Crediti
Autore: DrEverettMann
Originale: Immediate Actions
Traduttore: Roberto Turati
Ci furono delle esplosioni, da qualche parte nel sito. Non era proprio una novità, ma quelle non sembravano controllate. Neanche questa era una novità, ma SCP-105 si agitò comunque. La porta della sua unità di contenimento si aprì ed entrò un agente. Era giovane, sembrava messicano e Iris non lo riconobbe.
«SCP-105, alzati. Dobbiamo trasferirti»
Si capiva che era un novello: quasi tutti i membri del personale del Sito-17 erano abituati a chiamarla per nome, al di fuori della documentazione ufficiale: gli strizzacervelli credevano che aiutasse a mantenerla emotivamente stabile. C'era da ridere. Iris si alzò dalla sua sedia e chiese:
«Dovrei prendere qualcosa?»
L'agente le fece segno di sbrigarsi:
«Non c'è tempo. Manderemo qualcuno a prendere le tue cose dopo»
SCP-105 andò alla porta. I tempi in cui opponeva resistenza o cercava di scappare erano finiti da parecchio. Dove poteva andare? Era probabile che finisse in un posto peggiore. L'agente la fece uscire nel corridoio e non si prese il disturbo di richiudere la porta. Fu allora che Iris si rese conto che la situazione era estremamente grave, in confronto alle situazioni gravissime a cui si era abituata. L'agente esitò un attimo, poi disse:
«Di qua»
SCP-105 si offrì quasi di fargli da guida, ma dubitava che fosse pronto a vedere un'anomalia prendere quella sorta di iniziativa. Nei paraggi, ci furono degli spari. L'agente sfoderò la pistola e le ordinò:
«Stai dietro di me»
Nel corridoio successivo, c'erano dei morti. Due cadaveri erano addetti alla sicurezza del sito, un terzo indossava un'uniforme nera mai vista prima. Mentre l'agente si avvicinava alla porta più vicina, ci fu uno sparo e le cervella del malcapitato gli schizzarono fuori dalla nuca. Iris si accucciò nello stipite di un'altra porta e si raggomitolò con tutte le sue forze nella bassa alcova. Rimase in ascolto, mentre qualcuno camminava fino alla porta. SCP-105 trattenne il respiro e aspettò di vedere se fossero entrati o se si fossero sporti all'interno abbastanza da vederla. Dopo un istante, li sentì voltarsi e andare via. Rimase ferma ancora un attimo, poi si chinò in silenzio e prese la pistola dell'agente morto. Quell'azione infrangeva qualsiasi regola, ma Iris preferiva evitare di morire in uno scontro a fuoco insensato e dare la priorità alla sua vita, in quelle situazioni.
Scelse un corridoio diverso. Sperava di incontrare qualcuno che potesse aiutarla. Si augurava che non le sparassero: sarebbe stato bello. C'erano delle unità di contenimento, ma SCP-105 le evitò. Non si sapeva mai cosa c'era lì dentro e, in ogni caso, sospettava che gli intrusi con le uniformi nere volessero proprio le anomalie. A meno che non fossero davvero interessati alla collezione di graffette del dottor Jones. Nel corridoio successivo, l'unità di contenimento si era aperta e la porta era stata scardinata. C'erano tanti cadaveri in nero sul pavimento. In mezzo a loro c'era un orco, intento a spolpare un femore. Era alto due metri e mezzo, aveva il naso a patata, la testa ovale e denti appuntiti: SCP-082, Fernand il Cannibale. Quando vide Iris, fece un sorriso malvagio e le chiese:
«Ah, ma chère, ti unisci alla festa?»
SCP-105 strinse la presa sulla pistola e si impose di mantenere la calma.
«Fernand»
«Ti va di fare un picnic con me? Sto facendo il mio esercizio mattutino» chiese lui.
«Ehm… no, grazie»
Iris iniziò a superarlo. Non in fretta, senza correre: i predatori inseguono ciò che corre.
«Come vuoi. Magari ci rivediamo dopo, eh? Un piccolo rendez-vous, très romantique!»
SCP-082 sghignazzò a denti scoperti e Iris trattenne un brivido. Tuttavia, per quanto fosse terribile, Fernand non reggeva il confronto con Abele. Quando entrò nell'anticamera successiva, SCP-105 vide la sagoma di una mucca, ma del tutto nera. L'area circostante sembrava un po' distorta, come se stesse facendo qualcosa alla luce. La sagoma iniziò ad avvicinarsi a Iris, che se la diede subito a gambe levate. Se la sarebbe rischiata con gli uomini in nero: almeno sapeva cosa facevano i proiettili. Sentì l'entità accelerare e svoltò un angolo, sgusciò oltre una porta e la chiuse. Mentre si adagiava contro la porta e riprendeva fiato, sentì l'eco staccato degli spari. Si buttò sul pavimento, contò fino a tre, maledì l'entità-mucca in silenzio e alzò lo sguardo.
Nel corridoio, a tre metri di distanza, c'erano cinque degli uomini in divisa nera che sparavano, usando una scrivania rovesciata come riparo di fortuna. SCP-105 non capiva a cosa stessero sparando da dov'era, ma i proiettili che sfrecciavano sopra la sua testa indicavano che la sicurezza del Sito-17 non era ancora fuori dal combattimento. Tuttavia, gli spari che venivano da quella direzione non erano molti, in confronto a quelli degli intrusi. Sembrava che gli addetti alla sicurezza della Fondazione fossero in inferiorità numerica, almeno in quel corridoio.
Iris valutò le sue opzioni. Poteva aspettare e aspettare che la Fondazione mandasse rinforzi, ma le sembrò rischioso. Chiunque fossero, quegli aggressori erano organizzati: probabilmente, avevano pianificato una buona strategia di evacuazione. Una volta che si fossero accorti di lei? Poteva fingersi morta, ma anche un'anomalia morta poteva tornare utile e avrebbero capito che stava fingendo piuttosto in fretta. Chiunque fossero gli uomini in nero, SCP-105 dubitava che l'avrebbero trattata bene come la Fondazione. Dunque, le rimaneva solo un'opzione.
Si alzò in ginocchio, prese la mira con attenzione e sparò all'uomo più vicino alla nuca, poi quello accanto e quello davanti. Fu facile. E la cosa che odiava di più sulle uccisioni era la facilità con cui le riuscivano. Ci fu uno scatto e la pistola si inceppò. Senza neanche pensare, tornò alle sue azioni immediate: diede una botta al caricatore col palmo della mano, poi tirò indietro il carrello e un proiettile inceppato schizzò fuori. Gli altri due nemici stavano iniziando a capire che c'era un problema, quindi Iris sparò al quarto. Il quinto stava per colpirla, ma poi uno sparo alle sue spalle lo uccise. SCP-105 tornò a provare emozioni solo quando l'ultimo intruso cadde a terra e si sentì un nodo alla gola. Chiamò le guardie:
«Sono io, SCP-105. Sono morti»
Gettò la pistola e la allontanò con un piede, poi rimase inginocchiata con le mani dietro la nuca finché gli agenti non la presero e la portarono al sicuro.
«Signora, deve proprio dare un'occhiata»
Henri era agitato, ma lo era sempre. Davvero, come un cane di piccola taglia.
«Di che si tratta?» chiese la donna.
O5-10 era ancora un po' stanca: era stata una lunga nottata. Di solito lo era. Ma l'ultima volta che Henri le aveva detto che doveva proprio fare qualcosa, c'era stato un attentato alla sua vita. Era brava a captare i segnali come quello. Henri le mostrò un filmato della sorveglianza:
«Immagini dall'ultima breccia nel contenimento. Ecco, credo che debba prestare particolare attenzione qui»
«Sì?»
L'uomo saltò a un punto della registrazione in cui si vedeva una ragazza bionda. O5-10 rimuginò e ammise:
«Sì, capisco. Sì, ottimo lavoro, Henri. Avevi ragione: dovevo proprio vederlo. Secondo me, dovremo vederlo proprio tutti»
Detto questo, aprì un programma molto speciale sul suo telefono.