Ian Miles si avvicinò lentamente allo specchio.
La sua esistenza era andata in pezzi meno di un mese prima.
L'aria deprimente, accende una nuova sigaretta e la mette in bocca, fumando lentamente, soffiando occasionalmente qualche cerchio di fumo.
Sospira.
Seduto su una sedia a rotelle, le sue fini gambe distese sotto la sua scrivania, si spinse all'indietro e la sedia si allontanò dalla scrivania dove era acceso il computer dell'individuo.
Tutte le ricerche che aveva fatto non avevano dato nulla. Era solo nella solitudine, la sua solitudine. Era il solo a vivere il suo cambiamento.
Si alzò e guardò fuori dalla finestra aperta del suo appartamento.
Fuori, il cielo era così grigio…
Almeno, faceva bello, perfetto per un depresso.
Chiuse gli occhi e afferrò la sigaretta tra le dita, battendola con l'indice, lasciando che le ceneri cadessero sul pavimento.
Istintivamente, si volta, e si alza, di fronte a uno specchio che si trova dall'altra parte della stanza.
Aprì gli occhi e guardò il proprio riflesso.
Una bella donna dagli occhi blu e con il rossetto blu lo guardava. Anche se aveva la testa rasata e i capelli neri, era bellissima.
Per l'esattezza sarebbe stato giusto dire che era semplicemente perfetta.
L'uomo si guardò e si sentì sensuale.
Lentamente, Ian si mise di profilo, osservando le curve della sua fine e deliziosa silhouette.
Lasciò cadere la sigaretta a terra e avanzò fino allo specchio, che guardò a lungo, prima di accarezzare il suo riflesso con la punta delle dita.
"Ti amo così tanto… Perché resti così inaccessibile?"
Si vide parlare. Lei era bella. Ma non esisteva.
Però, non era là a guardarlo ?
"Perché mi fai tutto questo male?"
Esita ad abbracciarla come aveva preso l'abitudine di fare, per ritornare a sedersi.
Ian Miles avrebbe iniziato senza dubbio a piangere ripensando al modo in cui tutto questo era cominciato. Invece, si mise a ridere. Dopo tutto, aveva fatto un meraviglioso incontro, non è vero?
Si chinò sulla sua sedia, allungò un braccio, prese la sigaretta che bruciava sul pavimento; poi la girò tra le dita, la contemplò, guardando attentamente l'oggetto, e le due parole che vi erano scritte: " Blue Lady".
Era questo. Ora, ne era sicuro. Era grazie a quell'altro tipo con il cappello Fedora che aveva incontrato la signora in blu.
Quel tipo era arrivato una domenica, bussando molte volte alla porta, svegliando Ian dal suo riposino mattutino.
A quell'epoca, era ancora il Signor Miles. E a quell'epoca, il Signor Miles si era vestito vagamente e aveva brontolato fino alla porta, che aveva aperto, trovandosi faccia a faccia con un uomo in abito grigio e un cappello che aveva un…
Quel tipo gli aveva teso un pacco. Era piuttosto una scatola di cartone, banale, senza niente sopra…
Ian si ricordò che "Per Ian" era stato scritto con un pastello blu sulla scatola, ma l'aveva gettata tempo fa.
Poco gli importava. Quando aveva ricevuto la scatola, aveva interrogato l'uomo sulle sue intenzioni e sulla sua identità, perché non aveva l'aria di un postino. E in più, i postini non passano così presto…
"Io? Io non sono nessuno. Serviva solo che vi dessi questo nelle vostre mani."
Poi si è scusato e si è allontanato. Ian non l'ha mai più rivisto.
"Serviva solo." Che cosa significavano quelle parole? Quello era necessario? Perché aver scelto il signor Miles come destinatario?
Quel giorno, quella persona gli aveva offerto numerose domande oltre al pacco, ma soprattutto gli aveva fatto conoscere la signora in blu.
Quando aveva aperto la scatola, aveva trovato molte sigarette, che aveva riposto in un cassetto, prima di gettare la scatola.
All'inizio, aveva creduto a uno scherzo, ma il tipo che aveva scritto su quelle sigarette aveva dovuto spenderci molto tempo sopra. Ne aveva fumato una, come questa, e tutto era cominciato.
Aveva visto il suo corpo cambiare con il tempo e il suo modo di vivere. La perdita del lavoro, così come la perdita di legami con tutti i suoi colleghi e la sua famiglia erano effetti collaterali causati da questa nuova conoscenza.
Domani gli sarebbe saltata la corrente e Ian rischiava di perdere il suo appartamento a causa dei molti debiti insoluti.
Guardò una volta di più lo specchio.
"Sono pazzo? Eppure, tutto questo è così reale…"
Nel frattempo, aveva finito la sua sigaretta e gettò il mozzicone per terra.
Era da un sacco di tempo che non puliva casa sua e le riviste concernenti il paranormale si erano accumulate per terra, assieme ai mozziconi delle sigarette che consumava incessantemente.
Ma non era pazzo. Quella donna esisteva.
La vedeva dappertutto… Era tutto il tempo là, ma non per lui. Non aveva il diritto di conoscerla. Non poteva conoscerla e di sicuro non lo potrà mai. Tuttavia, non era lei lui? E non sapeva niente di lei. Era così inaccessibile dietro il suo bel viso di ghiaccio.
Gli mancava, sempre, incessantemente, lo lasciava solo, lo abbandonava nella sua decadenza.
Spostò la sua sieda fino alla sua scrivania, dove afferrò una vecchia penna blu e un foglio bianco, su cui scrisse alcune parole, ne sbagliò alcune e dopo scrisse di nuovo.
Aveva finito. Si alzò, cercò un bicchiere, poi qualche scatola di sonniferi.
Così, era vero quello che la gente diceva… Il fumo uccide.
Di nuovo seduto, riempì il suo primo bicchiere d'acqua, che non sarebbe stato l'ultimo.
Poi, prese qualche sonnifero nella sua mano e guardò un'ultima volta lo specchio, nel quale c'era una donna in blu, seduta anche lei.
"Mi manchi. Ma non inquietarti, ti sto per raggiungere."
Le scatole vuote di medicine si erano accatastate.
Non so cosa mi sta succedendo. La vedo dappertutto.
So che dovrei sapere chi è ma non posso. La amo ma non so chi è. È talmente bella ma non voglio non posso ricordare. La conoscevo ma non più ora. dove sei Mi manchi
mi ha lasciato il suo profumo preferito