Crediti
Autore: Ardi0177 does not match any existing user name
Diluvio Universale
DENOMINAZIONE D'UFFICIO: 3910-[FI]

Irene di Spilimbergo, autrice del dipinto
Autrice: Irene di Spilimbergo
Data: Incerta, prima del 1559
Luogo: Incerto, tra Venezia e Spilimbergo
Dimensioni: 0,5 m × 0,5 m × 0,04 m
Tecnica: Olio su tela, cornice in pino laccata in foglia d'oro
Luogo dell'Esposizione: Palazzo Medici Riccardi, Firenze
Descrizione: L'opera è un dipinto ad olio, raffigurante l'episodio biblico del Diluvio Universale. In primo piano, sulla destra, sono rappresentati alcuni cadaveri mossi dai flutti, mentre sulla sinistra si trovano alcuni uomini e donne, ammassati sulla sommità di una roccia che affiora dalle acque. In secondo piano, sulla sinistra, domina la figura dell'arca, mentre a destra, sullo sfondo, si intravedono emergere dalle nubi alcuni deboli raggi di luce. L'autrice presunta del quadro è Irene di Spilimbergo, nobildonna friulana cresciuta e formatasi artisticamente a Venezia. La cornice non è originale, ma è stata commissionata dal conte Fabio di Maniago, ultimo possessore del dipinto. Il lato superiore riporta questa iscrizione: Me Irenem fecit, conservabit Fabium. Sul lato inferiore è riportato: Qui sine peccato sunt, nihil timendum est1.
Eccezionalità: La sola vista dell'opera procura in chi la osserva per più di due minuti sintomi di ansia e timore; questi sintomi finiscono per scomparire in un tempo relativamente breve. Una visione più prolungata dell'opera (intorno ai cinque o sette minuti) è generalmente seguita da difficoltà nel respiro, che possono protrarsi anche per lunghi periodi: il più lungo che è stato finora registrato è di circa tre mesi. Queste difficoltà nel respirare sono descritte come molto simili a quelle dell'affogamento. A seguito del recupero, le indagini hanno rilevato una lieve quantità d'acqua nei polmoni di coloro che la hanno osservata, portando i malcapitati ad emettere rantoli crepitanti. Se non trattati in tempo, l'acqua interna rischia di aumentare, incorrendo nel rischio di sviluppare un edema polmonare. È stato infine riscontrato che la cornice contenga le proprietà anomale del quadro, mitigandone l'intensità degli effetti occulti.
Conservazione: L'opera è attualmente esposta in buone condizioni: si raccomanda all'utenza di limitare l'osservazione del dipinto ad un tempo contenuto, inferiore a quello di manifestazione dei sintomi anomali. Pur essendo le condizioni dell'opera più che discrete al momento dell'acquisizione, piccole operazioni di restauro si sono rese necessarie dopo il suo ritrovamento. Suddette operazioni si sono protratte per un periodo superiore alla norma, causa la natura degli effetti occulti del dipinto. Ad oggi sono allo studio modalità di restauro che non limitino gli interventi ai pochi minuti finora disponibili.
La documentazione qui presente non riporta alcun allegato fotografico del dipinto, in quanto gli effetti occulti tendono a manifestarsi a prescindere dalla presenza fisica o meno del dipinto.
Giudizio critico: Un dipinto peculiare, non tanto nella tecnica o nel tema trattato, quanto nell'esecuzione: parte delle figure umane sono realizzate con estrema morbidezza e tatto, molto simili ai modi di Sofonisba Anguissola; altre invece sono più dure, incombenti nel loro senso di morte, e sembrano rifarsi alla maniera del Michelangelo. Gli elementi dell'arca e del paesaggio, realizzati con estrema cura, mostrano l'influenza del Giorgione e del Tiziano di metà '500. In definitiva, un dipinto di gran fascino, in cui si segnalano già gli stimoli Manieristici che dominano il paesaggio pittorico italiano del XVI secolo.
Supervisore alle Arti Visive, Augusto Servolini
Provenienza:
Data sconosciuta prima del 1559: Il dipinto è realizzato da Irene di Spilimbergo, non si conosce il luogo specifico, probabilmente tra Venezia e Spilimbergo.
25 dicembre 1559: L'opera entra in possesso di Zuan Paolo Da Ponte, nonno materno della defunta Irene, ed è inviata presso la figlia Giulia a Spilimbergo. Assieme ad esso invia altri due quadri dipinti dalla nipote, Noè entra nell'Arca e Fuga in Egitto. Rimangono di proprietà della famiglia, presso l'avito Palazzo Spilimbergo di Sopra.
15 Agosto 1799: Il conte Francesco di Spilimbergo, ritrovatosi in una situazione economica piuttosto grave, vende le tre opere al conte Fabio di Maniago, esperto d'arte e più tardi affiliato all'Accademia.
31 Dicembre 1842: Dopo la morte del conte, l'Accademia viene a conoscenza del possesso da parte del defunto delle opere; vengono fatte pervenire alla sede di Firenze nelle settimane successive. Su ordine del Curatore le opere vengono segretate fino a nuovo avviso.
16 Aprile 1949: I tre dipinti e le loro documentazioni vengono sottratti dagli archivi per mano di un inserviente delle pulizie, tale Vincenzo Rubeis2.
18 Aprile 1949: Viene scoperto il nascondiglio del finto inserviente, assieme al cadavere di quest'ultimo3. Delle tre opere, l'unica ritrovata è stata Diluvio Universale.
08 Novembre 1949: Dopo alcuni mesi di restauro, le condizioni dell'opera sono tornate ad un buon livello. Il Tutore Umberto Baldini, di comune accordo con il Curatore, rivaluta l'opera e ne autorizza l'esposizione.