Come una Roccia
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Nel Maggio del 1998 avevo 18 anni. Stavo sorridendo all'addetta alla reception nell'ufficio del centro reclutamento della Guardia Costiera a Wilmington, nel North Carolina. Ricordo che era un lunedì e il tempo era bello. Ricordo come mi disse che sembravo pronto a servire il mio paese.

Ero stato assegnato al Centro LORAN oltre River Road, vicino al ponte di Carolina Breach; forse ne avete sentito parlare… o avete sentito parlare di quello che c'è sotto. Nel Giugno del 2013 ero seduto in mensa con, tipo, altre 30 persone quando ho sentito per la prima volta di quello che era successo in Corea. Quando il notiziario è finito, la stanza si riempì di brusii e sussurri su quello che questa nuova realtà avrebbe significato per noi come soldati, specialmente così vicino al mare, dove probabilmente stavano in agguato molte delle anomalie più pericolose e mostruose… almeno, stando alle voci che si stavano diffondendo rapidamente.

Il giorno successivo un uomo di mezz'età, vestito come se avesse appena lasciato un meeting sui profitti trimestrali, si era aggiustato le cuffie vicino a me mentre si rivolgeva alla gente in mensa. Ci disse che era stato sotto di noi per 12 anni, e si assicurò di specificare con parecchio umorismo forzato che intendeva letteralmente sotto; sapevamo che il Centro LORAN aveva vasti livelli inferiori, ma ci avevano sempre detto che gli altri veicoli che andavano e venivano dall'ingresso sul retro appartenevano al Corpo dei Marine.

Ci disse che era il Direttore del Sito-42, e fece in modo di stroncare sul nascere ogni potenziale cattivo sangue. Ci disse che per i suoi capi non c'era mai stato un momento migliore di questo per offrire occasioni a gente impiegata nell'esercito, con la piena approvazione e il supporto del governo federale; le opportunità sarebbero abbondate, aveva dichiarato. Ricevemmo tutti volantini e biglietti da visita, e rispondemmo con le risate che si aspettava quando ci disse che tutto quel che dovevamo fare era bussare.

Lo intercettai nel corridoio mentre tornava alla sua struttura. Gli feci un paio di domande sulla paga, sull'assicurazione sanitaria, le solite cose: se il panorama politico stava davvero andando a puttane come sembrava, dovevo essere sicuro che i suoi capi mi avrebbero davvero tutelato. La faccenda Corea non mi aveva impressionato granché riguardo la stabilità dell'organizzazione, ma non mi dispiacque nessuna delle sue risposte, e qualcuna riuscì a sorprendermi.

Ovviamente ero nervoso. Non sapevo come avrei reagito nel trovarmi attorno cose che per la maggior parte della mia vita avevo creduto non essere reali. Ma erano vere, ora lo sapevo, e più giungevo ad accettare la cosa, più realizzavo che la mossa più saggia era stare con le persone che avevano maggior controllo sulla nostra nuova realtà - per quanto era possibile oggigiorno.

Ricordo che era un Giovedì, e c'erano dei tuoni all'esterno. Ricordo che mi disse che sembravo pronto a proteggere l'umanità.

Entrai nel Sito-42 48 ore dopo. Devo ammettere con me stesso che quel giorno ho trovato la mia casa: la minaccia incombente — no, la costante, condivisa consapevolezza della minaccia incombente — di annientamento o di un nefasto condizionamento da parte delle anomalie produceva un'atmosfera di palpabile cameratismo che non mi ha mai più abbandonato. Non che non ci fosse qualche membro del personale che era nel giro molto prima che arrivasse la pubblicità, e che non ha mai dato confidenza a noi nuovi "forestieri", ma avendo avuto il privilegio di una formazione militare non ebbi mai problemi.

Così, per nove anni ho amato la Fondazione: non avevo ragione per non farlo… o non ho voluto vederne la ragione. Non mi è mai piaciuto guardare i notiziari, e ora che la Fondazione era sulla bocca di tutti diventò impossibile capire cosa fosse vero e cosa no. I racconti dell'orrore da oltreoceano o dalle strutture più isolate della Fondazione sembravano distanti, strumentalizzate ed irreali. Il Sito-42 era la mia realtà, e non avevo mai visto nulla di immorale accadere lì; forse la Fondazione dell'opinione pubblica era malvagia, ma la mia era buona. Dormivo come un sasso, tutte le notti.

Nel Dicembre del 2022, mi resi conto che non avevo lasciato il Sito nelle ultime settimane. Non diedi molto peso alla cosa: il mio tran tran quotidiano si svolgeva 25 metri sotto il livello del mare, nel Blocco di Celle A per i Classe-D. Il mio lavoro al tempo consisteva nel gestire le assegnazioni dei soggetti presenti sul momento, così come i controlli federali incrociati, i registri statali delle incarcerazioni e le prove di attività criminale, per assicurarsi che i detenuti trasferiti con condanne illegittime non siano assegnati agli impieghi più… eclatanti. C'erano dei politici là fuori che parlavano del mio lavoro, ma io avevo le mie opinioni sull'altra opzione, quella di mantenere gli assassini e i violentatori condannati in prigione con le tasse dei cittadini. Tenevo la bocca chiusa, comunque: al sito nessuno voleva sentire le notizie e le opinioni dei politici sul nostro lavoro, tanto meno che qualcuno di noi era interessato alla suddetta politica.

Mentre lavoravo fino a tardi la Vigilia di Natale, decisi che avrei fatto visita a mia madre. Era l'inizio dell'estate quando l'avevo vista per l'ultima volta, e viveva a 40 minuti di distanza, vicino ad Ogden. Mentre mi dirigevo al parcheggio, uno dei nostri giovani ufficiali degli Interventi Fuori Sede che staccava dal suo turno mi scrutò, osservando la mia uniforme, e mi chiese dove stavo andando senza pistola. Gli risposi che non avevo mai avuto bisogno di indossare abiti borghesi in pubblico; lui ha ribattuto che le cose stavano cambiando, e mi ha consigliato di essere prudente.

Ricordo che andava in onda il notiziario in quella pompa di benzina ad Ogden, che parlava di quel processo interno alla guardia che avevo assegnato per sbaglio a sei mesi di impiego indiscriminato da parte della SSM Lambda-12, appena 20 minuti prima di staccare da lavoro; ricordo tre ragazzi che si avvicinavano al mio veicolo; ricordo le urla e le cose che dicevano sulla mia uniforme e sulla Fondazione.

Ricordo il primo colpo che atterrava sulla mia guancia, offuscandomi la visuale. Ricordo il secondo, il terzo e il quarto che atterravano sul mio naso e sulla mia bocca, con il sangue che gocciolava sui miei vestiti bianchi. Ricordo la mia testa sull'asfalto, l'odore delle esalazioni, il dolore nel mio cranio, e di essermi svegliato nell'ala ospedale del Sito-42 14 ore dopo. Era un Sabato, e mi sentivo come se non avessi visto il sole da tempo. Ricordo che lo staff mi chiese come mi sentivo, e risposi che non volevo uscire in pubblico mai più.

L'attacco ottenne tanto poco spazio nei notiziari quanto tutte le altre storie in cui la vittima era un impiegato della Fondazione. Continuai a trascorrere la maggior parte dei miei anni in varie posizioni al Dipartimento di Sicurezza in loco. Non ho avuto bisogno di chiedere molto e sì, smisi di uscire proprio come avevo dichiarato che avrei fatto, per quanto irragionevole potesse sembrare. Preferivo stare lontano tanto dalle anomalie quanto dalla visibilità, passando carte o guardando i video di sicurezza, ma in caso di bisogno avrei potuto essere assegnato temporaneamente a qualunque inferno da colletto blu adatto ad un impiegato di classe-C fosse disponibile al momento. Non fraintendetemi, dovevo essere in grado di gestire le anomalie viventi — di che utilità sarei stato in caso di breccia altrimenti? — ma temevo sopra ogni cosa la prospettiva di avere a che fare con un umanoide poco collaborativo. Anzi, con un umano. Un qualcosa che era un qualcuno, o sembrava e si comportava come un qualcuno. Nessuno di noi poteva sapere quale delle due finché non era troppo tardi.

Quindi, puntuale come un orologio, la prima volta che fui costretto a gestirne uno fu nel decimo anniversario dalla mia assunzione: era una manipolatrice di realtà — non lo erano tutti in quel periodo? — con presunti effetti minori incontrollabili, che sperava di restare con noi per un massimo di sei mesi. Almeno, questo è quello che ci aveva detto. Venne fuori che i suoi effetti erano qualcosa di più che "minori" e più controllabili che no, e voleva rimanere nel Sito solo per portare avanti il volere della cellula segreta della Insorgenza del Caos in una certa stanza dei server; non riuscì nemmeno a raggiungerla ovviamente, ma ce la mise tutta nel tentativo.

Ricordo che era un mercoledì, e l'aria sembrava carica di elettricità statica. Ricordo la realtà che schizzava di nuovo a fuoco attorno a me mentre assieme ad altri due uomini cercavo di placcarla nel corridoio, con l'SRA portatile al mio fianco che roteava e ribolliva nello sforzo di stabilizzare il terreno sotto i miei piedi e l'aria nei miei polmoni. Si lanciò su di me, le dissi che non volevo farle del male, e lei mi rispose con un sorriso di fare del mio peggio. Non fui io a metterla KO.

La cosa occupò i miei pensieri per un po', per qualche ragione: sapevo che la IC trattava le persone anomale come nient'altro che oggetti, e l'unico motivo per cui lei era era una pazza violenta era perché era l'unico modo per sopravvivere ad un ambiente violento. Sapevo che se non l'avessimo rinchiusa, tutta la sua vita sarebbe consistita nell'essere usata dalla IC per i propri fini o nel fuggire da loro. Ricordo che fu la prima volta che mi domandai dove e in quali circostanze una persona anomala poteva sentirsi veramente al sicuro senza dover dare nulla in cambio, in America o in qualunque altro luogo.

I tardi anni '20 e i primi '30 portarono sofferenza e burocrazia in ondate peggiori rispetto a quanto io o i miei compagni fossimo abituati, anche come personale della Fondazione. La spinta a sviluppare la tecnologia necessaria ad assicurare la sopravvivenza della nostra specie nello spazio stava ribollendo e traboccando tanto nelle sezioni finanziarie quanto in quelle di ricerca, e lo stress si riversava negli altri dipartimenti. Mi stava diventando chiaro che la mia attitudine calma e costante al lavoro non era più quella giusta per la nuova epoca, e di conseguenza io e molti altri impiegati di vecchia data venivamo messi in disparte, forse non dimenticati ma certo non prioritari. Continuavo a mangiare e a dormire bene, e svolgevo il mio lavoro mentre il mondo all'esterno dimenticava sé stesso.

Nel 2042 ero uno di 47 membri del personale che tecnicamente lavoravano nel Sito-42. Il contenimento non era più necessario da quando la Fondazione non considerava più la Terra una parte della "normalità", e non avevo visto del personale di Classe-D o -E da mesi. Tutte le anomalie inanimate erano già state sigillate e trasportate via dal pianeta, e potevo solo sperare che la stessa sorte fosse toccata a quelle senzienti. Quando lo stato del North Carolina richiese alla Fondazione di fornire prova del fatto che tutti gli esseri viventi fossero stati evacuati dal 42, mi fu assegnato il lavoro di far uscire gli schippi umani che rimanevano: persone che per anni avevano contato su di noi per tutto, a cui fu consegnata la pila dei loro documenti civili scaduti da anni, dicendo loro di andare alla stazione di polizia di Carolina Beach se gli serviva aiuto per rimettere assieme le loro vite.

Non potevano. Me lo dissero, che non potevano. Alcuni erano lì da più di vent'anni: non avevano uno stipendio, non avevano una casa. In quel momento Wilmington non aveva nemmeno ripetitori per i cellulari, o un negozio che avesse ancora cibo sugli scaffali. Il panico nella società era già passato per la città, senza lasciare nulla sulla sua scia. Non ero cieco, né mi sorprendevo del fatto che lo stato apparentemente lo fosse. Li feci firmare, raccolsi i documenti, mi scusai per quello che stava accadendo, e tornai nell'ufficio della sicurezza.

Era un giovedì, mentre mi trovavo nell'ufficio mobile del Direttore dei Trasporti della Regione I, Divisione per le Attività Extrasolari, parcheggiato sull'erba morta davanti all'ingresso veicoli del 42. Mi chiese se ero pronto ad evacuare. Voleva sapere se ero pronto per fare la storia su altri pianeti, che non era rimasto nulla per me sulla Terra; mi disse che questa era la mia ultima chance per andarmene da Wilmington… che la Fondazione stava creando un futuro luminoso per l'umanità, lontano dall'influenza di SCP-3848 e dagli altri orrori che flagellavano la Terra e soltanto la Terra.

Mi disse che proteggere l'umanità era il nostro solo ed unico obiettivo, e mi domandò perché non sembravo pronto per farlo.

Gli restituii la mia carta d'imbarco, e tornai dentro.

Oggi è domenica. Domenica 11 Giugno 2043. In questa struttura sono ancora presenti 25 esseri umani; meno di metà sono membri del personale, il resto sono persone che hanno bisogno di noi. Da qualche giorno sono rimasto all'interno, da quando una cosa più grossa di quanto potevo gestire è emersa dall'oceano ed ha iniziato a demolire ciò che rimaneva della stazione LORAN. Non credo possa raggiungerci quaggiù. Ho 62 anni, e penso sia un buon numero per tagliare il traguardo; le due signore di Ricerca & Sviluppo che mi stanno aiutando a riparare i generatori nell'Ala di Contenimento di Livello Euclid B4 ne hanno rispettivamente 56 e 58. Siamo ancora vivi: faremo del nostro meglio, il più a lungo possibile.

Ho trascorso 18 anni aiutando la mia famiglia, che mi raccomandava di proteggere me stesso. Ne ho trascorsi 15 servendo il governo degli Stati Uniti, che mi ordinava di proteggere il mio paese. Ne ho spesi 29 a servire la Fondazione, che mi diceva di proteggere l'umanità. Credo che il Sito-42 abbia ancora cibo per qualche settimana, e di avere ancora un po' di tempo prima di dimenticare chi sono e cosa ci faccio qui; se potessi riavere indietro la mia giovinezza, ne trascorrerei di più proteggendo anomalie, ed è quello che farò ora, finché ne sarò in grado.

E se esiste qualcosa per noi dopo tutto questo, io credo sarà meglio di ciò che crediamo di meritarci.

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