Immemoriale
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di qntm



"Signora Wheeler! Signora Wheeler!"

Marion Wheeler aveva appena concluso l'ispezione di routine di SCP-8473, e stava per accendersi una sigaretta. Qualcuno le stava arrivando incontro di corsa, appena fuori dall'unità di contenimento di SCP-8473. Wheeler la riconosce: era la dottoressa Eli Moreno, una ricercatrice sul campo, ancora in addestramento, assegnata alla Divisione Antimemetica appena sei mesi fa.

"Dottoressa Moreno, come posso aiutarla?"

"Uhm…", Moreno intrecciava le dita in maniera nervosa. Superava Wheeler in altezza d’una testa abbondante, pur avendo la metà dei suoi anni; i suoi capelli erano trasandati, e gli occhiali fin troppo spessi. Quello che le mancava in esperienza, lo compensava con una pronta intelligenza, e imparava parecchio in fretta. Da lì a un anno, sarebbe diventata una dei migliori agenti che la divisione avesse mai avuto: Wheeler attendeva con ansia quel momento. Non esisteva cosa al mondo che Marion Wheeler amasse di più delle persone competenti.

Ad ogni modo, nella stessa maniera in cui la sua pausa andava via via prolungandosi, le sembrava che il giorno in cui la persona davanti a lei sarebbe divenuta competente a tutti gli effetti si comportasse ugualmente, scivolando lontano, in un futuro assai remoto.

"Dottoressa Moreno, di solito mi aspetto che le persone arrivino al punto del discorso in maniera un filo più rapida di così."

"C'è… c'è una pietra, nei boschi dietro il sito…", Moreno riuscì finalmente a spiccicare: "È… monumentale, è alta quanto un grattacielo. Così alta che oscura persino il sole… Sa di cosa parlo, non è vero…?"

"Si."

"Ma non l'ho mai vista, prima d'ora… Non capisco come sia possibile che io non l'abbia mai vista… Proietta la sua ombra sopra il sito intero… Voglio dire: ma è sempre stata lì?!"

"Sì."

"E questo è dovuto al fatto che…"

"Sì: è dovuto al fatto che, giusto stamattina, tu abbia assunto la tua prima dose di mnestici di grado operativo."

Moreno sembrava allarmata: "Quindi è così che funziona? Vuol dire che perfino qualcosa di così enorme può starsene lì, come se niente fosse, e tutti noi semplicemente non… non ce ne rendiamo mai conto?"

"All’incirca…", Wheeler controllava l'orologio, e riorganizzava a mente la propria agenda: “Estendere questa "pausa sigaretta" fino alla fine del pomeriggio, lasciando l'ispezione programmata di SCP-3125 dov'è. Revisionare le opportunità di promozione dopo la palestra, invece che prima. E la cena… A questo punto, credo salti…"

Moreno, schiacciata dal peso della sua stessa curiosità, finalmente cede, chiedendo: "Di preciso, cos’è?"

Wheeler indica alla propria destra, verso il fondo del corridoio, facendo cenno a Moreno di seguirla senza attardarsi. "Ti faccio vedere."

*

Nel database è classificato come SCP-9429. Moreno non poteva aver letto la sua scheda, non disponendo del livello di autorizzazione richiesto per l’accesso.

La pietra è di forma di parallelepipedo, 91×91×147 metri d’altezza, composta di basalto antico e rovinato dall’erosione. È leggermente inclinata, con pendenza rivolta a nord di qualche frazione di grado. Gli angoli regolari la identificano chiaramente come di origine artificiale, scolpito nella pietra. Si staglia dalla foresta giusto fuori dal Sito-41, e domina — per non dire annichilisce — la visuale delle finestre del sito che affacciano in quella direzione. A mero livello di spazio occupato, è immensamente più grande del sito stesso, sotterranei inclusi. incombente, ingombrante, è impossibile non vederlo. L'idea che qualcuno potesse non notarlo per tutto il tempo era — Wheeler doveva ammetterlo — abbastanza angosciante.

Wheeler guidava Moreno su per il breve sentiero boschivo, fino al monolite; avevano imboccato il tratto a destra, seguendone il perimetro, rimanendo nell'ombra. Era una giornata abbastanza umida, e gocce d’acqua cadevano come pioggia dalla cima del cuboide, e dalle conifere che gli crescevano vicine. Lo scroscio di quella pioggia produceva un rumore bianco, costante, che ammutoliva ogni altro suono intorno a loro.

"È circondato da un leggero effetto antimemetico che lo nasconde", spiegava Wheeler mentre si incamminava, precedendo Moreno.

"Per molte persone è effettivamente invisibile. Sei già stata svariate volte in cima a queste colline, ne sono sicura. Avresti dovuto vederlo perfettamente da lassù, ma hai semplicemente guardato oltre. È normale, uno degli effetti è la rimozione delle memorie delle persone subito dopo aver visto il monolite: quest'ultimo effetto è assai più forte, e sorpasserà il tuo regime mnestico, e perfino il mio."

"Quindi ci dimenticheremo di tutto questo?" Chiede Moreno.

Wheeler le mostra un'agendina semidistrutta, in coppia con una penna a sfera blu dall'aria dozzinale. Moreno capisce al volo, dato che portava appresso anche lei una penna e un blocco note. La soppressione delle informazioni è un campo vasto, e complicato da coprire. A volte, una nota scritta a mano è l'unica cosa che può uscire indenne da una zona che sopprime ricordi, dati elettronici, segnali radio e anche suoni nello spettro dell’udibile. Oltre al telefono portatile in dotazione, antidiluviano, sottile come un mattone, e anche più pesante, molti agenti operativi della Divisione Antimemetica portano con sé una qualche combinazione di fotocamere istantanee o a rullino, un registratore a nastro e testine meccaniche, un blocco appunti o un Walkie-Talkie…

Non che Moreno si aspettasse che qualcosa del genere le potesse effettivamente servire, lì ed oggi.

"Naturalmente—", aggiunge Wheeler: "—uno degli effetti collaterali dell'oscuramento è di non farti ricordare la strada con precisione. Immagino che potremmo anche installare dei cartelli, ma per qualche ragione non viene mai fatto… E non a causa degli effetti antimemetici, bada bene: pura e semplice pigrizia… Oh, guarda — questa sembra la via per salire!"

Erano arrivate ad un passaggio che penetrava il lato del monolite, anche se non si trattava proprio di un corridoio, ma più di una sorta di scanalatura, incredibilmente profonda. Intagliata dalla cima del monolite fino alla sua base, la fessura senza soffitto si apriva in una sottile linea di cielo, e il pavimento a gradini era come una scalinata. Wheeler entra nel passaggio, con Moreno che la seguiva. Le donne si arrampicavano in silenzio da qualche minuto; Moreno si fermava di quando in quando per scarabocchiare qualche appunto, ingobbendosi per proteggere il blocchetto dall’acqua scrosciante; rimanendo indietro, accennava brevi corsette per raggiungere Wheeler, che invece manteneva un passo costante, senza prestare molta attenzione alla sottoposta.

Un po' di tempo dopo, Moreno aveva già perso il conto dei gradini. La scanalatura con la gradinata fletteva in una curva di novanta gradi a sinistra, e il passaggio continuava verso l’alto. Wheeler si era fermata in quel punto, svettando su Moreno, e voltandosi per interpellarla.

"Che idea ti sei fatta, finora?"

"Che cos'è questo posto?", chiede Moreno.

"Dimmelo tu."

"Uhm…" Moreno esita per un momento, incerta di dove la conversazione stesse andando a parare, e nel frattempo ricontrollava i propri appunti: "Dunque… Beh, questo monolite è in definitiva geologicamente alieno. Come prima impressione, credevo che qui ci fosse stata una montagna — che poi sarebbe stata scavata via artificialmente. Però la stratigrafia è peculiare, del tutto diversa dalle montagne e colline qui intorno… dovremmo spostarci di almeno cinquecento chilometri per trovare della roccia basaltica di questo tipo. Il che significa che il monolite deve essere stato estratto da qualche altra parte, ipoteticamente intagliato in loco, e poi spostato qui."

Wheeler non proferiva verbo, ma la sua espressione suggeriva a Moreno che era sulla strada giusta.

"Il che, però, non sembra avere senso…", continua Moreno: "Questo monolite è un blocco unico, giudicando dalle dimensioni e dalla densità, dovrebbe avere una massa superiore ai tre milioni di tonnellate: e badiamo bene, dopo l'intaglio. Una cosa del genere non è… non è umanamente possibile! Neanche la nostra civiltà avrebbe la tecnologia e i mezzi per spostare oggetti di questa taglia, e comunque non per intero."

"Corretto."

"Quindi come ci è arrivato qui?"

"Bella domanda."

Moreno attende speranzosa. Non riuscendo a trovare la soluzione, pendeva dalle labbra di Wheeler.

Ma Wheeler le risponde con un altra domanda: "Cos'altro?"

"…È stato inciso," dice Moreno, indicando ai muri del passaggio coi gradini: "Usando degli utensili, e ho notato che i muri esterni erano simili tra loro, con una finitura parecchio sbozzata. Ma qui e là, in mezzo ai detriti… si vede questo pattern, molto chiaro e regolare. Proprio qui, vede? Piccoli rettangoli verticali, come se fosse… come se fosse un cursore a blocchi in un vecchio terminale."

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"O una lapide, incisa con caratteri tipografici…”, suggerisce Wheeler.

Moreno sbatte le palpebre. "…Sì, si tratta di questo. È un pattern uniforme. Un lavoro molto raffinato, che richiederebbe attrezzi di alta qualità, anche secondo gli standard moderni. Immagino che questo pattern dovesse ricoprire anche l’esterno del monolite, un tempo. Se questo è il caso… I blocchetti sono così minuscoli, e il monolite è così enorme, che ce ne sarebbero dovuti essere centinaia di milioni."

"Corretto", risponde Wheeler: "Qualcos'altro?"

Moreno si era presa un minuto per pensarci. Scrutava in alto, attraverso la pioggerellina, riflettendo sull'atmosfera emanata dal monolite, o della scultira, come sarebbe meglio descriverla.

Solitudine. Silenzio. Desolazione. Stupore… Intimidazione… E assieme al resto, una leggera paura. Anche se, c'era da dire, questa atmosfera intimidatoria e paurosa non recava la sensazione di trovarsi in pericolo. Il monolite non irradiava alcun senso di minaccia.

"E dire che crediamo di essere una civiltà quasi onnipotente…", si era lasciata uscire ad alta voce.

Wheeler aveva sentito l’osservazione, ma non vi faceva seguire altre domande. Con un’aria soddisfatta, si gira e continua ad inerpicarsi per i gradini, seguita da Moreno.

Il sentiero disegnava parecchie svolte, scavando una linea un po' erratica all'interno del cuboide mastodontico, tracciando curve abbastanza aleatorie. Moreno aveva smesso di prendere appunti. Giunta in cima, le sue ginocchia ormai imploravano pietà.

Sbucando dal sentiero scavato nella roccia, strizzavano gli occhi a causa del cambio repentino di luminosità. Si trovavano su un piano umido e inclinato, e sferzato dal vento. Le due donne sentono ancora sotto i piedi quei piccoli rettangoli in rilievo, o epigrammi che fossero. Gli spigoli del lato del cuboide, abbastanza distanti, non erano delimitati: la superficie color grigio scuro terminava bruscamente poco più in là, e da lassù non si scorgeva neanche la linea dell’orizzonte frastagliata di cime di alberi, molto più in basso. La vista del cielo sconfinato suscitava leggere vertigini in Moreno, specialmente per colpa dell’inclinazione; il basalto scolpito sotto i piedi si stava bagnando sempre di più, diventando liscio, umido e sdrucciolevole.

Nei paraggi c’era ammonticchiato qualche pezzo d’equipaggiamento scientifico della Fondazione, unità di grossa stazza, impermeabilizzate e ricoperte da un telo. C'è anche un tavolo con un computer dall'aspetto resistente ma abbastanza usurato, e inequivocabilmente spento. Poco più avanti, si vedeva la forma di un generatore a diesel.

La Wheeler ignora l'equipaggiamento e fa qualche passo dall’altra parte, In direzione opposta a Moreno. Guarda il cielo, mentre giochicchia col suo accendino, senza però accendersi alcunché. L'accendino in realtà era un piccolo cannello alimentato a propano, un dono di sua madre, anche se Wheeler non se lo ricordava più.

Moreno aspetta un po', stringendosi il corpo per riscaldarsi, e inzuppandosi ogni secondo di più. Non cercava riparo sotto il telo, visto che Wheeler non lo aveva ancora fatto. Percepiva qualcosa di imminente. La Wheeler di solito era molto posata, e difficile da decifrare, ma stavolta sembrava apprensiva, inquieta, completamente concentrata sulla fiamma dell'accendino. Sembrava come se la Wheeler non riuscisse a guardarla negli occhi, come se non volesse proseguire con la parte successiva di… Qualsiasi cosa fosse questa roba. Orientamento? Iniziazione? …Nonnismo?

Cos'è che diceva sull'andare subito al sodo?

"È un memoriale", dice Moreno.

"Hmmm…"

Wheeler si ricompone, spegne l'accendino con uno scatto e se lo rimette in tasca, con un’aria relativamente impressionata. Solo relativamente, però.

"Beh, hai ragione. È ovvio, visto che era un'informazione abbastanza telefonata, da quando ho menzionato le to-"

"Quante Guerre Antimemetiche ci sono state?"

Questa affermazione aveva stupito Wheeler: "Diamine, quindi è questo, quel che si ottiene con la teatralità e la si tira per le lunghe più del dovuto! Te lo aveva già detto qualcuno, per caso? O hai letto i file?"

Moreno si era scoperta molto interessata alle proprie scarpe, quasi da non riuscire a rialzarvi mai più lo sguardo.

"Uhm, io… Non… Effettivamente non ne sapevo nulla. Ho solo fatto due più due, e… ho tirato ad indovinare…"

"Sembri imbarazzata", ribatte Wheeler: "Ti vergogni per averci azzeccato trenta minuti prima di quanto io mi aspettassi. Pensi di averla fatta fuori dal vaso, ho ragione? Guardami, Eli."

Moreno alza lo sguardo.

"Continua a lavorare in questo modo. Non abbassare mai l’asticella per evitare di ferire i miei sentimenti o cazzate del genere. Ricordatelo sempre: è una cosa molto importante."

"Quindi… mi dirà finalmente perché ci troviamo qui?", chiede Moreno, per quella che spera essere l'ultima volta. Nel frattempo, l'altra metà del suo cervello si invischiava in una serie di deduzioni mortifere.

*

"Il problema di fondo", spiegava Wheeler: "È che ogni singola persona al mondo che possa assumere sostanze mnestiche di classe elevata, ognuno di loro lavora per me, qui, e la Divisione ha un tremendo bisogno di nuovo staff. In totale siamo quaranta, incluse me e te, e ottanta occhi non sembrano essere abbastanza. Non possiamo osservare una porzione di mondo abbastanza grande alla volta. C'è una parte enorme del pianeta, incredibilmente enorme, che nessun umano ha mai scandagliato con lo sguardo e la mente, un grandissimo pezzo del nostro mondo non è mai stato sufficientemente sondato.

Questo fatto è uno sei grandi limiti alla ricerca antimemetica. Biologia Antimemetica, Paleontologia Antimemetica, Cosmologia Antimemetica, Archeologia Antimemetica… Tutte queste discipline esistono a malapena, i dati degli studi sono inesistenti".

"Nonostante tutto, abbiamo visto le città di questa cultura: a quanto pare ne esistono ancora un paio. Le abbiamo trovate per una mera botta di fortuna, per usare un eufemismo. Un ricercatore della Divisione prende dei giorni di vacanza, va a farsi un viaggetto in Nevada e, ancora strafatto di mnestici, avvista qualcosa all'orizzonte. Qualcosa di questo genere”, indicando il pavimento sotto i loro piedi, e prosegue:

“Le città sono molto rovinate, e sono intrise di un camuffamento antimemetico, il che rende all'incirca impossibile studiarle, anche per noi. Le architetture più imponenti e dalle forme più semplici, come questo monolite, sono sopravvissute meglio delle altre, ma anche queste… Teorizziamo che proprio questa sia una delle ultime cose che crearono, prima di estinguersi."

"Erano umani, probabilmente. Molto più avanzati di noi. Sono esistiti decine di migliaia di anni fa, con probabilità perfino centinaia di migliaia; è ovvio, non ne possiamo essere del tutto certi. È difficile determinare con certezza cosa gli è successo, visto che il loro complesso memetico culturale è stato vittima di una obliterazione letale, i loro concetti culturali chiave, e ognuna delle cose che hanno creato, che difendevano e che erano a loro care non saranno mai più conosciute, né i loro memi verranno mai più propagati.”

"Riteniamo che un agente memetico, un’idea o qualcosa del genere, si fosse insinuato all’interno della loro cultura, e non avessero i giusti adattamenti per difendersi. Forse, addirittura anche un complesso di idee, uno scenario da fine del mondo memepletico di classe Keter."

Wheeler interrompe la spiegazione, e l'unico suono che si sente per qualche interminabile momento è solo quello della pioggia battente.

"…E ce ne siamo dimenticati così, come se nulla fosse?", chiede Moreno: "Il resto di noi, che siamo sopravvissuti alla Guerra, e che siamo diventati l'umanità moderna… Che abbiamo fatto? Abbiamo semplicemente… guardato dall’altra parte e siamo andati avanti?"

"Esattamente."

Moreno era destabilizzata, assalita da una sensazione di vertigine che bloccava ogni suo flusso di pensieri.

"Centinaia di milioni di persone sono morte e… ce ne siamo dimenticati come se non fosse nulla? È questo che mi voleva mostrare? È questo che vuole che io scriva nei miei appunti?!"

"Sì”, risponde secca Wheeler: "Sì. Scrivi tutto quanto, visto che è la prima vera lezione di oggi. Gli umani possono dimenticare qualsiasi cosa: non fa nulla se ci si dimentica qualche dettaglio, perché alla fin della fiera siamo mortali, e abbiamo le ore contate; ma ci sono cose del genere che dobbiamo a tutti i costi ricordarci. È importante e vitale che ce ne ricordiamo, segnati sempre tanti appunti quanti bastano a consentirti di ricostruire il ricordo. Quanto basta per ripercorrere il suo cammino nella tua mente."

Eli annuisce. La pioggia era fin troppo fitta, non ce la faceva più e si era decisa a cercare riparo sotto il telone degli strumenti. Nonostante tutte le possibili precauzioni, alcune gocce di pioggia avevano inzaccherato i suoi appunti.

Scriveva in modo serrato e concentrato da alcuni minuti, assemblando appunti affrettati e rozzi, pieni di cancellature. Si chiedeva come avrebbe reagito quando li avrebbe riletti… O meglio, li leggerà per quella che, allora, le sembrerà la prima volta.

Dopo un po', la Wheeler la aveva raggiunta sotto il telone.

La Moreno guardava con aria assorta le sue note, domandando alla Wheeler, come se non sapesse già la risposta:

"E la seconda cosa?"

"È altamente probabile che la loro cultura avesse qualcosa di analogo alla Fondazione. È anche possibile che avessero qualcosa di equivalente ad una Divisione Antimemetici, non meno. Se la avessero effettivamente avuta, questo significherebbe che la loro Fondazione e la loro Divisione Antimemetici hanno fallito nel loro compito."

"La nostra è una realtà grande, è una Fondazione grande, ci sono tanti SCP di classe Keter e altrettanti Scenari di classe Keter, quindi probabilmente la fine del mondo di turno sarà un problema di un'altra divisione. E sì, una mansione fondamentale per cui ti abbiamo assunta non sarà altro che il classico lavoro di ricerca di base. Un bell’incarico in laboratorio, che più sicuro di così non si può. E infine: sì. Sono trascorsi migliaia di anni. Ne seguiranno altrettanti…", proseguiva:

"…Ma forse non seguiranno affatto, togli pure il forse: e, sempre con buona probabilità, non sarà un nostro problema. Per rispondere alla tua prima domanda: c'è stata almeno una altra Guerra Antimemetica, potenzialmente più di una, da quello che sappiamo, o sappiamo abbastanza bene di sapere. E, senza alcun dubbio, ne sta per arrivare un'altra."

Moreno non dice nulla, sembra disperata, spezzata. Fuori di dubbio ne aveva ogni buon conto, e la Wheeler era abituata a quel tipo di reazione. Questo è, ovviamente, parte fondamentale dell'orientamento di ciascun membro del personale della Divisione Antimemetica. L'imponenza della responsabilità può essere difficile da gestire. Deve esserlo.

"Benvenuta alla Divisione Antimemetica”, dice la Wheeler con tono sardonico. "E buon primo giorno."

*

Moreno continuava a scrivere, mentre Wheeler pazientava in silenzio. La pioggia non accennava a diminuire.

"Ma cosa era di preciso?", chiede la Moreno. "Quale fu l'idea intrusa che ha menzionato?"

"SCP-9429-A", dice Wheeler. "Abbiamo isolato la matrice differenziale memetica negli anni settanta. L'abbiamo riportata su una lastra, che si trova in una stanza a Las Vegas, secondo piano interrato. È per lo più innocua, ora come ora: è così culturalmente aliena agli umani moderni da essere praticamente incoerente, come se fossero geroglifici inventati. Un giorno di questi ti ci porterò."

"Io i geroglifici li so interpretare, però", risponde Moreno: "È sicura che non si possa manifestare di nuovo?"

"In quella forma? Altamente improbabile."

Moreno punta a qualcosa, lontana nel cielo.

La Wheeler osserva, non sembra esserci nulla in quella direzione. Solo cielo sconfinato, e pioggia che cade. "Cosa vedi? Sotto dosi massicce di mnestici, alcune persone dicono di vedere fantasmi, abbiamo pure delle interviste registrate; anche se, resti fra noi, penso che la loro veridicità sia molto dubbia."

"Uhm. No, non mi sembra un fantasma, sembra più una specie di… Kaiju al limite dell’inedia, magrissimo?… Un mostro colossale? È come un pilastro di ragni… È più alto del monolite, almeno il doppio… Si dirige verso la nostra posizione. Sta venendo qui! È una cosa normale?"

"No", aveva detto Wheeler, mentre i suoi pensieri stavano già scorrendo attraverso un diagramma di flusso interiore, come gas pressurizzati entro un sistema di condutture.

"Cos’è?"

"Non lo so…"

"Non è che per caso mi sta sottoponendo a un po’ di santo nonnismo regolamentare, Signora?"

"No, non ti mentirei mai, Eli. Te lo giuro." Un'entità con caratteristiche di mimetismo antimemetico, e con l'aspetto descritto da Moreno, ha circa lo 0% di possibilità di essere amichevole. Avrebbero avuto decisamente bisogno di supporto, ma Wheeler si era subito resa conto che il suo telefono non prendeva. Provare con quello di Moreno non avrebbe avuto senso, e lo sapeva già. L'unico modo possibile per far arrivare un messaggio fuori da qui sarebbe un messaggio scritto… Un aeroplanino di carta, da lanciare attraverso il bosco?”

"Si sta abbassando! Penso che mi stia… guardando?”, narrava Moreno, gli occhi fissi su uno spazio vuoto nell'aria umida, che si abbassava lentamente. Non distorceva neanche il tragitto delle gocce di pioggia! La Wheeler non l’avrebbe mai potuto percepire, neanche alla lontana.

"La sua testa è gigantesca, larga più o meno 10 metri, ha… ha tenaglie, e pedipalpi da artropode su tutta la faccia, con dozzine su dozzine di occhi, alcuni dei quali visibilmente ciechi. C'è… C'è qualcuno che lo cavalca."

"Cosa? Descrivimi l’aspetto del fantino."

"Maschio caucasico, circa 20 anni… magro, jeans, capelli castani sporchi, con urgente bisogno di un barbiere. Sembra gli abbiano sparato. Sanguina un sacco, ma non sembra preoccuparsene troppo. È ferito al fegato, alla gola, poco sopra la clavicola… e sorride… Con la bocca sembra stia dicendo… «No. Non è successo niente. Non è mai successo niente. Niente»."

A Wheeler serve una frazione di secondo in più per capire se le ferite da proiettile sono solo dettagli intenzionalmente spaventosi, o se l'uomo intangibile stesse effettivamente usando una qualche abilità antimemetica per ignorare delle ferite mortali e, nel secondo caso, come se le fosse inizialmente procurate, ma c'erano questioni ben più importanti ora come ora. "Riesce a vedermi?"

"Si."

"Riesce a vedermi? Riesce a sentirmi?"

Moreno, lo sguardo fisso, sta iniziando ad sentirsi egregiamente terrificata. "Vuole… vuole sapere con chi sto parlando."

"Non dirglielo! Non devi dargli nessuna informazione su di noi! È chiaro, Moreno? Mi hai capita bene?", Wheeler aveva estratto il suo walkie-talkie dalla cintura, l’aveva impostato come radiofaro di emergenza, si era voltata e lo aveva scagliato con tutta la sua forza in direzione dell'edificio principale del Sito 41. Con un po' di fortuna, sarebbe atterrato intatto nel bosco, fuori dalla zona di soppressione proiettata da SCP-9429, richiamando una Squadra Speciale Mobile.

"Chiedigli un po' chi diavolo è!"

Moreno rimaneva incredibilmente rigida, con le braccia strette ai fianchi.

"Chi sei? …Mi dice… Mi dice che ha quasi finito. Dice che mi ucciderà."

"Manco per il cazzo! Eli, ascoltami. Fuggiamo di corsa. Ci scapicolliamo giù per le scale: appena superiamo il perimetro del monolite, ci cancellerà la memoria."

"Non mi riesco a muovere!"

La Wheeler prova a tirare una delle braccia della Moreno, non si muovono. "Metti un piede davanti all'altro!"

"Mi ha presa!", disse d’un fiato. Moreno adesso strabuzzava gli occhi, e rantolava in iperventilazione.

Wheeler si era allontanata di un passo, e analizzava freneticamente la situazione.

Non riusciva a vedere, o toccare nessuna delle zampe del'aracnide colossale che ghermiva Moreno, o il muso monumentale da cui Eli non sembrava capace di scollare gli occhi. Non percepiva il cavaliere, ma credeva alle parole di Moreno, che tutte quelle anomalie di cui parlava erano lì, vive e reali, per quanto questa ultima definizione abbia un senso limitato.

D’istinto si era già portata le mani alla cintura; ma, ovviamente, non aveva un'arma con sé: visto che si tratta di un SCP Safe in un sito di basso livello di sicurezza, perché mai avrebbe dovuto portarsene una? Che poi, chissà che differenza avrebbe fatto visto che, a quanto pare, gli aveva appena descritto questa entità mitologica come addirittura in grado di fregarsene delle pallottole. Non aveva abbastanza opzioni. La voglia di bestemmiare forte era debordante, ma si era morsicata la lingua per tacere.

La Moreno aveva urlato.

"Eli!", grida Wheeler di rimando: "Non guardarlo. Guarda me! Sono qui, sono qui con te!”

"Non ce la posso fare!"

"Tu sei più forte di lui, Eli!"

"Non è vero! Non è vero! Sono debole, debole e stupida!"

"Sei la migliore che abbiamo", ribatte Wheeler con sincerità: "Non ti sto dicendo balle. Sei riuscita a vedere questa roccia su cui siamo, quando tutto il resto del personale lo ha sempre bellamente ignorato. Puoi batterlo, immagina che tutto questo sia solo un addestramento! Niente più che un’esercitazione per uno Scenario di clas—!"

"Ci odia così tanto", diceva Moreno dolente: "Non sono capace di spostare i miei pensieri lontano da lui, non posso…! Non posso vedere nient'altro! Basta… Per favore… Basta!”

Wheeler le va alle spalle, le mette una mano su una spalla per tenerla stabile, e le assesta un colpo secco sulla giugulare, giusto sotto l'orecchio. Le ginocchia di Moreno cedono, facendola cadere svenuta. Wheeler era riuscita ad afferrarla un millisecondo prima che il suo cranio impattasse col terreno.

A quanto pare, però, il colpo inflitto non era stato abbastanza forte: Moreno si stava riprendendo dopo pochi secondi di mancamento, agitandosi mentre tornava padrona del proprio corpo, e per lei era stato come svegliarsi da un incubo, e aver scoperto di essere dentro un’altro, più vivido, e più terrificante.

Stritola la mano della Wheeler, le si strozza un grido in gola. Il suo cuore si era arrestato.

Wheeler la ribalta sul dorso, e prova disperatamente a rianimarla; senza un defibrillatore, le possibilità di far ripartire il cuore di Eli Moreno sono basse, se non proprio zero.

Nessuno verrà a salvarle, non ha lanciato il Walkie-Talkie abbastanza lontano.

Dopo quindici estenuanti minuti di massaggio cardiaco, si era arresa.

*

Wheeler era collassata su sé stessa contro il muro del corridoio, sul penultimo gradino, a un passo dal lasciare il campo di influenza di SCP-9429, e stava cercando di capire che stracazzo avrebbe dovuto scriversi come appunto in una situazione di merda del genere.

Che cosa in cielo e in terra poteva mai essere quella cosa che aveva ucciso Moreno? Gli era entrata nella mente per qualche secondo, e l'aveva ammazzata. Eli era brava almeno quanto il migliore di tutti noi. Era al massimo delle proprie capacità… E comunque non è stata capace di resistere. Come cazzo si potrà mai combattere un mostro antimemetico che si nutre proprio delle persone più che studiano gli agenti antimemetici?!

O forse si potrebbe… Si potrebbe cercare di sintetizzare un contromeme: un agente neutralizzante!… Ma bisognerebbe essere completamente schermati mentre ci si lavora su… Servirebbe un laboratorio sigillato ermeticamente ed auto-sostentante, una sorta di Arcologia come quelle che costruiva Bart Hughes, come… proprio come quella sotto il Sito 41!

Oh Dio Santissimo… per quanto tempo abbiamo combattuto contro cose del genere?!

Aveva avvertito un fruscio da dietro, e si era girata a guardare: eccolo là, in cima alla scalinata; eccolo là, il cavaliere che vedeva Moreno. Un giovane magrolino con un'aria imbronciata e ostile, e… sì, ecco là anche le due ferite in pieno corpo, che zampillavano sangue, e gli inzaccheravano completamente le scarpe.

La figura la chiama: "Marion Wheeler! È dall’ultima volta al lago che noi abbiamo un conto in sospeso!"

Wheeler si alza. Non ha la minima idea di che lago stesse mai blaterando, ma non osava farsi uscire una parola.

Il cavaliere aveva fatto un gesto, e ragni blu, neri e marroni di ogni taglia immaginabile avevano iniziato a piovere dai lati, inondando il corridoio fino alle sue ginocchia, cadendo oltre le sue spalle, e franando istericamente verso la Wheeler. La massa di artropodi emavanava un fruscio strano, organico, come se fossero un ammasso di foglie bagnate. Ora come ora ce ne saranno milioni, che probabilmente sarebbero stati diverse volte più efficaci, se lei fosse effettivamente aracnofobica.

Pessimo.

Se non altro, aveva appena appreso qualche tratto saliente circa questa entità: che se le erano, evidentemente, già suonate prima di quel giorno; che gli stava particolarmente antipatica; che è dotato d’una parlantina simil-umanoide… e che disponeva di una fantasia alquanto meschina.

Ma Marion non aveva abbastanza tempo per appuntare nemmeno una sillaba prima che il torrente di aracnidi la travolgesse. Avrebbe varcato l’ingresso della galleria, e avrebbe dimenticato tutto quanto.

Eli Moreno e la sua mente meravigliosa erano morte invano. Che spreco immondo.

Il tempo era scaduto. Aveva fatto il passo indietro. Era uscita dal campo antimemetico del monolite.

*

La pioggia stava finalmente scemando. Wheeler si era accesa una sigaretta, e si stava avviando verso l'edificio principale.

È quasi ora dell'ispezione di routine di SCP-3125.

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