Era una sera d'ottobre e già faceva un freddo boia. Il fatto che si trovassero in una stretta valle montana a malapena illuminata dal sole durante il giorno non aiutava. Uno dei due ragazzi si accese una sigaretta, provocando immediatamente la reazione dell'altro. "Non dovresti fumare quando siamo di turno. E poi sai che mi dà fastidio."
"Sì, lo so, Alberto, lo so." Rispose il primo ridacchiando.
"Infame."
I minuti passavano e la sigaretta si accorciava, poi ad un tratto dal limite del bosco si sentì un rumore. I due alzarono le canne delle mitragliette e scandagliarono gli alberi più vicini con sguardo attento. "Un animale selvatico?"
"Forse."
Poi sentirono una voce provenire dal bosco. "Salve!" Subito dopo ne uscì un tizio con una giacca rossa da montagna e un cappello. Si avvicinò barcollando e iniziò a parlare biascicando. "Salve… salve, ragazzi. Come state? Non è che… che mi potreste indicare la direzione del paese? Credo di… sì, credo di essermi perso." Il suo alito caldo sapeva di superalcolico.
"Ha bevuto." Disse disgustato Alberto.
"Certo che ho bevuto!" Aggiunse l'uomo ridacchiando.
"Eh, te pareva, Alberto, che altro vuoi che facciano da 'ste parti?"
Alberto riprese a parlare. "Senti, vecchio, vattene."
"Oh, del vecchio lo dai a tuo nonno." Per poco l'uomo non cadde per terra. "E se vuoi che me ne vada, dimmi da che parte devo andare."
Il ragazzo sospirò. "E va bene, Nico, tieni d'occhio la zona, io provo a spiegarglielo."
"Ma non perderci tempo."
D'un tratto l'uomo spalancò gli occhi ed assunse un'espressione preoccupata, guardando all'incirca verso il portone della struttura incastonata nel lato della montagna alle spalle dei due ragazzi. "Dio mio, cosa diavolo è quello?!"
I due si girarono, ma non fecero in tempo a rendersi conto che non c'era nulla che l'uomo estrasse una pistola silenziata e sparò un colpo in testa ad entrambi. Nello stesso momento una terza guardia, posizionata su una balconata al di sopra del portone, cadde a gambe all'aria con un buco in pieno petto. L'uomo si girò verso i cadaveri dei due ragazzi. "Coglioni."
L'auricolare che teneva coperto col cappello prese vita. "Terzo bersaglio abbattuto, signore."
"Ottimo lavoro, Sara. Manda avanti gli altri, tu coprici le spalle e poi raggiungici."
Subito quattro figure vestite di scuro uscirono dalla boscaglia e si avvicinarono al tenente Demichelis della SSM-X.
"Eccoci, signore, siamo pronti." Intervenne l'omone a capo del gruppetto.
"Perfetto. Il portone è probabilmente bello spesso. Ci conviene scalare la parete rocciosa ai lati e arrivare su quella balconata da lì. Non dovrebbe essere un problema per noi."
"Ma chi ha progettato quest'entrata?"
"Non saprei, Ennio, probabilmente è pensata per uno scontro in piena regola piuttosto che per un'infiltrazione. Nel dubbio ringrazia che il progettista sia un idiota poco previdente. Ok, sbrighiamoci." Detto questo, il tenente fece segno di avanzare.
I cinque agenti della Fondazione si mossero velocemente fino ai lati del portone e inziarono a salire sfruttando i pochi appigli nella roccia con fare esperto. Una volta raggiunta la balconata, forzarono la porta e penetrarono nell'avamposto del Consiglio Fascista dell'Occulto per poi scendere una scaletta metallica che li condusse direttamente dall'altro lato del portone. Di fronte a loro si parava un breve condotto con una saracinesca aperta alla fine. "Ottimo. Se le nostre informazioni sono corrette, non dovrebbe esserci molto personale, una decina al massimo togliendo i tre amici lì fuori. Tessa, tu aspetta il caporale Ferri qui, coprirete l'ingresso. Gli altri con me."
Superata la saracinesca si trovarono in un piccolo garage con alcuni veicoli da trasporto cargo e personale al suo interno; sul lato opposto, due corridoi di dimensioni diverse. Si assicurarono che non ci fosse nessuno e poi si appostarono ai lati dei corridoi che proseguivano oltre.
Una volta raggiunti da Tessa e Ferri, Demichelis indicò quello all'apparenza adatto al passaggio di veicoli e si girò verso il sergente Fanucci. "Questo immagino porti alla zona stoccaggio, ce ne occupiamo io e Gallo. Tu, Ferri e Barna prendete quello più piccolo; immagino porti a dormitori e altre zone dedicate al personale. Tessa, tieni d'occhio l'uscita; se ne vedi passare uno disarmato, fermalo, se armato, seccalo. Se questa struttura ha un minimo di senso logico, ci sarà un collegamento tra i due rami alla fine, quindi se ci sbrighiamo dovremmo riuscire a bloccare le rimanenti forze nemiche in un fuoco incrociato."
Il tenente quindi indicò di procedere con un gesto della mano e si addentrò all'interno del tunnel di maggiori dimensioni.
Passò poco prima che incontrassero un muletto e delle casse, come a voler confermare l'ipotesi di Roberto. Proseguirono un paio di minuti e raggiunsero la fine del passaggio e trovando un magazzino alla loro sinistra. Com'era previsto, e probabile data l'ora, non c'era nessuno. Gli addetti erano probabilmente in branda e quindi sul percorso preso dal sergente Fanucci. Demichelis provò a contattarlo per sapere come andava, ma la radio non prendeva. La cosa non lo stupì, erano sottoterra dopotutto, e si sentì stupido anche solo per aver provato; in ogni caso, Roberto si fidava del suo sottoposto e sapeva di non doversi preoccupare. Prendendo la porta dall'altro lato del corridoio probabilmente si sarebbero ricongiunti con l'altro passaggio e quindi il resto della squadra. Stava per indicare a Gallo di procedere in quella direzione quando quella stessa porta si spalancò rivelando un uomo grigiastro dalle membra semitrasparenti e gelatinose. Un uomo grigiastro armato di mitragliatrice. Gallo e Demichelis si buttarono a capofitto dietro ad una cassa in metallo rinforzato, convenientemente situata accanto ad una delle pareti del corridoio dove si trovavano, appena prima che iniziasse a piovere piombo.
La raffica si fermò. Anomalia e agenti della Fondazione entrambi in attesa della mossa del lato opposto. In lontananza si iniziarono a sentire raffiche di colpi, ad indicare che anche dall'altro lato lo scontro era entrato nel vivo, probabilmente a causa del rumore prodotto dalla mitragliatrice.
"Merda. Stai bene?" Chiese Gallo sottovoce.
"Sì, tu?"
"A posto. È uno di quegli uomini gelatina?"
"Direi di sì. Hai il caricatore di colpi incendiari?"
"Sì. Lo sai che appena sbuchiamo da qua dietro quello ci apre il deretano, vero? Sta giusto aspettando che ci muoviamo tenendoci sotto tiro."
Demichelis fece uno dei suoi sorrisetti beffardi che infastidivano tanto il capitano Planieri. "Infatti non sbucheremo. Tieni il caricatore incendiario a portata di mano, ma non inserirlo per ora. Voglio che pensi che non siamo preparati. Quando te lo dico, spara alla cieca da dietro l'angolo senza sporgerti; distrailo. E occhio alle dita." Disse mentre inseriva nel fucile il proprio caricatore di colpi incendiari.
Demichelis diede il segnale e Gallo iniziò a sparare a caso nella direzione in cui si trovava il soldato anomalo del Consiglio. In tutta risposta una pioggia di colpi iniziò a colpire la cassa e il pavimento vicino al fucile dell'agente. Demichelis si buttò di scatto per terra, comparendo di mezzo busto dal lato opposto della cassa, e prima ancora che l'essere potesse girarsi scaricò l'intero caricatore sulla creatura. Si sentì il click che indicava la fine dei colpi e poi nulla al di fuori degli scoppi che echeggiavano dall'altro corridoio.
"Ha funzionato?"
"Non sono morto, quindi credo di sì." Disse il tenente rialzandosi.
I due si avvicinarono a quel che rimaneva dell'umanoide, un'ammasso fumante dal colorito misto marrone e grigiastro.
"Ci è andata bene, se faceva in tempo a cambiare di densità eravamo nei guai."
"Meglio non pensarci, in tutta onestà. Muoviamoci. Dobbiamo rincongiungerci con gli altri. Io vado per primo. Nessuno è uscito dal magazzino nonostante il trambusto quindi dubito ci sia qualcuno, ma nel dubbio tu guardaci le spalle."
"Dannati."
Gli sporchi Fondini avevano colpito all'improvviso, durante la notte, come gli infidi vermi che erano. Per i suoi camerati non c'era stato scampo, sorpresi appena giù dal letto, e per quel che ne sapeva, l'uomo accovacciato dietro una console nel centro nevralgico della struttura era l'ultimo ancora in vita. Non poteva contare sul ritorno del suo camerata anomalo dal corridoio che da dietro la sua posizione portava alla zona di stoccaggio, se la sarebbe dovuta cavare da solo. Sentiva gli agenti della Fondazione. Stavano per entrare nella stanza dove si trovava. Strinse forte il proprio fucile. Doveva balzare fuori ed eliminarli tutti con una sola raffica. Tre… due… la porta dietro di lui si spalancò facendolo girare di scatto, ma invece della tanto desiderata figura del suo camerata anomalo si trovò di fronte la canna di un fucile. "Non ci provare."
Demichelis quasi sperava che il fascista si muovesse così da potergli sparare senza pensarci due volte. Anche se cercava di non darlo mai a vedere ai suoi sottoposti, oramai il sangue gli ribolliva anche solo a sentir nominare il CFO. Avrebbe voluto premere il grilletto e sparpagliare le cervella di quel bastardo sulla console dietro a cui si era rannicchiato. Ma questo posò il fucile per terra ed alzò le mani. Deluso e sollevato allo stesso tempo, fece cenno al sergente Fanucci, che a quel punto aveva raggiunto Gallo e il tenente Demichelis con il resto della squadra, di occuparsi del prigioniero. L'omone capì al volo e sbattè il loro nuovo amico su un tavolo prima di legargli le mani dietro la schiena. "Come mai ci avete messo così tanto? Io e Barna ci siamo occupati della guarnigione in quattro e quattrotto. Inizia a sapere il fatto suo la ragazza." Lei arrossì visibilmente per il complimento, forse sperando che nella luce fioca non si notasse.
"Al contrario, Ennio." Gallo rispose indignato. "Si dà il caso che noi abbiamo dovuto affrontare un soldato gelatina."
Ennio lo guardò con fare divertito. "Mamma mia, addirittura uno! Va bene, va bene, abbiamo tutti avuto da fare."
Gallo sospirò. "Almeno state bene o devo tirare fuori le bende e fare il mio lavoro?"
"Neanche un graffio, ovviamente. Non volevamo mica darti altro da fare, occupato come sei."
Gallo guardò il suo superiore e amico con sguardo paziente. "E ti pareva."
Demichelis intervenne. "Ok, va bene. Direi che la nostra parte l'abbiamo fatta. Barna, raggiungi l'agente Tessa e digli di confermare alla 33 il successo dell'operazione e avvisarli che possono mandare dentro la squadra per l'ispezione e la pulizia."
"Ah, Area dolce Area." Esclamò Fanucci con fare teatrale.
"Bene, ragazzi, voi andate pure a mollare l'equipaggiamento col sergente Fanucci." Disse Demichelis rivolto a Barna e Tessa, prima di girarsi verso il caporale Ferri. "Allora, Sara, che ne dici?"
"Che abbiamo rischiato molto e non sono ancora sicura di come lei abbia convinto Bianchi a lasciarcelo fare. Va bene che abbiamo dovuto approfittare subito della soffiata sulla carenza di personale nella base, ma non siamo una squadra d'assalto. Detto questo, abbiamo agito bene e abbiamo fatto un buon lavoro. Ne abbiamo anche ricavato un prigioniero."
L'espressione di Demichelis si contrasse.
Sara guardò il suo superiore con aria perplessa, uno sguardo che lui riconobbe subito.
"Ero tentato di ucciderlo."
"Roberto…" Iniziò lei passando immeditatamente ad un tono meno formale.
"Lo so, lo so, ma tutto il mio istinto mi diceva di farlo fuori. Anche se era praticamente indifeso, lo tenevamo in scacco e si stava arrendendo. Sentivo che avrei fatto un favore al mondo. Io non… lo so che non dovrei, ma dopo quel che è successo… me li sogno anche di notte tra un po' questi schifosi. Io…"
Lo sguardo di lei si raddolcì. "Abbiamo tutte le ragioni di odiare questa gente, ma nonostante tutto, non l'hai ucciso e non credo l'avresti mai fatto. Non sei fatto così."
"Forse. Lo spero. Magari devo solo prendermi una vacanza."
"Ci farebbe bene. Per addestrare Tessa e Barna ci siamo fatti in quattro quest'anno."
"Sì, ma stan venendo su bene, direi. Comunque, per ora mi accontenterò di dormire da qui a domenica mattina."
"…oh." Lo sguardo della ragazza si fece esitante.
"Cosa?"
"Devi andare a Roma. Il buco nelle attività della Squadra Beta non è casuale. Devi andare a fare la riunione periodica al Virtus, da buon ufficiale delle forze armate della Fondazione."
Lui fece per bestemmiare, ma si trattenne notando il personale dell'Area-33 che ronzava intorno ai due e limitandosi quindi ad un grugnito contrariato. Odiava davvero la roba burocratica, ma soprattutto odiava gli sguardi diffidenti e pieni di sufficienza che gli venivano rivolti sin dall'incidente che quasi un anno prima gli era costato due membri della sua squadra, da ogni superiore e parigrado che non lavorasse all'Area-33.
"Che bello."
"Signore!"
Il tenente Lo Gioco della SSM-X si girò verso la sagoma del suo compagno di cordata e intravide, nel tumulto della tormenta, una mano protesa. Allineò a fatica lo sguardo nella direzione indicata e individuò ciò a cui si riferiva. Un bagliore, lontano nel grigio confuso della tempesta.
Se non fosse stato impossibile l'avrebbe quasi definita una luce scura, innaturale.
Scacciò il subbuglio dalla propria mente per tornare a ragionare sulla loro situazione. Erano sfiniti, sul punto del crollo, ma se avessero trovato il bersaglio, non sarebbe stato invano. Doveva essere lui. A meno che non avessero completamente sbagliato strada rispetto al percorso previsto, non avrebbero dovuto esserci luci artificiali di alcun genere e dubitava che potesse essere un alpinista. Non a quell'ora e specialmente non con una tempesta del genere. E che tempesta. In tanti anni poche volte aveva visto una cosa simile, specialmente partita di colpo, senza preavviso da una giornata serena per poi peggiorare progressivamente fino a tarda notte. Visibilità estremamente limitata nonostante le potenti torce in dotazione, le orecchie facevano male e gli occhi lacrimavano. Se non fosse stato coi piedi per terra non avrebbe nemmeno saputo dire con certezza se si trovasse in piano o su una pendenza inclinata a 45 gradi.
La cosa non quadrava, e Lo Gioco sospettava che l'anomalia che stavano cacciando avesse qualcosa a che fare con la situazione metereologica, ma c'era poco che potevano fare in proposito. In cuor suo Daniele sperava che chiunque fosse all'aperto avesse fatto in tempo a trovare rifugio prima che la situazione degenerasse. Purtroppo lui e la sua squadra non potevano permettersi tale lusso.
Piantò con forza i ramponi nel misto di neve e ghiaccio su cui si trovava e sollevò la radio nel tentativo di contattare gli altri membri della squadra. "Qui coppia 1, possibile localizzazione bersaglio, quadrante 3, a mezza costa. Approssimativamente 150 metri sotto la cresta Nord." Infilò la radio nel passamontagna, per poter sentire la risposta nonostante il rumore assordante del vento, ma questa non arrivò.
"Giovanni, Carolina, mi ricevete!?" Chiamò i suoi sottoposti, ma ancora una volta nessuna risposta. Fece per girarsi verso l'agente Capraro, ma non lo vide. Tirò la corda che li collegava e sentì che andava verso il basso. Doveva essere collassato nella neve.
Doveva raggiungerlo o probabilmente sarebbe morto.
La neve ancora morbida formava uno strato ormai parecchio spesso. I movimenti erano difficili, quasi impossibili, la testa gli girava e le orecchie gli dolevano. Fece un passo dopo l'altro, ormai doveva essere vicino, quando cadde in avanti.
Dannazione, Daniele, uno dei tuoi è in difficoltà; devi aiutarlo a qualsiasi costo. ALZATI!
Lo Gioco cercò di rialzarsi, ma una volta arrivato a fatica in ginocchio, il vento gli fece nuovamente perdere l'equilibrio. Provò a divincolarsi, ma le sue forze stavano scemando. Sentiva le membra molli. Le dita doloranti a causa del freddo. La neve aveva iniziato a infilarsi nelle fessure dei vestiti. Che fosse la fine?
Il rumore della sveglia strappò Roberto all'immaterialità del mondo dei sogni per riportarlo bruscamente alla solida realtà. Spense il marchingegno infernale, si strofinò gli occhi e con un lamento si alzò.
Era arrivato tardi da Roma la sera prima e il suo viaggio era andato esattamente come previsto. Noioso e umiliante. Le riunioni erano state infinite e senza che lui avesse molto da dire. Gli avevano chiesto giusto qualche fugace commento sulle missioni svolte dall'ultima riunione e di firmare una marea di documenti e fogli. Invece al di fuori delle riunioni solo sguardi contrariati da buona parte ufficiali presenti, con le sole eccezioni di quelli nuovi che erano più curiosi che altro, e di quelli di grado davvero alto e che quindi avevano fin troppa esperienza nel nascondere cosa pensassero. Demichelis avrebbe volentieri affermato che non gliene fregava niente di cosa pensavano gli altri, ma sarebbe stata una stronzata. Si sentiva ferito dal clima di sfiducia che lo circondava.
Non c'era nemmeno il capitano Planieri che, per quanto adorasse fargli girare i coglioni, almeno era di compagnia. Lei al Virtus ci sarebbe andata col tenente Grange al prossimo turno. In compenso aveva visto Carolina, anche lei inviata dal distaccamento della X del Cerere per lo stesso motivo per cui Roberto aveva intrapreso lo straziante viaggio.
Che tre giorni sfiancanti. E ora si era alzato alle quattro di mattina per partecipare ad un'escursione di addestramento della squadra. Dentro avrebbe voluto morire, ma sapeva che una volta in montagna sarebbe stato molto meglio, libero dal peso dei giorni passati nel ventre del sito romano.
Tra un rimuginamento e l'altro aveva fatto colazione e ora si ritrovava in bagno. Si stava lavando i denti con una mano, mentre con l'altra scorreva un paio di notizie sul cellulare, quando gli cadde l'occhio sulla data. Undici Ottobre. Il suo compleanno. E quest'anno ne faceva trenta. Rimase un attimo interdetto. Non è che non ne fosse stato conscio, ma i tre giorni precedenti al gusto di interminabile burocrazia gli avevano fatto perdere la cognizione del tempo e non si aspettava che il giorno fosse già arrivato. Non avendo tempo da perdere si rimise a muovere su e giù lo spazzolino componendo mentalmente una lista dei parenti che avrebbe dovuto chiamare per farsi fare gli auguri, dato che questi erano ormai abituati al fatto che lui non potesse rispondere quando era al lavoro.
Quando mezz'ora dopo arrivò all'Area-33, stava ancora pensando a quanto gli ultimi dieci anni gli fossero parsi corti e lunghi allo stesso tempo.
Era quasi arrivato al deposito dell'attrezzatura quando una donna in uniforme gli si parò davanti.
"Ah, vedo che sei sopravvissuto al Virtus, Demichelis." Disse lei facendosi sembrare dispiaciuta della notizia. Simpatica come al solito.
"Sì, capitano. Rieccomi qua."
"Peccato, si stava davvero bene." L'espressione della donna cambiò leggermente. "Spero non ti abbiano tartassato troppo."
"Non più del dovuto."
"Uh. Dai, vai che il resto della tua squadra ti sta aspettando."
"Sissignora."
Demichelis si lasciò il capitano Planieri alle spalle e raggiunse la destinazione iniziale dove trovò il caporale Ferri ad aspettarlo. "Tenente."
"Sara."
"Dato che mi aveva avvisata che sarebbe tornato tardi ieri, mi sono occupata di tutti i preparativi necessari per la giornata, signore. Incluso avvisare un rifugio che saremo lì per pranzo così che ci contino nel numero massimo imposto dalle regolazioni per il Covid. Il resto della squadra è con il sergente Fanucci a preparare gli zaini."
"Ottimo lavoro. Meno male che ci sei tu, altrimenti non so proprio dove finiremmo."
"Grazie, signore."
"Visto che sono davvero stanco, ne approfitterò per far condurre l'escursione a turno a Tessa e Barna. Considerato quanto è rapido il riciclo del personale nel nostro lavoro, prima imparano a condurre una squadra meglio è."
"Ricevuto, glielo comunicherò subito."
"Sta' tranquilla, faccio io. Tu vai pure a prepararti."
"Sissignore. Ah, Roberto, buon compleanno."
Lui non potè fare a meno di sorridere prima di andarsene.
Tutto considerato era una bella giornata. C'erano un paio di nuvole, ma il cielo era di un bel colore azzurro. La squadra Beta camminava veloce lungo il sentiero in salita, chiunque li avesse visti avrebbe pensato fossero dei semplici escursionisti che andavano un po' troppo rapidi per il proprio bene. Tutto nella norma. Certo, avere aree sicure in cui poter fare addestramento di montagna sarebbe stato meglio, ma a scanso di chiedere all'Esercito Italiano di prendere in prestito una struttura non sarebbe mai stato un lusso possibile per la Consequentia. In fondo c'erano anche dei vantaggi, però. Ovvero, poter andare sempre in posti diversi.
Il breve ragionamento di Demichelis fu interrotto dall'avvicinarsi dell'agente Barna.
"Ah, Rebecca. Già finito il tuo turno alla guida del gruppo?"
"Sissignore." Rispose lei.
"Bene. Niente da dire, cerca solo di essere più costante con l'andatura. Per un'escursione simile ovviamente non cambia niente, ma è buona abitudine."
Lei annuì.
"Se posso chiedere, signore, quando sarà la prossima missione di combattimento?"
"Onestamente non saprei. Le missioni di contenimento sono ovviamente imprevedibili, ma immagino tu ti riferisca ad uno scontro contro GdI ostili?"
"Sì, speravo alla riunione al comando le avessero detto qualcosa."
"No, niente di utile. So tanto quanto te in proposito."
"Capisco, signore… è solo che sono impaziente di combatterli."
"Come mai? Ogni ingaggio è un bel rischio per tutti noi."
"Lo so, ma… non è com'è quand'ero nell'esercito, che si prepara allo scontro sperando non avvenga mai. La Fondazione ha dei nemici, nemici pericolosi, alcuni dei quali hanno fini davvero ignobili e tentano attivamente di distruggerci. Immagino mi metta ansia sapere che sono sempre pronti a colpire e preferirei sempre colpire per prima."
"Mmm… è una linea di pensiero più che comprensibile. Tuttavia, poco da farci. Siamo tutti gruppi che operano nella segretezza. Prevedere le mosse dei nostri avversari è estremamente difficile, se non impossibile. Come ben sai, io stesso spingo molto per eliminare qualsiasi minaccia umana che appaia sui nostri radar, seppur per ragioni molto meno nobili. Quindi sì, ti capisco."
Rebecca sembrò esitare un attimo. "Lei non ha un background militare, vero signore?"
"No. Tutto fatto direttamente nella Consequentia. Sono riuscito ad ottenere il mio ruolo attuale alla mia età per il semplice fatto che sono dieci anni che faccio questo lavoro. Posso dire di avere iniziato presto."
"Decisamente, ma il mio dubbio era più sul perchè. Se è lecito chiedere, come mai si trova qui?"
Qualcosa lo scosse ripetutamente. Lo Gioco aprì le palpebre di colpo e la luce del sole lo abbagliò. Ma era notte… come?
"È vivo?! Signore, si sente bene?"
"C-come?" Il tenente sentiva i propri muscoli intorpiditi e doloranti, ma si girò verso la fonte della voce, scoprendo che c'era un ragazzino chino su di lui.
"Sta bene?"
"Credo. Cosa… che ore sono?"
"Sono le 6 di mattina."
Lo Gioco si rizzò a sedere di scatto. "Mattina? Dio… Capraro! Il mio compagno di cordata, era caduto a terra durante la tormenta prima che perdessi i sensi!"
Il giovane guardò brevemente alla sua destra e poi si rimise a fissare Daniele con aria tetra. "Temo che sia morto. Mi spiace."
Aveva fallito. Uno dei suoi agenti era morto ed egli stesso era sopravvissuto per miracolo. E tutto ciò senza riuscire a raggiungere il proprio obiettivo. L'uomo si sentì sfinito, sia fisicamente che mentalmente. Tuttavia, la missione doveva continuare.
"Capisco. Beh, immagino di doverti ringraziare e che senza il tuo intervento sarei ancora in mezzo alla neve."
"Ringrazi il suo fisico, non è da tutti sopravvivere ad un'esperienza del genere."
"Immagino di no."
"Se posso chiedere, cosa ci facevate voi dell'esercito qua fuori durante la tempesta?"
Esercito? In effetti era una conclusione ovvia, viste armi ed uniformi. Sarebbe stato al gioco.
"Eravamo nel mezzo di una missione prioritaria, a caccia di un pericoloso fuggitivo."
Il giovane annuì, ma a Lo Gioco sembrò poco convinto. Forse l'attimo di esitazione per raccogliere le idee era stato di troppo. Tuttavia, bastava che la balla reggesse per qualche ora, poi ci avrebbero pensato i dottori alla -33 a cancellare qualsiasi ricordo dell'accaduto.
"E tu invece?"
"Ah, escursione in alta quota. Stavo tornando ieri pomeriggio e sono rimasto bloccato nella tempesta, quindi ho piantato la mia tenda e ho aspettato passasse. Stavo tornando ora al rifugio per poi scendere a valle."
"Un'escursione in ghiacciaio da solo? Non è una buona idea."
"No, ma avevo bisogno di staccare un po'."
Una persona sola era una mina vagante. Difficile da individuare e da tenere sott'occhio in un ambiente così poco controllato. La sera prima avevano diffuso sui social e al telegiornale un avviso di pericolo meteo estremo, quindi nessuno sarebbe salito oggi, ma non avevano tenuto conto di chi già era sulla montagna. Doveva far sì che rimanesse con lui fino all'arrivo di rinforzi o al ritorno in base.
"Mmm. Come puoi immaginare…"
"Roberto."
"Come puoi immaginare, Roberto, non posso lasciarti girovagare a caso nelle vicinanze di un individuo pericoloso, dovrai restare con me, almeno per un po'."
Il giovane non sembrava entusiasta dell'idea, ma, forse trovandosi di fronte ad una persona armata fino ai denti, acconsentì. "Va bene."
"Ok. A proposito, io sono il tenente Lo Gioco. Ora scusami un attimo, devo provare a contattare il resto della squadra."
Lo Gioco cercò la propria radio e la attivò. "Qui Coppia 1 a Coppia 2 e 3, mi ricevete?"
Dalla radio eruppe una voce piena di gioia che riconobbe subito. "Tenente! Sta bene!? Uh… Coppia 3 a rapporto."
"Carolina. Io sto bene, ma abbiamo perso Capraro."
"Dannazione. Mi spiace, tenente."
"Voi come state?"
"La tormenta ci ha forzato a scendere a valle, ma stiamo bene. Abbiamo preso contatto con il centro di comando."
"Capito, nuovi ordini?"
"Nulla di nuovo, trovare l'anomalia ad ogni costo e il prima possibile; priorità massima. Manderanno rinforzi non appena possibile."
Roberto si girò confuso verso Lo Gioco. "Anomalia?"
Cazzo. Conveniva ignorare la domanda e sperare che ricevesse il messaggio. Ora doveva avvisare gli altri, perchè usassero termini meno specifici.
"Ricevuto. Devo ringraziare un civile qui presente per avermi salvato il culo."
"Un civi… oh."
"Già. Coppia 2, voi invece ci ricevete?"
La voce bassa del sergente Fonte eruppe dal dispositivo. "Sissignore. È un piacere sentire la sua voce. Noi siamo riusciti a rimanere in quota trovando una sporgenza sotto cui ripararci per la notte. Siamo più che pronti a riprendere le ricerche."
"Ottimo; rendez-vous in cresta tra un'ora?"
"Saremo lì, signore."
"Abbiamo informazioni sul bersaglio? Su dove sia andato?"
Carolina Papiri riprese a parlare. "Sissignore, ci è stato segnalato un avvistamento sul versante opposto alla nostra posizione. Stavamo per formulare un piano quando lei ci ha contattato."
"Voi restate dove siete a questo punto, ci mettereste troppo a tornare quassù. Ce ne occuperemo io, Fonte e l'agente Folliero."
"Ricevuto e buona fortuna."
"Grazie. Giovanni, ci si vede al punto d'incontro."
Lo Gioco reinfilò la radio nel taschino e iniziò a controllare il proprio equipaggiamento.
"E io?"
Daniele si girò a fissare Roberto che appariva visibilmente preoccupato.
"Dovrai rimanere con noi per un po', temo."
Si erano ricongiunti con la coppia 3 da un paio d'ore e si erano diretti verso il luogo dell'ultimo avvistamento, una zona boschiva, per vedere di individuare l'anomalia che già gli era costata un agente, quando il tenente Lo Gioco iniziò a sentirsi strano. Come una sensazione di nausea e disorientamento.
"Sono io che sto invecchiando, o lo senti anche tu, Giovanni?" disse facendo segno al resto del gruppo di abbassarsi.
Il sergente Fonte si abbassò guardandosi intorno e rispose. "Lo sento anche io. Non mi piace per niente."
"Dobbiamo presupporre sia una capacità del bersaglio; potrebbe spiegare come mai io e Capraro siamo ceduti allo stesso tempo ieri sera. Se gli siamo stati vicini più a lungo di quanto ci siamo resi conto, nel mezzo di quella tormenta…"
"Avrebbe senso."
Lo Gioco si girò indietro. "Folliero."
La ragazza si avvicinò, lasciando indietro Roberto. "Sì?"
"Crediamo di essere vicini, proveremo coi dardi tranquillanti. Se non funziona, ci terremo a distanza di sicurezza e seguiremo l'anomalia fino all'arrivo di personale con equipaggiamento adatto. Se dovesse risultare particolarmente aggressiva, o in caso i rinforzi non riescano ad arrivare in tempo, considera l'uso di forza letale autorizzato."
"Sissignore."
"Perfetto, procediamo."
Il gruppo riprese ad avanzare e presto Daniele si ritrovò Roberto a fianco.
"Mi scusi, tenente, ma… come dire dai vostri discorsi sono emersi dei particolari che mi costringono a chiedere chi, o cos'è che stiamo cercando davvero." La domanda fu fatta con aria esitante, come se avesse paura della risposta. Lo Gioco guardò i suoi compagni in cerca di aiuto. Purtroppo non era ancora arrivato nessuno, quindi non avevano potuto far portare Roberto in un luogo sicuro. A questo punto, forse sarebbe stato meglio dirgli tutto. Tanto a fine missione gli avrebbero cancellato la memoria.
"Non siete dell'esercito, vero?" Lo Gioco fu preso alla sprovvista dalla domanda. La loro storiella non solo non stava più a galla, ma era già sul fondo dell'oceano.
"Cosa te lo fa credere?" disse col tono di voce più neutrale di cui era capace.
"È solo una sensazione, ma se devo azzardare un’ipotesi: il vostro compito qui è dare la caccia ad un soggetto con pericolose proprietà fuori dal comune. Un po’ alla X-Files, ha presente?"
"Non ho visto la serie."
Roberto si fermò di colpo e mise un braccio davanti a Lo Gioco. "… senza contare quelle." Disse indicando una serie di impronte.
Erano impronte, sì, ma era come se la materia che si trovava a contatto con ciò che aveva toccato il suolo avesse smesso di esistere. Non solo il leggero strato di neve, ma anche i primi centimetri del terreno che questa copriva.
"Siamo davvero vicini. Seguiremo le impronte, io a destra, Fonte a sinistra. Folliero sarà a metà tra noi due, poco arretrata. Fonte, avvisa per radio la Coppia 2 che probabilmente stiamo per ingaggiare. Roberto stai qualche metro dietro Follieri. Se la situazione va a puttane, fuggi e prova a metterti in contatto con il resto della squadra a valle."
Proseguirono ancora per un centinaio di metri in silenzio, la sensazione di disorientamento sempre più forte, quando Fonte indicò qualcosa tra gli alberi a qualche decina di metri da loro. Qualcosa di… sbagliato. A vederlo la nausea aumentò. La reazione istintiva nella mente di Lo Gioco era che quell'essere fosse sbagliato e non dovesse esistere. Era un umanoide certo, ma la sua superficie era in continuo movimento, difficile da capire. E anche ora che lo vedeva da vicino e con chiarezza, come nella tempesta, Daniele non poteva che definire il suo bagliore come una luce scura. O per lo meno, tutto ciò era quello che il suo cervello, forse incapace di processare adeguatamente quel che aveva davanti, gli mostrava.
L'essere avanzava lento, i movimenti delle sue membra tuttavia sfocati agli occhi degli agenti.
Fonte si girò in silenzio verso Lo Gioco e questi gli fece un cenno affermativo con la testa. All'unisono i due alzarono la punta dei fucili spararono due colpi tranquillanti verso la creatura.
Il bersaglio venne colpito, ma i due dardi scomparvero al contatto con la sua superficie. Lo Gioco rimase un attimo interdetto e capì che doveva essere la stessa cosa accaduta con le impronte. Quell'essere in qualche maniera cozzava con il tessuto della realtà al punto da annullarlo al contatto e influenzare negativamente le loro menti a distanza. Forse addirittura incasinare il meteo.
La testa senza connotati dell'umanoide si girò lentamente verso di loro. Pur immaginandone il risultato Lo Gioco sparò un altro colpo che aveva inserito in canna quasi per riflesso nel frattempo. "Fonte, indietreggia!"
I due iniziarono a retrocedere, ma la creatura aveva idee diverse. Aveva infatti incominciato a muoversi nella direzione dei due agenti. Agli osservatori i movimenti dell'essere sarebbero sembrati scomposti, poco fluidi, come se certe parti avvenissero più lente di altro, ma a discapito delle impressioni, il risultato è che dopo poco gli era quasi addosso. La sensazione di nausea e disorientamento si fece ancora più forte. Lo Gioco perse l'equilibrio e cadde per terra, la creatura quindi provò a colpire Fonte che a sua volta si dovette lanciare sul terreno per evitarla. Riaprì gli occhi e vide l'anomalia sopra di sè pronta ad attaccare di nuovo, ma prima che potesse farla finita, una raffica di proiettili colpì, senza effetto alcuno, ne investì le membra indefinite.
"Dai, vieni qua, bastardo!" L'agente Folliero abbassò il fucile con il quale aveva appena sparato cercando di attirare la creatura verso di sè e allontanarla dai colleghi in preda ai suoi effetti. Dal canto suo la creatura la prese per parola e si avvicinò a lei con uno scatto rapido. La donna provò a spostarsi, ma disorientata dagli effetti innaturali della creaturà inciampò, tenendosi a malapena ritta grazie all'albero alla sua destra. La lentezza di quest'azione bastò perchè la creatura la raggiungesse. Il colpo arrivò dall'alto e Folliero provò a farsi scudo col braccio sinistro. Al contatto con l'anomalia però carne e ossa sparirono come tutto il resto. In un istante l'arto dell'agente si divise in due e la mano mozzata cadde a terra.
"Blanda!" Il nome della collega fu tuttò ciò che Fonte riuscì a dire prima che la creatura colpisse di nuovo infilando il proprio braccio attraverso il petto di lei e lasciando solo una voragine a segno del suo passaggio. Il cadavere cadde a terra in maniera scomposta.
Lo Gioco guardò la scena inorridito. Dovette farsi forza per scacciare dalla testa la disperazione e la devastazione esplosi in lui a causa della morte di Folliero. Ne andava della vita del resto di loro, doveva ragionare. In un istante si calmò e osservò l'abominevole umanoide con cura alla ricerca di una soluzione. Appena prima che questa si girasse nuovamente verso lui e Fonte, notò qualcosa. Una piccola area di cuoio capelluto sul retro della testa dell'essere.
La creatura iniziò ad avanzare lentamente, forse nemmeno più preoccupata dagli agenti dopo aver visto con quanta facilità li poteva eliminare. Cuoio capelluto? Che significava?
L'essere si stava avvicinando. Ma certo! Materia comune! Materia danneggiabile! Lo Gioco tentò di prendere la sua arma, ma si muoveva a fatica. Avrebbe voluto vomitare. Inoltre il punto debole era ormai dall'altro lato rispetto a lui. E poi vide Roberto. Era uscito dal suo nascondiglio e si era avvicinato ai resti di Folliero, forse per vedere se fosse ancora viva. Uno sforzo inutile, ma che avrebbe potuto salvarli. Ma poteva davvero affidarsi a un ragazzetto incontrato qualche ora prima e che probabilmente non aveva mai usato un'arma in vita sua? Che altra scelta aveva?
"Roberto! Dietro la testa! Il cuoio capelluto; credo sia un punto debole!" Il ragazzo guardò prima la Daniele e poi l'anomalia con aria preoccupata. "La pistola di Folliero, nella fondina!" La preoccupazione sul viso di Roberto fece spazio a determinazione. Aveva capito. L'essere immondo era oramai a pochi passi da Lo Gioco. Roberto staccò freneticamente la pistola dal fianco del cadavere dell'Agente Folliero e prese la mira. Se avesse mancato il primo colpo il vecchio tenente sarebbe morto, ma lo consolava sapere che forse almeno Fonte si sarebbe salvato. Dopo un attimo che parve interminabile, Roberto premette il grilletto e la creatura si bloccò. Aveva centrato il bersaglio.
L'essere iniziò a muoversi in modo spasmodico, e un urlo terrificante e disumano si alzò verso il cielo. Continuò per qualche istante fino a che un suono che Daniele avrebbe potuto solo comparare al vetro infranto non lo interruppe. E di colpo, la creatura non c'era più.
Daniele riprese a respirare boccheggiando per poi lasciarsi cadere sul terreno.
Il tenente Lo Gioco si sedette e sospirò. Lui, Fonte e Roberto erano scesi a valle dove si erano rincongiunti col resto della squadra e gli era toccato fare rapporto all'Area-33. Erano soddisfatti del risultato della missione nonostante l'alto costo. Avrebbero preferito un contenimento, ma non lo biasimavano per come aveva gestito la situazione. Una squadra della SIR-I sarebbe intervenuta in giornata per recuperare i corpi di Folliero e Capraro.
Fonte gli si avvicinò. "Daniele, immagino tutto a posto col comando?"
"Per quanto possa essere a posto una missione con due caduti e un'anomalia neutralizzata."
"Quindi per nulla contenti, ma non incazzati. Non potevamo fare di meglio e lo sai. Quell'essere era estremamente pericoloso e non potevamo lasciarlo fuggire."
"Lo so, non è quello il problema. Dovrò contattare le famiglie di Blanda e Luca. Una volta che mi diranno che menzogna raccontargli, ovviamente."
"Già. Mi mancheranno quei due… a proposito di menzogne: abbiamo un testimone di cui occuparci. Vuoi che gli parli io?"
"No, faccio io."
Nonostante le gambe doloranti, Lo Gioco si alzò e si diresse verso Roberto che stava parlando con l'agente Papiri.
"Carolina, dovrei parlare al nostro amico." Lei si allontanò. "Allora, Roberto. Abbiamo un problema. La segretezza è uno dei dogmi fondamentali del gruppo per cui lavoriamo, per ovvie ragioni. E prima che tu lo chieda; no, non verrai ucciso. Possiamo semplicemente rimuovere dalla tua mente i ricordi di quanto accaduto. In pratica torneresti ad essere la persona che eri stamattina quando ti sei svegliato. Come se oggi non fosse avvenuto. Magari un paio di lividi in più."
"Ok, già meglio di come temevo."
"Però non mi pari particolarmente contento."
"Non fraintenda. Molto meglio che morire. Tuttavia oggi ho scoperto che esiste un altro lato alla realtà in cui viviamo. Pericoloso, ma senza dubbio anche pieno di forze straordinarie e cose che mai potrei immaginare."
"Sì, il mondo è molto più pazzo di quel che si creda. Il che non è dir poco."
"Ecco. Non posso negare che l'idea non solo di non poterne sapere di più, ma anche di perdere quanto ho scoperto, mi turbi."
"Capisco molto bene quello che intendi." Ok, era il momento. "Ci potrebbe essere un'altra opzione. Non posso dire di conoscerti bene, ma mi dicono che sono bravo a leggere le persone. E oggi ho visto qualcosa in te. Ci tieni alle vite altrui; oggi hai rischiato non poco per provare a soccorrere l'agente Folliero, senza contare l'avermi trovato nella neve. Ed hai dimostrato di reagire bene ad una situazione travolgente dalle vaste implicazioni per la tua comprensione del mondo. Hai mantenuto la testa sulle spalle e agito tempestivamente quando necessario. Quindi, vorrei darti una scelta. Ne ho parlato anche con Fonte ed è d'accordo. Ti vorremmo proporre di entrare nella nostra squadra e lavorare per la nostra organizzazione, la Fondazione. Garantiremo per te, e in men che non si dica sarai uno di noi."
Avendo capito già da un po' dove il discorso stesse andando a parare aveva la risposta pronta. "Non voglio dubitare del suo giudizio, ma non so se sarei in grado. Cavolo, mi sono dovuto prendere un anno di pausa anche solo per decidere se fare l'università o no. Inoltre non ho il minimo addestramento militare. Non ho mai nemmeno usato un'arma da fuoco… non prima di oggi almeno."
"Già, e l'hai usata alla perfezione. Dell'addestramento militare si occuperà la Fondazione. Io stesso quando entrai non sapevo neanche tenere un fucile correttamente. Ero solo uno che se la sapeva cavare in montagna, come te. La farò breve. Abbiamo visto qualcosa in te e quindi ti stiamo offrendo un'opportunità. Non è una scelta facile. Dedicherai la tua vita alla protezione del genere umano e la tua unica ricompensa sarà dover mentire ai tuoi cari. Rischi una morte precoce e se così non fosse, vorrà dire che avrai il tempo di guardare quelli attorno a te morire. Oggi ne è stata una macabra dimostrazione. Però scoprirai segreti che solo una minuscola parte del genere umano conosce. Vedrai cose che pochi possono anche solo immaginare. Vivrai una vita incredibile nel senso stretto della parola. E forse nel farlo potresti rendere il mondo un posto migliore." I due si guardarono. "Prenditi il giusto tempo per decidere."
Roberto tagliò corto il silenzio. "Accetto."
Daniele sorrise sotto i baffi, sapendo in cuor suo di aver fatto un'ottima scelta.
"Per dirla in breve sono incappato in un'operazione della Fondazione e gli sono piaciuto quindi mi hanno fatto un'offerta di lavoro."
"Ah. Non era proprio la risposta che mi aspettavo." Commentò Barna.
"Potrò scendere di più nei dettagli un giorno che avrò dormito più di 3 ore."
"Posso capire, signore."
Demichelis alzò lo sguardo verso la struttura appena apparsa da dietro una formazione rocciosa. "Siamo quasi arrivati al rifugio ed è più o meno ora di pranzo."
Entro pochi minuti i membri della squadra Beta si ritrovarono seduti ad un tavolo all'interno del rifugio. Demichelis sentiva però che qualcosa non andava. C'era una certa tensione nell'aria; pure Ennio se ne stava zitto. Cosa altamente insolita. Roberto stava ancora cercando di capirci qualcosa quando una settima figura si sedette al tavolo. "Daniele!"
L'ex agente rise di gusto vedendo la faccia stupita del suo giovane successore. "Sorpreso, eh?"
"Sorpreso sarebbe dir poco. Cosa ci fai qui?" Roberto aveva rivisto il suo mentore raramente da quando era andato in pensione.
"Ma come? Ovviamente sono qui per tirarti le orecchie, vecchio che non sei altro."
Demichelis si guardò intorno e capì che era una trappola bene organizzata per obbligarlo a festeggiare il suo compleanno. Il resto della squadra eruppe in un "Buon compleanno!" generale, in fretta seguito da una delle peggiori performance di "Tanti auguri a te" alle quali avesse mai assistito e a cui presto si unirono i pochi dei presenti nella stanza, anche loro in vena di allegria. L'ora seguente passò all'insegna di cibo, birra e risate.
Un poco accaldato, Roberto si scusò ed uscì a prendere una boccata d'aria. Notando il vecchio amico appoggiato alla ringhiera intento ad osservare la ripida valle sottostante, lo raggiunse.
"Quindi, come ti sta trattando la pensione, Daniele?"
"Tutto sommato, molto bene. Gioco molto a carte, vado molto in montagna, non mi sparano addosso nè provano a divorarmi. Non posso davvero lamentarti."
"Non ti annoi?"
"Ogni tanto, ma devo dire che non avere più il peso del mondo sulle spalle fa sentire anche i momenti di noia come meritato riposo."
"Uhm. Non ti turba non sapere che succede… nella nostra linea di lavoro? Come dormi tranquillo sapendo che certe cose esistono e ora non puoi più farci niente? Io non credo ci riuscirei."
"A dirla tutta su buona parte di esse anche prima non potevo farci niente, quindi cambia poco. E in ogni caso la mia fetta l'ho lasciata in buone mani."
"Non ne sarei così sicuro. Lo dici perchè non ti ho ancora raccontato dei bei casini che ho combinato da quando ho preso il comando della squadra."
"Tanto grossi non possono essere. Ti adorano." Disse Lo Gioco lanciando un'occhiata al rifugio in cui si trovava il resto della squadra.
"Già… non so se sia un bene."
"Lo è. Gli ispiri fiducia. Sanno che fai del tuo meglio e che daresti la vita per loro. Non importa cosa ne pensino i burocrati e militarucoli che manco ti conoscono."
"Ah, quindi sai."
"Ho sentito delle voci, lo ammetto."
"E?"
"Sono ancora convinto al cento per cento di aver fatto la scelta giusta e Fonte sarebbe d'accordo con me."
Roberto fissò un attimo il vuoto che gli si stendeva davanti. "Grazie… mi rendo conto ora che forse avevo davvero bisogno di sentirmelo dire."
"Figurati. Dai, torniamo dentro che ti devo ancora offrire un liquorino."