Preludio: Primae Formae
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Come ebbe posato le sue dita sanguinanti sulle corde della lira la sua laringe inziò ad emettere suoni vaghi d’una canzone, mentre osservava lo stato della folla, fino all’ultima eco delle sue note. La scena di fronte a lui era puro caos; gli edifici stavano bruciando, i cadaveri avevano appena iniziato a decomporsi, e il pubblico giaceva di fronte a lui, al suolo, mentre cercavano di curarsi vicendevolmente le proprie ferite.

Pura estasi.

Aveva studiato lo spartito al suolo prima di alzare il proprio sguardo. Pizzicò la prima corda e il resto venne da sé. Armonie conflittuali si muovevano per l’aria mentre inziava a suonare, canticchiando insieme alla fragile parvenza di un ritmo che aveva costruito. Il pubblico improvvisamente riprese a ballare, contro la propria volontà. Schiavi e filosofi imploravano pietà allo stesso modo, chiedevano di essere rilasciati e di poter tornare liberi. Sentì le loro richieste mentre le note perdevano gradualmente tono e significato. Per un breve secondo, il pensiero di fermarsi balenò nella sua testa. Nulla di tutto quello gli importava.

Mentre la città continuava a bruciare attorno a loro, uno spirito entrò dentro di lui. Le sue dita si arrestarono e la musica prese vita. Il suolo iniziò a smuoversi e rivoltarsi. Gli accordi si trascinavano fuori dalla polvere, le chiavi formavano bozzoli di urina e le melodie ronzavano per tutta l’aria, osservando una possibile preda. Tutti avevano smesso di danzare per guardare questo svolgersi di eventi, fissando a bocca aperta le meraviglie sopra a loro. I minuti erano sospesi nell'aria. Le fiamme scoppiettavano e crepitavano. L'uomo osservò l'immobilità intorno a lui, come se aspettasse altro che un qualche permesso per muoversi. I suoi occhi si spostarono sulla partitura, ancora a terra, e la guardò di nuovo. Aspettava che il suo conduttore la riprendesse. Dopo un attimo di esitazione, posò a terra la sua lira e schioccò le dita, mentre esaudiva finalmente i suoi desideri.

La musica discese sulla folla. Gli schiavi vennero bruciati, la loro carne divenne carbone. I filosofi vennero tranciati a metà, le loro interiora ridotte in cenere. I bambini trafissero con le loro unghie il terreno, nel disperato tentativo di resistere alla forza che li trascinava dentro alle viscere della terra. Quella fossa era pura anarchia, e tutti coloro che erano al suo interno cantavano note celestiali, divine. La lira aveva iniziato a suonare da sola, e la musica che ne produceva era proprio quella che lui aveva sempre desiderato suonare, mentre tutto intorno ardevano le fiamme. Sfortunatamente, pensava tra sé, nessuno sarebbe rimasto a cogliere nel dettaglio una tanto mirabile scena. Tutto sarebbe stato consumato ed eroso dal fuoco, l’unica cosa rimasta sarebbe stata la cenere.

Nerone sapeva bene questo, tanto quanto sapeva bene che non doveva più dimostrare nulla con la sua esibizione. Raccolse lo spartito. Sangue vi era colato sopra, tanto da riempirlo di genuina soddisfazione. Girò il foglio e vi trovò abbastanza spazio ancora libero. Idee e pensieri alieni gli vibravano in testa, e l’ispirazione si insinuò dentro di lui. C’era ancora molto lavoro per lui da fare.

La sinfonia continuò a suonare, mentre lui inziò, diligentemente, a comporre.

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