Data dell'Intervista: 03/10/2022
Intervistato: Steve Reich
Intervistatore: Ricercatore Manuel Franco Rocati
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Rocati: Signor Reich, sono così onorato di poterla intervistare oggi. Lei è veramente una delle figure chiave nella musica classica contemporanea, ed essere in grado di condurre una discussione con un compositore del suo calibro è veramente un piacere per me.
Reich: Ah basta con sta solfa, per favore, già troppi mi hanno lodato in questa vita.
Rocati: Come, prego?
(L'atteggiamento del signor Reich cambia completamente, acquistando una postura più eretta, una gestualità più accentuata, e un marcato accento bolognese.)
Reich: Non se l'aspettava, vero?
Rocati: A essere sincero, no… da quant'è che sta imparando l'italiano, signor Reich?
Reich: Oh beh, da sempre, direi. E per favore, non mi chiami signor Reich, perché in questo momento… diciamo che non lo sono.
Rocati: Non sto capendo.
???: Ed è per questo che è qui, non è vero? Per far luce sulla scomparsa di quel tal dei tali a Bologna, nevvero?
Rocati: (indietreggiando) E mi dica, lei come fa a sapere questa cosa?
???: Se vuole conoscere la risposta, farebbe meglio a sedersi. Le giuro che non le voglio far del male, voglio solo chiarire… molte cose.
Rocati: E se invece voltassi le spalle e me ne andassi via il più possibile?
???: Beh, sappia solo che il suo destino è già messo in moto, e quindi che lei scappi o meno, ciò che succederà in seguito non cambierà per niente. Più che altro, penso che conoscere la verità di tutto questo trambusto le farebbe piacere, anche da un punto di vista personale.
(Rocati si siede, con riluttanza.)
???: Suvvia, si rilassi un po'! Pensi solo a fare il suo lavoro, per ora, sempre se lo si possa considerare rilassante. Essere un ricercatore della Fondazione non penso sia proprio il massimo per la psiche…
Rocati: Mi… mi dica chi è lei.
???: Oh, finalmente una domanda degna di un'intervista! Posso dire che il corpo a cui sta parlando appartiene a tutti gli effetti a Steve Reich, ma la mente con cui sta dialogando,mi sa che non è proprio la stessa.
???: Suppongo però che voglia una vera spiegazione, quindi partiamo dall'inizio: sono nato il 13 agosto 1997. I miei genitori erano Marta Giacobini e Franco Gabbia; la prima pianista, il secondo matematico. Sono cresciuto in mezzo alla musica: mamma era più romantico-tradizionalista, mentre il babbo era più irrequieto, sperimentale, in tutti i sensi. Anche il mio nome è musicale, in un certo senso: mio padre, notando che il suo cognome fosse in pratica la versione tradotta di Cage, ha deciso di farmi chiamare Giovanni per completare la citazione a uno dei suoi compositori preferiti.
Gabbia: Ora, noterà che ho detto erano, e infatti, sono morti in un incidente stradale quando avevo 19 anni. Io ero uscito col motorino a fare baldoria, e loro, volendo trascorrere una serata leggera, s'erano presi la macchina per andare al centro e farsi una passeggiata. Mio padre però ha avuto la brillante idea di avere un cazzo di attacco epilettico alla guida! A quanto pare, aveva una preposizione genetica mai rilevata. Auto sbandata, e vita pure.
Gabbia: Come può ben intuire, sono rimasto a pezzi. E da lì, si può dire, è iniziato il mio calvario: mentre stavo riordinando gli appunti di mio padre, ho trovato alcune ricerche su un concetto musicale del medioevo, che tentava di collegare la musica alla matematica, alla cosmologia, a tutto: come una qualsiasi filosofia medievale.
Rocati: La musica delle sfere.
Gabbia: Bravissimo! Lei si che se ne intende, altro che quelli del Cenacolo… Comunque, da quegli appunti ho fatto partire i miei "esperimenti": cercavo un modo, per quanto paradossale, per ridurre l'universo a delle componenti fondamentali armoniche, che manipolate, avrebbero permesso a me e all'umanità di fare cose pazzesche.
Gabbia: E sa cosa? Ce l'ho fatta. Alla fine, dopo tanti anni di prove, ce l'ho fatta: sono riuscito a prendere l'universo per la gola e a strozzargliela, fino a quando non m'ha rivelato tutti i suoi segreti. Ed erano così ovvii in retrospettiva.
Gabbia: Sa cos'è un fenomeno emergente, vero?
Rocati: (deglutendo) Q-quando un sistema, partendo da uno schema con r-regole semplici, sviluppa comportamenti complessi.
Gabbia: Ovvio, ovvio, da lei non potevo aspettarmi niente di meno. Comunque sì, questo è in soldoni l'universo, e riuscire a trarre le componenti armoniche fondamentali è effettivamente facile, con le giuste conoscenze occulte, che per fortuna avevo.
Gabbia: Dopo questa rivelazione, avevo una sola cosa in mente: dovevo mostrarla a qualcuno. E chi meglio se non il Cenacolo, il circolo musicale occulto per eccellenza? Quindi, tutto felice, ho inviato la mia richiesta d'iscrizione al CADMO, allegando anche qualche spartito per far vedere che non stavo parlando a vanvera.
Rocati: E l'hanno rifiutato.
Gabbia: Le sue composizioni, per quanto ideate con cura, cercano di ridurre l'universo a una mera somma di unità e falliscono nel considerare l'intrinseca entropia del cosmo, risultando quindi riduttivi e incapaci di cogliere la complessità della costruzione universale. Per tale motivo, consideri la sua richiesta d'ammissione rifiutata.
Gabbia: Si rende conto? Loro, troppo persi nei loro diagrammi e archibugi arzigogolati del cazzo, avevano perso di vista la Via, la Verità, che è così semplice e diretta.
Gabbia: (cominciando a lacrimare) Io ero disposto a dargliela tutta, ero veramente pronto… Ma quello che hanno fatto è stato veramente un crimine, contro l'umanità e, specialmente, contro la musica. Non si meritavano le mie rivelazioni, ma soprattutto, non si meritavano di essere compositori, né in questa vita, né in nessun'altra.
Gabbia: E così, il giorno del mio 25º compleanno, ho deciso di agire, di far capire a tutti loro quanto si stessero sbagliando. Per prima cosa, ho irrimediabilmente distrutto i miei spartiti, in modo che le mie conoscenze rimanessero mie e mie soltanto, e poi ho compiuto il rito. Ci sono volute circa due ore, ma alla fine… sono asceso, dottore. Ed è stato bellissimo.
Gabbia: Ora, vorrei poter descrivere dettagliatamente ciò che ho visto, ma penso che le farei venire un'aneurisma, quindi meglio parlare per allegorie. Quando ho "aperto" gli "occhi", sempre se ce li avessi, cosa abbastanza improbabile per un essere etereo, ho "visto"… concetti penso sia la parola più adatta? Erano letteralmente idealizzazioni di cose reali e non, quindi suppongo di si. Questi concetti… pulsavano e galleggiavano in questo non-spazio in cui mi trovavo, e si muovevano in maniere che, dottore, sono puramente impossibili da descrivere. Conti che quel non-spazio non rispetta necessariamente le leggi spaziali che conoscete, quindi trovare maniere per indicare il loro movimento è qualcosa di futile.
Gabbia: Mentre si muovevano, vedevo che in qualche maniera… comunicavano. Vedevo come delle propaggini che s'estendevano da un concetto all'altro, e quando attraccavano, sia comunicante che comunicato venivano mutati in maniere infinitesimali, seppur notevoli.
Gabbia: Preso dall'euforia, ho provato a comunicare con uno di loro. Ho esteso le mie non-mani verso il primo che ho visto, e appena l'ho toccato… oh dottore, se fosse stato lì sarebbe rimasto stupefatto.
Gabbia: Ho ricevuto una scarica di immagini, di… ricordi, suppongo, di memorie, legate in qualche modo al concetto. Ormai le ho impresse nel cervello: un cuoco, che s'accingeva a cucinare un dolce rivoluzionario, e un fisico, pronto a rivelare al mondo la "vera" essenza dell'Universo.
Gabbia: All'inizio, non capivo cosa c'entrassero con esso, ma poi, ho avuto un flash, un momento simile all'archimedeo eureka, ma potenziato all'ennesima potenza: se questi erano veramente concetti, ne consegue che potessero essere pensati dall'uomo, giusto? Ma se un concetto fosse stato senziente? In quel caso, poteva… forzarsi all'interno del cervello di qualcuno? Farsi pensare? Farlo… influenzare?
Gabbia: Ovviamente, la risposta era sì. E quando l'ho capito… ho compreso cosa dovevo fare. Cosa era giusto.
Rocati: No!
Gabbia: È stato relativamente facile trovarli: d'altronde, per un essere atemporale e aspaziale fare ciò risulta una bazzecola. Dei pensieri ben posizionati da piccoli, e boom, Antonio Carrisi non finirà mai a creare una corrente basata sull'idiosincretismo classico/folk, oppure, Davide Mattei non riuscirà lontanamente ad avvicinarsi ai suoi componimenti più arditi, più ritmici, più tribali.
Gabbia: Dopo aver finito però, mi sono reso conto che… non mi sembrava abbastanza. Si, un conto è distruggere ciò che odi, ma bisogna anche lasciar qualcosa ai posteri. C'era solo un problema: questo incidente col Cenacolo m'aveva così turbato, che ho deciso di non voler avere più niente a che fare con questo mondo. Non si meritava niente di me, neanche il mio nome.
Gabbia: Alla fine, mi sono deciso nell'arrivare a un compromesso. Avrei lasciato qualcosa, ma non abbastanza da trarne qualcosa di utile a fini diciamo… esoterici. Quindi, ho fatto una piccola ricerca, ho trovato i candidati migliori, e gli ho donato parte del mio sapere.
Gabbia: Forse li ha sentiti nominare. Magari, un certo Julius Eastman, o un povero tassista di nome Philip Glass, o magari-
Rocati: Steve Reich…
Gabbia: Ma quant'è perspicace! Non è che l'ha incontrato qualche volta? (risatina) Comunque, si, fra tutti questi, Steve Reich è risultato… emblematico. E sa perché?
Gabbia: Fra tutti gli individui che potevo scegliere, ho scelto uno in grado di modificare la realtà di per sé! La combinazione perfetta, nevvero?
Gabbia: Però dovevo testare i suoi poteri, dovevo vedere se fossero adatti o no. E così, ho preso di mira un concerto del mio… omonimo, diciamo così, a Bologna.
Gabbia: Ma ormai c'era già arrivato, non è così?
(Il ricercatore Rocati non parla per 15 secondi)
Rocati: Quante persone ha rovinato per questa sua vendetta?
Gabbia: Oh, io sono stato parsimonioso, solo sette, il che è ironico, considerando le implicazioni alchemiche di tal numero. Però, ad essere onesti, sono arrivato solo a sei, al momento. La mia ultima vendetta deve ancora consumarsi. E indovini un po': lei ha un ruolo in questa!
Rocati: Come prego?
Gabbia: Eh sì, mio caro Manuel, hai sentito proprio bene…
Rocati: Ma che- (tenta di alzarsi)
Gabbia: (urlando) Siediti, o giuro quanto è vero iddio che non sarò così parsimonioso con te, brutto bastardo!
(Il ricercatore Rocati si alza comunque, e corre verso la porta dello studio, trovandola chiusa a chiave. Tenta invano di aprirla.)
Gabbia: (sospirando) Ti giuro su quel che vuoi che non ti voglio uccidere o ferire in alcuna maniera. Adesso, per favore, siediti.
(Rocati, come guidato da una forza, torna a sedersi.)
Gabbia: Come puoi notare, ho usato il mio potere in questo momento. Ricordati che ho io il controllo qua dentro, non costringermi a usarlo un'altra volta. Se tutto andrà come deve, riuscirai a dormire stanotte. Serenamente però, questo non te lo posso garantire.
Gabbia: Ora, mio caro Manuel, ti starai chiedendo probabilmente due cose: la prima, che c'entri in tutta questa faccenda, e la seconda, perché ti sto dando del tu. (estraendo un foglio dalla tasca dei suoi pantaloni) Per rispondere ai tuoi dubbi, ti consiglio di osservare attentamente questo foglio.
Rocati: (leggendolo) ma cosa cazzo-!
Gabbia: Purtroppo quello non è l'originale, sai com'è, ho modificato la realtà, però mi è rimasto impresso a mente abbastanza da poterne riprodurre la calligrafia in maniera fedele. Adesso, rigiriamo un po' questa intervista: cos'è che ti salta all'occhio?
Rocati: (deglutendo) è la mia c-calligrafia-
Gabbia: E anche la tua firma, la prima delle sette, lì in basso a destra. Che coincidenza curiosa, non trovi? Adesso, caro, saresti così gentile da leggermi ad alta voce cosa c'è scritto?
(Il ricercatore Rocati si mette a singhiozzare.)
Gabbia: Ancora sconvolto, eh? Vabbè, tanto non è di vitale importanza. Basta che tu realizzi ciò che mi hai fatto, tanto tempo fa…
Rocati: (a mezza voce) Perché proprio io?
Gabbia: Domanda eccellente! La risposta è abbastanza chiara: una vita fa, tu eri il direttore degli Uscieri del CADMO, che gestivano gli ingressi degli adepti. E purtroppo, hai fatto la sfortunata decisione di non accettarmi. Tutto qua.
Gabbia: Non cercare spiegazioni o motivi ulteriori: quella che sto compiendo è una pura e semplice vendetta dettata dalla voglia di farvi vedere che non fossi uno sprovveduto. Punto. Fine. Stop.
Gabbia: Suppongo però rimangano ancora dei dubbi, e questa volta, perché non li facciamo domandare direttamente dal diretto interessato? Su, vada capitano!
Rocati: (stentando a parlare) Perché non hai completato questa tua vendetta?
Gabbia: Non potevo lasciarti al fato di tutti gli altri, tu caro mio, ti meritavi qualcosa di speciale. La tua vita doveva essere la più sofferente possibile. Quindi, ho rimuginato e rimuginato, e alle fine mi son detto "Qual è la carriera più bastarda che esista sulla faccia della Terra?". La risposta, penso che tu la sappia già.
Gabbia: Quindi si, giusto per chiarire, quando hai pensato di unirti alla Fondazione, non l'hai mai pensato in verità. Tutte le sofferenze, i dolori, le notti insonni che hai ricevuto, sono stati tutti per causa mia. E cazzo se ho goduto.
Gabbia: E poi, vuoi contare venir cancellato dalla realtà consciamente? Cioè, dai, è la tortura perfetta! Non credi, Manuel?
(Rocati comincia a piangere a dirotto, accasciandosi a terra in posizione fetale.)
Gabbia: Una cosa però te la posso promettere: la tua musica di prima non era così male, abbastanza etnica, quindi perché no, ti concederò di continuare a suonare, e ti renderò una figura famosa pure all'altro mondo. Ovviamente non sarai che un re del trash, dell'intrattenimento puro, una delle comete che passano lungo il panorama musicale; ma comunque, sarai famoso. Avrai i soldi, caro! Non sei contento?
(Rocati continua a singhiozzare.)
Gabbia: Suppongo di no. Bene, prima che mi congedi, ho alcune parole per i nostri gentili telespettatori della Fondazione che ci stanno ascoltando.
Gabbia: So che avete sistemi per salvaguardare documenti pure in caso di cambiamenti della realtà, e quindi, so che leggerete le parole che sto pronunciando. Voglio solo dire che dopo questa "marachella", me ne andrò definitivamente via, e non interagirò mai più con quest'orrido pianeta. D'altronde, a che mi servirebbe? Il mio scopo sarà compiuto allora, non avrò bisogno di far altro.
Gabbia: Ah, e un'ultima cosa: ho imparato a conoscere a fondo Steve in questi anni di collaborazione non-voluta, e sappiate che anche lui sa essere meschino quando vuole. Quindi, se commetterà dei casini pure nella vostra iterazione, sappiate che è colpa esclusivamente sua. So che non avete alcun incentivo a credermi, però questa è la verità, e stavolta lo giuro.
Gabbia: Bene, caro Manuel, sogni d'oro!
(Il corpo del signor Reich sviene. Rocati, immerso in una pozza delle sue lacrime, lentamente si alza.)
(Reich comincia a risvegliarsi, gemendo nel frattempo.)
Rocati: (a mezza voce) Potrebbe aprirmi la porta, per favore?
(Senza dire niente, Reich si avvicina a un piattino vicino al suo letto, dove sono adagiate delle chiavi. Successivamente, si avvicina alla porta, aprendola.)
Rocati: Grazie mille…
(Il ricercatore sta per uscire, quando Reich gli afferra il braccio sinistro.)
Reich: Se fossi in lei, signore, cercherei di dimenticare tutto questo con ogni mezzo possibile. Buona fortuna.
(Senza proferir parola, Rocati esce dallo studio.)
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