Le Ombre Notturne
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Be', quello che sto per raccontare è un episodio di cui difficilmente mi dimenticherò. Sì, ormai sono passati anni, ma ciononostante quegli occhi continuano ad apparirmi in sogno, ripristinando qualsiasi segno della mia folle immaginazione; ho bisogno di liberarmi da questo peso, di evadere dal costante senso di terrore. Penso che qualcuno un giorno leggerà le mie parole. Resta da chiedersi se ci crederà o no. Quasi certamente no, ma non ha importanza. Non mi interessa essere creduto, ma liberarmi. E ho scoperto che la scrittura può essere una forma di liberazione.

Era una piovosa serata invernale, circa le 21.10. Le foglie tremavano, i rami dell'albero vicino casa battevano sulle finestrelle, mentre il vento creava dei boati simili all'ululare dei lupi con la luna piena. Io e mia figlia Sara stavamo cenando, festeggiando in contemporanea il suo dodicesimo compleanno. Era stata una giornata molto particolare in quanto la mattina ci eravamo recati al cimitero per andare a trovare mia moglie e, dopo averla salutata, avevamo passato il resto del pomeriggio dai nonni e gli zii. Eravamo stanchi, così tornammo nella nostra dimora di campagna, alla periferia di Foggia.
La casa ha due piani ed è costeggiata da campi di grano e betulle, piantate anni or sono da mio padre, quando ancora era vivo e io ero un semplice ragazzino di nove anni. Di fronte a questa vi sono degli edifici abbandonati e altri, ancora in utilizzo, sono abitati in gran parte da miei ex compagni di scuola, anche loro contadini. Mentre stavo aiutando Sara a sparecchiare la tavola, notai da una fessura della finestra del salotto due luci che parevano occhi. Mi avvicinai, spostai la tenda e vidi un'enorme figura nera che ci fissava, impassibile; sembrava avere qualcosa nella mano destra, forse era un forcone. Richiusi immediatamente la tendina, avevo il cuore in gola mentre la vista si annebbiava, il mondo sembrò prendere una tonalità violacea.

«Sara! Lo hai visto anche tu vero?»

«Visto co- »

E proprio in quel momento sentimmo delle urla strazianti: erano quelle del mio amico Simone. Viveva a due case di distanza rispetto alla nostra, era un brav'uomo. Dissi a Sara di rimanere al suo posto e di non muoversi; poi, aprii la porta.

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Da quello che vidi rimasi così scioccato da non dimenticarmelo mai più: un gruppo di entità, come quella che avevo visto poco prima, stavano lacerando quello che un tempo era un amico fidato. La cosa che mi colpì in quell'istante è che loro non sembravano emettere suoni, mentre le urla di Simone erano orrende.
Capii che la sagoma di pochi minuti prima era una di quelle dannate cose. Erano numerose, la mia casa era circondata. Le domande mi sorsero spontanee: «Cosa erano?» «Che facevano nella nostra campagna?»
Nell'oscurità di quella notte sembravano delle anime perdute pronte ad assalirti da un momento all'altro. In preda al panico accesi la luce del cortile e parte di quelle figure scomparve, ma sapevo che altre erano ancora lì, nel buio. Mi avvicinai con cautela al mio amico, vidi le budella penzolargli da quello che sembrava il suo ventre. Vomitai.

«Papà! Stai bene?»

Mi feci forza e guardai in direzione della porta di casa, Sara era già dietro di me.

«Diamine, che ci fai qua? È pericoloso!»

«Non mi lasciare sola, chi sono queste persone?»

«Non ha importanza, dobbiamo avvisare i familiari. Entriamo.»

Una volta dentro, chiusi la porta alle nostre spalle e accesi tutte le luci del soggiorno. Allarmato dalla situazione chiamai la Polizia Locale per denunciare l'accaduto, l'agente mi calmò affermando di inviare una pattuglia sul posto, poi, con l'aiuto di Sara, barricai le finestre della casa.
Aspettammo per circa venti minuti, in attesa di udire le sirene che non arrivarono mai.
Con la paura che ci invadeva, chiamammo i parenti più stretti, ma nessuno ci rispose. Credetti allora che quei demoni avessero invaso la mia città. Perché? Presi quindi una decisione azzardata: trovare un modo per constatare che gli altri fossero al sicuro.
Spiegai l'idea a mia figlia ma lei insistette pesantemente per venire assieme a me; dopo vari litigi cedetti alla sua insistenza.
Una volta preparati gli zaini uscimmo di casa, ci fermammo davanti a Simone e dopo aver coperto il volto di Sara con la mano, recuperai una torcia portatile presente vicino al corpo deceduto; la fonte di luce sembrava allontanare quelle oscenità.
Imboccammo un sentiero nascosto nei pressi della casa, era buio, lo attraversammo, ma non sapevo se quegli esseri ci stessero seguendo. Una cosa era sicura: non eravamo soli. Pensammo di essercene liberati, ma non appena passammo per la strada principale, erano tutte intorno a noi. Accesi la torcia, mia figlia era spaventata, l'aria pareva stagnante, sembrava venire da quegli esseri oscuri; ciononostante, ci incamminammo lenti tra le figure e in quel momento imprecai di aver lasciato la macchina dal meccanico, poiché aveva un guasto al motore. La lampada che avevo in mano illuminava bene, però, in una situazione del genere, la mia capacità di ragionare stava venendo meno.
Sembravano essere passate ore, non so quante, il tempo sembrava fermo e, mentre all'orizzonte le nuvole nere si ammassavano, Sara iniziò a piangere.

«Ehi Sara, che succede?»

«Mi manca la mamma!»

«Già, anche a me. Non piangere, ce la faremo ad uscire da questa situazione.»

Sara abbozzò un sorrisetto e tanto bastò per continuare a camminare. Tutt'oggi mi domando come mai, in queste situazioni disastrose, noi genitori siamo inclini a raccontare ai figli cazzate di ogni tipo, quando la verità è quella che si presenta ai nostri occhi: Il mondo è pieno di mostri e non c'era niente che potesse impedirgli di ferire gli innocenti e gli incauti.
La lampada della torcia iniziava a perdere qualità; imprecai, ma mantenni la calma. La dea bendata venne in nostro soccorso: poco distante c'era un bar sulla strada. Corremmo, sperando che la fonte luminosa non ci abbandonasse proprio in quell'istante. Il posto era piccolo, sembrava una taverna. Era illuminato a sufficienza per tener lontano quelle creature e quando ci avvicinammo all'entrata, l'uscio era aperto.

«Buonasera, c'è qualcuno?»

Nessuna risposta.

«Questo posto è spaventoso, papà!»

Mi avvicinai alla cassa, presi l'unico accendino rimasto e riacquisimmo un po' di forze; prima di ripartire, trovai su uno dei tavolini questa nota:

Carissimo Diario,

L'apocalisse è arrivata, finalmente. Ho avuto delle visioni, Lui mi ha parlato! Lì! Sì, proprio là fuori, ci sono i figli dell'oscurità, i padroni dell'oltretomba! Sono fuoriusciti dalle tenebre, il mondo sprofonderà negli inferi e voi, bastardi miserabili, sarete giustiziati per l'eternità e nulla potrà fermare questo esercito di demoni! I loro occhi lucenti vi sbraneranno l'anima, i loro corpi avidi saranno i vostri peggiori tormenti e le loro armi vi squarceranno la carne; non osate guardarle troppo a lungo, mi raccomando, la vista non sopporterebbe la loro visione! Questo posto, tutto questo, non è altro che l'inferno e noi saremo coloro che lo abiteranno, per sempre.

Papà, grazie per avermi trasmesso il tuo dono, sarò sempre un tuo fedele servitore. Mi hai dato l'ordine di invocare queste umili creature, finalmente. Sono stanco di questa umanità, troppi sono i torti subiti, le continue ingiustizie che i miei occhi vedono e adesso ne pagherà le conseguenze!

Ora, dopo 30 anni, il mio compito è terminato, brucerò il diario, come avevo promesso a mio Padre da prima che nascessi e io cadrò nelle tenebre.

Rabbrividii e non dissi nulla a mia figlia. Tre minuti dopo, eravamo nuovamente per strada.

«Quanto riusciremo ad andare avanti in questo modo?» Pensai. Sara sembrava più calma di quando eravamo partiti, ma io stavo per impazzire!

«Manca tanto per arrivare da nonna, papà? Io sono stanca e ho sonno.»

«A breve arriveremo tesoro, non mollare. Potrai fare tutte le dormite che vuoi. Okay?»

«Va bene.»

Non era vero nulla, casa di mia suocera era molto distante e non saremmo riusciti a raggiungerla. Quelle sagome erano dappertutto e non c'era modo di farle sparire per il tempo che sarebbe stato d'aiuto a fuggire.
Sentii sulla mia fronte sudata goccioline scendermi lungo la guancia, piano piano diventavano sempre più forti, quando realizzai che il cielo divenne macabro sopra le nostre testa. Cominciò a piovere. In lontananza, nascosta tra due alberi, c'era una macchina con i fanali ancora accesi: dovevamo arrivarci. Se fosse stata aperta avremmo dormito lì. La priorità era salvarci la pelle.
A primo impatto non ci feci caso che la luce diventava sempre più fioca, quando di colpo il mio accendino si spense.

«Sara, presto, corri verso la macchina dannazione!»

Mi voltai e quelle cose erano dietro di me. Inciampai di fianco e caddi; ormai la mia fine era arrivata. Chiusi gli occhi aspettando che quelle lame mi trafiggessero, la pioggia mi bagnava completamente la faccia, i vestiti fradici immersi nella pozzanghera che mi circondava, le urla di Sara mi riempivano le orecchie; intanto, tutta la mia vita mi passava davanti agli occhi e ricordo bene di aver sorriso per un'istante ripensando ai miei momenti più felici. Non era giusto, ma cosa lo è? La vita è un luna park del cazzo con premi da due soldi.
Aprii gli occhi, scorsi una figura umanoide poco distante da me, sembrava armeggiare con un oggetto indistinto, indossava un berretto e una camicia a quadri; i pantaloni gli scendevano lungo gli stivali. Mi fece un segno con il braccio destro, ma quando socchiusi gli occhi per isolare quelle figure poste sopra di me, l'uomo mi puntò l'oggetto con cui si trastullava e subito una forte luce mi investì, richiusi le palpebre, non capii più niente. Sentii il mondo sparire, il mio corpo venir trasportato e poi, buio totale.

Mi svegliai, ero sudato.

«Dove sono? C'è qualcuno?»

Silenzio.

Perlustrai la stanza e mi accorsi di essere nel mio letto, a casa. Mi guardai i polsi, presentavano delle ferite bendate. Ero felice di essere vivo, ma un pensiero mi mise angoscia: Sara.
Scesi dalle scale barcollando, Sara era lì, seduta con la sua colazione.

«Sara!»

Urlai e lei si voltò con aria interrogativa.

«Buongiorno papà, come ti senti? Ti vedo pallido.»

«Bene, grazie. Tu?»

Lei mi sorrise. In quella risposta non riconobbi Sara, sembrava diversa, più strana. Mi avvicinai alla finestra e quelle dannate bestie non c'erano. Il sole era alto nel cielo, gli uccellini cinguettavano, intonando una dolce melodia.

Oggi ho cinquant'anni, mentre mia figlia ne ha ventitré. Manterrò il segreto, ma almeno mi sento libero. Passerò il resto dei miei giorni in serenità: I sogni sono il nostro modo per entrare in contatto con il mondo invisibile, o almeno è questo che credo. Sono un dono speciale; anche gli incubi.
Noi genitori diciamo sempre di sapere quello che facciamo, ma certe volte non è vero e quasi sempre mentiamo!
La notte, a volte, quell'incubo mi riappare. Erano così reali, non posso credere che fossero frutto della mia fantasia: quelle cose mi hanno trasmesso qualcosa, qualcosa che in me è cambiato. Mi sento differente dagli altri, vedo il mondo con occhi diversi. Tutto ciò può sembrare strano, me ne rendo conto, ma questa è la mia storia e d'altronde in mezzo alla fottuta vita, siamo circondati dalla fottuta morte.


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