Una nostra squadra di agenti è recentemente riuscita a localizzare una sede attiva del Consiglio Fascista dell'Occulto. L'attacco inizierà il prima possibile.
In fondo al lungo e buio corridoio, la porta blindata si aprì.
Prima, però, degli agenti della SIR-II entreranno nella struttura, sotto copertura, per recuperare alcuni oggetti importanti studiati del CFO.
Un uomo, armato di fucile e vestito con un giubbotto antiproiettile, iniziò a percorrere il corridoio.
Quello di cui si occuperà lei, Nibbio, è un contenitore con alcuni campioni di un'arma biologica al momento sconosciuta. Per questo ci serve averla intatta e studiarla. Si chiama "Aracne".
L'uomo percorse il corridoio fino alla fine, poi estrasse una carta magnetica dalla tasca.
La zona del laboratorio sembra non essere molto sorvegliata; per questo ci andrà da solo.
Inserì la carta in un lettore. La porta blindata si aprì.
Buona fortuna.
L'uomo avvicinò alla bocca il microfono degli auricolari.
— Sono entrato. — Disse.
— Eccellente, Nibbio. — Rispose l'agente Duca della Fondazione SCP.
Nibbio si diresse verso l'armadio dove erano tenute le tute contro il rischio biologico. Ne prese una a caso e la indossò rapidamente. Intanto, un ricercatore si stava vestendo.
— Buonasera. — Lo salutò Nibbio, per non apparire scortese. L'altro però non ricambiò il saluto, ma si mise lo zaino in spalla e uscì.
Poi si avviò verso la porta che conduceva al laboratorio ed entrò nel tunnel di decontaminazione. Una voce robotica annunciò l'inizio del lavaggio chimico. Dopo trenta secondi, la porta all'estremità opposta del corridoio si aprì, e Nibbio si trovò nel cuore del laboratorio.
— Sono arrivato. Ora cerco il pacco. —
Quello che doveva trovare era un cilindro contenente numerose fiale di un veleno anomalo, Aracne. Sapeva esattamente dove si trovava, grazie alle riprese delle telecamere recuperate dagli hacker della Fondazione. Aprì il frigorifero 9 e ne estrasse il contenuto. Era il contenitore cilindrico che cercava.
Lo aprì per controllarlo, e scoprì che era vuoto.
— Il contenitore… è vuoto. —
— Controlla negli altri frigoriferi. —
Aprì tutti i frigoriferi, uno alla volta, e nessuno conteneva quello che cercava.
— Non c'è. —
— Come non c'è? Controlla meglio. —
— Non c'è. Controlla se dalle riprese risulta che l'abbiano spostato —
— …sì, un momento. — Duca controllò velocemente le riprese del laboratorio. — Il pacco è stato prelevato pochi minuti fa. —
— È quello che ho visto svestirsi appena prima di entrare. — Rispose Nibbio mentre tornava nel tunnel di decontaminazione. — L'ho visto in faccia, possiamo ancora trovarlo. Cercalo con le telecamere. —
— Non so quanto riuscirò a restare oltre alle loro difese informatiche prima che venga cacciato fuori dal sistema. —
— E tu cercalo finché puoi. —
Nibbio uscì di corsa dal tunnel, si tolse la tuta di dosso senza metterla a posto e si lanciò di corsa fuori dalla stanza. Percorse tutto il corridoio che separava il laboratorio dal resto del sito ed entrò in un corridoio abbastanza trafficato.
— C'è troppa gente, e ormai l'uomo col pacco sarà lontanissimo. —
— Aspetta, forse l'ho trovato. —
— Dove devo andare? —
— Non so se è lui, dammi un attimo. —
— Non abbiamo un attimo. —
Duca ignorò la fretta di Nibbio e continuò a osservare le riprese.
— È lui. Vai nel corridoio a sinistra. —
Nibbio si lanciò verso sinistra attraverso il gruppo di persone, correndo verso la meta.
— Come non detto, sono stato cacciato dalla rete della loro base. Adesso non c'è più nessuno a guardarti dall'alto. —
— Dov'era l'uomo l'ultima volta che hai guardato? —
— Era nel corridoio degli uffici. Non è troppo distante dall'uscita. —
Nibbio, che prima della missione aveva imparato a memoria la pianta dell'edificio, identificò mentalmente il luogo. Ci arrivò in meno di un minuto.
— Bene, ora siamo alla cieca, Nibbio. Idee? —
— Ho l'impressione che possa essere uscito da quella grande porta sulla strada che si trova alla fine del corridoio. —
— …ah. — Rispose Duca, leggermente imbarazzato.
Nibbio uscì dal sito, che era costruito all'interno di un grande capannone abbandonato nella periferia di una cittadina del Piemonte. Percorse il viottolo di ghiaia che raggiungeva l'ingresso dell'edificio e arrivò su una strada piuttosto trafficata. Pochi metri più avanti, alla fermata del bus c'era l'uomo con lo zaino. Il fondo di questo era deformato da quello che aveva tutta l'aria di essere un oggetto cilindrico piuttosto pesante.
— È qui. La fermata dell'autobus. —
— E l'uomo con… —
— È qui. —
Duca capì che Nibbio non poteva parlare liberamente, essendo vicino all'uomo con Aracne, che avrebbe potuto sentirlo.
— C'è molta gente. E sta arrivando l'autobus per la stazione dei treni. —
— Fai attenzione all'uomo. —
L'autobus si fermò. Nibbio osservò con attenzione l'uomo e, quando lo vide salire, fece lo stesso. Poco dopo le porte si chiusero.
— Sono salito. —
— Lui c'è? —
— Si. —
L'autobus proseguì fino alla fermata successiva. Quando si fermò, l'uomo si alzò e scese: si era accorto di essere seguito. Nibbio uscì dall'autobus, mentre l'inseguito si infilò in un vicolo, nel tentativo di far perdere le tracce. Ma non fu così.
Nibbio impugnò la pistola e la puntò all'uomo, che a sua volta era armato e fece lo stesso con la sua alla fronte di Nibbio. I due si fissarono negli occhi, senza muoversi di un millimetro, con le armi puntate l'uno contro l'altro.
— E adesso cosa si fa? — Provocò Nibbio.
L'altro non rispose, ma iniziò a camminare all'indietro, sempre tenendo la canna puntata sulla fronte di Nibbio, e raggiunse un tombino sul marciapiede.
— Non muova anche solo un dito o le sparo! — Mise in guardia Nibbio.
— Allora ci vedremo all'Inferno. —
L'uomo si chinò sopra la grata del tombino ed estrasse il contenitore con Aracne dallo zaino, senza perdere Nibbio di mira.
— Che peccato. Dovevo portarlo con me, ma come si usa dire… — L'uomo tolse il tappo lasciò scivolare le provette nel pozzetto, che si frantumarono rilasciando tutto il contenuto nelle fognature.
— … o di tutti, o di nessuno. —
Nibbio restò immobile, mentre il suo nemico si rialzava in piedi.
— I miei compagni stanno per arrivare — Disse Nibbio. — Allora cosa farai? —
— Possiamo restare così a… —
L'uomo, parlando, gesticolò con la mano armata. Nibbio approfittò immediatamente dell'errore, saltò di fianco e premette il grilletto. Il suo nemico non riuscì a reagire in tempo e cadde all'indietro, morto.
Nibbio guardò nel tombino, e scoprì che tutte le provette erano rotte.
— Duca, sei ancora lì? —
— Sono sempre qui. Cosa succede? —
— L'uomo con Aracne ha distrutto tutti i campioni prima che potessi fermarlo. —
Duca rimase in silenzio qualche istante, poi commentò.
— Dannazione. Riesci a recuperare qualcosa? —
— No, è finito tutto in un tombino. Irrecuperabile. —
— Allora torna alla stazione. —
Nibbio guardò nervoso il tabellone del binario 3: l'interregionale per Bologna sarebbe arrivato fra pochi minuti. Intanto ripensava alla sua missione appena conclusa: era fallita. Doveva recuperare Aracne, che era stato preso da qualcun altro.
Chi poteva essere quell'uomo? Della Fondazione non di certo, altrimenti sarebbe stato a conoscenza della sua presenza nella struttura del CFO. Del CFO nemmeno, infatti dai registri di laboratorio recuperati risultava che Aracne avrebbe dovuto restare nel laboratorio almeno fino alla settimana successiva.
Forse si trattava di un trasferimento segreto? Improbabile, di certo non sarebbe stato mandato un uomo da solo, e di sicuro non sarebbe uscito a prendere un autobus, ma un furgone blindato con tutta l'attrezzatura per trasportare del veleno pericoloso. A questo punto, poteva essere dell'ALDA, oppure…
Nibbio venne distratto dalla voce di un uomo al telefono, dietro di lui.
— No, l'abbiamo perso. Era quasi arrivato alla stazione, ma ha trovato un… magazziniere, no?, che lo inseguiva… — L'uomo attese la risposta dall'altra parte della linea, poi riprese: — La seconda. Proprio così. —
Due parole erano sufficienti. Quel "magazziniere" non era solo un magazziniere: era uno della Fondazione, Nibbio, detto in gergo tipico dell'ALDA. Inoltre, collegò il "La seconda" all'espressione "Scappato, Morto o Catturato?" che aveva già sentito dire. Insomma, quell'uomo era più che sospetto.
Nibbio si girò e tirò un rapido sguardo all'uomo al telefono, soprattutto per analizzare le tasche e un eventuale pistola presente. Ma fu sfortunato: l'uomo stava già guardando dalla sua parte, e i loro sguardi si incrociarono.
— Esattamente. E poi… Sta arrivando il treno, ti richiamo quando sono salito. — L'uomo concluse la telefonata e si diresse a passo svelto verso il sottopassaggio. Nibbio lo seguì e, una volta scese le scale, si trovò nel corridoio sotterraneo, deserto. Estrasse rapidamente la pistola e la puntò all'uomo.
— Per lei la seconda o la terza? — domandò ironico Nibbio.
— Fondazione? —
— Non c'è bisogno che io specifichi. Lei? —
— Per il momento facciamo ALDA. —
— Ottima scelta. Vada verso l'uscita là in fondo, — Nibbio indicò con la mano non armata la fine del sottopassaggio, dietro di lui. — io la seguo. —
— Oh, che gentile. —
Dalle scale che portavano al binario 3 provenne il rumore di passi. Nibbio nascose immediatamente l'arma, mentre una famiglia di quattro persone percorse il corridoio e raggiunse l'uscita che conduceva alla stazione. L'uomo dell'ALDA approfittò della situazione e li seguì.
— Oh, no… — Disse fra sé e sé Nibbio, che iniziò subito a correre dietro all'uomo dell'ALDA.
Purtroppo, appena girò l'angolo delle scale, non vide l'uomo. Si guardò intorno, e non lo trovò.
La domanda che occupava la sua testa non era però dove fosse andato l'uomo dell'ALDA. Era sicuro di averlo già visto da qualche parte. Ma non riusciva a capire chi fosse.
— Avanti. —
Nibbio entrò nell'ufficio del tenente Cellino, dove erano già arrivati anche Duca e un altro agente che aveva già visto ma di cui non conosceva il nome.
— Si accomodi. Bene, ora che ci siamo tutti possiamo cominciare. Abbiamo appena ricevuto una comunicazione dall'ALDA, e pare che ci vogliano vendere una quantità sostanziosa di Aracne. —
— Ma se Aracne è dell'ALDA, — Intervenne Nibbio — chi lo stava rubando dal CFO l'altro giorno? —
— È un'ottima domanda a cui non sappiamo rispondere. Abbiamo chiesto qualche informazione a dei contatti nel SISMA e ci dicono che la loro organizzazione non ha nulla a che vedere con la faccenda. —
— Finora, il possibile colpevole del fallito furto di Aracne poteva essere solo l'ALDA. — Commentò l'agente di cui Nibbio non sapeva il nome. — Ma ora vengono a farci questa proposta. O è una trappola, oppure vogliono cercare di mostrarsi innocenti. —
Cellino gli rispose. — È proprio per questo che abbiamo intenzione di mandare due agenti esperti… —
— A dire il vero, non è la prima volta. — Duca interruppe il tenente.
— La prima volta che succede cosa? — Domandò Cellino, con fare interrogativo.
— Che avviene un furto ma non si capisce chi è stato. Due agenti del CFO sono entrati in una sede separata dell'Asclepio e hanno rubato degli embrioni di una loro chimera che gli avevamo sottratto un mese prima. Sappiamo che erano del CFO perché sono stati visti dalle telecamere e le loro facce erano nei database. Dico, non potevano solo distruggerle se non volevano che li tenessimo? Ho saputo che c'era un inceneritore nel laboratorio. E invece hanno riportato le chimere nella loro base. —
Nibbio restò allibito.
— Avanzo un'ipotesi. Molto azzardata. — Disse Nibbio. — Se fosse stato qualcuno, che non siamo noi, non è il CFO, non l'ALDA e non è il SISMA, che per motivi che non sappiamo vuole impossessarsi di alcune cose, come queste chimere o Aracne? Spiegherebbe perché non sappiamo chi è stato a commettere questi furti. —
— Non possiamo dire nulla con certezza. — Rispose Cellino. — Ma torniamo al dunque. Nibbio e Cortini… non vi siete ancora conosciuti. Nibbio, lui è l'agente Mario Cortini, e lui — Si rivolse a Cortini — è l'agente Giovanni Nibbio. —
— Piacere. — Si strinsero la mano.
— Bene. Domani raggiungerete una base dell'ALDA e cercheremo di negoziare l'acquisto di Aracne. Cercate di capire chi l'ha rubata. Sarete in un covo di vipere, quindi fate attenzione. È per questo che vi abbiamo scelto: sappiamo che potete cavarvela. —
Nibbio e Cortini vennero accolti all'entrata della villa da un uomo sui quarant'anni, vestito elegantemente e scortato da alcuni uomini armati.
— Voi siete gli inviati della Fondazione SCP, giusto? —
Nibbio rispose presentandosi con dei cognomi falsi.
— Esattamente. Io sono l'agente Milocco, lui è Mattei. —
— Io sono Marco Paolicelli, piacere. —
Si strinsero la mano.
— Mi dispiace essere scortese — Disse il boss. — ma gradirei che ci consegnaste, se le avete, le vostre armi. —
— Naturalmente. — Rispose Nibbio, porgendo la sua pistola d'ordinanza all'uomo dell'ALDA che gli stava accanto. Cortini fece altrettanto. Gli uomini del boss li perquisirono e poi Paolicelli li accompagnò all'interno della villa.
— Sono felice che la Fondazione abbia deciso di commerciare con noi. — Esordì Paolicelli. — Di questi tempi non ci si può fidare quasi di nessuno. —
— Perché mai? — Rispose cordiale Nibbio. — Se non sbaglio siete riusciti a fare affari anche con altre organizzazioni, giusto? —
— Parla del Consiglio Fascista dell'Occulto? Beh, trattare con loro è ben difficile. A volte parrebbe che siano più odiosi degli sbirri. È per questo che vogliamo iniziare delle trattative, sia con il Consiglio che con voi della Fondazione: per raddolcire le nostre relazioni con l'esterno. —
No, non poteva essere l'unico motivo. Aracne valeva troppo per essere semplicemente venduta.
Nel frattempo, il gruppo arrivò in una saletta.
— Accomodatevi, prego. —
Si sedettero. Uno dei due uomini armati che seguivano il boss gli fece un rapido cenno, che non passò inosservato agli occhi di Nibbio.
— Se potete scusarmi, mi assento per un minuto. —
Paolicelli uscì dalla stanza.
L'altro uomo armato si avvicinò al tavolo e iniziò a camminare lentamente avanti e indietro per la stanza.
— Devo dire che mette un po' di ansia. — Disse sottovoce Cortini a Nibbio.
Paolicelli rientrò nella sala.
— Scusatemi di nuovo. — Si rivolse al primo dei due uomini armati. — Manda il video, per favore. —
L'uomo armato prese un telecomando e accese un televisore montato sulla parete. Iniziò la riproduzione di un video.
— Non abbiamo la possibilità di mostrarvi il prodotto in tempo reale, perciò vi abbiamo preparato questo. —
Il video mostrava un uomo malandato, seduto e legato su una seggiolina di legno. Probabilmente non aveva visto il sole da mesi, o anni.
Un agente entrò nell'inquadratura, con una boccetta, e spruzzò alcune gocce sulla pelle dell'uomo.
— Questa è una dose letale, mezzo millilitro. Stia a vedere. —
Pochi secondi dopo, l'uomo iniziò a sudare, a tremare e a mostrare difficoltà nella respirazione. Pochi istanti dopo vomitò, più volte. Tossiva e vomitava. Intanto, stava diventando verde. Sputò sangue. Era evidente che stesse provando un dolore mostruoso, ma non aveva né il fiato né la forza per gridare. Poi la sua testa cadde all'indietro.
— Circa trenta secondi. Come vedete, è molto veloce. —
Era stata una scena raccapricciante. E non aveva solo lo scopo di mostrare la merce in vendita, ma anche quello di avvertire i due agenti della Fondazione a cosa sarebbero andati incontro se avessero turbato il loro ospite.
— Siamo disposti a vendere sei litri di Aracne. —
Sei litri erano abbastanza per uccidere più di diecimila persone. Sicuramente molto più di quanto sarebbe servito a chiunque.
— Adesso tocca a voi proporre il prezzo. —
La porta venne spalancata all'improvviso, e da fuori la stanza si udì lo sparo di una pistola: il proiettile colpì uno dei due uomini armati che si trovava proprio davanti alla porta. Il suo corpo morto cadde sul pavimento.
L'altro uomo armato impugnò il fucile e lo appoggiò sulla testa di Nibbio.
— Esci fuori di lì — Minacciò ad alta voce Paolicelli. — O i tuoi compagni si trovano con un buco in testa! —
Un altro sparo arrivò dal corridoio. Poi dalla porta entrò l'uomo che Nibbio aveva trovato alla stazione due giorni prima, quello che aveva già visto e che non aveva riconosciuto. Dei ricordi annebbiati iniziarono ad emergere nella sua mente.
— Per l'amor di Dio, Pasquale, chi è stato? — Chiese l'uomo armato, abbassando il fucile.
— Io. — E sparò all'uomo armato, che cadde come il primo. Pasquale portò la pistola alla fronte di Paolicelli, ma questi aveva rapidamente estratto un coltellaccio e lo aveva appoggiato sotto il collo di Cortini.
— Pasquale, cosa diamine ti prende? Sei impazzito? —
— Io? Voi, piuttosto! La Fondazione non dovrebbe sapere nulla di Aracne! —
— Nibbio, cerchiamo di essere raz- —
— Chi glielo ha detto il mio cognome?! — Lo interruppe Giovanni Nibbio.
Giovanni Nibbio e Pasquale Nibbio si guardarono negli occhi. E capirono tutto.
Giovanni Nibbio prese di forza il braccio di Paolicelli e lo allontanò dal collo di Cortini. Pasquale premette il grilletto, e il boss cadde a terra.
Giovanni e Pasquale si fissarono per alcuni secondi, e si accorsero del motivo per cui entrambi trovavano qualcosa di familiare nel volto dell'altro: erano davvero fratelli.
— Prima di raccontarci la storia della nostra vita, propongo di andarcene prima che qualcuno venga ad ammazzarci. — Propose Pasquale.
— Concordo. — Rispose Giovanni.
Uscirono dalla stanza.
Un furgoncino bianco percorse una lunga via di abitazioni e si fermò davanti a una panchina di legno dove erano sedute tre persone. Due di loro, Giovanni e Pasquale Nibbio, parlavano da ore delle loro vite, divise da anni e all'improvviso ritornate insieme.
La porta del furgoncino si aprì. Al sedile del passeggero era seduto il tenente Cellino.
— Vi abbiamo fatto aspettare? — Chiese ironico Cellino.
— Giusto qualche oretta, niente di che. — Rispose Giovanni Nibbio, altrettanto ironico.
— Non è colpa nostra se avete finito il colloquio con largo anticipo. — Cellino guardò Pasquale. — Lui chi è? —
— Mio fratello. Non scherzo. —
I tre salirono sui sedili posteriori, e Cortini richiuse il portellone.
— Combinato qualcosa? — Chiese Cellino.
— Non è andata benissimo, ma abbiamo trovato Pasquale. Sa molte cose ed è disposto a dircele. È dell'ALDA. — Rispose Giovanni.
— Lui è dell'ALDA?! — Cellino si girò di scatto e portò istintivamente la mano alla tasca, nonostante non avesse la pistola.
— Sono dell'ALDA. Facciamo che ero. — Disse Pasquale.
— Anzi, lui è quello che… — Nibbio venne interrotto da Pasquale.
— Ero di un'altra zona rispetto a quella in cui avete mandato Giovanni e l'agente Cortini. Ero un infiltrato. —
Giovanni guardò Pasquale con sospetto. Perché non voleva parlare della faccenda di Aracne e del CFO?
— Interrogheremo Pasquale Nibbio come si deve quando saremo arrivati a Roma. Nibbio Giovanni e Cortini, voi avete ancora qualcosa da fare: prendere Aracne. — Spiegò Cellino. — L'ALDA sta inviando un carico di Aracne al CFO. Questo trasporto era già pianificato prima degli eventi di oggi, ma è stato cambiato il mezzo di trasporto. Degli uomini dell'ALDA porteranno il carico fingendosi turisti, su una nave da crociera. —
— Questo è un po' problematico, è pieno di civili. — Commentò Cortini.
— Esattamente, pensiamo che sia proprio questo il motivo del cambio di programma. La nave parte questa sera da Salerno. Non vi serviranno documenti falsi perché potrete usare le vostre identità vere. —
— Se si tratta dell'ALDA, potrei venire anch'io. — Disse Pasquale.
— Spiacente, non è possibile. — Dichiarò il tenente. — Teoricamente sei un prigioniero, e un mafioso. Considerati fortunato a non avere le manette.
Nibbio entrò nella stanza 247 della nave da crociera. Erano le nove di sera. Pensò a Cortini, sul ponte, che pativa il caldo afoso di agosto mentre Giovanni stava al fresco.
Accese il portatile e si sedette sul suo letto. Notò l'icona di una notifica.
Da: Pasquale
A: Tu
Per caso, alla Fondazione SCP sapete qualcosa di "RIGEL"? È un'anomalia?
Da: Tu
A: Pasquale
Mai sentito. Chiederò a Cellino. Ricorda che alla Fondazione le informazioni sono spesso classificate.
Da: Pasquale
A: Tu
È vero. Devo spiegarti una cosa sul tentato furto di Aracne di qualche giorno fa.
Sentì bussare. Andò alla porta e lasciò il computer acceso sul letto.
Aprì ed entrò Cortini, con le mani alzate. Dietro di lui c'erano due uomini che non conosceva, entrambi armati.
— Perdonami, non ho po… —
Cortini non poté finire la frase perché uno dei due uomini gli sparò alla testa.
Nibbio pigiò il pulsante di spegnimento nel portatile.
— Riaccendilo. — Ordinò uno dei due, puntando l'arma all'agente.
— No. — Rispose duro Nibbio.
— Allora buonanotte. —
Uno dei due, quello che non aveva sparato a Cortini, prese la mira e sparò un dardo soporifero a Nibbio, che cadde sul letto.
Si risvegliò in un bagno, accasciato sul pavimento. Notò che l'arredamento era simile a quello del bagno della sua camera; perciò si trovava sempre sulla nave. E questa era già una buona notizia.
Si accorse presto di essere legato. Provò a strisciare verso la porta, ma scoprì che era bloccata dall'esterno.
Nulla da fare. Aspettò, cercando di mantenersi cosciente nonostante tutto il suo corpo volesse tornare a dormire.
No, se qualcuno fosse venuto a ucciderlo, avrebbe voluto guardare in faccia quell'uomo e quel proiettile fatale.
Rimase in un dormiveglia per un lungo tempo, qualche ore forse. Poi dei rumori provenienti dalla stanza lo svegliarono.
Era il rumore di una chiave che girava in una serratura: qualcuno stava entrando nel bagno.
Nibbio strisciò silenziosamente al fianco della porta, e cercò di raccogliere tutta la poca forza che aveva.
La porta si aprì, e ad essa si affacciò un uomo, armato, lo stesso che aveva ucciso Cortini.
Non fece in tempo ad entrare nel bagno perché al primo passo le sue caviglie vennero colpite da un calcio dei piedi legati dell'agente. L'uomo inciampò e cadde, sbattendo con la testa sul lavandino che si trovava davanti alla porta.
Nibbio approfittò e si lanciò sull'uomo, colpendolo più volte sulla testa con le mani legate. L'uomo perse conoscenza e cadde.
Nibbio prese la pistola, che fortunatamente era munita di silenziatore. La mirò, controllò che puntasse solo alla corda, poi sparò, più volte, finché non si fu liberato completamente.
Si alzò in piedi a fatica. Si accorse che tutti i suoi vestiti era impregnati di sangue rappreso: evidentemente la ferita del dardo sedativo gli aveva anche fatto perdere molto sangue. Si tolse i vestiti, cambiandoli con quelli dell'uomo che giaceva incosciente sul pavimento.
Prese le chiavi della stanza dalla tasca dell'uomo e uscì dal bagno. Sul portachiavi c'era scritto il numero 314: era nel piano superiore a quello della sua camera, la 247.
Solo allora ricordò che aveva una missione specifica: prendere Aracne. Doveva essere in quella stanza, molto probabilmente. Cercò nella stanza e, dopo qualche minuto, trovò un contenitore cilindrico nel frigobar, col simbolo del pericolo biologico. Lo aprì per controllare il contenuto: al suo interno erano presenti varie provette piene di un liquido trasparente dall'aspetto viscoso. Era Aracne.
Prese il contenitore, mise i vestiti che aveva sparso durante la ricerca nelle loro valigie e uscì.
Guardò un orologio appeso al muro del corridoio: segnava le due e mezza di notte. Questo voleva dire che mancavano almeno quattro ore e mezza all'attracco a Napoli. Quattro ore e mezza in cui era una preda senza riparo, braccata da chissà quante persone.
Di sicuro, c'era l'uomo con la pistola a dardi soporiferi, ma molto probabilmente altri due o tre uomini. Nella sua condizione attuale Nibbio era troppo debilitato per combattere contro delle persone.
Una però poteva prenderla facilmente. L'uomo che era andato nel bagno, probabilmente per ucciderlo visto che aveva la pistola alla mano, era forse stato mandato da qualcuno. Quel qualcuno, non vedendolo tornare, sarebbe andato a controllare, no? Non era certo, ma era un punto di partenza.
Ritornò nella stanza 314, si sedette su una sedia ed aspettò.
Pochi minuti dopo udì dei passi nel corridoio arrivare fin davanti alla porta. Sentì una zip aprirsi, poi il rumore di oggetti rovistati. Poi una voce bassa:
— Loré, mi apri? Ho portato le chiavi della 315 per sbaglio. —
Nibbio si alzò e andò alla porta, pistola alla mano. Aprì.
— Come no. Entra pure. —
L'uomo dell'ALDA entrò, con gli occhi spalancati dalla sorpresa e dalla paura, poi Nibbio richiuse la porta.
— Fai silenzio… potresti svegliare il tuo amico Lorenzo che dorme nel bagno. —
— Maledetto. — Gli rispose l'uomo.
— Quanti altri ci sono? — Chiese Nibbio.
— Tanti. Tantissimi. —
— Non mi piacciono gli scherzi. — Nibbio indico la pistola con la mano non armata.
— Peccato. —
Nibbio sentì un rumore sospetto provenire dal bagno. Si girò e vide Lorenzo, barcollante, afferrare una pistola che si trovava su una mensola. Nibbio si girò rapidamente e gli sparò un colpo.
Vide con la coda dell'occhio l'altro uomo dell'ALDA portare la mano alla tasca. Si voltò e sparò, colpendolo alla pancia. L'uomo cadde, ma riuscì a lanciare il coltellaccio che aveva preso.
La lama penetrò nella coscia sinistra di Nibbio, che esplose due colpi sull'uomo ferito, uccidendolo.
Trattenne a stento un grido di dolore, mentre estrasse il coltello dalla ferita. Poi si accasciò sul letto, esausto e stremato.
Non avrebbe resistito quattro ore e mezza. Non avrebbe resistito nemmeno un'ora. Lui era da solo contro un numero ignoto di nemici.
Doveva scappare, era l'unico modo di sopravvivere.
Si alzò, andò al telefono della stanza e fece il numero d'emergenza della SIR-II.
— Sono Nibbio. Sono ferito e ho bisogno di essere estratto. — Iniziò.
— Nibbio? Cielo, per fortuna sei vivo. — Era Cellino. — Dov'è Cortini? —
— Cortini è stato ucciso. Ho bisogno di un elicottero il prima possibile, altrimenti quelli dell'ALDA mi troveranno, e uccideranno anche me. —
— Mandiamo una comunicazione alle squadre di soccorso. Tu cerca di raggiungere il ponte. Forse riusciamo a mandare un elicottero fra circa mezz'ora visto che sei vicino alla costa. —
— Bene. Scappo. —
— Buona fortuna. —
Chiuse la comunicazione e si avviò verso il ponte zoppicando, portando con sé Aracne e una pistola. Poco dopo arrivò in coperta, e iniziò a cercare con lo sguardo se ci fosse una piattaforma per elicotteri. La individuò: era sul punto più alto della nave.
Nel buio, gli parve di vedere una figura umana sulla piattaforma. Rimase qualche istante a fissarla finché non si accorse che quell'uomo aveva qualcosa in mano: un fucile.
Nibbio scattò, nonostante il dolore alla gamba, e si tuffò di lato dietro a una parete, mentre un proiettile calibro 50 sibilava nell'aria dove poco prima si trovava la sua testa. Si rialzò e corse zoppicando al riparo dal cecchino.
Impugnò la pistola e la controllò: gli rimanevano solo due colpi. Guardò il cilindro che conteneva Aracne: in caso tutto andasse storto, l'avrebbe aperto e gettato in mare. O di tutti, o di nessuno.
I suoi pensieri vennero interrotti dal rumore di passi che proveniva da poco distante. Nibbio si preparò e puntò la pistola verso la direzione del suono.
Tre uomini arrivarono. Nibbio sparò in rapida successione ai primi due, poi si scagliò sul terzo, gettando da parte la pistola scarica, e riuscì a disarmarlo.
Entrambi si colpivano e dimenavano nel disperato tentativo di prevalere sull'altro. L'uomo dell'ALDA allungò il braccio per prendere una delle armi dei suoi compagni, ma Nibbio ne approfittò e riuscì a catturarlo e a soffocarlo. L'uomo cadde incosciente.
Nibbio prese un respiro profondo, poi si rialzò a fatica in piedi e prese il cilindro con Aracne.
Vide due uomini con le pistole puntate su di lui. E capì che nessuno dei due aveva interesse a catturarlo vivo.
Nella sua testa, Nibbio passò in rassegna tutti i possibili piani di fuga, tutti scartati.
Tranne uno. Uno aveva più senso degli altri.
Nibbio balzò sulla balaustra e si lanciò dal fianco della nave, precipitando in mare. E con lui Aracne.
Qualcuno bussò alla porta dell'ufficio di Cellino. Pasquale era seduto, qualche lacrima rigava il suo volto.
— Avanti. —
Era il capitano Costa. Entrò.
— Sono arrivati sulla nave? — Chiese Costa.
— La squadra è arrivata e ha catturato tutti i membri dell'ALDA confermati. Il corpo di Cortini è stato trovato nella 247, la camera dei nostri agenti. Hanno trovato altri cinque cadaveri precedenti al loro arrivo, due nella stanza 314 e tre all'esterno. Sia i nostri che lo staff della nave hanno perlustrato tutta l'imbarcazione. Nessuna traccia di Nibbio. —
— Avete cercato in mare? — Domandò Costa.
— Si. Uno degli agenti dell'ALDA arrestati l'ha visto… buttarsi in mare. —
Pasquale singhiozzò.
— Abbiamo mandato un'imbarcazione della SSM-II, ma non hanno trovato nulla. —
Pasquale iniziò a piangere silenziosamente.
Costa si sedette.
— Mi dispiace. Era una brava persona. Spiace anche a me. —
Costa rimase qualche istante lì, poi si alzò e uscì.
— Com'era? — Chiese Pasquale a Cellino.
Il tenente lo guardò e sorrise soddisfatto.
— Perfetto. —