Crediti
Autrice: Oreobanane
Data di pubblicazione: 22 agosto 2021
Il mare diventò un’acqua verdastra, quasi marrone, puzzante e piena di rifiuti. Un fiume inquinato, sporco, nel quale avrebbero preferito non andarci. Ma cosi lo voleva l’Occhio e meglio valeva non rifiutare. Se fossero qui, era per una buona ragione.
Era la notte, una calda notte d’agosto, senza vento né nuvole, ma la luna, per fortuna, non era piena al punto di renderli visibili. E nel rumore delle macchine di turisti arrivando da Parigi per raggiungere la Costa Azzurra, nessuno li sentirebbe. Dopotutto, in quanto nodo tra diversi assi autostradali, questa città era sempre rumorosa.
Kaya uscì dall’acqua seguita dai suoi accoliti, Meila, Yomar, Gori et Ryleh. Tutti e cinque focalizzati sul loro obbiettivo. La Divinità aveva impiantato nelle loro memorie tutte le immagini delle incisioni e artefatti che voleva e che, di conseguenza, dovevano rubare. Una centina di oggetti a recuperare e riportare nella Fossa. Secondo la Divinità, si trovavano nel nuovo museo della città, molto sorvegliato, ma Kaya e i suoi colleghi avevano la capacità di persuasione mentale, per convincere le guardie di aprire le vetrine e dare a loro gli oggetti. Come lo sapeva ? Era un mistero che Kaya e i suoi accoliti non avevano provato a capire; l’Entità Suprema sapeva tutto, punto.
Presero una forma un po’ più umana per non essere individuati. Kaya ispirò profondamente e si dirigette verso le mole del fiume, seguita dagli altri. Tutti e cinque erano l’élite, sapevano nascondersi ovunque per colpire al posto giusto al momento giusto. Dopo una lunga camminata, arrivarono vicino a un parco sconosciuto. Erano le sei di mattina e dovevano fare rapidamente, prima che arrivino i primi autobus e i primi lavoratori. Costeggiarono le strade, i muri, nascondendosi senza fare nessun rumore quando vedevano poliziotti o passanti, che non li vedevano. La notte li aiutava, perché il sole asciugava la loro pelle sensibile e sottile. Più erano discetti, più il loro obbiettivo sarebbe facile da raggiungere. La divinità voleva questi oggetti e Kaya e gli altri non volevano deluderla. Nessuno sapeva cosa accadesse a coloro che la deludevano e meglio valeva non saperlo.
— Amore?
Una mano nei miei capelli. L’oscurità lascia il posto al sole, ai versi degli uccelli, alle voci della folla e alla dolce voce profonda di Giuseppe. Apro gli occhi e vedo il suo sorriso. Ero sdraiata sule sue ginocchia, non l’avevo nemmeno notato.
— Giuseppe? Mi sono addormentata?
Annuisce
— Si, Arianna, ti sei addormentata. Anche io, ma è normale, dopo la notte di merda che abbiamo passata.
Tre ore di sonno, certo che è una notte di merda. Tre ore a dormi su una panchina, a svegliarsi di soprassalto in pieno attacco di panico a pensare che qualcuno ci ha rubato qualcosa, tre ore a camminare nell’aeroporto deserto pensando che cosi il tempo passerebbe più velocemente, tre ore a morire di noia aspettando i bus per andarsene da quel posto. Odio gli aerei, odio gli aeroporti, odio i voli posticipati e questi stronzi di piccioni che si suicidano nei reattori.
— Ti rassicuro, nessuno ci ha rubato le borse e i documenti o i soldi, ho controllato.
Sarebbe meglio che li teniamo con noi, è estremamente importante; senza questo, non potremo studiare ciò che ci è stato riportato riguardo a questa presenza di potenziali adepti del CGOM a Lione nel medioevo. Abbiamo un appuntamento domani con dei ricercatori del Sito Aleph che ci aiuteranno a scoprirne di più e quindi oggi possiamo riposarci e visitare un po’. Siamo al Parco della Testa d’Oro, vicino al Museo di Arte Contemporaneo, che visiteremo velocemente, solo per dire che ci siamo andati, perché a nessuno di noi piace l’arte contemporaneo. Il parco è magnifico, verde, intorno a un immenso lago, e con un simpatico zoo. Ho di nuovo in mente lo scoiattolo che, forse mezz’ora fa, è saltato sulla spalla di Giuseppe. Ero riuscita a prendere la foto prima che la piccola bestia scappi. So che scioglierò e diventerò sdolcinata ogni volta che vedrò questo foto.
— Sei pronta, amore?
Mi alzo.
— Sono pronta.
Abbiamo preso una pausa prima di andare a Fourvière e Saint-Jean. Secondo il mio fratello, è una cosa che dobbiamo assolutamente vedere. Pensavo Giuseppe rifiuterebbe, visto il suo odio per tutto ciò che è religioso, ma ha accettato perché lo volevo io. Ero cosi impaziente. Voglio vedere tutto, non sono mai andata in Francia. Per compensare il fatto che lo porto in chiese, gli ho detto che andremo in Finlandia a vedere suo padre quest’inverno. Il freddo non mi disturba, sarò addirittura capace di tuffare nell’acqua ghiacciata. Dopotutto, fino all’anno corso, ero capitano di una SSM acquatica.
— Andremo a Fourvière dopo?
— Se vuoi.
Guardo dappertutto, sopraeccitata. Sono come una bambina, una bambina che sta per avere 43 anni. Ovviamente, ridiventerò completamente seria al momento dello studio di questa leggenda e dell’interrogatorio di queste due sirene, di cui una sembra disposta a parlarci, ma oggi, io e Giuseppe siamo solo una coppia di turisti in vacanza. Ufficialmente, per i comuni mortali, sono sommozzatrice per l’istituto oceanografico di Trieste e Giuseppe è professore di archeologia all’università di Bari.
— Va tutto bene, Arianna ?
Lo abbraccio.
— Sono cosi contenta di essere di nuovo in missione con te e di poter anche scoprire Lione allo stesso tempo!
Giuseppe mette la testa sulla mia spalla.
— Anch’io sono contento, Arianna. Approfitteremo di questa giornata insieme, prima dell’inizio delle robe serie.
— Giuseppe? Mi sono addormentata?
Meila si fermò mentre costeggiava una linea di alberi in questa parte un po’ meno frequentata del parco. Conosceva questa voce, l’aveva sentita diverse volte sin da quando era diventata adepta del Culto dell’Occhio. Una voce con l’accento molto marcato, che era da notare. Si avvicino di più per osservare, e scoprì una donna alta e robusta, con lunghi capelli neri, che aveva circa 40, 45 anni.
La Veneziana. Si trovava con un uomo il cui volto le ricordava qualcosa. Alto e robusto anche lui, calvo, circa 40 anni, con una lunga barba castano scuro dai riflessi rossi. Discretamente, Meila fece venire Kaya e le mostrò la coppia che si trovava di fronte a lei, sdraiati nell’erba, ignorando che fossero osservati. L’uomo passava la sua mano nei capelli della Veneziana, di un gesto che sembrava quasi tenero.
— È lei?
Kaya annuì.
— È lei. È diventata direttrice del Sito Nettuno l’anno scorso e di fatto, è ancora più pericolosa. L’altro è il direttore della squadra di archeologici che sono in carico di ritrovare il nostro dio il Grande Occhio. Non sapevano fossero in coppia. Sono le due persone i cui l’Occhio vuole la morte il più velocemente possibile. Se riuscimmo a ucciderli entrambi, e anche a rubare gli oggetti, l’Occhio ritroverà la sua grandissima potenza.
— Credi che la cattedrale si possa visitare? Mi piacerebbe vedere l’interiore.
Il museo d’arte contemporaneo non ci ha incantati molto. Ci simo andati solo per dire, ma io e Giuseppe siamo piuttosto interessati dall’arte antica. Non vediamo l’ora di andare a Fourvière, al museo gallo-romano e all’acquario. Dobbiamo cambiare una volta di metro e poi, prendere il funicolare, come a Napoli, dove io e Giuseppe siamo molto spesso andati.
Ci siamo incontrati nel 2007 per le analisi di un’entità storica che dovevamo recuperare a 50 metri di profondità e abbiamo subito avuto un buon feeling. Io e la mia squadra gli abbiamo insegnato l’immersione subacquea e ci ha insegnato le basi dell’archeologia, il che mi era davvero piaciuto. A lui piaceva molto andare sott’acqua per recuperare anomalie affondate e ha rapidamente suggerito al suo superiore, Mauro Bellini, vice-direttore del Sito Plutone e di cui è sempre il sottoposto anche se lavoro con me, una collaborazione con il Sito Nettuno per un dipartimento di studi archeologici sottomarini. In quanto capitano della Legio Atlantidis, avevo sostenuto l’idea, che Bellini trovava molto interessante. Sopratutto perché per riprenderei suoi termini, “il dottore Giuseppe Pistillo è un buon elemento e vi sarà molto utile e dedicato alla cosa”. Non pensavo si sarebbe anche dedicato a qualcos'altro.
A qualcun altro, dovrei dire.
Nemmeno io lo pensavo. L’amore è un concetto che mi ero dimenticata nel 2005 quando il mio ex ha preso i nostri figli e se n’è andato a Cagliari. Pensavo che non mi mancherebbe, ma in realtà si.
— Ma te lo dico subito, Arianna: questo e la cattedrale Saint-Jean saranno gli unici edifici religiosi che vedremo, ok?
Annuisco. A me non dispiace, ho anche voglia di visitare musei e posti simpatici. Metteremo a parte il Museo delle Confluenze, è li che lavoreremo.
— E andremo al museo gallo-romano, quelle ci tengo davvero.
— Certo che ci andremo, Giuseppe, so che vuoi assolutamente andarci, dato il tuo lavoro.
Mi fermo un secondo.
— Anche io mi piacerebbe andarci, potrebbe essere iper interessante.
— Lo sarà, risponde Giuseppe. Anche a te piace l’archeologia, è per questo che abbiamo creato una divisione speciale.
Dopo il risveglio del Grande Occhio nel 2006 e la perdita di numerosi membri della FIM-II Legio Atlantidis di cui ero appena diventata capitano, abbiamo voluto crearla per seguire nel miglior modo possibile l’espansione del culto associato a questo Grande Occhio. Il problema è che il mio predecessore non ha mai voluto, nonostante i rapporti di attività di questa “divinità” e del culto associato si facessero sempre più numerosi ed inquietanti e che il suo proprio predecessore ne era morto, e faceva credere che fossi io la responsabile. Ovviamente, non ero io.
— Come sai che mi piace l’archeologia?
Mi lancia uno sguardo divertito mentre cambiamo di metro per prendere la linea D, che ci porterà nel centro storici di Lione, per poi prendere il funicolare direzione la collina di Fourvière e la basilica dello stesso nome.
— Me l’hai detto diverse volte. Non ci capisci niente, ma quando recuperavate oggetti archeologii sottomarini con tuoi agenti, eri meravigliata e facevi tante domande.
Sono stata nominata direttrice del Sito Nettuno quando il mio predecessore è stato licenziato. Immediatamente, ho chiesto a Bellini di rianimare il progetto di divisione di archeologia sottomarina. Abbiamo potuto crearla l’anno scorso, Bellini essendo riuscito non so come a convincere la Sovrintendenza. E ci ha messo Giuseppe al capo. Era l’unica cosa che mi impediva di compiere pienamente i mio ruolo di direttrice. Il primo sito che il CGOM ha attaccato è stato il Nettuno e in quanto direttrice, sono il loro nemico numero uno. È anche per questo che abbiamo una scorta che ci segue nella città.
E devo ammettere che “dottore Giuseppe Pistillo” ha un certo stile, che non è per dispiacermi.
— Potrò farti centomila domande su cosa vedremo quando saremo al museo gallo-romano?
Mi prende la mano.
— Solo se potrò fartene anch’io centomila quando saremo al museo delle Confluenze.
Ho un sorriso sdolcinato. Adoro condividere le mie conoscenze di geologia e al museo delle Confluenze, nel reparto storia naturale, ci sono un sacco di fossili. E in questo campo, la geologia si rivela molto utile. Visiteremo questo museo domani, cosi sapremo dove si trova, dato che è li che studieremo gli artefatti relativi al CGOM fra due giorni.
— Certo che potrai, amore.
Giuseppe e io siamo in coppia dal 2009. Col tempo, i nostri messaggi sono diventati più teneri e informali, fino al giorno dove sono andata a Napoli per recuperare un’entità e ho dormito a casa sua. Ormai, grazie alla sua idea, il Culto del Grande Occhio del Mediterraneo non mi attaccherà, sono in sicurezza. Mi sono troppo spesso sentita da sola, a urlare ed essere passiva aggressiva per sembrare forte e a farmi rispettare, per nascondere le mie emozioni, per proteggermi di una minaccia. Ormai, non ho abbassato la guardia, ma ho meno paura, perché non sono più da sola. Questa relazione non piace a tutti, perché molte gente crede che sono la superiore di Giuseppe e che essere in coppia con un sottoposto non si fa, ma nel regolamento, Giuseppe non è il mio sottoposto, è quello di Bellini.
Oh, fanculo, chi ha detto che si possano controllare i sentimenti?
Il punto positivo è che non sembravano averli notati. Sembravano semplici civili, comportandosi come una coppia di normali turisti in vacancza a Lione, come se non ci fosse nessun pericolo. Almeno, non sapevano che erano osservati, spiati. Un punto molto positivo, ma Kaya non aveva nessuna idea della posizione delle guardie di corpo incaricati di proteggere le loro prede. Questo era estremamente problematico, perché questi agenti erano particolarmente efficienti, pronti a intervenire al minimo rischio o pericolo. Più importante erano le persone, più grande era la loro scorta. E qui, non si trattava di semplici ricercatori, si trattava di personaggi primordiali, le figure più importanti, almeno secondo l’Occhio, della Fondazione SCP. La Veneziana e l’Archeologo. I protettori della Fondazione. Finché sarebbero in vita, l’Occhio non poteva sviluppare il suo potere; l’archeologo e sopratutto la Veneziana non dovevano rimanere in vita, Kaya e gli altri dovevano occuparsene.
Ma la Veneziana aveva una resistenza estremamente forte agli attacchi psichiche caratteristiche dell’Occhio al contrario dei suoi predecessori. Era determinata, fissata sui suoi scopi, i suoi obiettivi, e uno di loro era la distruzione del Culto del Grande Occhio del Mediterraneo. Una guerra iniziata dieci anni fa, che si finirebbe solo con la morte di una delle due parti. O loro, o la Fondazione. E Kaya non poteva lasciare che la Fondazione provochi la morte dell’Entità. Questa missione (o queste vacanze?) dell’archeologo e della Veneziana era una occasione perfetta di mettere un gran colpa a tutta l’Italia. Lontano da casa loro, i loro dirigenti più importanti sarebbero di certo più facili da colpire. E le parole dell’Entità Suprema risuonavano come une ordine e una minaccia nella loro mente.
Non avrete seconda possibilità.
Nel calore lionese, si fecero questa promessa:
La Veneziana e, se possibile, l’archeologo, non dovevano tornare vivi in Italia.
Questa impressione di essere osservato non mi lascia. È come se fossi seguito, spiato. Guardo dappertutto sperando di non vedere pickpockets o roba del genere, si dice che ce ne sono un sacco a Lione. Non avrei dovuto accettare di venire qua tre giorni prima, avrei dovuto dire ad Arianna che valeva meglio arrivare il giorno prima dell’appuntamento. Ma ho accettato perché il museo gallo-romano mi interessava e perché voleva approfittarne per visitare. Sembrava cosi eccitata e ho voluto che sia contenta. Inoltre, fra pochi giorni è il suo compleanno, diciamo che sarà il suo compleanno. Ma mio dio, avrei preferito arrivare più tardi.
— Amore? Non va meglio?
Arianna mi prende la mano, preoccupata.
Dopo aver visitato la cattedrale Saint-Jean, molto bella, dev dirlo, la abbia è diventata troppo forte. Quando ho chiesto a qualcuno di spostarsi un po’ affinché possiamo passare, non solo mi ha urlato addosso ma mi ha pure trattato di “stronzo d’inglese”. Arianna gli ha lanciato un calcio nelle palle, lui e i suoi amici non hanno osato replicare.
— Mi hanno fatto incazzare.
— Ho visto, Giuseppe, ma ti prego, calmati. Vado a prendere qualcosa da bere in questo bar li, cosa vuoi?
Le chiedo una birra e lei va a ordinare. Non ho nessuna voglia di parlare di nuovo inglese se è per farmi insultare di nuovo, solo perché la Francia ha perso contro l’Inghilterra ieri. In oltre, rischierei di arrabbiarmi di più e non farebbe altro che peggiorare le cose.
Non posso negare che Lione è una bella città. Questi edifici, questi musei, questa architettura… Mi piace molto, davvero. Mi è particolarmente piaciuta quella della cattedrale Saint-Jean. Non è davvero alta e penso che Fourvière sarà molto più impressionante, mais sembra toccare le nuvole e quando l’abbiamo guardate dal basso, io ed Arianna abbiamo avuto l’impressione che stava per caderci addosso. Ma purtroppo, essere una bella città non vuole dire avere abitanti simpatici.
Ma lo sapevo.
Arianna, cosa facciamo qui?
I flashbacks di Dublin et dell’Irlanda mi ritornano in mente. Il porto, il grande Phoenix Park nel quale passavo il mio tempo libero a giocare con i miei amici, i viaggi con mia madre nel Connemara, con i cavalli, e questi bellissimi paesaggi…
L’Irlanda mi manca, mia madre mi manca…
— Non sapevo quale birra volevi allora ti ho preso un Irish Coffee.
Arianna è tornata con due bicchieri. Ci sediamo su una panchina e respiro profondamente.
— Giuseppe, non so cosa provi perché non mi è mai capitato, ma posso aiutati, ok? Posso aiutarti a difenderti.
Posa il suo bicchiere di virgin mojito. Oggi ha una molta carina maglietta rosa che mette il suo petto in valore, e larghi braccialetti colorati. È completamente l’opposto di com’è al lavoro, con la sua uniforme militare, che ha ancora nonostante non faccia più parte della Legio da due anni. Il suo passato non la lascerà mai e non penso sia una brutta cosa.
— Se ti attaccano di nuovo, replicheremo, non è un problema, lo faccio da solo se vuoi.
Guardo intorno a me. Questo sentimento di essere spiato è sempre cosi presente. Come se fossi perseguito, e non da turisti francesi xenofobi e arrabbiati. Mi sento come una bestia allo zoo, circondati da persone che mi odiano, e questo solo perché ho osato parlare inglese.
JNon avevo fatto niente. Non avevo fatto niente e mi sono fatto aggredire in modo completamente gratuito.
Stronzo d’inglese
Sono irlandese…
— Giuseppe, per favore.
Arianna mi abbraccia. Il suo accento veneziano suona come una canzone nelle mie orecchie.
— Anche io mi sento osservata, devo dirlo. E non capisco perché : i lionesi dovrebbero essere abituati ai turisti…
Finiamo i nostri bicchieri, entrambi al disagio.
Meglio non rimanere qui. Meglio andare in un posto ancora più frequentato, cosi forse coloro che mi osservano perderanno la mia traccia.
Andiamo velocemente nel funicolare, ho voglia di andare al museo gallo-romano il più rapidamente possibile.
— Hanno capito che sono osservati, disse Kaya. Dobbiamo essere più discreti la prossima volta.
Ci sono due stazioni principali a Lione. È alla fermata di metro della più anziana di queste due, Perrache, che arriviamo. Dobbiamo attraversarla per raggiungere la nostra destinazione. Spero non ci perderemo come l’abbiamo fatto nell’altra stazione, quella di Part-Dieu, quando siamo arrivati dall’aeroporto.
Mi piace prendere il treno. Non per forza partire o arrivare, solo il viaggio. Mi sono tanto spesso trasferita durante la mia infanzia a causa del lavoro di mio padre che viaggiare è un’abitudine, o almeno lo suppongo .
Quindi, uscita dalla fermata. Girare a sinistra per prendere le scale mobili. Girare di nuovo a sinistra per riprendere altre scale mobili, un bordello. In alto alle seconde scale mobili, attraversare la stazione, è tutto dritto, ma che inferno. Questa stazione è un corridoio, un corridoio gigante dove i binari sono sotto il hall, andando verso delle destinazioni che non so leggere, dannato il francese e le sue lettere mute. E i nomi di queste destinazioni non mi fanno sognare. Clermont-Ferrand? Dijon? Valence? Cos’è, sono città? Ci sono cose da visitare li? Dijon, è da li che viene il senape?
— Credi che abbiano già preparato i documenti che vogliamo studiare?
— Si, risponde Giuseppe, li hanno riservati specialmente per noi.
Molto bene. Non ero molto entusiasta all’idea di dover cercarli io.
— Ringrazierai Bellini per le accreditazioni di merda ma che funzionano comunque.
Giuseppe scoppia a ridere.
— Non ti preoccupare, gli offrirò sigari della Havana se funziona.
Di tutti i direttori di siti che io abbia incontrati, Mauro Bellini è il più strano. Un vecchio uomo abbastanza enigmatico, alle espressioni delicatamente kitsch, che ha reazioni abbastanza strane o addirittura disturbanti di fronte al pericolo o alle anomalie. A volte, mi chiedo come mai non è ancora stato licenziato, come le cavolate che fa quando inizia. Ma riesce sempre ad avere cosa vuole, arriva sempre ai raggiungere i suoi obbiettivi, non so come fa. E credo che non voglio saperlo.
— Ah, ecco, è qui.
Dopo aver costeggiato dei binari che vanno fino a una città che si chiama Firminy via Saint-Étienne Châteaucreux, che nome strano, usciamo finalmente di quella maledetta stazione, che si apre su una immensa strada che si estende verso l’infinito e oltre, attraversata in mezzo da un tipo di orribile bruco bianco.
— È un tramway… molto speciale.
Ripenso al mio migliore amico, che ha vissuto per anni a Lione e che mi ha detto che ciò che era il peggiore di questa città secondo lui, erano il tramway e la linea D della metro. Spero che alla fine ha torto…
— Certo che nel Molise non puoi avere i tramways, mi dice Giuseppe con un sorriso beffardo.
Gli mando il mio gomito nelle costole. Ho capito che la mia regione di nascita è un deserto senza interesse, ma eh! Avevo cinque anni quando me ne sono andata, gli unici ricordi che ne ho ancora non sono i migliori della mia vita, papà ha fatto bene ad andarsene portandomi e il mio fratello con lui.
Mi chiedo se in Francia hanno un equivalente del Molise, un’intera regione sottoposta a scherni, molto campagnola, con pochi abitanti e poco d’interesse…
— Sono veneziana e lo sai perfettamente!
Avevo otto anni quando mio padre, dopo due anni come lavoratore portuale ad Ancona, si è arruolato al porto di Venezia. Non ha cercato lavoro per molto tempo: con tutte le navi di crociera, Venezia non ha mai abbastanza lavoratori portuari.
— Ok, la smetto. Guarda, è qua.
Un edificio di verto, e, visto cosi, non sembra molto importante, ma che comporta tesori patrimoniali, libri anziani, leggende, diari… Non sono per nulla sensibile a tutto ciò, il mio campo di conoscenze è piuttosto la biologia e la geologia sottomarina, ma un edificio che ospita secoli e secoli di storia mi dà un terribile vertigine spaziotemporale e capisco perché Giuseppe è sopra eccitato.
— Buongiorno.
Un archivista è già qui. Di certo ci aspettava.
— Dottori Emilio Ferri e Susanna Pellegrini?
— Siamo noi, rispondiamo mostrando le nostre false tessere con false identità.
Per fortuna abbiamo dei traduttori neurali ben nascosti che ci permettono di fare senza interpreti, perché senno pareremmo stupidi.
— Clément Hadère, sono il direttori degli archivi municipali di Lione. Ho preso tutti i documenti necessari alle vostre ricerche.
Giuseppe sorride.
— La ringrazio. Ci servono tutti gli elementi necessari per poter presentare i nostri lavori alla comunità scientifica.
L’archivista sorride.
— Capisco perfettamente , dottor Ferri. Mi segue.
Lo seguiamo fino a una piccola stanza, dove si trova una tavola con pile di libri.
— Prepara i sigari per Bellini, dico all’orecchio di Giuseppe.
— Ho indicato su quel foglio le pagine che vi saranno utili, dice l’archivista. Vi faciliterà il lavoro.
— La ringrazio, dico.
— Vi lascio lavorare. Se avete bisogno d’aiuto, non esitate a chiedere.
Non mi sono mai piaciuti i libri. Non è che non mi piace leggere, è solo che cercare informazioni in libri di 3000 pagine, eh, lascio questo agli archivisti e alla gente come Giuseppe. È il loro lavoro, non il mio.
Comunque sia, non posso negare che sono impressionata da cosa ho tra le mani. Da un punto di vista fisico, questi libri sono bellissimi e so quanto sono preziosi per la storia e il patrimonio di Lione. Oso a malapena toccare le pagine, sono cosi vecchie e fragili che potrebbero rovinarsi tra le mie dita. Ora capisco quello stronzo di capo archivista del Plutone quando si mostra diffidente a prestare libri: ha paura che noi li roviniamo.
O allora è solo uno stronzo che crede che siamo troppo stupidi per non fare attenzione. Direi che è la seconda soluzione, quel tizio ci crede più intelligente di tutti e ci prende tutti per merde.
Vabbè, non importa.
Sto leggendo qualcosa sui sotterranei della Saona. È interessante, mi piacerebbe sapere se sono coloro nel quale passa la metro della linea D. Giuseppe, invece, legge qualcosa sul Medioevo. Ci hanno dato una macchina di traduzione automatica di documenti, è iper pratico. Scopro che che ci sarebbero stati culti pagani sotto la Saona e che un giorno, delle creature meta-umane, metà pesce sono state scoperte…
— Giuseppe!
Alza la testa.
— Si, Arianna?
— Vieni.
Si avvicina a me. Gli leggo il testo.
— Anno del Signore 1226. Durante la notte del 23 marzo, degli abitanti del sobborgo San-Giovanni scoprono con paura delle creature uscendo di un sotterraneo connettendo il sobborgo alla Presqu’île1. Queste creature posseggono une pelle tra il bianca e il verde, come cadaveri. Presentano scaglie sulle braccia e le gambe, delle mani palmate, e dei capelli simili ad alghe. Delle sirene dell’inferno, urlando in una lingua barbarica. Questi essere malevoli sembravano venire dal Sud, dove la Saona si unisce la Rodano, e distruggevano tutto sul loro passaggio, case, giardini, negozi, uccidendo uomini, donne, bambini, animali, domestici…
— Si, corrisponde al loro modus operandi, borbotta Giuseppe. Continua.
— Le preghiere i crocefissi erano inutili. Il Signore non er con noi. Aveva inviato lui queste infami creature per sanzionare gli uomini della loro infedeltà e del loro atteggiamento?
È lirico a voglia, sembra Bellini quando perde la testa a inizia a fare poesia quando non è per nulla il momento, adoro.
— Dalla collina di Fourvière è allora comparsa un essere gigantesco, che sembrava uscire di una leggenda pagana della notte dei tempi. Un essere di pietra, una donna, nuda, dalle anche larghe e dai senni pesanti, seguita da una nuvola di sabbia. Sulla sua fronte, una corona di perle, come se fosse stata la dea di un culto oscuro. Vedendola, le creature sono indietreggiate, urlando a rompere i vetri della chiesa e sono tuffate di nuovo nel fiume verso il Sud.
— Corrisponde a cosa ci ha detto Callassy.
— La donna di pietra non è scesa dalla collina. Un sole di piombo è comparso nel cielo e alcuni giurano aver visto sul suo volto un grande sorriso rassicurante prima che scompaia, ingoiata dalla nuvola di sabbia che la seguiva.
Poso il libro. È finito. Sulla pagina seguente, trovo una raffigurazione di questa donna di pietra e la mostro a Giuseppe.
— È arte primitivo dall’Asia Minore. Lasciami pensarci due secondi.
Pensa molto più di due secondi. Nel frattempo, apro un altro libro, per passare il tempo. Troppi pagine e una scrittura troppo piccola per me, me arrendo. Non ho molto voglia di rovinarmi gli occhi provando a leggere, anche se è tradotto in italiano.
— Arianna. Guarda cosa ho trovato.
Giuseppe mi mostra un piccolo quadro in cosa sta leggendo.
— Dice che degli abitanti del quartiere avrebbero ritrovato uomini pesci morti da dissanguamento o bruciature nei sotterranei. Intorno a loro, c’erano oggetti di culto pagano, le cui statue corrispondono alla descrizione di questa donna nuda comparsa sulla collina di Fourvière.
— Si sarebbero bruciato provando a distruggere questi oggetti?
Giuseppe scuote la testa.
— Il contrario.
Ecco, anche lui diventa pazzo…
— Eh?
— Ma si, è logico, guarda! Cosa vedi qui?
Seguo cosa mi mostra col dito.
— Una statua brutta di una donna obesa.
— Arianna, sul serio…
Io, non ho mai capito all’arte e la scultura, la mia passione sono i fossili.
— Ti ho già parlato degli Ittiti, no?
Lui, no, ma ho ascoltato l’interrogatorio realizzato da Basilio e Callassy dell’istanza recuperata a Nizza. È stata trasferita al Sito Nettuno sotto il nome di SCP-057-IT-B- 13 e seguiamo con attenzione la sua integrazione al gruppo.
— No, ma conosco un po’ di cose. È una civiltà scomparsa, giusto?
— Esatto. Pensiamo che gli Ittiti erano i più grandi rivali del Grande Occhio e del culto associato, ma ovviamente non ne siamo certi per il momento, dato che iniziamo a scoprire la loro storia e il loro funzionamento. In ogni caso, se questa statua è ittite e se le nostre teorie sono esatte, allora lei, come tutti gli artefatti recuperati nella Saona, ha potuto servire a respingere gli adepti, è per questo che sono fuggiti.
Devo riflettere due secondi.
— Intendi statue protettrice? Come ne parlava l’istanza che Basilio e Callassy hanno interrogata?
— Esattamente. Ce ne sono in tutte le civiltà, anche quelle che esistono ancora. Gli artefatti ittiti potrebbero aver protetto gli abitanti del sobborgo San Giovanni.
Sono… persa.
— Andiamo immediatamente al museo delle Confluenze.
Il museo delle Confluenze assomiglia a una palla sgonfiata designata con una regola, è bruttissimo. Se le collezioni di oggetti sono brutte quanto l’edificio, ci annoieremo a morte.
Secondo il mio migliore amico, la costruzione di questo museo è stato l’occasione di una grossa modifica della puntata della Presqu’île, dove la Saona si butta nel Rodano, e i quartieri vicini. Allungamento della linea del tramay T1, costruzione di un centro commerciale tipo Part-Dieu ma più brutto, costruzione di un nuovo ponte per far passare il tramway ma non le macchine, ma che cazzo, e connessione migliorata con un settimo municipio che non so nemmeno localizzare. Bel discorso economico che è qui solo per mettere polvere negli occhi, i francesi sono bravi a promettere, molto meno per agire.
Eh, dico questo ma noi italiani non siamo le persone giuste per giudicare.
La fila è immensa e si estende fino alla fermata del tramway. Che inferno deve essere di rimanere qui per cosi tanto tempo, sotto un sole di piombo, anche se è quasi l’ora della chiusura…
Ma non è il nostro problema, non siamo semplici visitatori. Siamo dei ricercatori dell’università di Napoli, che cercando a rintracciare le origini di alcuni oggetti antichi. Di nuovo, grazie Bellini e le sue accreditazioni false. Abbiamo autorizzazioni speciali e quindi salta-file. Ho quasi voglia di schernire tutta questa gente, solo per farli incazzare.
Sei davvero una enorme stronza, Arianna.
Lo so.
Un vigile ci accoglie. Gli mostriamo e nostre tessere e ci lascia passare. Andiamo per lunghe ore di studio.
Erano riusciti ad infiltrarsi nel museo tramite l’aerazione. Gli oggetti e animali esposti erano magnifici, ma osservarli non era il loro obbiettivo. Dovevano compire il loro. Trovare la Veneziana e metterla fuori gioco. Ucciderla era il loro scopo principale, affinché l’Occhio possa ritrovare la sua potenza del passato e riprendere il controllo del mare interiore.
Evitando le guardie e i vigili, Kaya, Meila e gli altri cercavano le loro prede. Sapevano che c’erano forte probabilità che fossero rimasti nel museo, a studiare gli artefatti che voleva l’Occhio. Recuperare gli oggetti e uccidere la Veneziana. Due piccioni con una fava. Tre se riuscivano anche a uccidere l’archeologo, il nemico numero 2, per non lasciare testimoni. Mancava solo trovarli.
Pensavano che il silenzio dell’edificio renderebbe la caccia più facile, che avrebbe permesso di percepire mormori, ma non sentivano niente. Come se l’Archeologo e la Veneziana si sentissero osservati, come se sapessero che non erano da soli.
Tra l’altro, erano ancora qui o tornati al loro hotel ? O addirittura tornati in Italia?
Scalarono una scala e si ritrovarono di fronte a un’immensa finestra. Da li, vedevano la punta della penisola, vicina alla quale si piantavano nell’acqua tre pali rossi e bianchi segnalando il posto preciso dove la Saona si buttava nel Rodano, una confluenza che dava il suo nome al quartiere. Nel lontano, i fari delle macchine sull’autostrada A7, che raggiungevano Marsiglia o tornavano a Parigi. Ancora più nel lontano, gli immensi camini della raffineria di petrolio di Feyzin sputavano impressionanti pennacchi di fumo che nascondevano la luna e le stelle, e terribili fiammi illuminando la notte. Uno spettacolo impressionante e magnifico, che, anche se inquietante, affascinò i cinque discepoli dell’Occhio, che si assemblarono davanti all’immensa finestra per osservare durante qualche minuto Lione e il Rodano nella notte.
Erano venuti dal Rodano. L’Occhio li aveva inviati sulle coste francesi per risalire il fiume fino alla seconda più grande città di Francia. L’Occhio li aveva detto di ritentare ciò che avevano fatto altri adepti 800 anni prima di loro. Conquistare e invadere tutto ciò che si trovava al nord del Mediterraneo. Kaya e i suoi colleghi dovevano trovare le reliquie che avevano invocato la dea di pietra e cacciato poi ucciso i loro predecessori. Reliquie che si trovavano nel Museo delle Confluenze e che l’Archeologo e la Veneziana non dovevano recuperare, nemmeno toccare. Anche loro li cercavano e dovevano trovarli e ucciderli prima che tornino in Italia.
— La raffineria sta bruciando!
Nel corridoio, vissero un vigile al telefono. Nella stanza della quale usciva, delle grida in italiano.
Era il momento.
Il vigile smette di parlare e vedo il suo corpo cadere al suolo, una mare di sangue scorrendo dalla sua gola. Non c’è stato nessun rumore. Sobbalzo, attenta, pronta ad attaccare. I miei riflessi di ex militare sono ancora presenti. Ho visto peggio di ladri di opere d’arte. Ho visto alcoolisti violenti, ho visto trafficanti…
I nostri bodyguards cadono al suolo, sgozzati. Con un segno dalla mano, faccio capire a Giuseppe che deve nascondersi. Non so se sa combattere e se non sa fare, preferisco non saperlo. Ho smesso di pensare al fuoco, ho smesso di guardare questo affascinante e inquietante spettacolo, sono pronta ad attaccare.
— È la Veneziana! Urla una voce in una lingua che non è italiano né francese.
Sento un grido di Giuseppe, nascosto dietro un ripiano.
— Arianna, dietro di te!
Non ho nessuna cazzo di idea di cosa sto facendo. Sono dei cadaveri verdastri puzzanti con una sola idea in mente.
Mi hanno trovata. Mi hanno trovata e so cosa vogliono.
Tutto è sfocato intorno a me. Vedo dei flash di colore, ho un male di pancia, di testa, come se fossi tornata da qualche parte nel 1979, vivendo ciò che ha causato il divorzio dei miei genitori. Elia urla nella mia mente, i suoi urla si mischiano a quelli della ma madre furiosa che si scatena su di me come queste sirene disgustose che vogliono la mia morte. Voglio morire, non voglio più sentire questo rumore, non voglio più sentire questi colpi sulla mia schiena, non so più se siamo ora o nel 1979.
Devo difendermi. Questa volta, posso. Non è mia madre, sono delle istanze di SCP-057-IT-A, non ho più sette anni, sono cresciuta, Elia e Italo sono cresciuti anche loro, non ho più a salvarli, sono io che devo salvarmi. Do colpi, cosciente di cosa succederà se vincono loro. Sono degli adepti, vogliono eliminarmi, se muoio, metto tutta la Fondazione in pericolo. Urlano imprecazioni e minacce di morte e non so cosa cazzo stanno facendo i bodyguards.
Non devo mollare, non devo mollare…
Sono dei cadaveri verdastri puzzanti con una sola idea in mente. Ci hanno trovati. Ci hanno trovati e so cosa vogliono. Sono loro che ci osservavano sulla piazza Saint-Jean, ci spiano sin dall’inizio, aspettavano che fossimo allontanati per attaccare. La raffinerie in fiamme a qualche chilometri progetta una luce di fine del mondo nella stanza, e Arianna si batte per la sua propria vita. Se cade, la Fondazione cade con lei. Non posso lasciare questi adepti uccidere la mia fidanzata come hanno ucciso mia madre 15 anni fa. Non so battermi ma posso intervenire. Arianna è senza fiato, crolla sotto il peso e la rabbia di cinque adepti, non posso rimanere nascosto.
Prendo un oggetto, la statua di donna nuda che avrebbe cacciato gli adepti nel 1226 e la lancio nella battaglia come una granata, sperando stordire un adepto. Non ho nessuna cazzo di idea di cosa sto facendo, nessuna idea di se sarà efficiente o no, non lo so, non so niente.
Una potente luce illumina la stanza, come se fosse il giorno e gli adepti sono progettati all’indietreggio, fuori dalla stanza, la cui porta si chiude brutalmente. Sul muro compare il volto della statua, occhi sorridenti, un largo sorriso rassicurante sul suo volto di pietra. Sulla sua fronte, delle pietre preziose brillano di una luce che eclissa le fiamme della raffineria. Nella mia testa, una voce risuona, quella di una donna, eterea, rassicurante anche lei.
“Va tutto bene, Giuseppe Pistillo. Sono qua, Hatti ti protegge.”
Mi rialzo, affascinato da questo volto progettato contro il muro. Non sono nemmeno stupito dal fatto che parli, è come se fosse perfettamente normale.
“Arianna Contadi ha bisogno di te, devi aiutarla, ormai tocca a te. Hatti la protegge anche lei, non ha niente da temere.”
— Io… Ok. Grazie.
Prendendo un’altra statuetta in mano, non si sa mai, corro verso l’altro lato della stanza.
— Arianna!
È seduta per terra, inginocchiata, e si tiene il braccio destro. Per il momento non ha crollato, è solo troppo scioccata per capire qualcosa.
— Arianna! Amore, come ti senti?
Sangue scorre tra le sue dita. Vicino a lei, un vecchio coltello arrugginito. Il suo avambraccio è tagliato su tutta la sua lunghezza, la piaga sembra profonda.
— Chiamo i pompieri e l’ospedale, ti cureremo.
Osserva anche lei il volto della donna di pietra.
— Giuseppe… divento pazza? La statua mi parla…
La abbraccio e accarezzo i suoi capelli.
— No, amore, è normale, parla anche a me. Ti dice che ci protegge?
— Si…
— Me l’ha detto anche a me. È una statua protettrice, un ostacolo contro l’Occhio. Gli Ittiti l’hanno concepita per questo scopo.
“Non posso curarla, dice la voce nella mia testa. I miei poteri sono sminuiti. Ma i medici del vostro tempo si occuperanno di lei. Ora, tocca a te, Giuseppe.”
Di fronte a me compare la statua che ho lanciata sugli adepti.
Non ha subito nessun danno.
L’Occhio non li vedeva più. Non riusciva a sapere dove si trovavano i suoi cinque adepti. Come se Contadi e Pistillo sarebbero scomparsi. Una potente magia l’impediva di agire e di entrare in contatto con gli adepti che aveva inviati a Lione. L’unica cosa che sapeva era che non solo non avevano potuto rubare gli artefatti ittiti del Museo delle Confluenze, ma che di più, Contadi e Pistillo erano ancora vivi e protetti.
Gli adepti pagheranno il prezzo della loro incompetenza.
— Signor Pistillo?
Alzo gli occhi. Di fronte a me, un medico. Per fortuna, parla italiano.
— Sono io.
— Sono la dottoressa Léclusier, sono io che mi sono occupata di sua fidanzata.
Alla fine ho informazioni!
— Come va?
— Ha una piaga larga e profonda sul braccio. abbiamo dovuto fare 17 suture. Le abbiamo anche rifatto il vaccino contro il tetano, non si sa mai.
Sospiro di sollievo. Arianna non ha pianto nel camion dei pompieri, ma l’ha fatto quando si è ritrovata da sola, di questo ne sono sicuro, nasconde troppo le sue emozioni. E quando crolla, è troppo difficile per lei, si sente affogata e se la prende ancora di più con lei perché non può controllare le sue emozioni.
— E… mentalmente?
Il medico esita un secondo.
— Stato di shock. Ha fissato il suolo per diversi minuti, e iperventilava. Ora va meglio, la crisi d’ansia è passata, ma ha bisogno di conforto. Può vederla se vuole, penso che la sua fidanzata abbia bisogno di lei, dice che le ha “salvato la vita”.
Mi alzo. Certo che voglio vederla!
A queste profondità, l’acqua era nera quanto una notte senza stelle. Ma nel fondo della fossa Calypso, un alone verdastro illuminava la zona di una luce inquietante e dava all’acqua un colore tra il verde, l’azzurro e il nero. Il silenzio risuonava contro i muri delle case mentre dei corpi con zampe palmate filavano nell’acqua, sperando non essere visti dall’entità bianca che girava intorno a una spesa parete di vetro sotto la quale si trovava una luce che si intensificava man mano che aumentava la sua rabbia.
La Regina Bianca aveva dovuto comunicare una brutta notizia alla Divinità, una terribile notizia.
Non vedeva più Arianna Contadi e Giuseppe Pistillo. Erano scomparsi del suo campo visivo quando Pistillo si era armato di una statuetta della dea-sole Arinna. Ed erano scomparsi, volatilizzati in quest’immenso museo lionese. Nessun mezzo di vederli di nuovo.
Questa cagna di Contadi era più subdola di come lo pensava. Non aveva piegato sotto la forza degli adepti e Pistillo si era rivelato più intelligente di quanto lo sembrava.
Da Arinna ad Arianna, c’era solo una lettera di più, forse gli Ittiti avevano inviato contro di loro una donna della Lacustra.
Non cambiava niente, dovevano ucciderlo.
Il medico mi porta attraverso un corridoio fino a una sorta di stana. Arianna è seduta sul letto, i suoi occhi marroni fissati sulle sue gambe che battono l’aria, un piccolo sorriso distratto sul volto, come una bambina che sta sognando.
— Capitano?
Alza gli occhi. Essendo direttrice da poco tempo, è ancora al disagio con il fatto di essere chiamato “dottoressa” e non ci risponde sempre. Rivolgersi a lei con un “Capitano” funziona molto meglio e il medico l’ha capito bene.
O allora si è spontaneamente presentata cosi.
— Come va?
— Sto bene, grazie.
— Il suo compagno è li, vuole vederlo?
Un sorriso compare sul suo volto.
— Giuseppe!
Salta dal letto e vacilla. Per fortuna, ha il riflesso di aggrapparsi al letto e di sedersi lentamente per terra. Mi accovaccio, la prendo in braccia e si appallottola contro di me, cosa che fa raramente.
— Devi riposarti, ciò che ha vissuto è traumatizzante. Lasciati curare, questa volta.
Una lacrima scorre sulla sua guancia. Sa che non può gestire tutto da sola, vuole essere forte ma non è invincibile. Ma non vuole accettarlo.
— Ho sentito la sua voce nella mia mente… Mi diceva che farà del tutto per farmi piegare… Che ti attaccherebbe tu e la mia famiglia se io continuassi a lottare… Ho visto Elia torturato in una caverna, ho visto Italo morto, ho visto papà annegato, ho visto le mie sorellastre…
Scoppia a piangere.
— Aveva la voce della mia madre biologica!
La abbraccio più strettamente. L’Occhio conosce le sue debolezze e non è per nulla una buona notizia. Sa quanto Elia e Italo sono importanti per Arianna, sa che tiene ai suoi genitori più che alla sua propria vita, sa che hanno avuto un’infanzia difficile e quindi ha perso la voce della persona che li ha fatto più del male: la loro madre. Una donna violenta che si scatenava sui suoi figli. Arianna non parla di quest’argomento e quando evoca sua “madre”, parla della seconda sposa di suo padre, una donna che è sempre stata qui per lei, Elia e Italo. L’Occhio non esiterà a farla psichicamente del male e dovrò mobilizzare la Divisione di studi sulla mente per fare altre ricerche.
”Giuseppe”
La donna di pietra parla nella mia testa. Non sembra averci lasciati.
”Arianna deve riposarsi. Ricomincerete le vostre ricerche domani.”
Una pozzanghera di sangue accolse Meila quando tornò dal suo turno di guardia. I suoi quattro colleghi erano a terra incoscienti e ricoperti di sangue. Kaya più degli altri. La giovane adepta capì e indietreggiò, spaventata.
A migliaia di chilometri di li, tramite la Regina Bianca, la sua più fedele guardiana, l’Occhio aveva fatto pagare ai suoi discepoli il loro doppio fallimento con la peggiore delle torture esistenti. Affinché non dimentichino cosa costava il fallimento e cosa non avevano fatto.
Meila provò a nascondersi ma si ricordò che era inutile: se l’Occhio e la Regina Bianca avessero trovato i suoi colleghi, allora la ritroveranno anche lei.
— Giuseppe, ho l'impressione di aver fatto schifo.
Ritorno al hotel. Dopo qualche giorno all’ospedale per controllare l’evoluzione del suo stato fisico e psicologico, Arianna è sdraiata sul letto e si riprendere lentamente. Il medico mi ha consigliato di sorvegliarla e di assicurarmi che lei abbia abbastanza da bere e da mangiare. Sono le sette del mattino, sono andato a comprare torte alla fragola, le sue preferite, e una bottiglie di Ice Tea limone, anche il suo preferito. Il bendaggio speso al suo braccio la impedisce di muovere la mano destra, ma fortunatamente è mancina, i suoi movimenti non saranno sminuiti come lo pensavano all’ospedale.
— Perché dici questo, Arianna?
Fa spallucce.
— Sono quasi stata uccisa, ti rendi conto delle conseguenze se fossi morta? Avrei messo la Fondazione in pericolo !
La costringo a guardarmi. No, non avrebbe messo la Fondazione in pericolo. Certo che è mirata in quanto direttrice del primo sito di contenimento che il CGOM attaccherà; perché siamo in alta mare, mais Arianna non è da sola: non è l’unica a dirigere il Nettuno. Se è mirata, allora anche i capitani delle nostre unità navali del nostro sito lo sono Cosi come me; e la Fondazione lo sa, ecco perché abbiamo bodyguards e una copertura efficiente. La nostra scorta è stata rimpiazzata il giorno seguente l’attacco e la Fondazione ha insabbiato l’affare, facendo passare gli adepti per ladri di opere d’arte.
— Ma fatti uscire questi pensieri dalla testa, capito? È colpa tua se questi adepti vogliono vederci morti? È colpa tua se hai abbandonato per qualche secondi per colpa della stanchezza? È colpa tua se quest’occhio vuole conquistare il Mediterraneo?
Tremante, non risponde niente. Neanche qui ammetterà che ho ragione.
— No, Arianna, non è colpa tua. Non sei una schifezza, sei qualcuno su di chi si può contare, una persone impegnata e determinata. Ma hai il diritto di crollare, sei umana. Non pensare a cosa sarebbe potuto accadere, pensa a cosa accade ora! So cosa mi dirai, mi dirai che ho rischiato la mia vita per te, che non hai fatto niente per difenderti, ma di nuovo, non è colpa tua ! Non sei invincibile, Arianna, e non è grave non essere invincibile.
Continua a non rispondere. Consolare la gente non è il mio punto forte e so che posso mancare di tatto. Spero non farle ancora più male.
— Puoi dire cosa voglio, sai che non è grave. Non rimette in questione cos’hai fatto di buono.
— Hmmm…
Cazzo, è seria?
— Al museo hai fatto tutto il lavoro. Hai combattuto gli adepti da sola. Mentre avrei dovuto aiutarti invece di nascondermi. Non avresti dovuto fare tutto da sola, amore. Io, ho solo fatto qualcosa senza pensarci, ho solo lanciato una statuetta a caso, perché non sapevo per nulla cosa stavo facendo. Sarebbe potuto fallire, avrebbe potuto ferirti ancora di più.
Corruga una sopracciglia.
— Non avevi riflettuto?
— Per nulla.
Penso che sto per deluderla. Guarda dappertutto con una smorfia d’incomprensione.
— Pensavo avessi calcolato il tuo gesto.
— E invece no. L’eroe di tutto ciò non sono io, Arianna.
Fa spallucce, scettica.
— Non dirlo per farmi piacere, Giuseppe, sei tu che li hai fatti fuggire, non sono io, io non ho fatto niente, non sono niente.
E invece si. Se ho lanciato la statuetta, è perché mi ha lasciato il tempo di farlo. Ha fatto qualcosa. È lei che ha combattuto, è lei ad averli affrontati, io ho solo fatto un movimento senza pensarci bene.
—- No, Arianna, sei qualcosa e di certo non sei un peso inutile. Smettila di pensare questo.
C’è un momento di silenzio, turbato dalle sue lacrime che bagnano la mia maglietta. Ma fa bene piangere.
— Pensa a tutto ciò che hai fatto di bene. Come rimettere il Nettuno in riga, ad esempio. Vedrai è che molto di più di cosa pensi aver fatto di male.
Riesce a sorridere.
— Vuoi parlarne, Arianna?
Si soffia vigorosamente il naso.
— È stato difficile rimettere il Nettuno, sai. Non i sono arrivata da sola, sono stata aiutata da molto gente. Questo stronzo di Virginio De Bonis ha passato otto anni come direttore del sito e ho rapidamente capito che non mi apprezzava. Voleva uccidermi, me e la Legio. Ci inviava spesso verso la Fossa Calypso, chiaramente voleva farci cadere dentro per reclutare nuovi adepti e far cadere la Fondazione.
Anche questo l’avevo visto. Un alleanza tra il Culto e il GDI il più ostile che abbiamo. E la branca francese, per di più, che ci rompeva le palle con 498-FR… 2014, che anno di merda.
— Ha oltrepassato un numero incalcolabile di volte gli ordini riguardo alla Legio Atlantidis e per cola sua, ho perso numerosi agenti, continua Arianna. Dato l’ambiente di lavoro, la Legio e il Nettuno erano vicini al crollo. E so che era il suo scopo, l’ho saputo dal suo atteggiamento e quando la Sovrintendenza mi ha detto il giorno della mia nominazione che De Bonis era stato arrestato. E cazzo, rimettere questo sito apposto è stato un inferno.
— Ma ci sei arrivata. E ancora ora hai sostegno. Sai che non sei da sola contro il culto, Arianna: se molli, qualcun altro prenderà il tuo posto il tempo che tu riposi.
— Come l’hai fatto questa notte al museo?
Accarezzo i suoi capelli.
— Si. Non devi preoccuparti. Riposati, ora.
Sotto il museo delle Confluenze, c’è un piccolo parco con panchine e fiori. Seduta sul suolo, Arianna ha messo i suoi piedi nell’acqua, dal lato della Saona, perché è più pulito Mi è stato detto che il Rodano è marrone, disgustoso, e non oso immaginare tutto l’inquinamento che c’è dentro, tutti questi pesci morti… E tutti questi corpi suicidati…
Giuseppe, sul serio, perché pensi a questo?
Il fuoco della raffineria di Feyzin è stato spento. C’è ancora del fumo, ma l’allerta è stata levata, il servizio incendio è stato molto reattivo. Oggi, il cielo sopra Feyzin e del sud ovest di Lione è ancora nero, ma la popolazione non ha niente da temere. Tutti i giornali della città ne parlano, dicendo che per fortuna, l’incidente non ha fatto nessuna vittima. Quindi ha eclissato molto cos’è accaduto al museo. Osservare i pennacchi bianchi è abbastanza affascinante, anche se un po’ macabro.
— Amore?
Arianna guarda in lontananza, distratta, il vento facendo volare i suoi lunghi capelli. Farebbe anche volare i miei, se ne avessi.
— Si, tesoro?
— Ho l’impressione che sto meglio.
Mi siedo anche io e lei mette la testa sulla mia spalla. Appena aperto il museo gallo-romano stamattina, sono corso nell’edificio e l’anfiteatro associato. Ho adorato e non volevo più uscirne. Ma Arianna aveva fatto la stessa cosa all’acquario. Da ora in poi, mi sono promesso che non andrò mai più con lei in questo tipo di posto.
— Anche io sto meglio. Questa sensazione di essere osservato non è più presente.
È perché eravamo davvero osservati. Ma non da francesi xenofobi: da adepti che ci perseguivano. Ma il personaggio rappresentato dalla statua di pietra li ha uccisi.
— Ma chi esattamente quanta donna di pietra?
Decido da svelarli la teoria in corso di studio sin da quando “Manon” è stata interrogata da Aramini e Callassy.
— Rappresenta di certo una dea o una regina ittite. Il che fa completamente senso: gli Ittiti erano i più grandi nemici del Grande Occhio. Una delle nostre teorie è che gli Ittiti abbiano usato magia per contrarlo o che i loro dei l’abbiano fatto. Questa statuetta sarebbe forse quella della dea Arinna, una delle principali divinità del panteon ittite. E dato che è la dea sole, non è stupefacente che emetta luce quando usa i suoi poteri. L’abbiamo visto dai nostri propri occhi, ma anche negli archivi municipali. Questa statuetta permette invocare la dea sole Arinna affinché che ci protegga. Ora ci manca solo sapere come invocarla.
Arianna si stiracchia e prende un po’ di tempo per capire questa teoria. Non capisce niente di esoterismo e di magia e non ha vergogna di dirlo.
— Ma mi chiedo come cazzo degli adepti hanno deciso di venire qua e come sono riusciti a sopravvivere in questo fiume disgustoso, dice lei.
Faccio spallucce mentre guardo l’autostrada, deserta se consideriamo che sono le vacanze. Poco a poco, i pennacchi di fumo svaniscono. Giro la testa e osservo la basilica di Fourvière e il suo colore bianco. Si dice che il panorama dell’edifico è straordinario. Non ci ho visto nessun interesse, ma Arianna vuole andarci questo pomeriggio. Mi adatterò, oggi siamo il 27 agosto, è il suo compleanno, le ho promesso di andare dove voleva. Stasera, la porto al ristorante, sarà una serata magnifica.
— Non so, Arianna. Penso che abbiamo ancora tanto a imparare sul CGOM.
L’acqua era chiara e trasparente. Nella piscina, le giovani istanze si divertivano a saltare fuori dall’acqua il più alto possibile. Una belle giornata per il gruppo di istanze SCP-057-IT-B che ormai non aveva più a preoccuparsi di essere sterminato ad ogni momento.
Antonia guardo con felicità Laetitia rivolgersi a Manon, la nuova arrivata, che osservava la vita del complesso acquatico con interesse. La giovane donna sembrava timida e riservata, ma Laetitia sapeva trovare le parole giuste per rassicurarla. In modo generale, era sempre lei che gestiva le buone relazioni del gruppo; in brava madre di famiglia, sapeva sistemare i conflitti.
— Buongiorno, Antonia.
La vecchia istanza sobbalzò, prima di sorridere. La sua grande amica era tornata.
— Ti aspettavo, Arinna. Sono al salvo?
Il suo sorriso la rassicurò immediatamente.
— Lo sono, Antonia. Me ne sono incaricata personalmente e lo sto ancora facendo.
— Dove sono, attualmente?
— In un ristorante costoso di Lione, aspettano i loro piatti.
La dea sembrò stiracchiarsi.
— Hanno il diritto di passare un po’ di bel tempo. Questi ultimi giorni sono stati duri per loro.
Un silenzio si istallò, a malapena turbato da Heras e Euridice, i figli di Flora, che si stuzzicavano gentilmente riguardo all’altezza dei loro salti.
— Arinna ?
— Oui, Antonia ?
— Mi aiuterai a fare il mio dovere ?
— Certo, Antonia, ecco perché esisto, no?
S’istallò un nuovo silenzio. Questa volta, Heras cercava sua sorella dappertutto. Ma Euridice era già tuffata. La bambina di otto anni era molto scherzosa e adorava sorgere dietro alle spalle di altri per farli paura.
— Ricordati di una cosa, Antonia, ripreso Arinna. Neanche tu sei da sola i questa lotta contro l’Occhio. Ti aiuterò finché lo potrò.