Corazza dell'Elba, 1550 circa
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Corazza dell'Elba

DENOMINAZIONE D'UFFICIO: 1689-[FI]

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Elmo "alla borgognotta"

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Pettorale della corazza



Autori: Filippo, Francesco e Giovanni Battista Negroli

Data: 1550-55

Luogo: Milano, Lombardia

Dimensioni: 1,76 m × 1,2 m × 0,4 m

Tecnica: Acciaio sbalzato, incisioni dorate, giunture in cuoio

Luogo di esibizione: Palazzo Medici Riccardi, Firenze

Descrizione: Il manufatto è un’armatura a piastre cinquecentesca, di fattura lombarda e più precisamente meneghina, realizzata principalmente in acciaio; le varie componenti da cui è composta sono rilegate mediante giunture in cuoio. L’opera è il risultato del lavoro combinato dei tre fratelli armaioli milanesi Negroli, il cui maggiore tra loro, Filippo, era ben noto in tutta Europa per la qualità delle sue lavorazioni, e questa non è da meno: è grandemente decorata, come si può notare dal pettorale, finemente inciso seguendo decori floreali e mitologici legati all’ambiente marino. Un altro esempio di questa dovizia di particolari è l’elmo, del tipo borgognotta1, la cui forma evoca suggestioni abissali e marine. Data l’elevata presenza di particolari, si è potuto quasi con certezza affermare che non abbia mai avuto un impiego effettivo sul campo di battaglia, ma che piuttosto sia potuta servire per parate o occasioni d’onore.

Eccezionalità: Il manufatto manifesta le proprie capacità occulte quando indossato: all’apparenza nulla cambierà per il portatore, tuttavia esso sarà in grado di poter respirare sott’acqua. Non si è a conoscenza della causa esatta di questo fenomeno: unico indizio potenzialmente plausibile, la presenza d’una piccola pietra, per la precisione lapislazzulo, intagliata a forma d’occhio e incastonata all’interno dell’elmo. Anche se il soggetto si trova sott’acqua, non risentirà in alcun modo del peso del metallo che porta: potrà compiere movimenti complessi senza subire l’attrito dell’acqua, e sarà in grado di muoversi e nuotare in essa a considerevoli velocità.

Conservazione: L’opera è attualmente esposta in buone condizioni, posta all’interno d’una teca in vetro antiproiettile. Il manichino su cui è collocata è collegato ad un sistema d’allarme, il quale si attiva nel momento in cui il peso non dovesse più corrispondere.

Da quando entrata a far parte delle collezioni dell’Accademia, l’opera ha subito vari processi di manutenzione, dalla cadenza all’incirca decennale. L’acciaio di cui è composta infatti non subisce particolari alterazioni nel corso del tempo, rendendo dunque la sua conservazione più semplice; le giunture in cuoio sono l’elemento che più di tutti necessita di attenzione, non presentando qualità anomale.

Durante uno degli ultimi tentativi di studio su di essa, si è scoperto che a conferire l’abilità di respirare sott’acqua è proprio la pietra incastonata all’interno dell’elmo. Se questa presenta un relativo stato di opacità o conservazione scarso, gli effetti occulti dell’opera legati alla respirazione sott’acqua saranno indeboliti, se non addirittura annullati. Le restanti parti dell’armatura invece competono al movimento libero da impacci in acqua.

Giudizio critico: Un eccellente pezzo di lavorazione, la maestria nell'utilizzo del metallo è senza pari, degna della fama dei realizzatori e dell'industria degli armaiuoli meneghini. Pur non parendo a molti una realizzazione militare, dalla duttilità del materiale si può comunque affermare che sia potuta servire in alcuni contesti militari. Le opinioni a sfavore, del resto, si limitano a osservare le decorazioni e a affermare approssimativamente che l'opera abbia avuto un ruolo esclusivamente decorativo o da cerimonia. Non si spiegherebbero però gli effetti, tanto mirabili, che essa produce, e i materiali stessi utilizzati, come ho avuto modo di ribadire, sono molto resistenti e al contempo facili da indossare, rispetto a molti altri esemplari prodotti dai Negroli.

Supervisore Metallurgie d'Accademia, Ignazio Spadolini


Provenienza:

1550-55: L’opera è realizzata dai fratelli Negroli a Milano su commissione dell’allora Duca di Toscana, Cosimo I. L'opera è destinata alla città di Cosmopoli2.

Giugno 1589: L’opera viene trafugata dalla città; il furto è a carico d’adepti del Culto del Grande Occhio del Mediterraneo (CGOM).

Fine Settembre 1589: Grazie all'intervento dell'Organum Cybo-Malaspina l'opera è recuperata.

Inizio Ottobre 1589: Restituzione dell’opera alla città di Cosmopoli, entra nel tesoro cittadino.

1694: Per ordine del governatore della città Mario Tornaquinci, il tesoro cittadino è spostato dal Forte Stella al Forte Falcone, meglio difendibile dalla minaccia dei pirati barbareschi.

14 Aprile 1814: Napoleone sbarca all’Elba, l’opera entra in possesso dell’ex imperatore. Viene collocata assieme ad altri manufatti presso la Villa dei Mulini, a Portoferraio.

1 Marzo 1815: Napoleone lascia l’Elba portando con sé, assieme ad altre opere, l’armatura. Si trova ora a Parigi.

9 Giugno 1815: Tra le clausole segrete del Congresso di Vienna viene stabilita la restituzione di alcune anomalie trafugate da Napoleone. Il manufatto viene quindi restituito al Granduca di Toscana, Ferdinando III d’Asburgo-Lorena.

20 Giugno 1824: Alla morte del Granduca Ferdinando III l’opera passa all’erede Leopoldo II, che la dona alla Medicea Accademia delle Arti Occulte. L’opera viene da subito esposta.

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