Il DanNatO Del Virtus
voto: +8+x

Renato invidiava gli inservienti degli altri siti. Loro giorno e notte svolgevano i compiti meno desiderati e retribuiti di tutta la Fondazione, ma almeno sperimentavano faccia a faccia l’anomalo. Entro i limiti delle loro credenziali portavano sempre storie da raccontare e potevano intrattenersi in conversazioni con i ricercatori più strampalati. Lui era una delle eccezioni, era stazionato al Virtus, a compiere le stesse mansioni d’un bidello scolastico: conosceva l'anomalo solo attraverso freddi e distaccati dialoghi e stracci di carta passati per il trita documenti. Mentre altri inservienti parlavano della macchia d’inchiostro che gli faceva mettere le mani nei capelli ogni volta, lui riportava come cosa più interessante mai avvenuta la maledizione di Remo. Dal nome si anticipavano qualcosa di epocale, ma lui parlandogliene non riusciva neanche a cacciargli una risata, poteva solo raccomandargli di non portare poltrone costose a Roma. C’era chi invidiava la calma del suo di lavoro, lui non gli credeva e, anzi, si sentiva come il più dannato dei DanNatI.

Come ogni altra tarda nottata, era il suo turno di ripulire i cubicoli dove alloggiavano i freddi burocrati del Virtus; la moquette era giurisdizione del roomba, mentre le pareti, poi i gabinetti e poi i cestini la sua. Stava lavando via del bianchetto che era in qualche modo finito sul soffitto quando, calmato dal ronzio del compagno robotico, lasciando scorrere i pensieri allo stesso ritmo di quest’ ultimo, pensò fra sé e sé:

-Odio questo posto, odio i suoi bicchieri di carta "iper biodegradabili", odio i beep dei fax e delle stampanti, odio l’intonaco beige e odio ripulire questo inferno al buio come un coglione! Sarebbe molto più sopportabile se avessi qualcun altro durante i miei turni ma NO! "bagni e uffici sono perfettamente gestibili da una persona sola" aveva detto Marco Lindo. Cazzo, almeno gli sciagurati che puliscono le caldaie sono in quattro e vanno d'accordo, ho anche sentito che hanno portato un televisore ed un mini frigo. Anch’io voglio un mini frigo per diamin…-

Il flusso di pensieri fu interrotto da una tiepida luce blu, che si faceva strada dai cardini d’una porta fino ai suoi occhi. Per evitare di cadere dovette scendere dalla scala, rendendosi conto che la macchia era bella che andata. Seguì la luce e la vide riflettersi sulla superfice del roomba, che spingeva una porta socchiusa per aprirla del tutto. Corse verso di lui: se la luce era accesa, c’era qualcuno dentro e, se c’era qualcuno dentro, quel qualcuno non avrebbe gradito la visita. Stava per raccoglierlo quando la porta si aprì di colpo e due mani con delle maniche rimboccate raccolsero il robottino e glielo porsero. Alzò lo sguardo e vide che le mani erano attaccate a braccia, attaccate a spalle, sotto ad un collo, percorso da una lunga cicatrice che risaliva per una faccia e terminava con un occhio di vetro che risplendeva alla luce della stanza

-Questo è suo, giusto?- disse una voce tremolante.

Renato, imbarazzato, prese di fretta il roomba e si scusò: -Sì, certamente… Mi scusi, ma con chi ho l’onore di parlare?-

L’altro porgendogli la mano rispose: -Paolo Conquistra, Vicedirettore.-

-Oh- rispose, la sua mente stava andando a mille, era davanti al famigerato Conchistra, il funzionario più freddo di tutto il Sito se non della Fondazione. Giravano voci sul suo conto, nessuna di queste buone, era noto come Paul Allen, Schwarzenegger o Paul NoGoodman. Nessuno gli parlava e lui non parlava con nessuno, beh, solo con il Direttore, ma aveva senso. C’era anche chi lo credeva una talpa del CFO, della CI, la GOC o, peggio, dei Sovrintendenti.

Renato diede del suo meglio per mantenere la calma e disse: -Scusi, ma a quest’ora non dovrebbe essere tornato a casa?-

E l’altro: -Oh… io vivo qui.-

-Vive qui sul serio? Qui nel senso di qui?- rispose inquietato dalla scoperta.

-Qui, nell’ufficio- confermò facendo un passo indietro ed indicandogli un divano dietro l’angolo della porta.-

-Là?- chiese.

-Oh, dimenticavo- senza che Renato capisse il perché, Conchistra si avvicinò goffamente al divano e, infilando le mani sotto i cuscini per ribaltarli, lo rivelò essere un divano letto.

-Ecco qua, pratico, multifunzionale e, per come è disposto, blocca la porta ai disturbatori mentre sto dormendo.-

Il Vice stava ancora battendo la mano sul materasso complimentandosi quando fu interrotto da un -Ma mettendo che lei, per un'emergenza, non riesca ad alzarsi e deve far entrare dei soccorsi?-

Conchistra, fulminato dalla realizzazione, recuperò nuovamente il suo tono professionale e disse:
-Cough, ma certo. Infatti stavo giusto per spostarlo, per questo motivo… ma anche per altri che sicuramente non le sembrano palesi.-

Renato, cercando di riparare i danni di quella conversazione, chiese, anzi disse: -Lasci che la aiuti.- cosa a cui Paolo non si poté opporre.

Appoggiato il roomba e portato a termine il lavoro, Renato prese fiato e si rese conto: -Oh, che maleducato, prima voleva stringermi la mano, non è vero?- al che lui gli afferrò forzatamente la mano e gliela strinse, non che Conchistra avesse da ridire.

-Già che sono qua vuole che le pulisca l’ufficio… uh, casa?-

-No, avrei appena finito io a dire il vero.-

Si guardò attorno e vide, sotto la volta d’una torcia UV, pavimento, soffitto, pareti, mobili e soprammobili lindi.

-Beh che dire, ottimo lavoro.-

Per rompere il ghiaccio della situazione ricongelatasi, l’inserviente proseguì: -Conchistra, nome curioso… è spagnolo?-

-Di discendenza, infatti si scriverebbe Conquistra con la qui, ma la pronuncia tanto è uguale.-

Sondando la stanza in cerca di nuovi argomenti per tenere viva la conversazione, mise gli occhi su un appendiabiti e i suoi accessori.

-Una kippah, è ebreo?-

-Sefardita, non praticante, non la indosso mai, ma mi sentirei in colpa a lasciarla in un cassetto.-

-Ah, che vuol dire sefardita?-

-Spagnolo ed ebreo.-

-Ah, non si finisce mai di imparare.-

Lo conversazione si spense ancora, al che Conquistra gli chiese: -Vuole che la aiuti con le pulizie?- Renato accettò, non che avesse da ridire.

I due, in compagnia del roomba, ripulirono l’edificio da cima a fondo, dal gabinetto intasato al secondo piano alla macchia non ben precisata al terzo. Una volta steso un velo pietoso sulla collezione di giornaletti trovata in un cubicolo del quarto, tornarono al piano terra esausti, sedendosi contro il muro. Si erano nutriti con varie conversazioni, alcune ebbero vita più lunga, altra più breve, ma quella che stavano intraprendendo al momento finì con un:

-Quando troverò il bastardo che continua a sbagliare il mio nome nei trascritti… beh lo avrò trovato!-

-Già! E quando invece io troverò chi riempie di scarabocchi la bacheca nella sala comune…- Conquistra, sentendosi chiamato in causa, fu mosso dall’impulso di cambiare discorso.

Dicevi di volertene andare, vero? Non vedo perché, è un posto tranquillo, quasi mai qualcuno ci muore e poi…-

-È questo il punto, che senso ha far parte d'una segretissima organizzazione alla Men in Black se poi fai lo sguattero nel loro edificio più blando?-

Conchistra afferrò il roomba e iniziò ad accarezzarlo come un gatto:

-Gli stazionamenti agli altri siti non sono da invidiare, avrà presente il tizio con la mano-orologio, oppure il tizio sciolt…-

Intervenne Renato: -Sì, il tizio sciolto vivo, ci ho fatto qualche partita a carte, mi ha anche raccontato la roba che ha visto là dentro, pazzesca.- ridacchiò.

Paolo riprese: -Il punto è che è fra quelli più al sicuro, non parliamo neppure del demonio metallico che ha ucciso così tanti agenti, abbiamo ricercatori fatti fuori da un mazzo di carte. Non ha una famiglia? Non vorrebbe svegliarsi sapendo di rivederla a fine turno?-

Renato credeva di avere una risposta pronta, ma invece porse una domanda: -Lei perché vive nel sito?-

Preso alla sprovvista, Paolo si strinse il roomba al petto e disse: -Diciamo che ho un mirino sulla testa.- Renato sentiva di aver toccato un tasto dolente, quindi gli appoggiò la mano sulla spalla, lui continuò -Solito fine settimana, rosichi per un tuo collega avvocato, indaghi su di lui, scopri che è in un giro con gentaglia, loro ti trovano, ti lasciano un souvenir- si indicò l'occhio -e poi attiri l'attenzione di un'organizzazione segretissima alla Men in Black che vuole assumerti. Ovviamente non sono l'unico che cercano di uccidere, ma sono il meno importante nella lista, in sintesi non vale la pena darmi una scorta perché vada da sito a sito.

-Cazzo.- disse Renato.

-Cazzo eccome.- aggiunse Paolo -Ora che ci penso, è la seconda persona dopo Saverio con cui ne ho parlato.-

-Tu e il direttore vi chiamate per nome?-

-Beh, mi hai appena dato del tu.-

-Oh, scusi.-

-Fa niente.-

Renato si ridistese, alzò lo sguardo al soffitto e disse: -Sai… il beige dei muri non è tanto male, mette in risalto la tua camicia.-

-Ah, grazie. È in riferimento ad una conversazione che non ho sentito?-

-Un monologo interiore.-

-Ah, hai altro da fare?-

-No, grazie a te abbiamo finito prima. Perché lo chiedi? -

-Perché ho una voglia matta di Cluedo e due birre in frigo, sei astemio per caso?-

-No, ma bevo poco… aspetta, tu hai un frigo?-

-Come credevi che mangiassi, a spese della mensa? Guarda che le spese le devo dichiarare io dopo.-

Renato gli fece cenno di lasciar stare e si alzò per dirigersi verso l'ufficio di Paolo, rimasto con la porta aperta. In fin dei conti Renato quella notte fu felice: felice di avere una posizione sicura, felice di bere una bevanda fresca e, soprattutto, felice di avere qualcuno con cui intrattenersi. La mattina dopo si scoprì felice di ritrovare la bacheca nella sala comune ricoperta solamente da documenti ed informazioni essenziali.

Salvo diversa indicazione, il contenuto di questa pagina è sotto licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 License