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«È davvero un’idea stupida» borbottò Skunkboy.

Spostò il suo peso sul tappeto mimetico su cui era stato sdraiato nelle ultime trentasei ore. Era piuttosto certo che gli si stessero infiammando i gomiti e le ginocchia. La cosa peggiore era che stava esaurendo le sacche in cui pisciare e, nonostante tutto l’Imodium e il burro d’arachidi pre-confezionato, prima o poi sarebbe dovuto andare a cagare… e avrebbe dovuto scegliere fra intrufolarsi nell’edificio e rischiare di farsi scoprire o ricorrere ad una delle alternative che l’avrebbero reso ancora più miserabile. Insomma, era più o meno come tutte le altre missioni di un cecchino, tranne che quel giorno era sdraiato tutto solo sul tetto di un grattacielo a Hong Kong, invece che in una foresta o in un deserto. D’altro canto, c’era quel fottuto rumore. Anche se indossava i paraorecchie, il rombo monotono delle ventole di aerazione dell’edificio stava cominciando a fargli vibrare la mandibola. Skunkboy respinse la stanchezza con un battito di ciglia e chiuse gli occhi per qualche secondo, per far passare la vista sdoppiata, poi tornò a guardare attraverso il mirino. Il panorama di Hong Kong di notte non gli dispiaceva affatto. Peccato solo che non avrebbe avuto l’occasione di fare un giro turistico, a parte una fila di capannoni vicino al porto. Un guizzo di luce e dei movimenti attirarono la sua attenzione. Guardò in giro col mirino con calma, poi annuì a se stesso e accese il suo laringofono per la prima volta dopo sei ore e passa:

«Candela Due a tutte le unità, mi ricevete? Passo»

«Candela Uno, ti ricevo forte e chiaro»

«Candela Tre, forte e chiaro»

«Candela Quattro, forte e chiaro. Passo»

«Bene, tutti ricevono forte e chiaro. Qui è Candela Due. Ci sono degli aggiornamenti: gli elementi d’opposizione si stanno avvicinando al porto in orario. Il convoglio consiste in quattro veicoli, ve li descrivo: un’auto sportiva decapottabile, rossa e molto personalizzata. Due SUV neri. Un furgone nero. Il VERITAS rileva… due persone nell’auto sportiva, quattro persone in ciascuno dei SUV. Due persone nel furgone. Nessuna traccia VERITAS dal retro del furgone. Tutte le persone sono umani regolari, nessuna paraminaccia»

Spider interruppe Skunkboy:

«Qui è Candela Quattro. Sei sicuro che non ci siano tracce VERITAS dal retro del furgone? Dovrebbe essercene almeno una. Passo»

«Qui è Candela Due, aspettate un secondo»

Skunkboy regolò le impostazioni del suo mirino VERITAS e fece una seconda scansione del convoglio. Affermò:

«Sì, sono sicuro, Spider. Niente, passo»

«Qualcosa non va. Il manifesto includeva almeno una creatura vivente… dannazione» mormorò Spider, dall’altro capo della trasmissione.

Skunkboy era pronto a scommettere che la taumatologa della squadra stesse camminando avanti e indietro di nuovo, come tutte le volte che si agitava.

«Vuoi sospendere la missione, Spider?» chiese Bullfrog.

«No, sono a posto – rispose Spider – Ma teneteli bene d’occhio per me. Non so che sta succedendo»

«Molto bene. La missione continua. Se inizia una sparatoria, avvio l’operazione. Ricevuto?»

«Qui è Candela Due, aspetto finché tu non spari o me lo ordini. Passo»

«Qui è Candela Tre, comincia tu la sparatoria. Passo» disse Kitten.

«E io che faccio se iniziamo a sparare?» chiese Spider.

«Sta’ giù, trova un riparo e spera di non farti colpire» le rispose Bullfrog.

«Non è affatto una prospettiva invitante» commentò Spider, sardonica.

«Dovrà bastare. Bando alle ciance. Chiudo»

Skunkboy trovò una posizione più comoda e si stirò le dita dei piedi. Ancora un ultimo sforzo e sarebbe tutto finito.


«Lao Feng non sarà contento » mormorò Zheng.

«Lao Feng può baciarmi il culo – disse Yang – Le sue supestizioni non ci hanno portati da nessuna parte. Intanto, le Spade d’Argento stanno crescendo nel mercato… ragazze, armi e droga non basteranno più. Dobbiamo risolvere il problema alla radice»

Zheng insisté:

«Questo è diverso dal trafficare prostitute o eroina e persino armi. È come iniziare a maneggiare bombe nucleari e armi chimiche… non mi piace»

Non era la prima volta che ne discutevano: i due uomini avevano litigato sulla faccenda molte volte, negli ultimi giorni. Ogni volta, il litigio finiva allo stesso modo.

«Preferisci permettere a Shi Wang Zhou e ai suoi sgherri di metterci sotto? Preferisci vedere quel cane del Mancino scopare le tue sorelline? – ringhiò Yang – Perché questo è il nostro futuro, se le Spade d’Argento conquistano il mercato. È questo che vuoi?»

«Certo che no, ma… cazzo, questo è fottutamente spaventoso»

Yang sbuffò:

«Allora non darlo a vedere, non voglio che te la faccia sotto davanti agli stranieri»

«Sai che ti copro le spalle, fratello»

«Lo so. Forza, fratellino, questo è lo spirito»

La decapottabile rossa parcheggiò nel magazzino, seguita a ruota dai due SUV e dal furgone che trasportava la merce. Yang inarcò un sopracciglio, dando un’occhiata al deposito vuoto e male illuminato.

«Pensavo che avrebbero portato più gente» confessò.

«Stronzi arroganti» sibilò Zheng.

Uscì dalla decapottabile e si avvicinò al primo SUV e bussò sul finestrino, che si abbassò, rivelando un uomo imponente con una smorfia sardonica e una brutta cicatrice raggrinzita che gli solcava tutto il lato sinistro del volto.

«Che c’è, Yang?»

«Hanno solo tre persone. Non voglio spaventarli. Quindi voi ragazzi aspettate fuori» ordinò Yang.

«Sicuro che sia una buona idea? E se qualcosa va storto?»

«Di certo è molto più difficile che vada storto, se gli stranieri non credono che sia una cazzo di trappola. Rimanete tutti fuori, ma occhi aperti: tenete le armi pronte, mi raccomando»

«Tutto a posto, fratello»

Yang si prese un secondo per sistemarsi la cravatta allo specchietto del SUV, prima di tornare da Zheng alla decapottabile.

«Pronto?» chiese.

«Sì, andiamo»

C’erano tre persone ad attenderli nel magazzino. Due sembravano teppisti senza cervello: una era una donna alta e muscolosa dallo sguardo annoiato e i capelli corti. L’altro era un uomo basso e robusto dalla barba folta, con indosso un abito troppo stretto per lui che faticava a contenere il suo petto largo. Yang suppose che fossero dei soldati. Dovevano essere le guardie del corpo della terza persona: una donna asiatica che indossava un abito su misura; era giovane e aveva degli attraenti fianchi larghi. Era agitata, per quanto si sforzasse di nasconderlo: continuava ad aggiustarsi gli occhiali e a giocherellare col suo tablet nuovo di zecca. Forse era una nuova assistente del vero capo. Mentre Yang si avvicinava al trio, l’Asiatica gli rivolse la parola con tono irritato:

«Siete in ritardo. E avete portato troppa gente»

«E tu non pensi di averne portata troppo poca? – la provocò Yang – Se avessi così tanti soldi con me, porterei più di due guardie»

«Infatti – rispose lei, arricciandosi una ciocca di capelli intorno all’indice – Dite allo sgherro là fuori di guardarsi il petto, prima che mandi delle squadre a fiancheggiarci»

Yang si voltò, guardò fuori dalla porta e serrò le labbra, prima di annuire a Zheng. Il suo socio ringhiò alla ricetrasmittente:

«Sfregiato, smetti di crederti furbo e di’ ai ragazzi di tornare in macchina!»

«Ma…»

Zheng sbottò:

«Guardati il petto, razza di idiota! Gli stranieri hanno un cecchino!»

Ci fu un breve scambio di imprecazioni alla radio, quando lo sgherro sfregiato si accorse finalmente del puntino rosso che gli fluttuava sul torace; un gruppo di uomini emerse dal buio e tornò di corsa nei veicoli. Yang protestò:

«Da quando i cecchini usano dei mirini laser che noterebbe anche un cieco?»

La donna tirò un sospiro di sollievo e fece spallucce:

«Consideratelo… una dimostrazione. Adesso che ne dite di parlare di affari?»


Skunkboy spense il puntatore laser e se lo rimise nella tasca dei pantaloni. Era un trucchetto scemo, ma funzionava piuttosto bene quando si trattava di intimidire. Il Cinese più alto con l’abito di seta elegante annuì al suo amico, che disse qualcosa nella sua ricetrasmittente. Il furgone si allontanò dai due SUV e iniziò ad entrare nel deposito in retromarcia.

«Merda, non ho una visuale sull’interno del furgone» sibilò alla radio.

«Tieni d’occhio gli stronzi di fuori, lascia il furgone a me e a Kitten» ordinò Bullfrog.

«Capo, gli stronzi di fuori sono otto. Nemmeno io posso abbatterne otto»

«Allora spara al capo per far abbassare la cresta a tutti gli altri, se inizia la sparatoria, noi aiuteremo il più possibile» rispose Bullfrog.

«Fai presto a dirlo» si lamentò Skunkboy.

Ma riabbassò la testa e continuò a sorvegliare la scena all’esterno dal mirino. Tuttavia, per tagliare la testa al toro, si accertò di avere il caricatore pieno.


Le porte del furgone furono aperte e la giovane asiatica si accigliò. Entrò nel retro del furgone e osservò l’interno di una gabbia dalle sbarre robuste.

«È morto» disse.

«Era vivo, quando siamo partiti» si giustificò Yang.

«Be’, adesso è morto. Cosa dovrei fare con un esemplare morto?» sibilò la donna.

«Non saprei, imbalsamarlo ed esporlo?»

Passò le dita sulle sbarre della gabbia e si sbatté le mani sui fianchi:

«Un attimo, questa gabbia è d’acciaio?»

«Sì. È un problema?»

«Certo che lo è! Queste creature sono allergiche ai metalli ferrosi! Non mi stupisce che sia morto strada facendo! Magari è andato in shock anafilattico prima ancora che foste a metà strada! E voi teppisti senza cervello non ve ne siete accorti?»

«Kai?» ringhiò Yang.

Il teppista più giovane si grattò il collo, imbarazzato:

«Lo sentivamo gridare e sbattere! Poi ha smesso, ma pensavamo che stesse solo…»

«Sei un fottuto imbecille! Perché non me l’hai detto?» sbraitò Yang.

Kai fece per ribattere, ma si bloccò e si morse la lingua, prima di inchinarsi al criminale più anziano in segno di rispetto:

«Non ho scuse, signore»

«Riporta il culo nel furgone e inizia a scaricare. Dopo faremo i conti» ordinò Yang.

Guardò la donna e le rivolse il sorriso più affascinante che riuscì a fare:

«Signorina, le mie più sentite scuse per…»

«Non pagherò il prezzo pieno per la consegna – lo interruppe lei – Vi darò solo due milioni»

Zheng obiettò:

«È metà di quello che avevamo stabilito! Solo perché uno stupido animale è morto?»

«Quello “stupido animale” era l’articolo più prezioso del carico, tutto il resto sono cianfrusaglie. Due milioni, prendere o lasciare»

«Prendiamo» tagliò corto Yang.

Dopodiché, si accostò al suo amico e gli sussurrò:

«Preferisci che inizino a vedersela con le Spade d’Argento?»

«Yang, due milioni non bastano. Non possiamo armarci con due milioni. Ce ne servono almeno tre» sottolineò Zheng.

«Per ora, ci accontenteremo di due milioni. Poi prepareremo una seconda consegna per gli stranieri»

«Non sarà d’aiuto, se le Spade d’Argento fanno la loro mossa prima»

Yang sospirò:

«Allora possiamo solo pregare che non lo facciano. Forse dovresti investire un po’ di quei due milioni in incenso per gli dèi»

Diede una pacca sulla spalla all’amico e si rivolse agli stranieri:

«Vada per due milioni»


Skunkboy tirò un sospiro di sollievo:

«Oh, grazie a Dio. Non avete idea di quanto quel tizio brutto di fuori fosse vicino a sparare. Aveva già sfilato la pistola dalla fondina»

«Be’, adesso è finita – disse Bullfrog – Prendi le tue cose e andiamo via dalla Cina»

«Va bene, ci vediamo…»

Skunkboy impietrì, quando qualcosa si mosse ai margini del suo campo visivo. Ingrandì la visuale del mirino e guardò in basso a sinistra. Si sentì mancare:

«Cazzo! Capo, ho fatto un casino!»


Yang si stupì quando l’uomo basso e tarchiato si portò una mano all’orecchio ed esclamò in inglese:

«A rapporto!»

Lo stupore aumentò quando afferrò la spalla della donna e la allontanò dal furgone, spingendola a terra, per poi mettersi una mano nella tasca interna della giacca.

«Che sta succedendo?» chiese Yang.

«Stanno per colpirci! È una trappola!» esclamò Bullfrog.

Yang si voltò per ordinare a Teng lo Sfregiato e ai ragazzi di stare pronti, ma si accorse che tutti e otto i soldati stavano puntando le pistole… su di lui.

“Oh, è quel tipo di trappola” pensò.

Afferrò Zheng per la collottola e lo buttò a terra con sé poco prima che la sparatoria iniziasse.


Alla fine, fu fin troppo facile. Tutti i ragazzi erano d’accordo col piano, tranne due, ovvero Yang e Zheng. Era un peccato che il suo piano di far intrufolare alcuni sgherri per bloccare l’uscita sul retro fosse fallito, ma si sarebbe accontentato di quel margine di rischio. Teng lo Sfregiato non era il più scaltro della banda, ma era abbastanza sveglio da capire che gli conveniva abbandonare Lao Feng e allearsi con Shi Wang Zhou. Non aveva nulla contro il vecchio, ma la famiglia non aveva speranze di sopravvivere contro le Spade d’Argento. Lao Feng era all’antica, credeva negli dèi e negli spiriti. Aveva una mentalità antiquata che non funzionava più. Era un peccato che un manipolo di bravi ragazzi stesse per morire, bravi ragazzi di cui Shi Wang Zhou avrebbe potuto servirsi. Se non altro, avrebbe avuto il piacere di ammazzare quel frocio di Yang.


«Skunkboy, uccidi questi stronzi!» gridò Bullfrog alla radio.

«Non posso! Stanno arrivando tre veicoli pieni di uomini della Triade!» rispose il cecchino.

«Cazzo!»

Bullfrog odiava quella dannata missione. I proiettili sfrecciavano a pochi centimetri dalla sua testa, scheggiavano le casse di legno dietro di lui e ammaccavano la fiancata del furgone. Poteva già vedere un uomo della Triade che giaceva sul pavimento, in una pozza di sangue. Un altro era accucciato dietro una ruota del furgone, piangendo e imprecando mentre cercava di fasciare una ferita sulla sua gamba. Un secondo proiettile gli bucò la pancia e lui finì lungo disteso, gorgogliando. I due mafiosi rimanenti erano riusciti a ripararsi assieme alla sua squadra: il capo con l’abito elegante e il suo amico dallo sguardo arrabbiato. Avevano delle pistole e sparavano alla cieca da dietro le casse, prima di tornare al riparo quando iniziava la raffica di spari successiva. Bullfrog si rese conto che, a quanto pareva, era impossibile sopravvivere a quella situazione. I nemici erano in superiorità numerica e avevano una potenza di fuoco maggiore. Lui aveva il vantaggio di una copertura per adesso, ma era solo una questione di tempo prima che i mafiosi cinesi riuscissero a fiancheggiarlo. Poi sarebbe morto. Era il momento di fare una mossa stupida.

«Kitten!» chiamò.

La donna alta e nerboruta lo guardò dalla sua postazione. La sua espressione annoiata non la abbandonava mai, nemmeno quando un proiettile sfrecciava così vicino alla sua testa da farle ondeggiare i capelli. Bullfrog le passò la sua pistola facendola scivolare sul pavimento:

«Fa’ qualcosa di violento!» le ordinò.

Gli occhi di Kitten si illuminarono. La sua bocca si storse in un ghigno feroce e rabbioso. Bullfrog la vide sfilare il pugnale più grosso che avesse mai visto da una fodera nascosta sotto i vestiti e la donna lo afferrò coi denti. Chiuse gli occhi per un attimo, inspirò a fondo ed espirò con forza. Poi agì.


Skunkboy aveva un rapporto di amore-odio col Corpo della marina statunitense. Da un lato, gli avevano portato via cinque anni della sua vita, l’avevano costretto a sopportare cibo schifoso e colleghi idioti e, in pratica, non gli avevano dato altro che odio e disprezzo per i militari del giorno d’oggi. Se avesse dovuto avere a che fare con un’altra testa rasata sputa-motti, sarebbe stato troppo. Quando il reclutatore gli aveva chiesto di riarruolarsi alla fine del suo mandato, gli aveva riso in faccia. D’altro canto, c’erano delle volte in cui il modo di fare del Corpo della marina poteva tornare utile. Come quando si era un cecchino solitario sul tetto di un grattacielo di Hong Kong che cercava di fermare tre furgoni pieni di mafiosi della Triade assetati di sangue. Mentre prendeva la mira, Skunkboy iniziò a recitare il credo del fuciliere:

«Questo è il mio fucile. Ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio»

Avrebbe dovuto sparare con un tempismo perfetto. Sarebbe stato meglio se avesse potuto prendere il convoglio proprio mentre stavano per uscire dove la strada si restringeva, tra due magazzini.

«Il mio fucile è il mio migliore amico. È la mia vita. Devo dominarlo come domino la mia vita»

L’autista sarebbe stato un bersaglio difficile. E se avesse sparato al motore?

«Il mio fucile, senza di me, è inutile. Senza il mio fucile, io sono inutile. Devo sparare bene con il mio fucile»

Respirò a fondo. Inspirò ed espirò. Caricò il colpo, calcolò la traiettoria. Si adattò al ritmo del suo battito cardiaco.

«Devo sparare meglio del mio nemico che tenta di uccidermi. Devo colpirlo prima che lui colpisca me»

Sparò. Il primo colpo andò a segno, ma Skunkboy stava già mettendo un altro proiettile in canna prima che quello precedente colpisse il bersaglio. Ebbe a malapena il tempo di vederlo perforare il cofano del veicolo, che iniziò a fumare. Sparò il secondo colpo e si sentì gratificato quando il finestrino si infranse, ma l’autista aveva pigiato il freno così di colpo che il veicolo dietro il furgone lo tamponò. Vide l’autista sporgersi dalla portiera e gridare ai suoi alleati.

«Lo farò»

Sparò. Skunkboy vide l’autista del furgone barcollare e cadere sull’asfalto, rotolandosi in agonia e premendosi l’addome. Il tizio col fucile a pompa cercava di rimettere in moto il furgone, così Skunkboy caricò un terzo proiettile e colpì di nuovo il motore, per scaramanzia. Dopodiché, si mise all’opera.


Il primo avvertimento per Teng lo Sfregiato fu quando le prime due granate fumogene rotolarono fuori dal deposito semibuio e cominciarono a spargere, avvolgendo l’area in una nebbia scarlatta. Alla luce dei lapioni, l’atmosfera era quasi infernale. Avvisò i suoi uomini:

«Attenti! Potrebbero tentare di fuggire attraverso il…»

Sentì un rumore di piedi in corsa. Vide la donna straniera alta che scattava attraverso lo spiazzo. I suoi occhi erano selvaggi e feroci, teneva un grosso coltello coi denti e una pistola in ciascuna mano. Teng lo Sfregiato voleva ridere. Tutti sapevano che non era possibile sparare bene con una pistola per mano, la straniera doveva aver guardato troppi film d’azione di John Woo. Si accucciò dietro il furgone, mentre una raffica di proiettili viaggiava verso di lui e i ragazzi. Gli spari erano alla cieca e tutti mancarono i bersagli, come previsto. Tutto quello che avrebbe dovuto fare era aspettare che quella stronza finisse le munizioni, poi… vide Lu il Seduttore cadere a terra: la troia gli aveva lanciato in testa una delle pistole. Kai il Grasso provò a spararle, la straniera lo disarmò con un calcio e lo picchiò in faccia con l’impugnatura della sua pistola scarica, prima di sgozzarlo con il coltello. Non aveva mai avuto intenzione di colpirli: le pistole servivano solo a costringerli a ripararsi, mentre lei si avvicinava. La donna gettò la pistola scarica nel magazzino, dove l’uomo barbuto la afferrò e la ricaricò. Alzò la pistola tenendola con due mani e iniziò a sparare con calma e precisione, stando accostato al muro del deposito. In pochi secondi, sei dei suoi uomini morirono. Altri due furono uccisi da quella troia pazza con il coltello, l’uomo sparò a due sgherri. La volontà di Teng crollò. Si voltò e scappò. Mentre fuggiva, sentì le grida degli ultimi due criminali. Qualche minuto dopo, calò il silenzio.


Skunkboy pensava spesso che un’unità nemica nel panico somigliasse molto ad un formicaio distrutto con un bastone. C’era un manipolo di malavitosi della Triade che si aggiravano per la zona, indicando in tutte le direzioni, sparando alle finestre a caso e urlandosi a vicenda. Era quasi comico. Un momento del genere non meritava la solennità del credo del fuciliere: era il momento di qualcosa di più… vivace.

«We shoot the sick, the young, the lame, we do our best to maim» canticchiò.

Sapeva di star facendo un ampio sorriso. Non gli importava.

«Because the kills all count the same»

Sparò.

«Napalm sticks to kids»

Espulse il caricatore del suo fucile e lo poggiò con cura accanto ad altri due che aveva già svuotato. Preparò con attenzione quello successivo, caricò il colpo e prese la mira.

«Flying low across the trees, pilots doing what they please»

Sparò. Un altro criminale della Triade morto, era il quarto.

«Dropping frags on refugees, napalm sticks to kids»

Considerando la situazione, gli stava andando di lusso.


«A rapporto!» sbraitò Bullfrog, quando la sparatoria cessò.

«Ho messo i rinforzi alle strette, sembra che si stiano preparando a tagliare la corda» disse Skunkboy.

«Ne ho uccisi otto, uno è scappato: lo sfregiato che ha iniziato la sparatoria» aggiunse Kitten.

«Lo troverò – sibilò Zheng – Lao Feng non gli permetterà di cavarsela. Dieci bravi soldati morti in una notte»

«Lo so – sospirò Yang – Ma per ora…»

Si rivolse alla donna asiatica che aveva scambiato per il capo degli stranieri e fece un profondo inchino in segno di rispetto:

«Vi chiedo perdono. Non sono stato in grado di controllare i miei uomini e ci ho messi tutti in pericolo. Se non foste stati pronti, saremmo tutti morti. Vi prometto che troveremo il traditore e lo puniremo a dovere»

«Quando lo troverò, gli farò mangiare le sue stesse palle. Dopo che gli avrò tagliato un dito per ciascuno dei nostri fratelli che ha ucciso» aggiunse Zheng.

«Forse possiamo aiutarvi» rispose Spider.

Si aggiustò gli occhiali e i suoi occhi neri brillarono di ferocia e rabbia.


Teng lo Sfregiato piangnucolava mentre zoppicava da solo lungo il viale. Non era giusto. Non sarebbe dovuta andare così. Le troie americane non dovrebbero saper uccidere dieci assassini allenati della Triade con un coltello e una pistola. Lui, Teng lo Sfregiato, era il terrore dei soldati di Lao Feng, era inaccettabile che scappasse da una battaglia coi pantaloni bagnati di piscio e una ferita al braccio. Doveva andare da Shi Wang Zhou, era l’unica opzione. Quel frocio di Yang avrebbe sparso la voce del suo tradimento… e le Famiglie non trattavano bene i traditori. Aveva osato e fallito… era il momento di uscire di scena, prima che gli stroncassero la carriera e la vita. Stava per uscire alla luce del sole che sorgeva, quando sentì una fitta all’addome. Urlò, si inginocchiò e si premé lo stomaco… poi cominciò a gridare in agonia, quando un’ondata di dolore atroce partì dal fondo della sua spina dorsale e gli risalì la schiena. Poi si coprì gli occhi e mugolò, quando i suoi nervi ottici presero a bruciare. Il sole sorse su Hong Kong e Teng lo Sfregiato continuò a gemere, in grado solo di rannicchiarsi all’ombra dei magazzini abbandonati e urlare.


Spider pugnalò ancora una volta la bambola di iuta, per stare sicura, prima di inchiodarla al furgone con il coltello di Kitten. Aveva preparato la bambola molte settimane prima, riempiendola di terriccio raccolto in un cimitero e con un pizzico di ossido di silicio. Ci voleva solo un legame con la sua vittima scelta per fornire il contagio che richiedeva per trovare un bersaglio… un legame come il sangue che Kitten aveva versato quando, in maniera spettacolare, aveva ferito il braccio del povero Teng col suo kukri.

«Abbiamo finito, Spider?» chiese Bullfrog.

«Sì, finito»

Si rivolse ai due capi della Triade e tornò a parlare in mandarino, la lingua che parlava da bambina:

«Troverete il traditore a Est del porto. Starà gridando come se stesse morendo. Non togliete il coltello dalla bambola finché non lo raggiungete»

«A proposito, voi chi diamine siete?» chiese l’uomo vestito elegante.

Spider sorrise e rispose:

«Lasciate stare, meglio pensare a chi siete voi»

«Vale a dire?»

«Quelli che hanno smascherato il traditore che lavorava per Shi Wang Zhou e l’hanno riportato vivo da Lao Feng»

Entrò con un saltello nel retro del furgone, assieme a Kitten e Bullfrog, i quali avevano finito di caricare la merce nel loro veicolo mentre lei faceva il suo dovere. Salutò allegramente i due Cinesi perplessi con la mano, mentre i tre agenti guidavano fuori dal deposito. Kitten fece notare una cosa:

«Vi rendete conto che dobbiamo ritrovare Skunkboy, eludere la polizia di Hong Kong e inventarci un modo per tornare a casa, giusto?»

«Sì» annuì Bullfrog.

«Volevo solo una conferma»

La donna muscolosa si stravaccò sul suo sedile e chiuse gli occhi. Pochi secondi dopo, cominciò a russare.

«A volte invidio questa pazza» commentò Bullfrog.


«Non è esattamente quello che avevo in mente, quando ho approvato questa operazione congiunta» disse D.C. al Fine all’immagine luccicante del vecchio cinese seduto alla sedia davanti a lei.

«L’obiettivo è stato raggiunto. Il traffico è stato fermato. La talpa è stata smascherata e, presto, le operazioni illegali di Shi Wang Zhou saranno fermate» disse Lao Feng, capo della Confraternita del Giglio Immortale.

Prese una tazza di tè che non esisteva nell’ufficio di al Fine e bevve un sorso, poi si pulì la bocca con un tovagliolo e rimise la tazza sul tavolo.

«Abbiamo anche causato una sparatoria in un deposito a Hong Kong, ucciso una dozzina di uomini e attirato l’attenzione della polizia di Hong Kong sull’intera faccenda – rimarcò al Fine – Spero che qualunque cosa tu abbia scoperto dall’informatore, ne valesse la pena»

«Ne valeva assolutamente la pena. Abbiamo confermato che Shi Wang Zhou ha trovato uno stabilimento abbandonato della Fabbrica, se n’è impossessato e l’ha riaperto. Da allora, produce entità di livello-minaccia artificiali tutti i giorni. La qualità è scadente, ma i suoi prezzi sono molto più bassi di quelli dei suoi concorrenti – Lao Feng rise e scosse la testa – L’ironia non mi sfugge»

«Ti servirà il nostro aiuto per liberarti di loro? Potrei mandare un paio di Team d’Assalto»

Lao Feng le rivolse un sorriso cordiale:

«Il giorno in cui la Confraternita del Giglio Immortale avrà bisogno del tuo aiuto in una guerra contro le sue bande rivali, sarà il giorno in cui ci uniremo finalmente alla tua Coalizione Globale dell’Occulto. No, ti ringrazio per l’aiuto, ma ci occuperemo di questa faccenda da soli»

«Finché consegnate tutti i prodotti della Fabbrica a noi» insisté al Fine.

«Certo. Non ho intenzione di farmi coinvolgere in questioni paranormali. Gli affari di fantasmi e dèi sono ben al di sopra di un semplice affarista di Hong Kong»

«Alla fine dovrai lasciarti coinvolgere. È un pessimo segno che due dei tuoi assistenti più fidati abbiano cercato di ricorrere al traffico d’armi paranormali sotto il tuo naso» ribadì al Fine.

«Sapevo del loro piano da un pezzo. Se non avessi voluto stanare il traditore della mia organizzazione, avrei “parlato” con loro parecchio tempo fa. A dirla tutta, devo le mie scuse a Yang… e anche delle spiegazioni. Forse è ora di rivelargli cos’è davvero la Confraternita del Giglio Immortale»

«Potrebbe prenderla male. Si è unito alla malavita della Triade, non ad un antico ordine cinese di cacciatori di mostri»

«Si adatterà. Arrivederci, signora»

«Arrivederci, Lao Feng»


«Sai, Yang, uno di questi giorni mi farai ammazzare» sospirò Zheng.

I due mafiosi sedevano insieme alla balconata di un covo della Confraternita del Giglio Immortale, osservando il tramonto. Yang pensava che Hong Kong non era mai stata più bella.

«Chi ti obbliga a farti ammazzare? Puoi sempre fuggire» ribatté.

«Morire è più facile. E per questo, mi devi un favore, fratello»

Zheng mise la mano su quella del suo amico e gli baciò la guancia.

«Allora, andiamo a cena al Dragone Fortunato? Appena l’aria diventa più fresca?»

«Sì, perché no. E magari potremo spassarcela un po’, senza quell’omofobo di Teng a romperci il cazzo»

«Per lui sarà difficile darmi del frocio, adesso che gli ho strappato la lingua» ammiccò Yang.

Ricambiò il bacio di Zheng e i due condivisero un breve momento di affetto, prima di tornare nell’appartamento e spegnere la luce. All’esterno, il sole scomparve finalmente dietro l’orizzonte, lasciando la città al buio.

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