«Mi Dimetto»
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«Come hai detto?» sobbalzò O5-7, sgomenta.

Lei fu la prima a parlare, ma non l’unica. O5-8 sbatté il pugno sul tavolo, per poi scuoterlo, perché l'aveva pestato con più forza di quanto volesse.

«Non puoi farlo! È un lavoro a vita! Diglielo anche tu, O5-6!» tuonò.

O5-6 tamburellava le dita sul pugno chiuso, mentre studiava O5-12. Per chiunque si prendesse la briga di guardare, c’era una somiglianza notevole tra loro. Per quanto fosse chiaro che O5-12 era il più anziano dei due, O5-6 non sembrava tanto più giovane. La curvatura dei loro nasi, l’inclinazione delle loro teste, persino i loro lineamenti: avrebbero potuto essere fratelli. Forse avrebbero scoperto che O5-6 aveva pure lo stesso principio di calvizie che O5-12 metteva in mostra con fierezza, se qualcuno l’avesse convinto a togliersi il suo inseparabile cappello di paglia. O5-6 rispose al nervosissimo O5-8:

«Non ne sono proprio certo. Senza dubbio, non è mai stato fatto prima»

O5-12 annuì e ammise:

«No, non è mai stato fatto prima. Da quando esiste il Comando O5, ogni Sovrintendente è morto prima: fucilato, pugnalato, esploso, rivoltato come una calza o disgregato a livello atomico. Ma tutto quello che è successo al Sito-19 mi ha fatto riflettere: ormai sono vecchio. Se muoio, morirò a modo mio, nel mio letto, mentre guardo una foto della mia cara moglie. Non voglio farmi ridurre a un concetto memetico che non può morire mai»

Detto questo, lanciò un’occhiata d’intesa a O5-9, che annuì con uno sguardo comprensivo. Dunque, O5-12 sospirò e si guardò le mani. O5-2 si sporse in avanti e mise una mano sulla sua:

«Va bene, Adam. Evelyn manca a tutti noi»

O5-5 scosse la testa e puntò il dito sul tavolo, come se stesse indicando una clausola in un contratto immaginario:

«Non mi interessano le tue scuse: le regole parlano chiarissimo. Una volta che hai prestato il giuramento, una volta che ti sei unito al Comando O5, ne fai parte fino alla fine. Se vuoi andartene, chiederemo volentieri a qualcuno di rimuoverti; per sempre»

O5-5 non fece caso all’occhiataccia fulminante che aveva ricevuto da ogni angolo del tavolo per quel commento, da parte di O5-2, O5-3, O5-6 e O5-9. I loro sguardi cercavano di dirgli che la sua reazione era più che esagerata. Quando se ne accorse, O5-5 allargò le braccia: certo che stava reagendo male, qualcuno doveva. O5-12 replicò a bassa voce:

«Solo che io non ho prestato il giuramento. Ho contribuito a crearlo, ma non ho mai giurato. I registri possono confermarlo»

O5-5 rimase a occhi e bocca spalancati. Si accasciò sulla sua sedia e scosse la testa. O5-7 prese le redini e si alzò in piedi:

«Sia quel che sia. Non puoi farci questo, sei uno dei pochi fondatori ancora vivi»

«Non sono…» iniziò O5-12.

«Tu c’eri quando la Fondazione è nata. Comando O5 originale o no, sei la cosa più vicina a quei tempi che ci resta e abbiamo bisogno di te. Ci serve la tua conoscenza, non possiamo rischiare che tu vada in giro da solo là fuori, dove qualche gruppo di interesse potrebbe cercare di rapirti»

O5-12 la interruppe, mentre stava attento a non guardare O5-6:

«Oh, non ti preoccupare: non sono stupido. Avrò ancora delle guardie del corpo. Sarò ancora protetto, come un ex presidente. A dirla tutta, ho trascorso gli ultimi dieci anni a costruirmi una cittadella privata, sulle montagne dove ho cresciuto i miei ragazzi. È piena di agenti in pensione, non di qualche scienziato nella beata ignoranza. Sto attento, è il minimo che ho il dovere di fare»

«Giusto» concordò O5-6.

O5-12 fece un respiro profondo e lo guardò negli occhi:

«Avevo dei figli. Non li ho mai visti, a causa di questo lavoro. Alcuni di loro sono cresciuti e sono diventati brave persone, ma non grazie a me. Ho dei nipoti, ma li ho visti solo in fotografie. Voglio costruire un rapporto coi miei nipoti. Voglio tenere un bambino sulle mie ginocchia e raccontargli delle storie. Voglio riuscire a vedere il nuovo millennio a modo mio, non…»

Gli altri Sovrintendenti lo lasciavano sfogare, mentre lo guardavano con espressioni empatiche. Le lacrime iniziarono a rigargli le guance e la sua voce si fece strozzata:

«Voglio riuscire a dormire, senza ripensare alla decisione che presi quel giorno»

Non riuscì ad aggiungere altro e tornò a guardarsi le mani. Allora O5-1 ruppe il suo tipico silenzio e parlò:

«È alquanto semplice: votiamo. Come si conviene, d’accordo?» propose.

I Sovrintendenti riuniti annuirono in silenzio al loro capo e fondatore. O5-1 si schiarì la voce:

«Chi è contrario alle dimissioni di O5-12?»

Le mani si alzarono: O5-4, O5-5, O5-7 e O5-8. Quest’ultimo rivolse uno sguardo pieno di aspettativa agli altri e si agitò, quando rimasero impassibili.

«Chi è favorevole?»

O5-2 e O5-6 alzarono la mano senza un attimo di esitazione, entrambi ansiosi di aiutare il loro amico. O5-9 la alzò dopo aver indugiato per un istante. O5-11 mosse il braccio, ma poi scosse la testa: preferiva non farsi coinvolgere. Con grande sorpresa di tutti, O5-1 votò a favore. O5-12 fece per votare per sé, ma ci rinunciò quando O5-1 lo fulminò con lo sguardo: era ovvio che il suo stesso voto non sarebbe valso. O5-3 si astenne: non gli faceva né caldo né freddo. O5-8 tirò un sospiro di sollievo:

«Quattro contro quattro. I pareggi vanno all’opposizione: resterai»

O5-12 si sedé e fissò il centro del tavolo, come se tutti i suoi sogni infranti fossero posati lì. Finché qualcuno non tossì dietro di lui. O5-12 non si mosse; si limitò a guardarsi intorno, mentre gli occhi dei suoi sostenitori si illuminavano e quelli dei suoi oppositori si stringevano. Non ebbe bisogno di voltarsi, per sapere chi aveva alzato la mano dietro di lui. Adam Bright, l'ex O5-12, scattò in piedi. Si voltò e strinse con vigore la mano del pallido uomo dai capelli rossi appena entrato nella stanza.

«Grazie, grazie, grazie!»

«Prego»

O5-13 ritrasse la mano e porse una scatoletta al primo Sovrintendente che avesse mai rassegnato le dimissioni:

«Spero che non ti dispiaccia, ti ho regalato un orologio»

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