
Saturno che divora i suoi figli, la più famosa tra le Pitture Nere di Goya.
Procedure Speciali di Contenimento: SCP-5462-A è stato collocato nell'Ala deputata ad Archivio Multimediale del Sito-21. I membri della Fondazione all'interno delle istituzioni artistiche e nelle case d'aste sono stati messi in allerta nel tentativo di individuare un dipinto di Goya corrispondente agli effetti di SCP-5462-B.
Descrizione: SCP-5462-A è il diario del pittore spagnolo Francisco Goya, che descrive in maniera dettagliata un evento anomalo che ha portato alla creazione di 15 dipinti ad olio realizzati tra il 1819 e il 1822 e comunemente noti come Pitture Nere a causa dei loro contenuti, temi e uso emotivamente inquietanti di colori scuri.
I quadri sono stati dipinti sui muri della sua villa nella sua tenuta di campagna alla periferia di Madrid, soprannominata la Quinta del Sordo (Casa del Sordo)1. Mentre tutti i quattordici dipinti esposti al Museo del Prado di Madrid sono stati confermati essere non anomali, le annotazioni descrivono un quindicesimo dipinto, la cui esistenza non è stata confermata2, designato SCP-5462-B, che è stato descritto come dotato di significative proprietà anomale.
Non è noto lo stato attuale di SCP-5462-B.
Addendum 5462.1: Biografia tronca di Francisco Goya
Francisco Goya (30 marzo 1746 - 16 aprile 1828) è considerato uno dei pittori spagnoli più popolari del suo tempo. Nato in una famiglia di classe inferiore dell'Aragona, iniziò a interessarsi all'arte fin dalla più tenera età. Goya iniziò a studiare come apprendista del pittore barocco spagnolo Jose Luzan all'età di 14 anni, copiando francobolli per 4 anni. Alla fine, stanco di questo, si trasferì a Madrid per studiare con Anton Raphael Mengs, e poi più tardi a Roma, allora considerata la capitale culturale del mondo.

Francisco Goya, due anni prima della sua morte nel 1828 (dipinto di Vicente López Portaña).
La sua carriera sembrò solo che crescere da questo punto, ricevendo premi, commissioni nobili e un incarico come membro della Real Accademia delle Belle Arti. La carriera di Goya sembrò raggiungere ulteriori vette quando fu incaricato di dipingere il ritratto del conte di Floridablanca nel 1783, venendo introdotto alla corte reale. Solo tre anni dopo, Goya divenne pittore al servizio di re Carlo III, e in seguito primo pittore di corte sotto Carlo IV.
Tra il 1792 e il 1793, Goya cadde vittima di una malattia che lo rese sordo. Divenne più riservato e isolato, mentre le sue opere si spostarono verso toni più scuro, come i suoi //Capricci/, descritti da lui stesso come "le innumerevoli manie e follie da trovare in qualsiasi società civilizzata, e dai comuni pregiudizi e pratiche ingannevoli che l'abitudine, l'ignoranza, o l'interesse personale hanno reso usuali." Goya lamentò forti rumori nella sua testa, così come scarsa vista ed equilibrio. Gli storici hanno ipotizzato la causa della malattia, probabilmente un caso di sindrome di Ménière, o avvelenamento da piombo derivante dalla creazione delle proprie vernici.
L'invasione della Spagna da parte della Francia nel 1808 e la morte della moglie nel 1812 fecero non contribuirono ad alleviarne la situazione. Un tempo uno dei più famosi pittori del suo tempo, Goya si ritirò a vita privata, nella solitudine della campagna di Madrid (forse anche a causa dalla paura di rappresaglie politiche), dove creò le sue famigerate Pitture Nere.
Nel 2004 la Fondazione entrò in possesso del diario di Goya, il quale descrive una serie di eventi accaduti presso Quinta del Sordo. Il giornale è stato venduto all'asta da Marshall, Carter & Dark a ricordo della "pennellata di Goya con l'anomalo" e inizialmente stimato valere 1.000.000 €. Diverse offerte da parte di membri non identificati del pubblico hanno attirato l'attenzione, portando i membri della Fondazione nascosti tra il pubblico ad effetturare l'acquisto delle carte, per un prezzo finale di 3.000.000 €.
Addendum 5462.2: Estratti da SCP-5462-A
Ho sognato ch'ero giovane.
Ero sulla via per Roma. I sessant'anni tra oggi e allora sono svaniti come un incubo, tutto ciò che mi è rimasto sono solo i cieli sereni e le risate di gioia. La strada dietro e davanti a noi si stendeva infinita in un indistinto viale di letizia.
E mi svegliai. Mi ritrovai in questa mia forma invecchiata, decrepita, in cui il mio udito già è da gran tempo svanito e la mia vista sfocata in un indistinto caos oltre appena una lega di distanza. Se il me più giovane di appena cinquant'anni fa mi guardasse ora, mi chiamerebbe cadavere.
E pure ora, sono stanco di scrivere, e il sole non è ancora sprofondato all'orizzonte. Un giorno nuovo inizierà domani. Forse riprenderò in mano i miei pennelli. Potrò forse trovare in loro un minimo conforto.
Scrivo queste ultime righe mentre sono a letto, ove un raffreddore m'ha segregato dopo una serie di sfortunati eventi.
Oggi ho provato a dipingere di nuovo. Leocadia3 pensava potesse rimettere in sesto il mio spirito, ha comprato alcune tele e strumenti e ha sistemato una sedia ben imbottita in campagna.
Avevo nitida nella mente l'immagine delle colline e del sole che sorgeva. Eppure ogni volta che tenevo in mano il pennello, ogni volta che intendevo trasformare l'effimero mio pensiero in un'immagine duratura, esso si contorceva fuori dalla mia testa e svaniva, lasciandomi a fissare una tela bianca come un idiota. Ho tentato di dipingere il sole che sorge, il sole di mezzogiorno e il sole che tramonta più e più volte, finché non sono rimasto seduto nell'oscurità, tentando di dipingere la luna nascente. Non mi ero nemmeno accorto che fosse scoppiata la pioggia finché Leocadia non è venuta incontro correndo freneticamente per portarmi dentro.
Potrei non essere in grado di dipingere fino a quando non tornerò in piena salute, ma almeno posso ancora fare qualche schizzo per passare il tempo. Speriamo che questo raffreddore passi presto.
Accidenti a questo raffreddore. Non è la prima volta che ne sono vittima, e nemmeno la prima volta da quando son sordo, ma qualcosa in questo caso è diverso. Rimanere sveglio abbastanza a lungo da poter scrivere queste parole sembra una lotta titanica.
C'è una particolare stranezza che mi scorrazza per la mente. Mentre sono seduto nel mio letto alla luce del sole pomeridiano, essa si sente lontana dalle mani che scrivono queste parole. Sento come se le pareti di questa cameretta si fossero sbriciolate in polvere e mi trovassi su d'una vasta pianura. Non sono stato trasportato lì da qualche fantasiosa illusione, un metodo di loci, ma vedo sol ciò che è sempre stato lì, le pianure e le cose innominabili in agguato nelle loro ombre che sono state presenti per tutto il passato dell'umanità, separate solo dal più sottile dei veli. Oggi, quel velo è stato sollevato dalla mia anima e posso vedere più lontano di quanto qualsiasi uomo possa mai fare.
Dopotutto, ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la nostra filosofia. Ma che dire di quei luoghi al di là da loro?
Questa non è una malattia ordinaria, temo. I pensieri più strani, i pensieri che vagavano per quelle oscure pianure dell'aldilà, quella era la loro porta. E ora vedo cose che non dovrei.
La scorsa notte ho fatto un sogno stranissimo, dove mi trovavo sull'orlo d'una scogliera. Alzai lo sguardo e vidi una luce. Estranea, aliena, del tipo che ha purificato Sodoma e Gomorra e ogni impurità opportuno rimuovere. Ho guardato in basso e ho visto il vuoto. Un'oscurità abissale proveniente dai livelli più bassi di questo mondo, che si fa strada sempre più in alto e consuma tutto ciò che incontra. Mi sentivo paralizzato a muovermi, sapevo che stavo assistendo a qualcosa al di là del mio piccolo mondo artistico. Cosa mi avrebbe raggiunto per prima, la luce purificatrice o l'oscurità che consuma tutto? Entrambi erano a un palmo di distanza dal mio cantone prima che mi svegliassi.
Non sono sicuro di quale significato dovrei dargli, se ce n'è uno, ma continuerò a registrare le mie esperienze. C'è poco altro da fare mentre rimango legato al mio letto, oltre a pregare che questa malattia finisca rapidamente.
Sembra che pregare non abbia funzionato per far cessare tutto questo. Invece, i miei pensieri sono stati rivolti a una direzione diversa. Stanotte ho sognato una città tutta di sangue, con torri fatte di ossa, dove il sangue scorreva per le strade come acqua. Uomini e donne ballavano per le strade, ridendo, baciandosi, pregando e giocando mentre il sangue schizzava sui loro volti ignoranti.
Non ci sono fanciulli ad Alagadda.
Non c'erano fanciulli in quella città. Non ci sono mai stati. Dove stavano allora?
Tornai di nuovo in quella città, ero fermo sotto a una porta. Non avevo alcun desiderio di vedere gli spettacoli disgustosi di quelli che saltellavano nel sangue, e così mi voltai, tornando a quelle strane e fantastiche pianure.
Potevo vedere cose, cose impossibili che mi inseguivano, mi guardavano, tendendo una mano mentre sussurravano di tutte le cose che potevano offrirmi. Ma c'era una voce più forte che mi chiamava dall'aldilà e quelle cose impossibili caddero nel dimenticatoio.
Ho visto una città splendente su una collina, e ho capito che era Alagadda.
VI SONO PIÙ COSE IN ALAGADDA DI QUANTE NE SI POSSA SOGNARE SULLA TERRA.
VI SONO PIÙ COSE IN ALAGADDA DI QUANTE NE SI POSSA SOGNARE SULLA TERRA.
VI SONO PIÙ COSE IN ALAGADDA DI QUANTE NE SI POSSA SOGNARE SULLA TERRA.
VI SONO PIÙ COSE IN ALAGADDA DI QUANTE NE SI POSSA SOGNARE SULLA TERRA.
VI SONO PIÙ COSE IN ALAGADDA DI QUANTE NE SI POSSA SOGNARE SULLA TERRA.
Dopo quest'ultima voce, Goya ha smesso di scrivere cose complete per circa tre settimane. Le ventisette pagine successive alla sua ultima annotazione erano contrassegnate da scritte illeggibili, simboli alchemici e citazioni da La Tragedia del Re Impiccato di Christopher Marlowe.
È bello poter essere di nuovo in piedi, camminare all'aperto all'aria fresca di Castiglia, dopo questa lunga malattia. Una lezione imparata, stare seduto fuori sotto la pioggia battente non è un errore che rifarò, Leocadia me lo permetterà più.
Ora che la mia mente è libera da quella terribile nebbia, ho potuto rivolgerla alla pittura. Potremmo non avere molti escudos4 rimasti per le tele, ma i muri saranno un sostituto accettabile. Leo sembra essersi divertita a guardarmi dipingere gli affreschi pastorali. C'è una certa tranquillità, una certa forza d'animo presente in loro, che mancano ai ritratti di re e nobili con i loro sguardi distanti e regali. È piuttosto soddisfacente da creare.
Dovrei ricordarmi di scrivere più spesso. È piuttosto strano che io abbia lasciato questo vuoto di tre settimane5.
È una specie di scherzo divino? Dio non è stato soddisfatto da mia moglie, dal mio udito e dal mio lavoro? Pensavo di riuscire a trattenere la mia vista, o almeno quel poco che ne rimane, ma sembra che Lui sia deciso a rubarmela.
Mi rendo conto ora che questi putridi e disgustosi contadini non sono altro che globuli ammuffiti di vernice su un muro che si sta sgretolando rapidamente. Come poteva pensare Leocadia di permettermi di iniziare un progetto così sciocco? Come potevo io permettermelo?
Debbo ricominciare. Questo potrebbe essere l'ultimo mio lavoro.
Niente. Cosa mi è successo? È come se ci fosse un buco nella mia testa, e tutte le mie idee, tutta la creatività che mi ha reso direttore della Real Accademia, il pittore di corte di Carlo IV, è semplicemente fluita lungo il lato della mia testa, e si è dissipata nel nulla. Non potrei dipingere nemmeno un'ombra per salvarmi la vita.
Forse è questo. Forse la mia vita è davvero finita e non mi resta altro da fare che sdraiarmi e aspettare che Dio mi prenda.
La mia testa è dolorante. Ho bisogno di riposare.
Li ho visti. Ogni dipinto chio abbia mai creato, ogni miscuglio di colori dell'infanzia, ogni santo e re e nobile e angelo e bella signora che sia mai scaturito dalla mia mente. Erano chiari come il giorno davanti a me.
Mi hanno dileggiato. Mi hanno disprezzato. Ero Crono, la reliquia decrepita, debole, antiquata. E loro erano gli dei dell'Olimpo: immortali, terribili e belli. Erano nati da me, vero, ma non avevano più bisogno di me e resistevano alle mie suppliche.
Ma anche la stirpe di Crono, e i suoi genitori, la Terra e il Cielo, provenivano da qualche parte. Luoghi più antichi, più oscuri, luoghi che non osi nominare per paura che ti sentano. Ed esso si sollevò dietro a me, in tutta la sua terribile gloria- non potevo voltarmi per affrontarlo, perché sapevo che mi avrebbe annientato come Zeus annientò Semele, ma potevo percepire la sua presenza e vedere gli dei cangiare espressione da beffa a paura. Ora m'hanno implorato di salvarli, di riprenderli e continuare la mia grande opera d'arte.
Vennero cancellati. Annientati, come stelle strappate dal cielo stesso. E su dal terreno, risalendo la mia testa fino al buco sul lato di esso, qualcos'altro è entrato per riempire il vuoto dentro al mio cervello.
Non so più se son sveglio o se sto sognando.
È arrivato oggi. Tutti questi mesi a Sordo, tutta questa esasperante clausura, i decenni che ho passato a guardare la mia vita erodersi nel nulla, sono arrivati a questo.
È arrivata ad Alagadda.
È scivolato fuori dalla mia testa sulla mia tela. Un perfetto ideale di Alagadda, reso manifesto. Mi ha parlato con le parole più dolci che abbia mai udito. Mi sento come se mi fossi ricongiunto con un caro vecchio amico che mi è mancato per tutta la vita.
Il dipinto mi ha dato nuova vita, e in cambio ne ho creata un'altra dozzina. Leocadia ha espresso alcune preoccupazioni per l'energia maniacale che mi è stata infusa in queste ultime settimane, ma non le ho prestato attenzione. Lei non ha visto nulla.
Il dipinto mi ha rivolto un invito, dalla mano dell'Ambasciatore stesso. Sono libero di mettere piede ad Alagadda in qualsiasi momento, ma prima richiede un particolare servizio da parte mia. Mi ha chiesto di andare in Francia, nella residenza di un artista che ha per nome Theodore Gericault.6 Non ho bisogno di altra direzione se non la mia presenza, poiché siamo entrambi abbastanza fortunati da condividere un mecenate nel Portatore della Maschera Angosciata.
[Un gran numero di pagine è stato strappato. I bordi sono stati incrostati da un liquido nero non identificabile.]
Quattro lunghi anni. Quattro anni di pianificazione, riunioni noiose, discorsi e complotti.
Il lavoro non è ancora terminato, ovviamente. Ma Theodore mi ha assicurato che farà in modo che il nostro piccolo movimento si diffonda in tutti gli angoli del globo. C'è una certa scintilla in lui, qualcosa che arde luminoso e caldo come in me da giovane. Non ho dubbi che ce la farà.
Ora, attraverso il mio ultimo grande dipinto, tornerò a casa. Ad Alagadda.
Per anni mi sono sentito paralizzato, intrappolato in un corpo che invecchiava mentre la mia vita finiva lentamente. Ma ora, posso vedere che tutto è appena iniziato. Noi, i vivi, pensiamo solo alle nostre vite come a ciò che possiamo sperimentare. Ciò che tocchiamo, ciò che diciamo, ogni azione che intraprendiamo prima che arrivi il nostro tempo sulla terra. Ma le vite degli artisti si estendono oltre, a ogni essere, potere e paese modellato dal nostro lavoro. Viviamo attraverso le menti dei giovani, dei re e dei nobili, finché dura il nostro nome.
E attraverso questo lavoro, diverrò immortale. Faccio solo una domanda a coloro che potrebbero trovare queste parole e riflettere sul movimento a cui io e Theodore abbiamo dato vita: Sommes-Nous Devenus Magnifiques ?