Incidente Zero - Parte 4
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Mentre succedeva tutto questo, in un altro sito, una donna sobbalzò e si accasciò sul pavimento. Le sue braccia e gambe avvizzirono fino a polverizzarsi e la sua pelle si trasformò in pietra. Nonostante le sue grida disperate, i suoi colleghi non poterono fare altro che guardarla inorriditi, mentre il suo corpo si pietrificava in fretta. Poi anche loro iniziarono a gridare.


«Adrian?»

«Sì?»

L'agente Andrews distolse lo sguardo dalla creatura mostruosa che barcollava davanti a loro. Era un misto fra un ariete, una lumaca e una rosa fiorita; faceva dondolare la testa a destra e a sinistra, mentre planava con una grazia innaturale attraverso gli atri distrutti. Tre donne nude ballavano in cerchio intorno all'essere cornuto, vestite solo di elmi di rame decorati con fiocchi che sventolavano al loro passaggio. Beatrice sospirò:

«Dammi un giudizio onesto. Pensi davvero che ne usciremo vivi?»

Adrian guardò Caino con la coda dell'occhio: SCP-073 stava ancora camminando ed era sette metri davanti a loro, a pochi passi da quella processione surreale. Una delle donne nude gli si avvicinò: tutti i suoi movimenti ammiccavano alla promessa di delizie sensuali. Caino si limitò a sorridere e annuire, in segno di riconoscimento. La donna si tirò indietro, con la testa china e le mani premute contro il suo petto nudo. Alla fine, Adrian rispose:

«Se non lo pensassi, sarebbe inutile che ci prepariamo. Dunque diciamo che penso che ne usciremo vivi e procediamo da lì, ci stai?»

Beatrice annuì, come se fosse la risposta che si aspettava. Poi domandò:

«In questo caso, ti ricordi la conversazione che abbiamo avuto la scorsa notte? Quella su tre mesi in Europa contro dieci minuti sulla luna?»

«Sì»

Beatrice fece dei cauti passi lungo il tappeto di petali di rosa che la bestia panciuta si era lasciata dietro e disse:

«Ci meriteremo una lunga vacanza dopo tutto questo. Tre mesi in Europa sarebbero proprio l'ideale. Vuoi venire con me?»

«Sì» ripeté Adrian.

«In viaggio di nozze?»

Adrian deglutì, col cuore a mille:

«Certo, mi sembra ottimo»

Prese Beatrice per mano e la strinse con forza. Davanti a loro, la bizzarra processione indugiò a un crocevia, svoltò a destra e continuò a ballare, senza perdere il ritmo. Adrian, Beatrice e SCP-073 proseguirono dritti, addentrandosi nel buio.


Nel frattempo, in Italia, un uomo si raggomitolò accanto a un uovo verde brillante e lo strinse contro il suo petto.

«Fai la ninna, fai la nanna» canticchiò, accarezzando con tenerezza il guscio freddo e verde.


Non passò molto, prima che raggiungessero un'alta porta d'acciaio col simbolo di tre frecce rivolte verso l'interno, in due cerchi dipinti sulle sue placche grigie. SCP-073 andò a un quadro di comandi della sicurezza accanto alla porta e premé il palmo della sua mano contro uno scanner. Sentirono uno scatto acuto e una serie di schiocchi, mentre la serratura meccanica della porta si apriva. Caino si voltò verso i due agenti e spiegò:

«A partire da qui, vi seguirò. È necessario che voi due entriate per primi»

«È una profezia?» gli chiese Adrian.

«È qualcosa di inevitabile» replicò Caino.

Beatrice li esortò, in tono determinato:

«Allora facciamola finita»

Si avvicinò alla porta, afferrò le maniglie e spinse. Sentirono un forte scricchiolio, poi un ronzio stridulo, come il trapano di un dentista. Due braccia d'acciaio e di cavi irruppero attraverso la porta aperta, afferrarono la testa di Beatrice e la torsero con violenza. Lo scricchiolio del collo che si spezzava fu nauseante.


Nel frattempo, in Francia, un uomo stava sdraiato su un tavolo da macellaio e piagnucolava sommessamente. Senza dire una parola, il suo torturatore gli aprì la pancia, estrasse i suoi organi e cominciò ad affettare il filetto con maestria. Mentre l'uomo sorrideva in preda al delirio, il macellaio gli mise in mano un pacchetto avvolto nella carta.


"Beatrice?"

Adrian rinchiuse il suo grido d'angoscia nella parte della sua mente che piangeva ancora, quando sventrava gatti vivi. Il resto di lui alzò il fucile e sparò alla bambola d'acciaio, appena quella gettò a terra il corpo martoriato di Beatrice. Sparò un'ottima raffica precisa e intensa al centro del bersaglio. I proiettili si appiattivano contro la pancia spoglia della donna d'acciaio e tintinnavano sul pavimento. Quel ronzio stridulo diventava sempre più acuto e fischiante, come il motore di un aereo. Il fucile di Adrian esaurì i colpi. L'agente Andrews lo gettò, sfoderò la pistola dalla fondina e sparò ancora due volte. Non sapeva perché, ma gli si stava annebbiando la vista. Tutto quello che sapeva era che le sue mani si muovevano da sole, come una macchina. Come il mostro che Abele voleva che fosse. Quello che i suoi superiori volevano che fosse.

La bambola d'acciaio stava in piedi. Le sue articolazioni si illuminarono di energia azzurra. Degli intricati ingranaggi giravano e ronzavano nelle fessure tra le sue placche. Inclinò la testa di lato e aprì una bocca piena di rotelle e cavi. Adrian si tuffò di lato e, dietro di lui, ci fu un'esplosione di calore e metallo squarciato. Una fitta di dolore atroce gli pervase la gamba sinistra, che si intorpidì all'improvviso. L'agente Andrews provò a rialzarsi, ma scoprì di non avere più due gambe su cui stare. La bambola d'acciaio, che era stata scaraventata dall'altra parte della stanza dall'onda d'urto, si alzò in piedi lentamente.


Nel frattempo, in Giappone, una donna gridò di dolore quando un becco potente le perforò la faccia, le cavò gli occhi e le aprì le guance. Si dimenò per liberarsi, ma il suo aggressore era spietato e le strappò un braccio con una lentezza crudele.


E Adrian scappò. Strisciò lontano dalla bambola d'acciaio, verso SCP-073. Caino stava fermo, con un sorriso malinconico, fuori dalla soglia della camera. Qualcosa dentro di lui gli gridava che non avrebbe funzionato, che non avrebbe mai potuto funzionare, ma non c'erano altre soluzioni; Adrian si voltò. Vide la bambola d'acciaio andare su di giri, con le articolazioni così luminose da essere abbaglianti. Gli si avvicinò strascicando i piedi meccanici, pronta a distruggere qualunque ostacolo per raggiungere la cosa che odiava così tanto.

Il pugno della bambola d'acciaio colpì la faccia di Caino con la forza di un treno in corsa. Il tatuaggio sulla fronte di SCP-073 splendé di blu, illuminando tutto il corridoio come un lampo. Ci fu un'esplosione e il ginoide andò in frantumi con una pioggia di acciaio e silicio, i frammenti schizzarono da tutte le parti come i pezzi di una granata. L'ultima cosa che l'agente Andrews vide fu una scheggia affilata come un rasoio che sfrecciava verso di lui. La sua mente annebbiata dal dolore tracciò la traiettoria di quel frammento metallico letale, finché non si conficcò nel suo cervello.


Nel frattempo, in Germania, una squadra di uomini che cercavano con tutte le forze di aprire le porte delle loro camere impietrì: sentirono un lieve pizzicore crescere nei loro nasi e nelle loro gole. Nel giro di pochi secondi, giacevano tutti a terra e gorgogliavano a fatica i loro ultimi respiri. L'unico spettatore delle loro morti era una sagoma indistinta che osservava gli uomini agonizzanti con uno sguardo penoso.


Nel frattempo, l'agente Frederickson urlò, mentre un esemplare di SCP-153 gli strisciava nell'occhio. Nel frattempo, un uomo in divisa arancio si rannicchiò in una stanza piena di fumo e gas, mentre SCP-049 passava oltre, borbottando qualcosa su una cura. Nel frattempo, una donna si voltò e scappò da SCP-087-1, salendo i gradini infiniti di SCP-087, ma non poté sfuggire alla morte che seguiva. Nel frattempo, un uomo seduto davanti a un computer che raffigurava una mappa in bianco e nero del mondo vide l'icona posta in corrispondenza del vulcano di Yellowstone passare da rossa a nera.


E, durante quel frangente di tempo, Caino finì di posare il corpo insanguinato di Adrian Andrews accanto a quello della sua fidanzata dal collo spezzato, superò le porte d'acciaio ed entrò nella camera del Fiore. Esso lo stava aspettando, risplendendo coi suoi infiniti colori; i petali iridescenti si estendevano attraverso le dimensioni, sparendo e riapparendo mentre il fiore transuniversale si girava con placidità nello spazio. Il fiore cosmico nel cuore del mondo. La cosa che aveva permesso all'umanità di riprovarci più e più volte, ogni volta che aveva fallito. Il frutto della conoscenza, il riflesso dell'eternità.

Era passato tantissimo tempo dall'ultima volta che Caino aveva avuto il permesso di assistere alla sua gloria. SCP-073 sentì un animale ringhiare dietro di lui. Si voltò, sapendo già cosa avrebbe visto. Suo fratello, l'assassino assassinato, stava sulla soglia. Stringeva un paio di spade nere. I suoi occhi erano freddi, morti e vuoti, proprio come quando le mani di Caino avevano commesso il loro unico, indicibile peccato. Le nuove mani di Caino, quelle fatte d'acciaio e di fuoco, strinsero i pugni. Una fiamma blu scaturì dalle fessure tra le articolazioni delle sue braccia artificiali. Erano contrapposte alle fiamme cremisi che si innalzarono dai tatuaggi demoniaci di suo fratello. Abele fece un passo avanti.


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