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Racconto: Dei Traditori Senza Colpa
Autore:Ralliston
Originale: Of the Crimeless Traitors
Traduttore:JNColossus
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Prologo: In Principio Erat Verbum | In Memoria, Adytum
Dei Traditori Senza Colpa
I.
In tempi remoti, in epoca ora dimenticata
la terra dal conflitto era dilaniata
La Guerra della Carne, come è ora nota
dai suoi schieramenti, due fazioni in lotta
In un campo titani alti fino al firmamento
con ardenti RISPOSTE atte al soffocamento
di voci eretiche nate da quel mondo
una guida che i suoi uomini seguivano in fondo
I nemici loro — dalla volontà loro liberata
Un tempo schiavi con stoica fede iniettata
ersi dalle rovine, da Uno guidati
e quattro Santi da nessuno dominati
Nel caos, con fatica si trovava
uomo in cui ragione dimorava
Ma un uomo di Gyaros trovò occasione
con la sola abilità di tener posizione
Sebbene chiuso fra sbarre d’un forte nero
visse, grazia inattesa per davvero
II.
L’uomo era giovane, e affine come pochi
la voce un comando, come magici fuochi
Sua carceriera — d’animo raro e puro
il giorno e la notte, sorvegliava il muro
La cella e l’uomo al suo interno
il corpo suo senza pelle ma ferro
Il metallo insinuato fino nelle sue ossa
Sorvegliava l’uomo vestito di carne rossa
A vicenda si squadravano, l’uno nell’altra
col tempo giunsero da ciascuna armata
comandi nelle tenebre così dubbi:
“Come fanno tali atti ad essere giusti?”
Poiché erano nient’altro che novizi
dalla guerra ora riempiti di vizi
Opporsi, dunque, agli ordini dati
erano atti coraggiosi e avventati
Quando il tempo non rese ambi due liberi
l’uomo disse: “Fuggi con me, seguimi”
III.
Perplessa si interrogò (“Mi starà ingannando?”)
prese la mano di chi stava sorvegliando
e da leggero timore scossa segui i suoi sensi
così da accogliere dei Nälkä i venti
Fu assai strabiliante, veder divisa da poco spazio
il popolo che in passato accese l’astio
Sebbene avessero da lei assai dissimili vite
nemici a cui estinguerle non vide
Essi dal giovane al vecchio variavano
molto lontani da ciò che narravano
privi d’un dio, vivevano senza catene
beatitudine trovando, nel loro volere
Guardò il suo nuovo insolito compagno
e — il modo suo di vedere modellando —
offrì a costui inchiesta
di ascoltare la sua richiesta
E così, munito di fiducia attenta
casa lasciò per la di lei ferramenta
IV.
Sul lontano orizzonte poi vide retta
una fortezza con metodo eretta
dove uomini e donne da ingranaggi fungono
In questa danza, del dio loro apprendono
Ove la ragione indiscussa regnava
non vi era né re né sovrana
solo leggi dal dio loro emanate
come dai profeti con foga enunciate
Il giovane esalò, poiché tale spettacolo
era alieno al suo vecchio oracolo
Era detto che in fasce nel sangue si bagnassero
invece non avevano ruote che ruotassero
così il sapere suo molto si accrebbe
e logica dal caos apparve
Visioni che mai avrebbe sognato
dal cuore suo un messaggio era arrivato
Ma scaduto il tempo, entrambi consapevoli
Indietro si diressero con nuovi disconvenevoli
V.
Passati mesi fingendo trascorsi fossero
senza che quei fatti li toccassero
Ma dopo varie notti senza sonno aver avuto
il Nälkä disse: “Questo non è giusto
Non posso sopportare tale ricorso
e dunque a te chiedo: mi dai torto?”
Serrò gli occhi, la sua volontà richiamando:
“Mi chiamano ogni notte, stanno gridando
Piangono feralmente, vittime gettate come esche
Mi chiedo — voglio finire come queste?
No è la risposta, che il circolo si rompa
lo faccia per una sola volta
Scosse il capo con occhi di speranza ricolmi
l’anima e il dire suoi saggi e corti:
"Allora altrove io e te andiamo
per narrare al mondo ciò che sappiamo"
Così, senza macchiarsi d’alcuna colpa
furono traditori in quella onta
VI.
Verso luoghi strani e remoti fuggirono
ma mai una volta pensarono
alle loro case di far ritorno
pur di rinunciare ad ogni trono
In solitudine trovarono amore reciproco
Con oltre se stessi molto poco
dagli anni, ne uscirono invecchiati
ancora ricordando i tempi passati
Ma il mondo ebbe di loro memoria, anzi molta
e gli stregoni seppero chi fuggì quella volta
fuggì via nel passato da lungo andato
E con furia le spade ebbero sguainato
Tentarono la fuga, tentarono l’anonimato
non vi era nessuno dal loro lato
In mutuo e integro affetto
erano assieme petto con petto
Quando sopraffatti furono dalla piaga
giammai rimpiansero la loro saga
VII.
Ma gli eoni scorrono, così le vite
e anche il loro amore vi ubbidisse
Così due millenni passati
non rimase nessuno degli innamorati
Ambi si batterono bene, ambi valorosamente
ma la vita reclama il suo dono inevitabilmente
Da lame carnose a punte vibranti trapassati
si spensero fra pianti vacui
Dunque, grazie al tempo ed all’odio
l’eterno giace prono
fra le cripte nascosto un immutato mondo
l’uno nelle braccia dell’altra avvolto
Ne suoni da udire, ne luci da percepire
promesse finalmente libere
onorate in nient’altro che morte
cingoli e membra si danno l’ultima delle lotte
E li riposano, nell’abisso profondo
finché Ion dal sonno non faccia ritorno
Nota di traduzione: Originariamente scritto in un dialetto antico della lingua Ämärangnä, l'estratto qui riportato è la traduzione di una parte di una vasta raccolta di poemi di origine anonima precedentemente sconosciuta, che narra in maniera dettagliata gli eventi della Guerra della Carne dal punto di vista delle vittime e dei prigionieri di guerra. Nonostante appaiano altri pezzi di letteratura e racconti sarkici, non abbiamo rinvenuto, per ora, nessuna prova dell'esistenza di collezioni simili a questa in nessun altro luogo. Le ragioni dietro a questa mancanza siano intenzionali da parte di terzi ignoti o meno restano ignote.
— Dott.ssa Judith Low, Consulente Senior al Dipartimento di Storia e analisi di GdI religiosi ostili