iniziò al primo numero postale del viale e si fermò alla loro posizione nella seconda strofa, prima di continuare la sua discesa sulle rive della Senna.

La vedova nostalgica mi lasciò andare solo dopo averle promesso che sarei tornato a cantare questa canzone, la "loro" canzone, un favore che non potevo rifiutare; ma mio amico compatriota, sappi che: mentre dimentichi le parole ad ogni parata, potrebbe esserci un lampadario da qualche parte che le conosce a memoria; e sappi che su queste note, dall'altra parte del mondo, la gente non ci ha fatto soltanto la guerra.

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