Per la maggior parte del tempo desidero di non possedere l'abilità di fare alcunché. È bello aver la possibilità di nutrirmi e di usare il bagno da solo, per ragioni che spero siano ovvie. L'usare un ascensore è il punto più alto della mia giornata: l'atto di scegliere il piano che preferisco toglie un peso dal mio petto. E via discorrendo.
Il lato negativo della libertà di azione è che possederne anche la minima parte apre la porta al senso di colpa. C'è una lunga lista di ragioni molto valide del perché io non sono responsabile di quello che faccio, ma ogni volta che faccio qualcosa di più del mettere un piede davanti all'altro non riesco a distogliere la mia mente dal pensiero: Avresti potuto fermarti. Il rimorso è una emozione che ho sempre provato intensamente, e la cosa non mi sta giovando affatto.
Ogni tanto tento di contare i corpi, per commemorarli, anche solo nella loro totalità, ma il mio corpo di solito mi trascina via prima che possa dare una occhiata a tutti. È un peccato, perché sono molto bravo a memorizzare (lo sono sempre stato, a dire il vero) e potrei mantenere un conteggio accurato se mi fosse concesso. C'è da dire che questo mi sta giovando: la mia memoria è ciò che mi permette di "scrivere" tutto questo. Lo scrivere mi soddisfa anche quando sono l'unico fruitore.
Ma sto divagando; quello che sto tentando di dire è che sono scrittore, e che, sforzandomi, riesco ancora a esserlo, seppur in modo limitato. Costruisco storie, ed eccone due.
La prima riguarda il fatto che io sono intrappolato in un corpo che vaga in giro e costringe le persone a uccidersi a vicenda nel panico. Sono una persona decente, e trovo tutto questo molto tragico, e vorrei che non accadesse, o perlomeno che non fossi costretto a partecipare. Anche l'azione volontaria più insignificante basta per farmi dubitare e sentire in colpa. Ma accade comunque.
La seconda riguarda il fatto che io sono intrappolato in un corpo che vaga in giro e costringe le persone a uccidersi a vicenda nel panico. Sono un uomo malvagio che ne prova grande gioia, e che desidera solo di poter controllare il proprio corpo per farlo più spesso. Ogni momento nel quale posso muovermi mi da speranza che possa ricapitare. Le cose procedono normalmente.
Noterete come l'empatia e la decenza mi causino solo dolore, e dubito siano di consolazione per coloro che vengono schiacciati da una pila di persone urlanti. I miei insegnanti mi hanno sempre detto che la mia prospettiva logica e distaccata è uno dei miei punti di forza.
C'è un momento, quando il fervore della folla raggiunge il suo culmine, dove ho la possibilità di esprimermi. Non con la parola, sfortunatamente, ma qualsiasi cosa che provo viene fuori, se lo permetto.
Sono stanco di piangere. Forse dovrei ridere.