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Articolo vincitore del Concorso Halloween 2020
Autore: Dr Zeno
Ringraziamenti: Si ringraziano Dr Pisy,
Heloderma Horridum,
ILARS,
Siddartha Alonne e
ThatGuyRichard per le loro recensioni,
DrAlberts per alcune preziose consulenze geografiche (e per essere il creatore dello SCEMC) e il caro vecchio H.P. Lovecraft dei cui racconti ho fatto una scorpacciata quest'estate.
Fonte Originale: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Carnevale_Di_Venezia_(158401265).jpeg
Creatore: Michele Pagnin
Tipo di Licenza: Creative Commons Attribution 3.0 Unported
Fonte Originale: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Masquerade_by_Golovin_-_Anonimous_2_(1917).jpg
Creatore: Aleksandr Golovin (1917)
Tipo di Licenza: public domain
Fonte Originale: http://www.delpiano.com/carnival/html/gnaga.html
Creatore: Giovanni Grevembroch (XVIII secolo)
Tipo di Licenza: public domain
Fonte Originale: http://www.delpiano.com/carnival/html/mattaccino.html
Creatore: Pietro Bertelli (1642)
Tipo di Licenza: public domain
Fonte Originale: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Sestieri_di_Venezia.svg
Creatore: Giovanni Fasano
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Fonte Originale: http://www.scpwiki.com/sarkicism-hub
Creatore: Metaphysician
Tipo di Licenza: CC BY-SA 3.0
Fonte Originale: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Parisians_in_the_Catacombs_-_Flickr_-_AlphaTangoBravo_-_Adam_Baker.jpg
Creatore: Adam Baker
Tipo di Licenza: Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Fonte Originale: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Flickr_-_Whiternoise_-_Les_Catacombes,_Leg_Bones.jpg
Creatore: Joshua Veitch-Michaelis
Tipo di Licenza: Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Fonte Originale: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Ossuary_in_Sedlec.JPG
Creatore: Jan Kameníček
Tipo di Licenza: Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Modulo | Libreria | Licenza |
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Map manager | Leaflet | Open Source |
Map tiles | Stamen Design | CC-BY 3.0 |
Map data | OpenStreetMap | ODbl |
Elemento #: SCP-100-IT
Classe dell'Oggetto: Keter
Procedure Speciali di Contenimento: Allo stato attuale delle conoscenze, il contenimento fisico di SCP-100-IT si è dimostrato impossibile da attuare; la natura dell'anomalia contribuisce ad occultarne l'operato agli occhi dei civili, ma l'ha resa anche in grado di eludere ogni tentativo di ingerenza o di cattura da parte della Fondazione. In attesa dell'elaborazione di una strategia per il contenimento definitivo, l'intervento deve quindi necessariamente limitarsi alle procedure di monitoraggio e insabbiamento.
La SIR-I ("Aureæ Notitiæ") è incaricata della sorveglianza del locus-100 durante il periodo di attività di SCP-100-IT; tale area è stata suddivisa per praticità in sei settori, a ciascuno dei quali verrà assegnato un posto di comando, cui faranno riferimento gli agenti in borghese mobilitati sul territorio. Ogni avvistamento di SCP-100-IT dovrà essere segnalato, con gli agenti nelle immediate vicinanze che convergeranno in loco per effettuare un tentativo di contenimento. Le operazioni si concluderanno quando si avrà la certezza che SCP-100-IT abbia raggiunto il suo scopo abituale, altrimenti si protrarranno fino al termine del periodo.
Considerata la potenziale rilevanza mediatica degli eventi correlati a SCP-100-IT, è prioritario prevenire sia eventuali fughe di notizie, sia indagini da parte delle forze dell'ordine. Ogni evidenza dei delitti deve essere occultata (con l'uso di amnestici come extrema ratio) dagli stessi agenti di guardia o dai membri della SIR-II infiltrati nella polizia locale; quest'ultimi si occuperanno anche di informare i parenti e/o gli affetti stabili delle vittime, fornendo loro una versione dei fatti plausibile e definitiva.

SCP-100-IT-C (a sinistra) immortalata alle spalle di una turista, foto scattata nel 1982.
Descrizione: SCP-100-IT è la designazione collettiva di un gruppo di quattro entità umanoidi (SCP-100-IT-A, B, C e D), la cui presenza è stata documentata esclusivamente all'interno dei confini del locus-100; quest'ultima è la denominazione temporanea assegnata al centro storico di Venezia (circa 7.9 km², escluse le acque) nel corso degli undici giorni canonici di festività del Carnevale cittadino1.
Le istanze non presentano alcuna caratteristica anomala evidente e possono essere viste aggirarsi (singolarmente o in gruppo) per le strade della città, ma non è mai stato possibile localizzarne la provenienza; si contano, inoltre, numerosi casi di avvistamenti consecutivi in zone anche molto distanti fra loro, segno di anormali capacità di spostamento. Ciascuna istanza incarna un ruolo derivato dalla tradizione carnevalesca veneziana; i travestimenti, comprensivi di maschere, guanti e copricapo, non lasciano alcun lembo di pelle scoperta e sono accomunati dalla prevalenza del colore nero.
- SCP-100-IT-A è un uomo alto e slanciato, che veste i panni di un domino
2, facilmente distinguibile grazie ad un bastone da passeggio dal pomello dorato, raffigurante il leone alato di San Marco. SCP-100-IT-A presenta un atteggiamento fiero ed affettato, esibendosi in frequenti e profondi inchini con le persone incrociate.
- SCP-100-IT-B è un individuo (presumibilmente di sesso maschile) che interpreta il ruolo della gnaga
3 e porta, insieme alla maschera, una parrucca riccioluta ed una larga veste nera decorata con motivi floreali rosso scuro. SCP-100-IT-B dimostra un'attitudine maliziosa e irriverente, divertendosi a sorprendere i passanti alle spalle con miagolii estremamente realistici.
- SCP-100-IT-C è vestita come una nobildonna veneziana e indossa una maschera bianca decorata con ghirigori dorati, un lungo abito nero ed un copricapo a tesa larga, ornati con piume e gemme preziose di varie forme e colori. SCP-100-IT-C è l'unica istanza ad astenersi dalle interazioni, limitandosi ad osservare a distanza con fare meditativo.
- SCP-100-IT-D è un uomo di bassa statura, vestito come un tipico giullare veneziano (mattaccino
), come si evince dalla maschera col naso adunco, dalla calzamaglia (bianca e nera) e dal berretto coi campanelli. SCP-100-IT-D si mostra allegro ed estroverso e ricorre a danze e acrobazie per attirare l'attenzione su di sé, tentando spesso di coinvolgere altri nelle sue esibizioni.
In una prima fase, che si protrae per un numero variabile di giorni, le entità si limiteranno ad assumere i comportamenti sopracitati; eventualmente, però, avrà luogo un particolare evento, che si ripete ogni anno con le medesime modalità. SCP-100-IT avvicinerà un individuo, lo accerchierà e lo immobilizzerà, per poi trascinarlo via con la forza e scomparire alla vista; la scelta si presume essere casuale. In seguito a ciò, si perderà ogni traccia sia di SCP-100-IT (che non si manifesterà fino al Carnevale seguente) che della vittima. Non è noto cosa accada a quest'ultima in seguito al rapimento, né sono mai stati rinvenuti cadaveri o altri indizi significativi. N.B. consultare gli addenda per maggiori informazioni.
Ad impossibilitare il contenimento è il fatto che SCP-100-IT sia dotato di lievi proprietà altera-mente ed altera-realtà; infatti, ad eccezione di chi è già a conoscenza della sua natura anomala, nessun testimone sembrerà accorgersi del rapimento in atto, come confermato da successivi interrogatori. Inoltre, le circostanze faranno fallire ogni tentativo di approcciare le entità: queste si manifesteranno sempre a una distanza tale da svanire prima di essere raggiunte e spesso ci saranno ostacoli (veicoli, persone etc…) a bloccare il cammino e la visuale degli agenti; ciò induce a pensare che SCP-100-IT sia consapevole di essere un bersaglio e che influenzi il campo probabilistico dell'ambiente circostante per evitare la cattura.
La raccolta di informazioni su attività di SCP-100-IT precedenti al XIX secolo è resa difficoltosa dal legame indissolubile che l'anomalia sembra avere con il periodo carnevalesco; il Carnevale veneziano antico, infatti, aveva una durata canonica di ben sei settimane, nel corso delle quali molti approfittavano della festività per compiere atti illegali nel totale anonimato. Il lungo periodo d'attività e l'elevato numero di crimini irrisolti avrebbero quindi impedito ad uno schema di emergere con chiarezza.
Con la caduta della Repubblica di Venezia nel 1797 ad opera delle truppe napoleoniche (seguita dalla cessione all’Austria con il trattato di Campoformio), le feste pubbliche vennero proibite per legge, per timore che potessero dare adito a sollevamenti popolari; le sparizioni iniziarono quindi a risultare evidenti, anche perché, in assenza di festività ufficiali, il periodo attivo scese da sei a sole due settimane, finendo per coincidere con il Carnevale cattolico standard. Segue un breve estratto, tradotto dal tedesco, di una lettera inviata all’imperatore d’Austria Francesco I d’Asburgo nel 1804:
[…] Solo a un primo sguardo Venezia si direbbe definitivamente sottomessa all'aquila imperiale. I veneziani, privati delle loro secolari tradizioni, reagiscono con malcelata ostilità nei confronti dei nostri amministratori. Esempio emblematico sono le misteriose sparizioni che si verificano, ogni anno, in concomitanza con il Carnevale. Le voci riferiscono di individui che, violando le norme imposte, si aggirerebbero mascherati per le strade e non è da escludere che tali fatti siano legati alle attività di gruppi indipendentisti clandestini. Consigliamo, pertanto, di continuare con la linea sinora adottata e di censurare ogni traccia degli eventi, per evitare che possano essere d'ispirazione per atti di natura rivoluzionaria. […]
In seguito all'annessione del Lombardo-Veneto al neonato Regno d'Italia nel 1861, gli uomini del RIDIA, insospettiti dalle modalità delle sparizioni, furono i primi a intuirne l'origine anomala e, di conseguenza, furono anche i primi testimoni oculari dei rapimenti; il personale del sito Serenissima venne incaricato di studiare l'anomalia (cui si assegnò la denominazione di Nero-194[CREDENZIALI D'ACCESSO NON VALIDE] N.B. per accedere agli archivi RIDIA del Sito Plutone rivolgersi al vicedirettore Bellini.) e si occupò degli insabbiamenti e di vari infruttuosi tentativi di cattura fino allo scioglimento dell'istituto nel 1946.
Quando la Fondazione si sostituì al RIDIA nella gestione di SCP-100-IT, dovette affrontare il fatto che i metodi di censura attuati dai suoi predecessori non fossero sempre stati efficaci; voci non intercettate dall'istituto, infatti, avevano portato alla nascita di una leggenda locale, quella dello "Spetro Imascarà", uno spirito legato alla tradizione del Carnevale. La SIR-I iniziò quindi un faticoso processo di insabbiamento retroattivo, relegando infine lo "spettro" allo status di leggenda metropolitana priva di fondamento.
Nel momento in cui, alla fine degli anni '70, il comune di Venezia propose di ripristinare il Carnevale, fu proprio la Fondazione, tramite agenti infiltrati, a spingere per la realizzazione del progetto, in modo da rendere la presenza dell'anomalia più facilmente occultabile. Dal 1979 la SIR-I ha presenziato a tutte le edizioni del Carnevale, sebbene ogni tentativo di contenimento si sia invariabilmente concluso con un fallimento.
Posizione dell'agt. Battaglia alle 17:43 del 02/03/2019.
Premesse: Si riportano qui di seguito gli avvenimenti conclusivi delle operazioni di monitoraggio di SCP-100-IT dell'anno 2019; la data è il 2 marzo (8° giorno del Carnevale), l'ora d'inizio degli eventi le 17:43, il luogo la via antistante la Chiesa di San Nicolò dei Mendicoli (settore 100/DO).
Il log consiste nelle registrazioni trasmesse in tempo reale dalla bodycam occultata nel taschino della giacca dell'agente Marco Battaglia (sotto le spoglie di un turista mascherato), in contatto radio con il posto di comando del settore, presieduto dall'agente Eugenia Manchi.
<inizio log>
Agt. Manchi: A tutti gli agenti nella zona est del settore DO, confluire nel settore SP dal Ponte dell'Accademia; l'istanza D è stata avvistata nei pressi di Palazzo Cavalli.
Agt. Battaglia: Eugenia, qui l'agente Battaglia. Calma piatta dalle mie parti, se c'è bisogno di uomini posso essere lì in dieci minuti.
Agt. Manchi: Meglio di no, sono già stata costretta a mobilitare altrove due agenti dai tuoi dintorni; ci servi lì per garantire la copertura.
Agt. Battaglia: Oggi i nostri amici sembrano particolarmente irrequieti.
Agt. Manchi: Me ne sono accorta, appaiono e scompaiono con una frequenza allucinante. Di questo passo ci toccherà chiedere supporto; qualche unità della SIR-II ci farebbe comodo.
Agt. Battaglia: Dall'SP hanno già perso di vista l'istanza D, non è così?
Agt. Manchi: Esatto, come fai a…
Agt. Battaglia: Perché ho il bastardo proprio qui davanti.
È possibile scorgere SCP-100-IT-D sulla sponda opposta del canale adiacente alla chiesa, intento a esibirsi di fronte a dei turisti, che applaudono divertiti.
Agt. Manchi: Aggiornamento, 100-IT-D si è manifestato al Rio de le Terese, gli agenti nelle vicinanze convergano in loco.
L'agente Battaglia si toglie la maschera, riponendola all'interno della giacca, e si dirige verso il ponte che separa le due sponde, ma viene rallentato da un gruppo di passanti, che interrompono la visuale per qualche secondo; quando viene ripristinata non c'è più traccia di SCP-100-IT-D e il drappello di spettatori si è già disperso.
Agt. Battaglia: Come volevasi dimostrare; richiama la cavalleria, Eugenia, ci ha fregato di nuovo.
Si sente una voce maschile urlare e chiamare aiuto; l'agente si volta di scatto. In fondo alla strada si intravedono per un istante le quattro entità trascinare via un uomo, poco prima di svoltare l'angolo.
Agt. Manchi: L'evento X si sta verificando adesso! Confluire a San Nicolò da tutti i settori, all'agente Battaglia servono rinforzi!
L'agente si precipita all'inseguimento delle entità; girato l'angolo, si guarda intorno per pochi secondi, finché la sua attenzione non viene richiamata da una nuova richiesta d'aiuto. All'interno del canale una piccola imbarcazione a remi, condotta dalle istanze A e D, procede in direzione della laguna; le istanze B e C mantengono immobilizzato l'uomo, che continua a gridare e divincolarsi. Un gondoliere, ignaro della situazione, rivolge alla barca un cenno di saluto.
Agt. Manchi: Marco, gli altri stanno arrivando, ma i più vicini sono a otto minuti di distanza; sembra che tutte le vie nella tua direzione siano intasate. Inoltre ci vorrà un po' per procurarsi un mezzo adatto; non era mai successo che 100-IT lasciasse la terraferma.
Agt. Battaglia: [Esita brevemente di fronte a una gondola ormeggiata sulle sponde del canale, poi procede a sciogliere la gomena] Oh al diavolo, paese che vai…
Agt. Manchi: Quattro umanoidi altera-realtà in grado di incapacitare un uomo adulto. Sei sicuro che sia una buona idea?
Agt. Battaglia: Sono armato e hai la mia posizione, no? Ovunque vada potete raggiungermi. In questo momento la priorità è non perdere 100-IT di vista.
Agt. Manchi: Non posso darti torto, non abbiamo alternative. Tieniti a distanza di sicurezza e non ingaggiare finché non arrivano i rinforzi, intesi?
Agt. Battaglia: Ricevuto. [Inizia a remare in direzione di SCP-100-IT]
Agt. Manchi: Buona fortuna, agente.
SCP-100-IT lascia il canale e si immette nella laguna, seguito dall’agente Battaglia; l’istanza B pare rivolgersi all'istanza A e l’imbarcazione aumenta la sua velocità. Dopo alcuni minuti, la distanza fra l’agente e le entità è aumentata considerevolmente; le urla dell’uomo si fanno sempre più flebili.
Agt. Battaglia: Maledizione, li sto perdendo! Dimmi che qualcuno sta arrivando con un fuoribordo; anche un elicottero non sarebbe male.
Agt. Manchi: Una squadra si sta dirigendo ai moli nel settore SC, hanno le tue coordinate.
Agt. Battaglia: Digli di sbrigarsi, siamo ben oltre il tramonto e la visibilità non è il massimo; ci mancava solo questa dannata nebbia. Ancora un po’ e li perderò completamente di vista.
Agt. Manchi: Credi sia opera di 100-IT?
Agt. Battaglia: In questo periodo la nebbia è abbastanza normale, ne abbiamo avuta anche gli scorsi giorni. Non è da escludere, però.
La nebbia si fa sempre più fitta e, gradualmente, SCP-100-IT diventa non più visibile.
Agt. Manchi: Procedi ugualmente, non possiamo lasciare nulla al caso; forse sono ancora in acqua da qualche parte.
Agt. Battaglia: Procedo, ma non facciamoci illusioni; una volta fuori tiro, è come se non fossero mai esistiti, lo sai bene. Forse stavolta gli andava solo di giocare un po' al gatto e al topo. [Si interrompe] Oh…
In mezzo alla nebbia, è possibile scorgere delle luci; si delineano i contorni di un edificio, posto al centro di un isolotto. Più da vicino, la costruzione si rivela essere una casa a due piani in muratura, dalle finestre illuminate; ormeggiata presso un molo di legno, c'è la barca utilizzata da SCP-100-IT.
Agt. Battaglia: Una casa in mezzo al nulla?
Agt. Manchi: Non sarebbe la prima volta, isole così piccole sono di scarso interesse per il comune, così vengono spesso acquistate da privati.
L'agente raggiunge il molo, scende dalla gondola e assicura la gomena.
Agt. Manchi: Il supporto arriverà entro pochi minuti, gli ordini sono di aspettare. Anche se 100-IT si trovasse lì, non puoi affrontarlo da solo.
Agt. Battaglia: Quel tipo potrebbe non averceli pochi minuti… [Procede in direzione della casa]
Agt. Manchi: Marco…
Agt. Battaglia: Eugenia, è praticamente da quando sono entrato nella squadra che partecipo a queste operazioni; ogni singolo anno mi è toccato vedere quegli schifosi trascinare via civili innocenti e sfuggirci sotto il naso. Questa occasione non me la lascio scappare, ne risponderò io con il capitano.
Agt. Manchi: Se le cose si mettono male, il capitano potrebbe essere l'ultimo dei tuoi problemi.
L'agente si avvicina cautamente a una finestra e sbircia all'interno per qualche istante.
Agt. Battaglia: [Sottovoce] Ok, sembra una normalissima festa privata; i padroni di casa devono avere un bel po' di soldi da buttare, a giudicare dall'arredamento: tende di seta, argenteria in mostra e tutto il resto. Cerco una via d'accesso, sapete dove trovarmi.
Agt. Manchi: Marco, sai che non posso lasciartelo fare, ti prego di… [L'agente Battaglia indossa nuovamente la maschera e spegne l'auricolare, interrompendo il contatto radio; la bodycam continua a trasmettere le immagini]
Dopo un breve sopralluogo, l'agente forza i fermi di una finestra con il coltello in dotazione, per poi sbucare in un corridoio deserto; in fondo al corridoio un'anticamera, seguita da un arco che conduce al salone dove hanno luogo i festeggiamenti. Un uomo è intento a suonare un motivetto su un organo a canne e nessuno dei presenti, una trentina di uomini e donne mascherati, sembra fare caso al nuovo arrivato, che si confonde fra la folla. Man mano che l'agente attraversa la sala, il microfono della bodycam registra frammenti di conversazione, tutti in lingua veneta. Terminata la ricognizione, l'agente si ritira in disparte e, fingendo di guardare fuori da una finestra, riattiva l'auricolare.
Agt. Manchi: [In evidente stato di agitazione] Ti ha dato di volta il cervello?
Agt. Battaglia: [Sussurrando] No, Eugenia, lasciami parlare. Questa casa… c'è qualcosa di strano. Non c'è traccia di apparecchi elettronici, i mobili sono pezzi da museo, l'unica fonte di luce sono candele e candelabri e non ho sentito una singola persona parlare italiano. Non si tratta solo di ricconi eccentrici, è tutto troppo surreale. I rinforzi dovrebbero essere già qui, vero?
Agt. Manchi: Marco, ascoltami… i rinforzi sono arrivati alle tue coordinate quattro minuti fa. Il localizzatore non ha mai smesso di funzionare e la bodycam è sempre stata attiva, ma… non c'è nessuna casa, nessun isola; non c'è nemmeno la nebbia, solo acqua.
Agt. Battaglia: Non è possibile…
Agt. Manchi: Esci subito da lì, forse se torni alla barca e ripercorri i tuoi passi, potremmo…
La musica si interrompe all'improvviso e gli ospiti si voltano all'unisono verso uno degli accessi al salone, come in attesa di qualcosa. Un uomo vestito da domino, con un mantello rosso, procede a passo lento verso il centro della stanza, immediatamente seguito da SCP-100-IT; l'istanza B spinge un carrello, sul quale è disteso, nudo, l'uomo rapito, imbavagliato ed immobilizzato con delle funi, gli occhi sbarrati per la paura.
Agt. Manchi: Marco, va' via! Adesso!
L'agente Battaglia tenta di farsi strada verso l'unica uscita non ostruita, alle spalle di SCP-100-IT, per cui la bodycam continua a inquadrare la scena. Ad un gesto del domino, gli ospiti si tolgono le maschere; tutti i volti appaiono butterati, coperti da bubboni e da aree scure di evidente necrosi. Gli umanoidi più vicini si avventano sul carrello e affondano le dita nella carne dell'uomo, provocandogli lacerazioni sul corpo e sul volto; il bavaglio viene rimosso e l'uomo urla in preda all'agonia prima di svenire per lo shock, mentre le entità si portano alla bocca brandelli di pelle e muscolo. In due afferrano un braccio e lo strattonano fino a disarticolarlo, per poi affondarci i denti; pezzi di carne vengono passati di mano in mano, affinché tutti possano nutrirsi.
Agt. Battaglia: [ESPLICITO]!
L'agente corre verso l'uscita, ma due umanoidi gli sbarrano la strada; estrae la pistola di servizio dalla giacca, ma, prima che riesca a sparare, viene aggredito alle spalle, disarmato e trascinato a terra. L'inquadratura mostra istanze multiple convergere sull'agente disteso sulla schiena, che non può far altro che urlare e scalciare, prima di venire accerchiato ed immobilizzato. SCP-100-IT-C, priva di maschera, si china sull'agente Battaglia; la carnagione è pallida, gli occhi verdi e iperemici, il naso mancante, mentre la guancia sinistra si presenta consumata dal processo necrotico, facendo intravedere i denti e l'interno della bocca. SCP-100-IT-C poggia una mano sul petto dell'agente, esitando nei pressi della bodycam; dopodiché, con forza inaspettata, serra improvvisamente la stretta e conficca le unghie all'interno del torace, squarciando i vestiti e la pelle sottostante. L'agente Battaglia emette un acuto grido di dolore e, mentre il sangue inizia a sgorgare dalle ferite, gli umanoidi si gettano sul suo corpo. Nella colluttazione, la bodycam viene danneggiata e il collegamento video si interrompe.
<fine log>
Conclusioni: All'arrivo degli agenti di supporto, non è stata riscontrata alcuna traccia dell'isola mostrata nelle registrazioni, seppure le coordinate corrispondano inequivocabilmente all'ultima posizione rilevata dell'agente Battaglia; l'ipotesi più probabile, secondo gli esperti del Sito Deus, è quella di una dislocazione spaziale dalle dinamiche sconosciute, con due versioni di uno stesso luogo coesistenti su due distinti piani di realtà.
La vittima è stata identificata come G██████ S█████████ (36 anni, sposato, residente a T██████, in visita a Venezia per il Carnevale) e le squadre SIR hanno messo in atto le procedure d'insabbiamento standard; l'agente Battaglia è stato dichiarato disperso in azione.
Nota del capitano Sara Giovanni (SIR-I): Non sappiamo con certezza come mai, contrariamente a ogni precedente, l'agente Battaglia sia stato in grado di seguire SCP-100-IT fino al luogo dell'incidente; le entità non hanno mai incontrato difficoltà nel far perdere le proprie tracce, per cui devo supporre che quanto avvenuto sia frutto di un disegno cosciente. Questi mostri ci hanno lanciato un avvertimento, facendoci sapere cosa accade esattamente alle loro vittime e lasciandoci intendere che nemmeno noi siamo al sicuro. O forse, per la prima volta dopo anni, hanno deciso di cambiare le regole del gioco, per puro e macabro divertimento. Entrambe le prospettive non sono delle più confortanti.
Nota del dottor Niceto Livi (coordinatore CCB4): Rispondo in merito a una consulenza richiestami dal capitano Giovanni. Ho visionato i fotogrammi che mi sono stati inviati e, seppure la conferma richiederebbe un esame microbiologico, ritengo di poter trarre delle conclusioni basandomi solo sul mio occhio clinico. L'infezione che parrebbe affliggere gli umanoidi è qualcosa che in Europa non si vedeva ormai da tanto tempo (se escludiamo la breccia di 052-IT nel '91). Raccomando per gli agenti assegnati a SCP-100-IT una terapia antibiotica profilattica e la vaccinazione contro Yersinia pestis. In questi casi non si è mai troppo prudenti.
Coordinate del locus-100/1.
Il giorno dopo l'incidente, ulteriori accertamenti hanno portato alla scoperta, nel punto di interesse, di una massa posta a circa 4 metri di profondità, riconoscibile come una piccola isola sommersa. Macerie sulla porzione superficiale indicano che l'isola abbia ospitato un edificio, sotto le cui fondamenta gli strumenti hanno rilevato un ambiente cavo non invaso dall'acqua, il cui accesso è stato localizzato in una grotta subacquea.
È stata assegnata al luogo la nomenclatura di locus-100/1 ed è stata approntata un'operazione condivisa della SSM-II ("Legio Atlantidis") e della SSM-VIII ("Subterranea Materia"). Segue un breve resoconto degli eventi della missione.
Coordinamento delle Operazioni: Cap. Elia Contadi della SSM-VIII, Cap. Basilio Aramini della SSM-II.
Agenti in Missione: Giorgio Corradi, Eleonora Mazza e Giovanni Scilla della SSM-VIII/γ.
Agenti di Supporto: Nino Flaviani, Aurelia Mancini e Matteo Rivoletti della SSM-II/α.
Equipaggiamenti Speciali: No. 6 respiratori Vincenzi.
Obiettivo della Missione: Esplorazione del locus-100/1.
La SSM-II/α ha assistito la SSM-VIII/γ nella prima fase delle operazioni. I sei agenti in equipaggiamento subacqueo raggiungono l'ingresso della grotta e, dopo un paio di minuti trascorsi ad avanzare in immersione, emergono in uno spazio asciutto, dove scoprono uno stretto corridoio scavato nella roccia, diretto verso l'interno del sistema sotterraneo. La SSM-VIII/γ rimuove l'attrezzatura subacquea e la sostituisce con quella speleologica (trasportata dentro sacche a tenuta stagna); la SSM-II/α riceve l'ordine di mantenere la posizione, con il ruolo di squadra di supporto, in modo da garantire un'evacuazione rapida in caso di incidenti.

Riproduzione artistica dei simboli più rappresentati nel locus-100/1.
Dopo circa sette minuti, la SSM-VIII/γ raggiunge la fine del cunicolo: sulla destra una scalinata ascendente scolpita nella pietra (che una volta doveva condurre all'interno dell'edificio), a sinistra un altro corridoio; una salita di pochi gradini è sufficiente per evidenziare una frana provocata dal crollo delle fondamenta. Il percorso attraverso il secondo corridoio è breve, ma accidentato, per la presenza di un lastricato costituito da piccoli blocchi di forma irregolare; lungo le pareti, si riscontrano una serie di simboli, via via più frequenti procedendo verso il centro dell'isola. Un'osservazione ravvicinata identifica i blocchi come ossa vertebrali.
In fondo al corridoio, gli agenti sbucano in un'ampia caverna dal soffitto a cupola, con svariate aperture verso camere secondarie di minori dimensioni; l'ambiente presenta i medesimi simboli riproposti su tutte le pareti e contiene al suo interno un gran numero di ossa umane. Molte di queste sono incluse nell'architettura stessa della caverna, con teschi e rotule incastonati nella roccia a mo' di mosaico; alcune sono disposte a formare strutture più o meno complesse, come archi e piccoli altari, molte altre giacciono sparse sul pavimento. Al centro della caverna, un pozzo dal diametro di circa sei metri, colmo quasi fino all'orlo di scheletri umani.
Analisi di antropologia forense hanno consentito di identificare, grazie anche a tecniche di ricostruzione facciale 3D, una parte dei (quasi 400) resti umani rinvenuti nel locus-100/1: i tratti somatici corrispondono a quelli di vittime di SCP-100-IT note alla Fondazione (incluso l'agente Battaglia) e tutti gli scheletri mostrano segni di lesioni traumatiche multiple, che suggeriscono morte violenta; le spoglie dell'agente sono state consegnate alla famiglia per l'inumazione. La datazione al radiocarbonio ha stabilito che tutti i decessi si sono invariabilmente verificati intorno al XVII secolo.
Questi dati sono contraddittori con le date delle sparizioni, distribuite nell'arco di più secoli, considerando inoltre che i delitti più recenti avrebbero logicamente dovuto produrre resti meglio conservati. La dislocazione ipotizzata in precedenza si estenderebbe dunque, oltre che al dominio spaziale, anche a quello temporale; gli omicidi avverrebbero in una versione dell'isola posta in un tempo e un luogo esterni alla nostra realtà, ma comunque ad essa correlati in qualche misura, restituendo i cadaveri al locus-100/1.
In uno degli ambienti secondari del locus-100/1 è stata trovata una pila di vestiti ed altri oggetti d'uso quotidiano di diverse epoche, verosimilmente rimossi dai corpi delle vittime dopo i rapimenti; fra questi una borsa di cuoio contenente un singolo documento, che include alcune importanti informazioni circa l'origine di SCP-100-IT. L'autore è un anonimo membro del Serenissimo Colejo degli Estri e dei Maùchi del Comùn, nonché una delle probabili prime vittime dell'anomalia.
Per facilitarne la consultazione, il testo è stato tradotto e adattato dal veneto seicentesco in italiano (a cura del dottor Domenico Iriarte, responsabile della documentazione relativa allo SCEMC presso il Sito Plutone).
È con la mano tremante e il petto appesantito da un sentimento di orrida anticipazione che imprimo nell'inchiostro la mia testimonianza. Presto sarò morto, ma il valore di un uomo si rivela anche dalla misura in cui egli sceglie d’aderire alla missione per la quale Iddio l'ha posto su questa Terra. Sono un cronista e come tale morirò, al servizio della verità. Se queste pagine contribuiranno, un giorno, a porre fine agli orrori che, impuniti, lordano di sangue le vie della Serenissima, allora è mio sacro dovere dedicare loro i miei ultimi istanti.
Avevo appena vent’anni quando, armato di penna e calamaio, iniziai a viaggiare al seguito dei maùcarioli5 del Colejo. Il mio incarico era quello di raccontare, come un novello Marco Polo, dei prodigi incontrati durante le nostre peregrinazioni, dei quali ci impossessavamo per accrescere il prestigio e l'influenza della Repubblica. Gli archivi di Poveglia si arricchirono così, ben presto, dei miei resoconti. Nulla mancavo di annotare, dagli antichi artefatti dissotterrati sulle coste dell’Egeo, eredità della millenaria saggezza ellenica, alle ben più esotiche stranezze che ci attendevano aldilà del Bosforo, frutto di oscure magie di cui i maomettani custodiscono gelosamente i segreti.
Era l’estate dell’anno del Signore 1625 quando la nostra galea approdò, come già aveva fatto tante volte, al porto di Costantinopoli. Il sultano non disdegna, infatti, di commerciare con coloro che pure reputa infedeli, per lo meno in tempo di pace, per cui, fintantoché ci presentavamo sotto le spoglie di comuni mercanti, ci era garantito un passaggio sicuro all'interno dei suoi domini. Per un cacciatore d'estri il bazar della capitale turca è una fonte inesauribile d'occasioni. Lontano dalle normali bancarelle, in bassi pregni dell’odore di incenso cui si accede tramite bui vicoletti, è possibile acquistare merce ben più preziosa di spezie e stoffe e fu proprio in uno di questi antri che entrammo in possesso di una particolare mappa. Avessi saputo che la via che essa ci svelava ci avrebbe condotti verso la rovina, l’avrei consegnata alle fiamme senza pensarci due volte.
La mappa presentava sul retro un testo in lingua greca, firmato da un ecclesiastico vissuto a Kòrama6 secoli or sono, prima che i sultani usurpassero lo scranno del Basileus. Il sant'uomo narrava di un insediamento nascosto fra i monti della Cappadocia, non molto distante da Nyssa, abitato da pagani seguaci di un demone antico come il creato stesso, che li aveva vincolati a sé donandogli facoltà ultraterrene. Questi stregoni, era scritto, possedevano il segreto per un'esistenza molto più lunga del normale, che nessun morbo poteva intaccare, ed erano capaci di evocare, attraverso sanguinosi rituali, rossi e deformi servitori che obbedivano loro come marionette.
Dopo alcune discussioni decidemmo che valeva la pena di indagare, pur non sapendo se quel popolo viveva ancora, se non altro per mettere le mani su qualche prezioso manufatto prodotto di quella stupefacente magia. Siór Morosini, allora a capo della nostra compagnia, selezionò per la spedizione cinque di noi, compreso il sottoscritto, incaricato naturalmente di documentare con dovizia di particolari ciò che avremmo incontrato sul nostro cammino. Ci accompagnava, dietro compenso, un nativo armeno, poiché ci occorreva una guida che fosse pratica dell'entroterra e preferivamo di gran lunga la compagnia di un cristiano, il cui popolo era stato sempre in buoni rapporti con la Repubblica, a quella di un turco.
Il comando della missione venne affidato a siór Lorenzo Falier, la cui cortesia ed eleganza mascheravano, invero, un'indole scaltra e macchinatrice. Era noto a tutti che ambisse alla carica di consigliere e che covasse un segreto astio verso candidati più meritevoli, compreso Morosini, ragion per cui questi coglieva ogni occasione per levarselo di torno. Seguivano Marino e Sebastiano, che le loro anime possano riposare in pace, due dei più validi maùcarioli che il Colejo abbia mai avuto fra i suoi ranghi, ai quali mi legava da anni un profondo legame di amicizia. Completava il quintetto Fosco Bernardi, un discreto mercante, ma un pessimo individuo, che si diceva avrebbe persino venduto l'anima al diavolo, se gli fosse fruttata il benché minimo guadagno. Ripensare oggi a queste parole mi suscita un riso carico di amarezza.
Dopo due settimane, più un giorno passato a inerpicarci fra le rocce, giungemmo a destinazione. Ciò che trovammo ci riempì di stupore, ma del tipo misto a ribrezzo e delusione. L'insediamento era reale, così come i suoi abitanti, ma ogni speranza di imbatterci in un'oasi di magia orientale era stata disillusa. Era a malapena un villaggio, di case scavate nella pietra non dissimili dalle altre nella regione, con paglia e lana grezza laddove ci eravamo aspettati marmi e sete pregiate. Appestava l'aria un orribile tanfo, come di carne putrefatta, al cui confronto l'odore delle paludi della laguna ci pareva una brezza primaverile. Gli indigeni erano un manipolo di vecchiacci malvestiti, foraggiati solo da uno sparuto gregge di scheletrici ovini. Piaghe sulla pelle cadente e olivastra erano segno del passaggio di trascorse epidemie, che pure non erano state in grado di porre fine a quelle misere esistenze. La lunga vita che si diceva fosse stata loro donata assomigliava più a una condanna che a una benedizione.
Ad accoglierci fu un inquietante vecchio dall'età indecifrabile, che si presentò come un sacerdote. L'uomo parlava uno strano idioma, ma, capendo che non lo intendevamo, proseguì in quello che riconoscemmo come un dialetto greco, al quale mescolava parole sconosciute. La maggior parte di noi conosceva il greco, chi per studio e chi per necessità, per cui, a fatica, fummo in grado di comunicare. Il vecchio accettò la versione che ci vedeva come viandanti in cerca d'avventure e non sembrò affatto desideroso di sapere di più su quelli che erano, senza dubbio, i primi forestieri che vedeva da chissà quanto. Un giro del villaggio ci confermò che non v'era traccia di prodigi e l'unico segno di attività religiose era un basso altare sacrificale su cui riposavano ossa di pecora bruciacchiate. Decidemmo quindi di ripartire l'indomani stesso.
Il sacerdote ci invitò a pernottare presso la sua casa, dove avremmo condiviso la cena e udito i racconti tramandati dalla sua gente. A onor del vero, provavamo un certo disagio in presenza di quell'uomo, che, seppur carico di premure, ci fissava con sguardo torvo e aveva sembianze così grottesche da privarlo di ogni parvenza di umanità. Spinti dalla necessità e dalla curiosità, tuttavia, accettammo di buon grado.
Il pasto fu alquanto misero, ma le storie del vecchio, per lo meno, furono di intrattenimento. Narravano di un antico profeta, un re stregone nato in schiavitù che, in un lontano passato, aveva liberato il suo popolo dalla tirannia di una razza demoniaca. Narravano di guerre combattute contro giganti corazzati, le cui menti erano vuote e il cui cuore non batteva. Narravano di una città, che era stata la loro patria, di cui ormai non restava che polvere. Questo era il passato, ma il presente li vedeva sparsi ai quattro angoli della Terra, costretti a celebrare i loro riti di nascosto, per timore che i giganti potessero tornare e sterminarli. Il profeta, tuttavia, era stato chiaro e, dalle stanze dove conferiva con il loro dio dal nome impronunciabile, era uscito con una promessa, che tenterò di parafrasare. "Finché sangue scorrerà nelle vene come vino, finché greggi di uomini ingrasseranno sui pascoli della Terra, finché la carne riuscirà a spezzare col suo calore le catene della fredda ragione, allora il Suo popolo non patirà mai la fame." Solo ora che l'eco di queste parole ha raggiunto lidi più civilizzati, comprendo il significato dell'empia profezia.
Il vecchio seguitò a descriverci i dettami di quella barbarica dottrina. Ci disse che il loro dio incoraggiava i suoi seguaci a indulgere in qualsiasi piacere terreno e che ogni impulso, anche il più basso, merita di essere soddisfatto. Solo chi era privo di rimorso era giudicato degno di partecipare ai rituali, poiché si sapeva che avrebbe usufruito correttamente dei doni divini, sfruttandoli per saziare i propri appetiti e assoggettare i deboli immeritevoli. Ascoltavamo inorriditi quei precetti satanici, tutti tranne Bernardi, quel demonio fatto uomo, che pareva estremamente rapito.
Quella notte, dopo che finalmente riuscii a prendere sonno, i miei incubi furono popolati da terribili visioni. Chimere spaventose dalla carne di un rosso vivo come il fuoco, paesaggi infernali in cui il ritmo dei tamburi accompagnava indescrivibili scene di perdizione e di violenza, teschi con brandelli di pelle ancora attaccati che affondavano i denti nei corpi di vittime inermi. E, in mezzo al pandemonio, il vecchio sacerdote, un malefico ghigno a solcargli il viso, recitando arcane e gutturali litanie.
Mi sentii molto sollevato quando, il mattino seguente, ci lasciammo alle spalle quel villaggio dimenticato da Dio. Fui sorpreso di notare che Bernardi, l'unico di noi a non sembrare inquietato da quei luoghi, era anche il più ansioso di ripartire, tanto che era già in piedi quando noi altri ci eravamo appena destati. Questi fatti, ormai che so quello che so, assumono tutto un altro significato, ma non mi accorsi nemmeno, allora, che la sua bisaccia fosse più pesante rispetto al viaggio di andata.
Il villaggio, per quanto l'esperienza mi avesse turbato, non è nel novero delle cose più bizzarre che mi sia capitato di vedere, per cui me ne dimenticai in fretta. Dopo quella missione, passai altri due anni al servizio del Colejo, prima di decidere di esser pago di avventure. Da patrizio e uomo di lettere qual ero, caldamente raccomandato dai vertici dell'Accademia Popiliana, non mi fu difficile trovare un impiego tranquillo e ben retribuito negli uffici del palazzo del dogato. Tuttavia, spesso mi capitava di riunirmi con Sebastiano e Marino, quando ritornavano dai loro viaggi, e allora passavamo intere serate a raccontarci ogni possibile novità. Loro mi intrigavano con storie sui mirabolanti oggetti che tuttora racimolavano di porto in porto, mentre io li aggiornavo sui non meno affascinanti intrighi e pettegolezzi che scuotevano la città che solo per ingenuità viene detta Serenissima.
C'era un argomento in particolare ad essere sulla bocca di tutti e quell'argomento era nientemeno che Fosco Bernardi. Il mercante aveva lasciato il Colejo non molto tempo dopo la nostra esperienza in Cappadocia, annunciando che preferiva impegnarsi in altri tipi di affari, trattando merce più convenzionale, ma che si rivelò per lui molto più redditizia. Aveva iniziato a investire in una lunga serie di attività, dai tessuti alla vetreria, dall'edilizia all'industria navale, e da allora la sua ascesa era stata ininterrotta e incontrastata. Come re Mida, tutto ciò su cui metteva le mani si tramutava in oro, nella forma di ducati che andavano ad appesantirgli le tasche. Era un mistero come riuscisse sempre a scovare l'affare migliore, se per i capricci del caso o per una genialità che per anni era rimasta sopita.
Con le finanze crebbe anche il prestigio ed era quasi comico vedere patrizi e notabili, che prima non l'avrebbero degnato di uno sguardo, elemosinare briciole dalla sua tavola. In quanto a servilismo, però, nessuno batteva Lorenzo Falier. Il plebeo e il nobiluomo sembravano avere un'intesa strettissima e li si vedeva spesso insieme, a confabulare di oscure faccende. La fortuna aveva assistito anche Falier, ma in circostanze più spiacevoli. Metà del Consiglio del Colejo era perito quando Morosini, appena nominato, aveva contratto un terribile morbo, contagiando tutti gli altri. La malattia, diversa da ogni afflizione nota, si manifestava con una serie di cancrene, che pulsavano come dotate di vita propria e in poco tempo ricoprivano il corpo del malato. Falier era dunque riuscito a realizzare il sogno di diventare consigliere.
Bernardi decise di costruirsi una dimora degna del suo rango, che fece erigere sulla Centenaria7, un'isoletta a largo della Giudecca, e che riempì di lussi d'ogni genere. Accolse inoltre con sé la sorella maggiore, donna ancora di bell'aspetto sebbene già alla terza vedovanza. Sulle morti dei mariti giravano strane dicerie, nulla di comprovabile, ma abbastanza per scoraggiare anche i più assidui corteggiatori, che rifuggivano intimoriti quegli occhi verdi come smeraldi e altrettanto gelidi. Insieme alla sorella, venne il nipote, figlio del primo marito, un giovanotto imbelle quanto perverso. Tutti ricordavano di quando, camuffatosi con vesti femminili, si era intrufolato in un convento, col proposito di insidiare le novizie.
Nonostante giocasse a fare il signore, Bernardi restava un uomo gretto e schiavo degli istinti e nessun velluto o argento poteva mascherarne la rozzezza. L'uomo vedeva se stesso come un monarca e, come ennesima prova di squallore, assunse un saltimbanco ubriacone per fargli da giullare, che lo seguiva come un cane e dava noia a tutti con le sue buffonate. Non v'era eccesso al quale il mercante non volesse abbandonarsi e la sua spropositata ricchezza non gliene precludeva nessuno. Le notti le trascorreva fra taverne, bordelli e sale da gioco, in compagnia di una schiera di sordidi individui suoi pari, tanto che ci si chiedeva come mantenesse la lucidità per far fruttare le sue attività.
E venne il 1630, uno degli anni più tristi nella storia della Repubblica. Quando accogliemmo i legati del duca Gonzaga, che appoggiavamo nella sua pretesa al dominio di Mantova, questi portavano con sé, assieme alle notizie sull'andamento della guerra, qualcosa di ben più sgradevole. La pestilenza fece le sue prime vittime nei mesi estivi, ma a novembre i morti erano già svariate migliaia. I commissari nominati dal Doge si industriarono per ridurre i contagi, il lazzaretto Vecchio fu ben presto invaso dagli appestati e anche tanti fra i sani, per prudenza, vennero messi in isolamento. Mucchi di cadaveri, gettati persino dalle finestre, continuavano ad accumularsi nelle strade o galleggiavano miseramente dentro i canali. Date le circostanze, nessuno si stupì quando il Carnevale venne annullato e le sole maschere in giro erano quelle dal lungo becco indossate dai medici, che prestavano fede al loro giuramento di soccorrere gli ammalati.
Tuttavia, serpeggiavano in città voci inquietanti, su individui mascherati e bardati di nero che si aggiravano per le vie durante le ore notturne, descritti sempre nell'atto di trascinare via i cadaveri. Per non scatenare il panico, venne diffusa la versione che si trattava di monatti del comune, ma si istituì in segreto una commissione, della quale anch'io facevo parte, poiché individui che se ne andavano in giro a rubare cadaveri non erano solo segno di faccende sinistre, ma anche un rischio per la salute pubblica. Per aiutare nelle indagini, venne formato un gruppo di pochi agenti fidati ed io proposi Marino e Sebastiano, sulla cui abilità e riservatezza non nutrivo il minimo dubbio, dato che in quel periodo anche i viaggi per conto del Colejo erano sospesi.
Fu Sebastiano a sorprendere un mattaccino che trasportava in un vicolo il corpo esanime di una fanciulla, con quali propositi non oso immaginarlo. Smascherandolo, ci trovammo di fronte, stupiti, il giullare di Bernardi. Dopo un'ora di torture, l'idiota continuava a sghignazzare follemente, pronunciando discorsi farneticanti su come il Martedì Grasso fosse alle porte e bisognasse riempirsi la pancia prima del digiuno, ma carne ce n'era in abbondanza, se si era disposti a cercarla nel fango dei porcili.
Ci recammo alla Centenaria, per interrogare Bernardi. Canti e schiamazzi suggerivano che l'epidemia non aveva impedito al mercante di proseguire i suoi bagordi, ma quando facemmo irruzione la scena che ci si parò davanti superava la peggiore delle aspettative. Una ricca tavolata era stata allestita, ma non era su capponi o cosciotti d'agnello che i commensali si avventavano come bestie fameliche, macchiandosi di rosso il mento ed i vestiti.
Braccia, stinchi e visceri giacevano su stoviglie di fine porcellana, insieme ad altre parti del corpo innominabili, mentre mezzo torace girava lugubremente infilzato su uno spiedo. Gli ospiti erano la corte al completo di parassiti, ruffiani e meretrici di cui Bernardi s'era circondato, mascherati come si confaceva a quel periodo dell'anno. Accanto al padrone, avvolto in un tabarro rosso, sedevano il viscido Falier, il viso sepolto in un cumulo di intestini, e la gelida sorella, intenta a divorare una testa che teneva in grembo quasi con materna tenerezza. Sul pavimento, il perfido nipote, con indosso un vestito a fiori, mordeva selvaggiamente quello che sembrava un singolo seno femminile. Un dettaglio rendeva il tutto, se possibile, ancora più spaventoso. Sia le carni consumate che i convitati erano ricoperti da bubboni.
Le impiccagioni ebbero luogo in segreto, considerando anche che erano coinvolti alcuni membri del patriziato. La casa venne bruciata e demolita e si raccontò che un incendio era divampato per errore, uccidendo coloro che vi si trovavano. Bernardi, non si sa per quale maleficio, passò quasi due ore a contorcersi, paonazzo in volto, prima di spirare, nonostante il collo gli si fosse già incrinato da un pezzo. La gola, stretta nel cappio, era ancora in grado di vomitare bestemmie e oscenità, invocando forze demoniache a scagliarsi contro i suoi aguzzini. Yaldabat, Ion, Clavigar, Ikunan, Aditum erano nomi che conoscevo, dato che li avevo già uditi in passato, dalla bocca del vecchio sacerdote. Fosco Bernardi si congedò dall'esistenza con una maledizione e di nuovo mi giunse l'eco di parole già note. Finché greggi di uomini fossero ingrassate sui pascoli della Terra, lui e i suoi seguaci non avrebbero mai patito la fame.
Nel novembre del 1631 l'epidemia venne dichiarata debellata, ma io non ero dell'umore per unirmi ai festeggiamenti. Gli orrori a cui ho assistito si sono portati via un pezzo della mia anima, che sento contaminata e destinata all'Inferno per il solo fatto d'esser stata testimone impotente di tanta scelleratezza. Mi consolavo a malapena sapendo che Bernardi e la sua pletora di disumani, perversi, tre volte dannati cannibali non insozzavano più Venezia con la loro presenza. Ma, ahimè, ci sono stregonerie in grado di imprimere un'orma tanto profonda sul mondo da manifestare i propri effetti anche quando, all'apparenza, non ve n'è più traccia.
Carnevale 1631, Marino era di ritorno da un'osteria. Da quella notte, ormai, tentava di scacciare i ricordi annegandoli nel vino e l'uomo dall'ingegno vivace aveva lasciato il posto ad un fantasma barcollante. Non arrivò mai a casa, gli ultimi ad averlo visto dissero che s'era allontanato, ubriaco, con una donna mascherata vestita di nero. Carnevale 1632, era notte inoltrata quando Sebastiano bussò alla mia porta come un pazzo. L'uomo più impavido che abbia mai conosciuto mi confessò che, dopo i fatti della Centenaria, la sola vista di una maschera lo riempiva di terrore. Disse che temeva d'essere impazzito, che gli pareva di scorgere figure dai volti celati che lo pedinavano e lo fissavano dalle finestre, che era crollato in lacrime quando aveva udito un miagolio fuori dalla sua porta. Quella fu l'ultima volta che lo vidi.
Alcuni misteri meriterebbero l’oblio, ma noi, avidi di conoscenza, non lo sapevamo, quando, ormai sette anni or sono, c’eravamo messi sulle tracce del villaggio. Il sacerdote aveva visto in Bernardi il perfetto emissario per spargere nuovamente nel mondo i semi di un male antichissimo e, durante la mia notte infestata dagli incubi, lo aveva reso partecipe di indicibili segreti. L’anima del mercante era stata ceduta al Maligno, barattata per ori e successi, tramutandolo al contempo in una bestia affamata della carne dei suoi consimili. E, in cambio di una misera fetta di fortuna o di potere, anche altre coscienze erano state traviate.
Trascorro i miei giorni nella consapevolezza che non mi resta più molto da vivere e che presto mi ricongiungerò coi miei amici. Sono ormai certo che la maledizione scagliata da Bernardi sul patibolo fosse più di una vuota minaccia e che il patto satanico che venne stretto fra quelle montagne non si sia interrotto con la sua morte. Accetto il mio destino, a breve consegnerò al Colejo questi miei ultimi scritti, nella speranza che un giorno l'anatema possa essere spezzato, ma devo sbrigarmi. Ombre silenziose dai volti bianchi e immobili seguono i miei passi quando mi illudo di essere da solo e, quando tutto tace, riesco distintamente a sentire musiche e canti e grida trasportati dalle acque della laguna. Che il Signore abbia pietà della mia anima, è quasi Carnevale.
Alla luce di quanto qui rivelato, la Sezione Ricerca e Sviluppo Esoterici è stata incaricata di compiere studi approfonditi sulle anomalie legate ai Culti Sarkici; si spera che ciò possa contribuire, in un prossimo futuro, a elaborare una procedura di contenimento definitiva. In attesa di ulteriori sviluppi, SCP-100-IT è tuttora da considerarsi non contenuto.
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