Ostaggio
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La notte è nera, le nuvole nascondono le stelle. Io e Alberto non vediamo niente e siamo costretti a usare le torce elettriche, l'ideale per essere individuati. E siamo solo in due, avrei preferito che fossimo stati di più, non voglio essere ucciso o catturato.
La fabbrica è abbandonata da anni, un complesso industriale perfetto da utilizzare per il traffico di animali: grande, inquietante, terrificante. Dopo mesi di indagini, i nostri superiori hanno deciso di fare qualcosa per mettere un punto a questo traffico e hanno inviato il loro miglior elemento per esplorare questa fabbrica.
Quest’elemento non sono io: è Alberto, l'agente con più esperienza del nostro comando.
E io?
Sono il pivellino; quello che non ha chiesto nulla, men che meno di andare in una missione notturna senza un minimo di protezione.

— Vieni, presto! — Mi dice a voce bassa.

Mi metto a correre, provando a non fare troppo rumore. Ho paura. Non è una missione che avrebbero dovuto darmi cosi presto. Non conosciamo queste persone, non sappiamo quanto sono ostili, è troppo presto per una tale missione.

— Ho una brutta sensazione, Alberto. Una bruttissima sensazione.

— Anche io, Leonardo. Dovremmo chiedere rinforzi.

Sin dal nostro arrivo qui, ho voglia di tornare a casa. Ritornare da mia moglie e da mia figlia e aspettare con calma la nascita del nostro secondo bambino. Sarebbe meglio se tornassimo di giorno, qui.
Un grido ci fa sobbalzare. Non è un grido umano, ma neanche un grido animale, è una cosa che non riconosco. Il grido di un mostro, seguito da urla umane.

— Che razza di animale è?

Alberto scuote la testa.

— Non lo so, ma a volte è necessario essere prudenti. Torniamo alla macchina e chiediamo rinforzi.

Eccellente iniziativa che accetto senza protestare. Sempre provando a non far rumore, ci allontaniamo di questa fabbrica maledetta. Da questi banditi, da questo mostro. Non voglio più avere niente che fare con questa fabbrica, invierrano altri agenti. Avanziamo. La macchina non è lontana, ce la faremo.
Ce la farem-


È come se avessi sabbia in bocca. Ho sete… tantissima sete… voglio bere. Ho male alla testa e al collo, non riesco nemmeno ad aprire gli occhi. Mi sento stordito, come se avessi ricevuto un colpo alla testa. E mi sento sorvegliato.
Forse è vero? Sono davvero sorvegliato?
Non mi ricordo…

Oh, la mia testa…

Provo a farmi un massaggio al collo, ma qualcosa mi trattiene. Non posso muovermi. Sento un rumore di catene.
Sono legato su una sedia? Oddio! Sono stato catturato!

Alberto, dove sei?

Sento delle voci. Ho troppo male al collo per girare la testa. Sono sorvegliato, ne sono sicuro, adesso. Mi hanno catturato, ci hanno afferrati e colpiti; ero fuori e adesso sono qui. Cos'è successo?

— Alberto? Dove sei?

Una luce debole, forme umane nel buio. Sono almeno dieci, tutti uomini, robusti, vestiti di nero. Li vedo nonostante la luce debole. O piuttosto, li distinguo, non posso dire che li vedo. Mi sorvegliano, aspettando che io reagisca. Gli stessi che ci hanno attaccati? Che ci hanno catturati?

— Ah, ti sei svegliato?

Le loro voci. Le stesse che ho sentito urlare. Sono loro.

— Dove siete?

Ridono. Che cazzo ridono?

— Non è necessario chiamare il tuo collega: è qui.

Un'altra luce si accende. Un corpo è sdraiato, faccia a terra. Ma lo riconosco senza nemmeno sforzarmi, così come riconosco l'orribile ferita da proiettili che gli ha spappolato metà della fronte.

— No!

L'hanno ucciso, questi bastardi. Non aveva fatto niente.

— Stavamo per tornare a casa… Non abbiamo visto niente…

Ricevo un pugno in faccia; la mia bocca inizia a sanguinare.

— Sappiamo chi è lei, Agente Costa.

Ma che cazzo?

— Sono un semplice carabiniere…

Un altro pugno. Nell’occhio; e questa volto, non posso trattenere un grido di dolore.

— Lo dicono tutti.

Tutti? Ma chi sono "tutti"?

— Non fingere, noi sappiamo.

— Ma cosa sapete?

Respiro profondamente. Non capisco niente, ho un mal di testa del cazzo e questo pugno nell’occhio mi ha stordito.

— La Essierre Due!

— La cosa?

Mi tirano uno schiaffo violento.

— Non fare finta di non sapere! Sei un agente della Essierre Due!

Ma che cazzo!

— Non capisco!

Hanno un sorriso malvagio. Non sono io quello che vogliono, credono che io sia qualcuno che stanno cercando, ma non lo sono, sono solo un giovane carabiniere che non desidera altro che fare bene il suo lavoro! Non un agente segreto o un membro di una gang rivale!

— Lasciamolo solo per un po', vedremo se poi avrà voglia di parlare. Se i pensieri gli torneranno alla mente, forse parlerà; o se no, lo faremo parlare noi.


I muri girano troppo velocemente. Ho mal di pancia, sono sul punto di vomitare. Galleggio nel nulla, senza vedere niente, senza capire niente. Posso aprire solamente un occhio, l’altro è troppo gonfio a causa del pugno. E ciò che vedo mi rende troppo triste; non sopporto la vista del cadavere del mio collega, sdraiato sgraziatamente sul pavimento, il sangue che si raccoglie in un lago sotto la sua testa. Non posso sopportare l’idea che l'hanno ucciso, che l'hanno sparato, freddamente, senza esitazione o rimorso.
Ho qualcosa infilato in bocca, mi impedisce di respirare correttamente. Ecco perché non grido; ma anche se provassi a gridare chi mi sentirebbe? Servirebbe solo a farli venire e non ho voglia che mi facciano delle domande. Non so cosa sia la Essierre Due, sono solo un carabiniere, non un agente di unità speciale o che ne so. Non sono nemmeno una spia.

Sento dei passi. Oh, no, sono loro.

Fare il morto o far loro credere che dormo. Soprattutto, non far capire che li ho sentiti. Forse se ne andranno.

— Dorme.

Sì, dormo, grazie, Capitan Ovvio.

— Sveglialo.

Oh cazzo, no, non mi sveglierò. Crederanno che sia morto e mi lasceranno andare; mi libereranno e di notte me ne andrò. Ritroverò i miei colleghi, racconterò tutto e invieranno una squadra più numerosa e attrezzata.

— Sveglialo e chiedigli di parlarti della Fondazione.

La Fondazione cosa, Prada? Non me ne frega un cazzo della Fondazione Prada…

Oh, tutto gira ancora, è un orrore.

— E se fosse davvero un carabiniere?

— I carabinieri non vengono mai qui, come ci avrebbero scoperti se non fossero agenti della Fondazione?

Perché rumori e attività strane sono stati segnalati da senzatetto che vagavano intorno a questa fabbrica e i miei superiori hanno voluto che indagassimo. E quel che sospettavano si è rivelato vero: c’è un'attività illegale, qui. Devo scoprire cos'è. Devo capirci di più, cosi forse potrò salvami.

— Bene, se non vuoi svegliarlo, lo faccio io.

Vengo spruzzato con acqua ghiacciata. Apro l'unico occhio che posso aprire. Di fronte a me, un tizio con i capelli rossi, come me. Con degli occhiali, non come me. Credo abbia la barba, non ne sono sicuro e me ne frego. Infila la mano nella mia bocca per toglierne il coso digustoso che mi impedisce di respirare e di parlare. Sputo un orribile misto di bava, moccio e sangue.

— Era tempo di svegliarsi, eh?

Il suo tono beffardo non mi piace per niente; se potessi, gli darei un bel pugno in faccia.

— Allora, la Essierre Due?

Non so nemmeno cosa rispondere.

— Non so cosa sia.

Ho mentito molte volte in vita mia, ho nascosto molte verità, ma qui non mento, sto dicendo la verità. Se una tale squadra esiste, non la conosco; forse è una squadra speciale del governo.

— Non ne faccio parte.

Dico ancora la verità.

— Allora sei agente di un’altra Essessemme.

Che cazzo è?

— Non della Tre, quella con i carri armati; loro non recluterebbero uno sfigato come te.

Stronzo di merda…

— Della Quattro, allora? Ce l’hanno con noi.

Che cazzo stanno blaterando? Non so nemmeno se voglio sapere. Forse è meglio non sapere, a volte l’ignoranza è preferibile.

Ma se chiedo? Cosa diranno?

— Non ti preoccupare, Leo, scopriremo di quale Essessemme o Essierre fai parte.

Mi costringe a guardarlo.

— E se non vuoi parlare, ti faremo parlare comunque.

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