Crediti
Autore:
Originale: Project Hellhound
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Precedente: Quello Stronzo di SCP-076-2
Una Toyota Scion compatta viola prugna percorreva le stradine sterrate più nascoste dei monti Appalachi. La ghiaia scricchiolò sotto gli pneumatici, quando si fermò in un parcheggio ai piedi di una collina. Due uomini uscirono dal piacevole clima condizionato della vettura e si inoltrarono nell’afosa calura estiva della Carolina del Nord. Percorsero un sentiero tortuoso fino a una casa a un piano nascosta tra gli alberi. Il conducente, Allen Sendek, si lamentò:
«Stiamo perdendo tempo. Dovremmo lavorare al modulo di contenimento portatile»
Mentre camminava, prese il suo fazzoletto e si asciugò la pallida testa pelata. È l’uomo con più anni tra i due, panciuto e sempre infastidito; una di quelle persone irritate in eterno da un universo che si rifiutava a ogni costo di riorganizzare le sue particelle in un modo che a loro garbasse di più. Samuel Valerio è più giovane e magro, con la pelle ambrata e i capelli neri. Sempre ottimista e indifferente al cinismo del suo collega ricercatore.
«Fa’ il bravo, Allen»
Quando raggiunsero il porticato, almeno una dozzina di cani iniziò ad abbaiare nella casa. Sam tese il braccio verso la porta, ma si aprì ancora prima che bussasse. Fece capolino la testa di un uomo nero grosso e muscoloso coi pantaloni allentati e una camicia blu. Il lato sinistro della sua faccia era coperto da un’ustione cicatrizzata, che mancava di poco il suo occhio e si estendeva fin dove avrebbe dovuto esserci l’orecchio, ormai ridotto a un moncherino.
«Vi serve un cane?» chiese.
«Non proprio. Ci hanno detto che ha un talento per addestrare animali pericolosi» rispose Sam.
L’uomo li squadrò da capo a piedi, dalle loro scarpe costose ai loro abiti puliti e ben stirati. Alzò gli occhi al cielo:
«Fatemi indovinare: avete comprato una tigre e avete appena capito che non è un animale domestico, ma una cazzo di tigre?»
I due ricercatori si scambiarono un’occhiata, poi si concentrarono sul padrone di casa. Rispose Sam:
«Non è così. Lavoriamo per la Fondazione SCP. Il signor Wilson ci ha raccomandato lei, ha detto che bisogna rivolgersi a lei per… ehm…»
«I predatori anomali, quelli che cacciano gli umani» concluse Allen.
L’uomo inarcò entrambe le sopracciglia, come ingranaggi di una calcolatrice che elaboravano un’equazione piuttosto difficile. Infine, Charlie Smoots uscì dalla porta, incrociò le braccia e annuì:
«Vi si è intrufolato un mostro in casa?»
Charlie non aveva scelto di fare il “cacciatore di mostri”, era successo per caso. Dopo che una bomba artigianale l’aveva quasi assordato, aveva lasciato l’esercito per soccorrere cani inselvatichiti e traumatizzati. Una volta era saltato fuori che un cane aveva i tentacoli, ma ciò non cambiava i principi fondamentali della riabilitazione. Da allora, le cose erano diventate sempre più assurde. Non molto tempo dopo, aveva iniziato a indagare sulle segnalazioni di dwayyo e snallygaster nel Maryland, mentre insegnava a un cucciolo di chupacabra a smettere di prosciugare i gatti del suo padrone. Alla fine, la Fondazione si era accorta del suo lavoro. L’avevano assunto come accalappiatore e addestratore di predatori anomali.
Tuttavia, molti predatori anomali non si potevano addestrare. Alcuni erano troppo intelligenti, altri erano troppo stupidi. Alcuni erano incapaci di legare con gli umani: li percepivano solo come cibo o un pericolo. Ma se la creatura si faceva condizionare, aderiva a qualche forma di socializzazione e sapeva fidarsi? Charlie poteva occuparsene. Certo, addestrare un predatore anomalo non lo rendeva docile, tantomeno addomesticato. La domesticazione richiedeva tutto ciò, ma oltre all’interferenza umana durante gli stadi di sviluppo formativi. Charlie era il primo a rimarcare che una pantera ben addestrata era pur sempre una pantera e che un mostro ben addestrato era pur sempre un mostro. Ma un predatore anomalo che legava con successo col suo custode era più sano, più felice e più facile da contenere: giovava a tutti.
«Cosa puoi fare con questo?»
La voce del dottor Samuel Valerio era tesa. Non sembrava che il ricercatore si aspettasse un granché, e Charlie capiva perché. Dall’altra parte della vetrata antiproiettile, c’era una stanza larga sei metri, dotata di spessi pannelli in silicato di calcio. Lungo il soffitto, c’erano degli irrigatori sempre accessi che riempivano tutta la stanza di nebbia fitta, tranne un angolo. E in quell’angolo, "sedevano" sei colonne di fiamme grandi come persone. Palpitavano e ardevano, sospese ai margini della nube d’acqua.
«È fuoco. Volete che addestri del fuoco?» chiese Charlie.
Il dottor Allen Sendek lo corresse:
«SCP-457 è una forma senziente di ossigenazione e combustione. Vogliamo sapere se è possibile addestrarlo»
«Lo scopo è capire se può fornire sostegno tattico alle squadre speciali mobili»
Charlie corrugò la fronte:
«Volete usare quelle fiammate come armi?»
Il dottor Valerio insisté:
«Non armi, signor Smoots, sostegno. Queste fiamme senzienti possono attraversare un campo di battaglia senza sforzo. Fornire sorveglianza, spegnere gli incendi, creare copertura e sì: anche fungere da artiglieria mobile, se serve. Le consideri un’unità cinofila»
«Sono intelligenti? Formano legami sociali? Hanno una gerarchia?»
Il dottor Valerio annuì:
«Più o meno. Più ardono, più diventano intelligenti. Inoltre, se consumano abbastanza materia, si riproducono. All’inizio, la “progenie” attaccava i genitori, ma abbiamo scoperto che…»
Continuò il dottor Sendek, con una nota di orgoglio:
«Li stiamo allevando. Iterazione dopo iterazione, selezioniamo i caratteri più passivi e meno aggressivi»
«Le generazioni precedenti parlavano. Ma più diventavano calme…»
«Sono ancora ostili con gli umani?»
Il dottor Valerio si corrucciò:
«Tantissimo. Abbiamo provato a interagire con loro in tuta ignifuga, ma attaccano chiunque osi avvicinarsi»
«Tuta ignifuga?»
«Eccola»
Il dottor Valerio indicò una voluminosa tuta isolante a pezzo unico. Somigliava a una tuta per proteggersi dai morsi dei cani, ma dotata di casco e visiera. Aveva un sistema di raffreddamento intero e una scorta d’aria. Il tessuto era verde scuro. Charlie osservò la tuta e rimuginò. Poi tornò a guardare le sei colonne di fiamme. Dopo una lunga riflessione, si rivolse al dottor Valerio:
«D’accordo. Cosa mangiano?»
La tuta era pesante, ma flessibile. Charlie avvertiva il refrigerante che circolava in un complesso reticolo di arterie sotto l’imbottitura verde scuro. La bombola d’ossigeno interna manteneva una pressione atmosferica positiva nella tuta; se la scorta fosse calata oltre la metà, sarebbe suonato un campanello. A conti fatti, era più comoda del previsto. Ma era comunque certo di non poter fare una maratona con indosso quella.
L’entrata della stanza era racchiusa in una camera di contenimento modulare prefabbricata che incorporava un portellone a chiusura stagna. Appena entrò, sentì la porta chiudersi dietro di lui con un sibilo. Ci furono tre segnali acustici. Mostrò il pollice alzato al dottor Valerio. Allora la porta interna si aprì e iniziò a entrare dell’acqua. Le sei colonne di fuoco reagirono subito. Anche se erano informi, Charlie aveva l’impressione che lo stessero guardando. Quella più grossa si solleva oltre la nuvola d’acqua. Ci fu un getto di vapore accompagnato da un forte sibilo; poi si sentì uno squittio acuto. Sembrava aria surriscaldata che fuoriusciva da una bocchetta stretta.
Charlie fece del suo meglio per proteggere il fascio di fogli che teneva in mano dalla foschia, poi picchiettò la vetrata.
«Fatemi passare»
Tre irrigatori si spensero. Le fiamme erano ancora in trappola, ma ora Charlie aveva un percorso "asciutto" fino al centro della stanza. Avanzò a passo lento. La fiamma più grande gli balzò incontro. Come prima, ci fu un getto di vapore seguito da uno squittio acuto. Le cinque fiamme più piccole imitarono il movimento ed emisero squittii più sommessi. Charlie aspettò che si calmassero. Poi raggiunse il centro della stanza, si piegò in avanti e mise giù il fascio di fogli.
Quando si alzò, la fiamma più grossa balzò. Un’appendice spessa come la coscia di Charlie lo colpì al petto come una frusta. L’uomo fu spinto all’indietro e, dove fu colpito dalla palla di fuoco, si alzarono fumo e vapore. Percepì il calore che gli penetrava nello sterno. Charlie si riprese in fretta e trottò all’indietro. Ora la colonna di fiamme che l’aveva attaccato era più piccola, ma le altre le si radunavano ancora intorno. Charlie fece una smorfia dolorante, mentre indietreggiava verso la camera modulare, senza mai dare le spalle alla fiamma. La porta della camera gli si chiuse davanti.
Dopo che si tolse la tuta, Charlie ingollò una bottiglia d’acqua mentre guardava attraverso il vetro. Il dottor Sendek spense molti altri irrigatori, dando così modo alle fiamme di raggiungere la grossa risma di documenti redatti al centro della camera. La fiamma che l’aveva attaccato strisciò avanti. Una volta che raggiunse la risma, estese delle linguette di fuoco per lambire gli angoli della risma. Le altre cinque fiamme la seguirono e la raggiunsero al centro. Insieme, vi si avventarono come un banco di piranha che spolpava una costata di manzo insanguinata. Il dottor Sendek fece una smorfia:
«Che dire, è andata bene»
Charlie finì la bottiglia d’acqua e si asciugò il sudore sulla fronte.
«Comunque meglio di quanto mi aspettassi»
La smorfia di Allen si fece più cupa:
«Come può essere un bene? L’hanno attaccata»
Charlie indicò la fiamma più grossa con la bottiglia vuota:
«Una mi ha attaccato, le altre la seguivano e basta. Quella grossa è la caporiona. La loro reginetta»
«Crede che si possano addestrare?» chiese il dottor Valerio.
«Forse. Non ne sono ancora certo. Ma tutto sommato? Promette bene. Hanno una struttura sociale chiara. Vedete com’è partita per prima? Per accertarsi che fosse sicuro. Come una sorella maggiore che guarda sia a sinistra sia a destra, prima di guidare i suoi fratelli e sorelle dall’altra parte della strada»
«Magari aveva solo fame» ribatté il dottor Sendek.
Charlie scosse la testa:
«Se fosse stato così, avrebbe divorato quella risma. Avete visto con quanta violenza mi ha colpito: ha la forza per farlo. Ma non ha fatto altro che sgranocchiare, come se stesse dimostrando alle altre che era sicuro. Non si limitano a sottomettersi alla sua autorità. Quella grossa ha cura di loro, le protegge. Sono come una famiglia. E se sono una famiglia, significa che possono legare l’una con l’altra. E se possono legare tra loro? Significa che potrebbero legare con un umano»
Charlie buttò la bottiglia di plastica nel cestino.
Non era un’impresa facile. Addestrare qualunque animale selvatico, soprattutto se aveva superato da parecchio la finestra della socializzazione formativa, era un’impresa erculea. Richiedeva pazienza, compromessi e umiltà. A volte, si doveva solo accettare il fatto che un gatto inselvatichito non si sarebbe mai lasciato accarezzare, che un cane randagio non si sarebbe mai fatto mettere il guinzaglio e che una palla di fuoco vivente non avrebbe mai smesso di provare a bruciare chi si avvicinava.
Per fortuna, Charles Smoots era ostinato. Passava sei giorni su sette a impegnarsi affinché una famiglia di fuoco senziente si abituasse alla presenza di esseri umani. Era un processo che si misurava solo con miglioramenti infimi, ma era pur sempre un processo misurabile. Dopo appena una settimana, aveva convinto SCP-457 a smettere di attaccare la vetrata quando si spegnevano gli irrigatori. Dopo due settimane, le fiamme più piccole di unirsi agli attacchi. Dopo tre settimane, la fiamma regina non l’attaccava più quando entrava. Ma persino dopo un mese di contro-condizionamento, si rifiutava ancora di lasciarlo uscire senza congedarlo con un colpo.
Era come se rispettasse un obbligo: Charlie apriva la porta, entrava, adagiava del delizioso carburante e lei lo colpiva con le fiamme. Era come se dicesse "grazie del pranzo, ecco la palla di fuoco con cui devo colpirti per contratto". Alla quarta settimana, Charlie iniziò a chiedersi se fosse performante. Alla fine della quinta settimana, ci fu una svolta interessante: Charlie riuscì a insegnare loro ad autoregolare il loro consumo di ossigeno tramite cambi progressivi nel sistema di irrigatori. Ormai, gli irrigatori erano sempre spenti; le fiamme avevano il permesso di crescere, finché non superavano nessuno dei confini chiari che Charlie aveva tracciato. Se lo facevano, si riaccendevano gli irrigatori. Ma quando si sentivano minacciate, tornavano sempre nello stesso angolo familiare.
Una volta, quando Charlie entrò nella stanza con lo spuntino del giorno, erano tutte e sei nell’angolo. Il pasto era una pila di tronchi zuppi di kerosene, il loro preferito. Erano ancora lì quando posò i tronchi sul pavimento. Ma, quando si rialzò, la fiamma regina era sparita. Charlie si voltò, ma era troppo tardi. La fiamma più grossa era già dietro di lui e stava crescendo in un’ondata di fuoco liquido. Si avventò sulla sua schiena e lo avvolse con fiamme voraci e ruggenti.
Charlie sentì il calore penetrare nelle giunture della tuta ignifuga. Percepiva e fiutava il refrigerante che bolliva nel reticolo di arterie interne. La pelle della sua schiena si ricoprì di vesciche; l’interno del suo casco si riempì di fumo rovente. Inspirò una boccata d’aria scottante e si ustionò la lingua e la gola. Scattò l’allarme della scorta di ossigeno. Qualcosa diede uno spintone a Charlie e lo ributtò nella camera stagna. Si tastò in cerca dell’interruttore, appena in tempo per vedere la fiamma regina al centro della stanza.
Stringeva la bombola di ossigeno che aveva strappato dalla tuta ignifuga tra due tentacoli ardenti. Era come se aspettasse con pazienza che Charlie se ne andasse. Il portellone a chiusura stagna sbatté. Si sentì un botto assordante e la camera fu avvolta da una luce intensa e accecante. Quando Charlie barcollò fuori, tutte e sei le fiamme si stavano abbuffando in allegria coi tronchi che si era lasciato dietro; i loro corpi ardenti splendevano, in quello spazio arricchito di ossigeno.
«Direi che possiamo considerare l’ultimo mese un buco nell’acqua» annunciò il dottor Sendek.
Charlie sedeva davanti alla vetrata, con indosso solo i pantaloni. Si premeva una maschera di ossigeno premuta sulla faccia, mentre il dottor Valerio gli auscultava il petto, in cerca di segni di respirazione anormale. Dentro la camera, tutte e sei le fiamme erano tornate nel loro angolo. Avevano già bruciato tutto l’ossigeno in più. Allen insisté:
«Dobbiamo iniziare a considerare l’opzione alternativa: il modulo di contenimento…»
Charlie abbassò la maschera.
«Quale modulo di contenimento?»
Samuel risollevò la mano di Charlie e gli rimise la maschera in faccia.
«Il metodo alternativo. Se non possiamo insegnare loro a fare le brave…»
«Non lo facciamo. Le istanze di SCP-457 si possono sigillare in una camera a gas surriscaldata che permette loro di continuare ad ardere in sicurezza, in un piccolo ambiente pressurizzato. Isolate l’una dall’altra e dal mondo esterno. Abbiamo scoperto che l’isolamento prolungato le rende violente: quando le liberiamo, attaccano tutto ciò che vedono alla cieca. Dopo circa un minuto, si estinguono: diventano fuoco non anomalo»
Charlie riabbassò la maschera. Schiaffeggiò la mano insistente di Samuel.
«In pratica, volete trasformarle in bombe»
«E granate, ma sì»
«State imparando la lezione sbagliata da tutto ciò»
Il dottor Sendek alzò un sopracciglio:
«Per l’esattezza, quale lezione dovremmo imparare?»
«Non mi ha ucciso. Ha solo preso la bombola di ossigeno»
«Ecco, sì, non sembrava che ucciderla fosse la sua priorità. Ma neanche tenerla in vita»
Charlie scosse la testa:
«Il fatto è questo. Perché voleva solo la bombola? Perché non me? Avete visto i filmati. Mi ha spinto nella camera. Ha aspettato che la porta si chiudesse, prima di squarciare la bombola»
Il dottor Valerio replicò:
«Signor Smoots, lungi da me dirle come fare il suo lavoro, ma non le sembra pericoloso attribuire sentimenti all’attacco di una bestia selvaggia?»
«Sentite, non dico che le frega qualcosa di me. Ma poteva scegliere tra me e una bombola di ossigeno. Ha preferito la bombola»
Il dottor Sendek fece spallucce:
«Il corpo umano è fatto per tre quinti d’acqua. Forse non le andava di mangiare carne fradicia, tutto qui»
«Il corpo umano è fatto di oltre centomila calorie di energia immagazzinata. Quante calorie conterrà il mezzo chilo di legno che ho portato? Venticinquemila? E dubito che essere fatti d’acqua abbia mai impedito a quelle fiamme viventi di attaccarci finora, o sbaglio?»
I due dottori si scambiarono un’occhiata. Charlie si accigliò:
«Come pensavo. E nessuna di queste cose c’entra col punto. Per tutto questo tempo, abbiamo presunto che quel carburante fosse l’unica ricompensa che riconoscono. Ma se ci fosse qualcosa di ancora più efficace? Carburante e ossigeno in più, forniti insieme?»
I due dottori si scambiarono un’altra occhiata. Charlie disse loro:
«Facciamo un altro tentativo. Tabula rasa. Due settimane con ricompense condite con l’ossigeno. Se non otteniamo risultati, faremo a modo vostro»
Il dottor Sendek accettò:
«Due settimane. E i risultati devono essere drastici. Non siamo l’unica squadra della Fondazione che sta sviluppando un sistema di armi anomale, signor Smoots»
A Seguire: Mastini di Guerra