Tilda Moose in Libertà
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Tibon si guardò intorno, come se qualcosa l’avesse appena disturbato. Il generale Bowe se ne accorse e gli chiese:

«Che c’è?»

«Ho ritrovato Tilda Moose: è vicina al sito»

Tibon indicò il punto del tappeto in cui, circa un’ora prima, la direttrice Moose aveva aperto una botola. Sapevano entrambi che, con ogni probabilità, quell’ufficio era così pieno di segreti che lo si poteva considerare un gioco di fuga. In qualche modo, non avevano notato la galleria nascosta per evadere.

«Allora occupiamocene. Una divisione di fucilieri dovrebbe bastare a sottometterla»

«No, no, lasciala a me. Ho un conto in sospeso con lei»


La direttrice Moose rivedeva tutto l’incidente svolgersi nella sua mente, come un nastro che continuava a riavvolgersi. Cosa avrebbe potuto fare per impedirlo? La sua magia era ancora troppo debole per fare effetto su un ostile. I documenti riservati nella banca dati la spacciavano per molto più forte di com’era in realtà. Se avesse notato l’esercito prima, la Fondazione avrebbe avuto il tempo di mobilitare le truppe e andare al Sito-19. O magari, se non avesse insistito così tanto a ridurre l’uso di anomalie del teletrasporto, i Sovrintendenti avrebbero potuto teletrasportare la SSM Nu-7 nel sito e rendere l’incidente irrisorio.

Tilda fece un respiro profondo. Era il momento di prendersela con se stessa. Era seduta in cima a una rupe che si trovava a circa quindici minuti di camminata dal suo ufficio. Era un punto speciale per lei: era uno dei pochi posti da cui poteva osservare tutto il sito da una posizione privilegiata. Ora il Sito-19 era nelle grinfie unte del generale Bowe. Se solo si fosse davvero presa il disturbo di esaminare i tecnici, forse nessuno avrebbe sabotato i…

“No, non mi darò la colpa per questo” si disse.

Chiuse gli occhi e provò a concentrarsi. Essere una maga la metteva in grande sintonia con la realtà: poteva identificare persone, oggetti e, in rare occasioni, le emozioni da distanze ragionevoli. Non aveva mai messo alla prova i suoi limiti. Fissò il Sito-19, in direzione del suo vecchio ufficio. Vide il generale Bowe che camminava in giro per la stanza; ora aveva trovato la botola che aveva usato per scappare. Accanto a lui, c’era colui che, in qualche modo, le aveva spento la mente. Qual era il suo numero di serie? Dopo più di settemila anomalie, diventava difficile tenerne traccia; ecco, SCP-140-A.

Guardò più in basso. L’edificio era pieno di soldati che rovistavano in tutti gli angoli, alla ricerca di ripostigli segreti, trabocchetti e quant’altro, accompagnati dagli Ingranaggisti senza anima. Ancora più in basso, vedeva i dipendenti della Fondazione che erano rimasti indietro. Stavano salendo su degli autobus, come se stessero rientrando dal campeggio estivo. Tilda sapeva che, con ogni probabilità, chi non era passato dalla parte del generale Bowe sarebbe stato trasferito in altri siti della Fondazione. Sapeva anche che Bowe non sarebbe stato così generoso con lei: nel migliore dei casi, l’avrebbe presa in ostaggio.

All’improvviso, Tilda notò qualcosa con la coda dell’occhio; era dietro di lei. Si voltò e vide due persone. Stavano litigando? Non proprio. Sembravano intrappolati in una sorta di rissa tra ubriachi. Tilda si girò e si incamminò verso di loro.


“Perché non ho percepito l’esercito a distanza di chilometri? Non sono mica sicari furtivi, è un intero esercito! Faccio davvero così schifo nel mio lavoro da…”

Il monologo interiore della direttrice Moose si era spinto di nuovo troppo oltre in quella direzione. Immaginò di usare un coltellino per tagliare via quella frase di pensiero. Funzionò. Raggiunse il luogo della rissa che aveva notato prima. Uno dei due uomini indossava una divisa da ricercatore della Fondazione. L’altro aveva la barba incolta, era in accappatoio, aveva un’acconciatura mullet e borbottava qualcosa a denti stretti. Sembravano contendersi una borsa. Tilda provò a parlare con una voce profonda:

«Che succede?»

Il ricercatore la guardò, quindi l’altro ebbe l’occasione di sfilargli la borsa di mano e finirono entrambi per terra. Il barbuto iniziò a frugare nella borsa e, alla fine, ne tirò fuori una porzione di lasagne in un contenitore di plastica trasparente. Il ricercatore si spolverò e disse:

«Cristo Santo, che giornata: prima conquistano il Sito-19, ora c’è un barbone che mi molesta!»

«Non sono un barbone! Sono un viaggiatore nel tempo» lo corresse l’altro.

«Stronzate. È ovvio che sei ubriaco»

Tilda li interruppe:

«Scusa, scusa, ma come ti chiami?»

Le rispose il ricercatore:

«Sono il dottor Dan. Sei riuscita a scappare dal sito anche tu?»

«Purtroppo sì»

«Purtroppo? In che senso? Un pazzoide si è impadronito del sito. Dobbiamo allontanarci il più possibile, così possiamo farci qualcosa!»

«Un attimo, Bowe ha già conquistato il sito? Merda. Sono tornato nel passato per impedirglielo!» esclamò il barbuto.

«Davvero? Sei tornato qui per impedire questo?» replicò Dan.

«Sì. Era previsto che tornassi indietro fino a una settimana prima. Merda. Questo mi scombussola tutto il piano»

«Se sei un viaggiatore nel tempo e vieni dal futuro, perché sei vestito così?» gli chiese Dan.

«Nel futuro, la gente si veste così»

«Scusa l’interruzione, ma dove hai in mente di andare?» chiese Tilda.

«C’è una cittadina, una cinquantina di chilometri più a nord. Ho provviste da campeggio nella borsa. Una volta là, troverò un modo per raggiungere un aeroporto e… non saprei, andare a casa?»

Tilda provò a mantenere un tono fermo, nonostante gli innumerevoli pensieri che le vorticavano in mente:

«Abbiamo costruito il Sito-19 in Alaska per un motivo. Se non sei un esperto di sopravvivenza, è impossibile attraversare la catena montuosa. Se non ti uccide la fauna, ci penserà il freddo»

Il dottor Dan guardò le montagne:

«Facevo il boy scout e l’alternativa è consegnarmi a Bowe. Correrò il rischio»

«Sì, puoi correre il rischio. In alternativa, puoi prendere la galleria nascosta che trafora la montagna»

«Aspetta, c’è un traforo? Perché non lo sapevo?»

«Dovrebbe essere riservato al personale di Livello 4. Sono la direttrice del sito, Tilda Moose. Anzi, date le circostanze, ex direttrice»

Il dottor Dan sobbalzò, sconvolto:

«Aspetta, sei tu? Ehm… hai mai ricevuto le mie proposte?»

«Il dottor Dan, giusto? Sì, ricevevo le tue proposte. Andiamo»


«Per curiosità, la classe Thaumiel è ancora primaria o è diventata esoterica?» chiese il dottor Dan.

«La considero primaria, e la maggior parte dei pezzi grossi con cui parlo concorda» rispose Tilda.

«Ah. Te lo giuro, il mio capo mi gridava in faccia perché non la consideravo esoterica»

Le domande erano uno svago gradito per non pensare al Sito-19. Cos’avrebbe fatto il generale Bowe, ora che aveva il sito? Avrebbe solo sguinzagliato tutte le anomalie? Le avrebbe usate per qualche altro scopo nefando? Dannazione, se solo la direttrice Moose fosse passata dall’autenticazione biologica a quella memetica, non sarebbe successo niente di tutto ciò! Ecco, lo stava facendo di nuovo. Mentre Tilda scacciava quel pensiero, il barbuto strepitò:

«Ha davvero importanza?»

Aveva risposto la stessa cosa, quando Tilda gli aveva chiesto come si chiamava. Continuava a seguirli; la direttrice Moose aveva già stabilito che non era una minaccia.

«Quanto spesso parlate delle classi di contenimento tra voi?»

Tilda lo ignorò. Il dottor Dan cambiò argomento:

«Che hai intenzione di fare, una volta in città? C’è un tizio che mi deve un biglietto aereo»

«Non sai della linea diretta?»

«Quale linea diretta?»

«C’è un numero che puoi chiamare. Se dici che vuoi ordinare una bistecca con patate, la Fondazione manda un agente di recupero sotto copertura. Possiamo tornare al sicuro in meno di due giorni»

«Questa galleria, la linea diretta… perché non ne sapevo niente?»

All’improvviso, una voce in fondo al traforo li chiamò a gran voce:

«Ehi!»

«Oh, cazzo, sono i nemici!» sussurrò il barbuto.

«Devono aver trovato la galleria. State fermi e in silenzio: ci copro io» disse Tilda.

Il soldato arrivò di corsa dall’uscita della galleria, col fucile in braccio. Si guardò intorno, alla ricerca delle fonti delle voci, ma non trovò nessuno. Immaginò che fossero tornati indietro, perciò proseguì. Quando se ne fu andato, la direttrice Moose annullò l’incantesimo dell’invisibilità. I tre si resero conto che c’era mancato poco, quindi si misero in cammino.


Avevano preso una stanza in un autostello. La direttrice Moose annuì e riattaccò il telefono.

«Dovrebbe arrivare domani»

Il dottor Dan si sedé sul letto e giocherellò con una penna:

«Ottimo. Quindi che facciamo nel frattempo?»

«Immagino che possiamo decidere cosa fare»

«Guardiamo un film? Almeno c’è un cinema in questa città?»

«Intendo nel quadro generale della situazione»

«Oh. Ehi, dov’è il barbone che ci ha seguiti nella galleria?»

«Stava frugando nel cestino della spazzatura di fuori. Dovremmo portarlo dentro: potrebbe attirare troppa attenzione su di noi»

Tilda aprì la porta e guardò fuori. La prima cosa che vide fu un mucchio di viscere, dove prima c’era il barbuto. Poi vide SCP-140-A che giocava con quelle interiora come un bambino che pasticciava con un piatto di spaghetti. SCP-140-A vide Tilda prima che chiudesse la porta. Dan riconobbe il panico nella sua espressione e domandò sottovoce:

«Che c’è?»

La direttrice Moose rispose con voce tremante:

«Elemento: SCP-140-A. Classe dell’oggetto: Keter»

Mentre tirava fuori la pistola dalla sua giacca, Tilda si sforzò con disperazione di ricordare tutto ciò che poteva sull’entità fuori dalla porta. Dopo aver letto settemila documenti di anomalie che potevano evadere dal contenimento, le serviva una tecnica per ricordarseli tutti.

«Ipnotizzatore, sarcocineta, potenziale manipola-realtà»

La direttrice Moose immaginava il fascicolo nella sua mente e provava a estrapolarne le parole chiave. Si asciugò il sudore dalla fronte e provò a concentrarsi. Se solo fosse riuscita a guardare attraverso la porta della stanza, forse avrebbe potuto farsi un’idea di quale sarebbe stata la mossa successiva di SCP-140-A.

«Metterò della musica! Così non potrà entrarci nella mente!» esclamò Dan.

«Non funziona così!»

La pistola di Tilda conteneva dodici proiettili; quindi c’erano dodici possibilità di sparare a quell’editore di libri. Per sfortuna, aveva una pessima mira. In passato, le era stata offerta l’occasione di allenarsi al poligono di tiro, ma l’aveva rifiutata perché doveva fare le sue ricerche. Ma ora quelle ricerche non l’avrebbero aiutata.

Forse, se fosse stata davvero brava a sparare, avrebbe potuto uccidere il generale Bowe e il suo tirapiedi quando le avevano teso un’imboscata. Allora avrebbe davvero potuto sbaragliare l’esercito. Allora non sarebbe stata nella stanza di un autostello, in preda al panico per un ipnotizzatore, e magari il Sito-19 non sarebbe stato in mano al nemico! Il tutto perché si credeva troppo brava per usare un’arma.

“Mio Dio, eri la candidata peggiore per dirigere il sito! Jack Bright ha occupato quell’ufficio per quindici anni e ha avuto a malapena brecce nel contenimento. Eppure, appena sei arrivata tu, il Sito-19 è crollato come un castello di carte fatto male! Erano fiduciosi che proteggessi il mondo e hai deluso tutti! Solo perché la Fondazione ti credeva la migliore per quella carica!”

Quelle parole non erano sue.

“Il tuo dottorato può essere benissimo carta straccia: sai quanto hai faticato. Qualunque risultato di valore abbiano ottenuto le tue ricerche veniva già da altre persone. L’unico motivo per cui non sei rimasta una ricercatrice iunior è che sei durata più degli altri. Nella tua carriera, hai avuto così tanti fallimenti che ci si potrebbe riempire uno scaffale. Il sangue che sei costata potrebbe riempire una piscina. Allora come hai osato pensare di poter dirigere un sito?”

Il mondo davanti a Tilda si era fermato. Era come se guardasse una vecchia videocassetta che qualcuno aveva messo nel microonde. Davanti a sé, distinse la vaga sagoma di una presenza minacciosa. Com’era entrata?

“Hai una pistola. Vuoi redimerti? Vuoi dimostrare al mondo che vali anche solo un pizzico di quanto ci vuole per dirigere il Sito-19? Allora spara e uccidi me, il braccio destro del generale Bowe. Alza la pistola e fammi saltare le cervella. Scommetto che non sai fare neanche questo, miserabile fallita!”

La direttrice Moose alzò la pistola ma, prima di premere il grilletto, si fermò. Doveva riflettere. Chiuse gli occhi e si oppose ai suoi pensieri. Stranamente, i suoi pensieri fecero resistenza. Tilda strinse i pugni e usò tutte le sue forze per scacciare l’intruso dalla sua mente, poi si concentrò. Quasi subito, poté vedere la realtà intorno a sé. C’era davvero una presenza davanti a lei, ma non era SCP-140-A. La direttrice Moose si girò a destra e sparò quattro colpi fuori dalla finestra.


Il capogiro fece cadere Tilda sul pavimento. Quando si alzò, vide il dottor Dan in piedi fuori dalla finestra. Si stava accertando che il cadavere di SCP-140-A fosse imbottito di proiettili. Tilda notò che gli sanguinava una spalla.

«Mi hai sparato! Meno male che la tua mira fa pena» borbottò.

La direttrice Moose si ricordò di quando aveva l’impulso di premere il grilletto. Forse aveva sparato davvero. Era ancora stordita.

«Ti spiace aiutarmi a trascinare dentro il corpo? Tenere un morto qua fuori potrebbe attirare l’attenzione sbagliata»

Dopo essersi riscossa, Tilda uscì e prese il cadavere ben vestito per le gambe. In qualche modo, si sentiva un po’ meglio riguardo al Sito-19. Aveva davvero le qualità necessarie per dirigere un sito.

«Sto pensando di dare un funerale vichingo nella vasca da bagno a questo bastardo. Hai un modo migliore per liberarcene?»

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