Entrare nella Branca Italiana della Fondazione SCP non è un'impresa facile. Prima di tutto, devi avere la fortuna di essere scelto come possibile candidato da un osservatore, o la sfortuna di incontrare un'anomalia ed essere ritenuti sufficientemente utili da ricevere un posto di lavoro al posto di un amnestico - o una pallottola in fronte nei casi più gravi. In entrambi i casi, seguono ben sei mesi di preparazione all'ULIS, l'ente di formazione del nuovo personale, in cui si apprendono informazioni importanti quali l'organizzazione interna, il gergo della Fondazione, i gradi del personale e cosa si può (e soprattutto non si può) sapere in base ad essi, i vari Gruppi d'Interesse e nozioni di base sui campi di studio non trattati all'esterno, come la Taumaturgia e la Memetica.
Oh, e ovviamente le ore di grammatica italiana gentilmente imposteci all'ULIS dal Capo Archivista Giocondo, incubo di nuovi e vecchi studenti. Quelle ti perseguiteranno a vita, e forse anche oltre.
Se si sopravvive a questo lungo e tortuoso percorso, però, si è membri della Fondazione SCP a pieno titolo e si viene assegnati al Sito più appropriato per le proprie competenze, tenendo conto di curriculum, percorso di studi e rendimento durante la formazione. Prima, però, bisogna passare giusto un'altra mezz'ora nella sala conferenze del Minerva per il discorso conclusivo di Giocondo.
Flemmatico come sempre, il Capo Archivista si presenta con venti minuti di ritardo, sbuffando e ignorando bellamente i mormorii dei suoi 135 quasi ex-studenti desiderosi di rimuovere quel "quasi" il prima possibile; s'inerpica con lieve difficoltà sui gradini del podio sopraelevato, aiutandosi con il suo inseparabile bastone da passeggio, e si siede alla sua solita postazione dietro una pesante scrivania di legno.
"Buongiorno signori. Vi chiedo scusa per il ritardo, ma ho dovuto sistemare delle cose per i miei colleghi del Deus e ci è voluto più del previsto. Dunque! — esclama improvvisamente, battendo il bastone sul pavimento e sorridendo nel vederci sussultare. Dannato Nazista… — Quest'oggi avete finito il vostro percorso di formazione e mi congratulo con voi: quando i nostri osservatori vi hanno reclutati, avevano notato le vostre qualità superiori alla media, qualità che noi dell'ULIS abbiamo affinato così che possiate usarle per il bene del genere umano.
"Non vi illudete, però. La nostra è una via difficile e costellata di sacrifici che conduce immancabilmente verso l'anonimato, che siate mere reclute o gli S5 in persona. Noi siamo i guardiani silenziosi e invisibili della civiltà e ci tengo che questo concetto vi sia chiaro! Dimenticate fama e gloria, sono concetti che portano al disastro e alla rovina. Concentratevi sulla nostra missione, "Sicurezza, Contenimento, Protezione", e fatela vostra, lasciate che la vostra vita sia guidata da queste tre parole semplici eppur significative.
"Non è semplice abbandonare le proprie ambizioni, me ne rendo conto, ma considerate il peso che grava sulle nostre spalle, i milioni e milioni che dipendono da noi per continuare la loro esistenza senza dover temere il caos dell'anomalo. Vi prego di non dimenticarlo mai." Conclude solenne il Direttore dell'ULIS. Iniziamo ad applaudire, ma ci ferma con un cenno della mano:
"Oh, c'è un'altra cosa che dovete ricordare. Una mia ultima raccomandazione che spero vi accompagni per il resto della vostra carriera: non fatemi trovare errori di grammatica, sintassi, lessico o battitura nei documenti che mandate per l'archiviazione. Ho la memoria molto lunga e tutti i documenti vanno firmati. Vi verrò a cercare, che siate cavie da laboratorio o Sovrintendenti. Ho concluso, buon proseguimento di giornata."
E con queste parole, Saverio Giocondo esce dalla sala accompagnato da un silenzio tombale, rotto solo dai suoi pesanti passi e dal ticchettio ritmico del suo bastone.
Potrei giurare di averlo sentito sghignazzare mentre usciva dalla stanza. Dannato Nazista.
"Ok, questo è stato… interessante? Poteva risparmiarsi la minaccia nel finale, però." Mi bisbiglia Giacomo, il ragazzo seduto alla mia sinistra.
"Non è una minaccia quella, è una promessa. — gli rispondo, guardandomi attorno e notando che anche gli altri colleghi si erano messi a chiacchierare tra loro — In ogni caso, sai chi sarà l'ultimo oratore?"
"Non ne ho la più pallida idea. — borbotta lui, guardando annoiato l'orologio — Prego solo che non siano di nuovo Aisenberg o Rogazzi, quei due sono uno strazio."
"Ehi, chissà, forse è di nuovo la Mattei, oppure la Siciliani. — commenta sognante Luca, lo studente seduto dietro di lui — Almeno avremo qualcosa di carino da guardare, no?"
"Idioti." sibilo mentre i due si mettono a sghignazzare tra di loro; ok, lo ammetto, non hanno per niente torto, ma potrebbero evitare di fare così tanta confusione… comunque sia, rimane il fatto che non ho la benché minima idea di chi debba venire a farci quest'ultima lezione e la cosa mi lascia molto perplessa: di solito, i nostri docenti sono estremamente puntuali e ci fanno sapere con largo anticipo chi sarebbe venuto e quali temi avrebbe trattato.
D'un tratto, Giacomo mi scuote leggermente. Mi volto per chiedergli cosa volesse, ma lui mi batte sul tempo:
"Ehi, la senti anche tu questa specie di… fischio?" Lo fisso confusa ma, prestando attenzione, mi accorgo di un suono acuto appena udibile sotto il mormorio dei nostri colleghi.
"Uh, sì, lo sento. Sembra provenire dagli altoparlanti, che ci sia un malfunzionamento?"
"Oh, fantastico. Beh, siamo pur sempre in Italia, sarei sorpreso se funzionasse tutto come…" Giacomo si interrompe bruscamente e spalanca gli occhi, impallidendo a vista d'occhio.
"Giacomo? Ehi, tutto bene?" Lo scuoto, ma lui continua a fissare davanti a sé senza degnarmi di uno sguardo. Mi rendo conto che non è il solo e, guardandomi attorno, vedo che l'intera stanza è piombata in un silenzio tombale. Quasi tutti gli studenti sono irrigiditi e portano un'espressione di assoluto terrore sul volto; gli altri cercano di capire cosa stia succedendo, cercando la causa di questo fenomeno o scuotendo i colleghi per farli riprendere.
Improvvisamente, la porta si apre con un rumoroso scatto e scoppia il caos: urla di orrore, pianti e rumore di sedie che cigolano sotto i movimenti frenetici dei loro occupanti accompagnano l'ingresso di un individuo che non avrei mai immaginato di vedere.
Questi è alto e dai lunghi capelli neri ben pettinati, abbigliato con un elegante completo color acciaio coperto da un camice da laboratorio; il suo volto è… nebuloso, come se ci fosse un velo che mi impedisce di vedere esattamente i suoi lineamenti, eccetto una specie di "K" sbilenca tatuata sulla metà sinistra del viso. Ma il dettaglio che più mi lascia allibita è il tesserino con dettagli in blu che pende dal suo collo, oscillando al ritmo dei suoi passi rapidi eppure misurati.
Blu. Il colore dei Sovrintendenti.
Ignorando il frastuono fatto dai miei colleghi, l'uomo sale le scale del podio, afferra il microfono dalla scrivania e si porta sul fronte del piano rialzato. Rimane lì per qualche istante, battendo assente sul microfono per verificare se fosse acceso, e guarda il trambusto con postura stranamente rilassata.
Dopo qualche secondo, estrae il suo cellulare dalla tasca e lo avvicina al microfono. Un fischio acutissimo echeggia per la sala e, con la stessa rapidità con cui si erano agitati, gli studenti si calmano e si guardano attorno confusi.
"Per chi di voi non sia stato influenzato, — inizia il Sovrintendente con tono mellifluo e… divertito?! — i vostri colleghi erano sotto l'effetto di un meme uditivo di Classe XII, il quale è in grado di generare allucinazioni terrificanti nei soggetti suscettibili. Se questa era la vostra prima esperienza con gli agenti memetici, signori, spero vi sia piaciuta."
Un coro di proteste segue le sue parole, ma lui si limita a sventolare un po' il suo cartellino e, nel giro di dieci secondi, non si sente più ronzare nemmeno una mosca.
"Oh, vedo che riconoscete il colore del mio cartellino, allora siete stati attenti a lezione! Bravi, Giocondo dev'essere proprio orgoglioso di voi! Dunque, lasciate che mi presenti: per chi di voi non l'abbia già capito da questo bel glifo sulla mia faccia e dall'esperienza a cui avete assistito, io sono il dottor Andrea Verdi, Quinto Sovrintendente della Branca Italiana e Direttore della Divisione di Ricerca Memetica. Oh cielo, vi vedo sorpresi. Non vi aspettavate di vedere un Sovrintendente di persona? Ah, ma posso capirlo, probabilmente pensavate stessimo rinchiusi in una torre d'avorio come gli O5. Un comportamento sciagurato, purtroppo; noi invece siamo partecipi al 100% alla vita della Branca e passiamo molto tempo girando per i Siti dove risiediamo o andando qua e là per l'Italia, per cui non siamo una vista rara.
"Ah, ma mi sto perdendo in chiacchiere, scusatemi. Dunque, sono certo che vi starete chiedendo: 'Quinto, tutto questo è molto interessante, ma Giocondo ce l'ha già insegnato; perché sei qui?', al che io rispondo: questo è un evento importante sia per la mia Divisione che per voi, miei carissimi colleghi. Vedete, finora siete stati in un ambiente relativamente protetto e conoscete gli orrori del nostro lavoro solo attraverso qualche slide e i libri; il mio scopo, oggi, è di iniziarvi ai suddetti orrori, cosicché sappiate mantenere i nervi saldi quando essi proveranno a mangiarvi - o peggio. Spesso contemporaneamente, mentre siete ancora vivi."
Scuoto la testa per scacciare le immagini che la Mattei ci mostrò in una lezione, nella quale si vedevano chiaramente i corpi maciullati da un branco di Zero-Ventitré dopo una breccia di contenimento. Ugh… come fa quest'uomo ad essere così euforico pur sapendo esattamente di cosa sta parlando?
"Inoltre, già che ci siamo, vi faremo fare l'esame di valutazione della Resistenza Memetica. Noi usiamo gli agenti memetici per proteggere le informazioni sensibili del database, per cui dobbiamo tenere un archivio di tutte le capacità del personale, sia per sapere quali inoculazioni antimemetiche dobbiamo fare se salite di grado - lunga storia, se entrerete nella mia Divisione ne riparleremo - sia per semplici fini statistici; inoltre, se il vostro Grado di Resistenza è sufficientemente alto o con resistenze peculiari, vi forniremo un modulo per entrare nella Divisione di Memetica.
"Mh? Allora, cos'è questo casino? — sibila d'un tratto, portandosi una mano all'orecchio; il brusio che si era levato quando aveva detto "test" si acquieta. — Bene. Dunque, il test non è un esame scritto o roba simile, ma è più simile a un esame medico: sarete sottoposti a venticinque memi appositamente realizzati e, in base alle vostre reazioni, vi verrà assegnato un punteggio. Non fingete, l'ultimo idiota che lo ha fatto ha vomitato le sue stesse viscere dopo nemmeno un mese. Lo dico per voi, eh, perché potreste sopravvivere."
Approfittando del silenzio allibito, uno studente dai nervi più saldi dei nostri, seduto due file davanti alla mia, alza la mano. Il Sovrintendente annuisce con decisione e lo indica con la mano libera.
"Deve chiedermi se la storia che ho detto è vera? Perché lo è, nonostante io stesso non volessi crederci."
"Uhh… no. No, signore, ecco… volevo chiederle, io sarei stato indirizzato al Sito Vittoria: nel caso superassi il test, cosa succederebbe?"
"Ottima domanda. Beh, nel caso lei totalizzi un punteggio degno di nota, avrà la possibilità di seguire l'addestramento militare qui al Minerva assieme alle SPeV o, se si distingue, alla SSM-V e contemporaneamente studierebbe al corso di preparazione sulla Memetica; una volta raggiunto un livello soddisfacente, potrebbe essere inviato in uno dei vari distaccamenti degli altri siti, con mansioni sul campo - incluso il Vittoria. Gli esperti di informatica, invece, si dedicheranno alla sorveglianza di Internet o alla manutenzione degli Archivi, gli antropologi delle reazioni umane ai memi, i linguisti alla loro evoluzione, e via dicendo. La memetica è una scienza molto ampia, per cui richiediamo talenti molto diversi e apparentemente distanti da essa. Sono stato chiaro? Mi sono dilungato un po' anche per i suoi colleghi, spero non sia stato un problema."
"Assolutamente no, signore, grazie del chiarimento."
"Di nulla. Dunque, ci sono altre domande? No? Bene, allora direi che possiamo procedere con la ripartizione per i test, così dopo possiamo fare un'altra dimostrazione prima di concludere."
Detto questo, riprende il cellulare e digita qualcosa. Neanche un minuto dopo, entra nella sala un gruppetto di ricercatori di tutte le età che si mette ad arco vicino alla porta; uno di essi, un giovane alto e dai capelli castani, porta con sé una valigetta e sale sul podio, estrae un computer e inizia ad armeggiare con i cavi del proiettore. In meno di un minuto, lo sfondo del desktop compare sullo schermo alle spalle del Sovrintendente, e molti di noi non trattengono le risate.
Esso raffigura il Direttore della Divisione di Memetica, col solito volto indistinguibile e una postura quasi esasperata, con in testa la più adorabile creaturina che abbia mai visto: una palla di pelo nera, con occhi verdi grandissimi, la bocca piccina aperta come in un sorriso e le zampe troppo corte per il suo corpo penzolanti davanti al viso del suo "trespolo".
Suddetto "trespolo" inclina leggermente la testa nel vederci sghignazzare, poi si volta e si irrigidisce per un momento prima di sbottare:
"Ludovico, quando ti avevo chiesto di trovarmi una foto di Nero, intendevo 'tutte tranne quella'."
"Mi scusi, Direttore, ma lei me lo ha comunicato venti minuti fa e questa è l'unica che ho trovato in tempo per la presentazione." replica l'assistente con tono a metà tra il teso e il divertito. Il suo superiore si limita a portarsi una mano sul volto e sospirare esasperato.
"Lasciamo perdere, ne riparleremo dopo. Comunque sia, — si rivolge a noi, la voce completamente priva di quell'euforia che lo aveva caratterizzato fino a quel momento, rimpiazzata da una stizza quasi esilarante. — Nero è il nome che abbiamo dato all'oggetto anomalo Ventuno, la mascotte della Divisione di Antimemetica. Sì, quella cosina pelosa che vedete appollaiata sulla mia testa è un'anomalia antimemetica. Cosa fa? Ebbene, non esiste."
Eh? Come sarebbe 'non esiste', è là sulla sua spalla a mordicchiargli l'orecchio, come fa a non… un attimo, da dove è saltato fuori? Non c'era prima… vero?
"Puntuale come sempre. — riprende il Sovrintendente, impassibile nonostante la bestiola miagolante che ha iniziato a giocherellare con un ciuffo dei suoi capelli corvini. — "Questo è Nero, un'entità paradossale che si nutre del concetto della sua inesistenza per manifestarsi fisicamente; in parole semplici, nel momento in cui una persona riceve l'informazione 'questa creatura non esiste', lui diventa reale e, allo stesso tempo, elimina tale informazione. A parte questo, è perfettamente innocuo e ha l'intelligenza di un gatto domestico; i colleghi dell'Anti sono riusciti ad addestrarlo, per così dire, a manifestarsi solo se il soggetto da cui intende nutrirsi non è impegnato da esperimenti o lavori simili. Non chiedetemi come, sono il primo a non capirci niente.
"Vi vedo tranquilli, ottimo. Per quanto non sia quella la foto che avrei voluto voi vedeste, intendevo comunque mettervi a vostro agio presentandovi Nero, specialmente dopo la dimostrazione precedente. Detto ciò, come potete vedere il mio assistente ha messo sullo schermo questa tabella con tutti i vostri nomi, divisi in gruppi da undici o dieci e numerati da uno a tredici. Quando chiamerò il gruppo a cui appartenete, voi vi alzerete e seguirete il ricercatore a voi assegnato in maniera ordinata. Bene, iniziamo; Ludovico, tu raggiungi gli altri, così già ti trovi là."
Il Sovrintendente inizia a chiamare i gruppi e, in poco tempo, la sala si svuota. Il mio è il decimo ed è assegnato al dottor Michele Vanacore, un ricercatore di mezza età con capelli grigi e spessi occhiali dalla montatura nera che lo fanno sembrare un gufo. Una volta accertatosi della presenza di tutti attorno a lui, ci fa cenno di seguirlo e iniziamo il nostro viaggio all'interno dei corridoi del Minerva: immediatamente, notiamo il viavai del personale preso dalle mansioni più varie, dai ricercatori che passano da un ufficio all'altro agli agenti di sicurezza delle SPeV, una delle quali si unisce al nostro gruppetto probabilmente per accertarci che non stiamo pianificando nulla di stupido o pericoloso.
"Eccoci qua, signori! — annuncia improvvisamente il ricercatore, fermandosi di scatto davanti alla porta di un ufficio. — Allora, adesso io entro e preparo l'attrezzatura; nel frattempo, voi aspettate che vi chiami uno a uno; dopo il test, voi uscite e rimanete qui con gli altri mentre io passo al candidato successivo, dopodiché torneremo alla sala conferenze. Vi prego di non allontanarvi e di non fare chiasso. Se è tutto chiaro, ci vediamo di là."
Annuiamo e lui ci sorride incoraggiante, poi striscia il suo tesserino nella serratura magnetica della porta, la quale scorre nella parete per rivelare un ufficio ampio e ben curato, arredato con una scrivania in vetro e metallo molto moderna e una libreria colma di volumi sulla parete dietro di essa, per poi richiudersi non appena il nostro responsabile entra all'interno dell'ambiente. Mentre aspettiamo, ci mettiamo a chiacchierare tra di noi riguardo quello che stava succedendo.
"Beh, è un'esperienza… diversa, non c'è che dire. Chi l'avrebbe detto che avremmo visto uno degli Esse-Cinque così presto?" Chiede una ragazza, giocherellando distrattamente con un gingillo che adorna il suo bracciale. Un collega vicino a lei annuisce e commenta:
"Io non ci avrei mai creduto se me lo avessero detto. Fa strano, onestamente."
"A chi lo dici. Però poteva risparmiarsi quella bastardata all'inizio, mi sento ancora tremare le gambe…" Un coro di approvazione segue questo commento, al che io chiedo:
"A me è venuto un colpo quando tutti si sono bloccati all'improvviso, ma non ho visto nulla. Voi, invece?"
"Beata te! Quando è entrato di botto io ho visto una specie di colossale ragno nero e lucido sfondare la porta e strisciare lentamente all'interno. Avrò incubi a vita, prego ardentemente che non ci siano ragni nel Sito o nell'Area dove mi manderanno."
"Spera di non finire al Cerere, allora.— sbotta improvvisamente la guardia. Era così silenziosa che ci eravamo dimenticati che fosse lì con noi. — O almeno di non capitare con Zero-Ventisette. Anche se quel ragno demoniaco è sempre meglio del pazzoide senza-faccia e dei suoi scagnozzi che infestano questa istituzione."
Confortante.
Prima che possiamo chiedere dettagli, però, la porta dell'ufficio scorre all'interno della parete e rivela il dottor Vanacore alla sua scrivania.
"Il signor Portesi Federico è pregato di entrare per lo svolgimento del test." Il soggetto interpellato sospira ed entra nella stanza, che si chiude immediatamente dopo di lui, lasciando noi nove all'esterno dell'ufficio. Attendiamo per alcuni secondi, come per assicurarci che il ricercatore non potesse sentirci, poi ci rivolgiamo di nuovo all'agente.
"Chiedo scusa, ma cosa intende dire?" Gli domanda una collega; lui sbuffa e si guarda attorno, poi riprende a voce bassa:
"Esattamente quello che ho detto. Non l'avete capito? Quello al piano di sotto è un pazzoide sadico che dovrebbe essere sbattuto in una cella con un numero al posto del nome, non messo al comando di un'organizzazione come questa; pensavo fosse chiaro, lo sentivate come parlava dopo il brutto scherzo che vi aveva fatto? Sembrava stesse per scoppiare a ridere. E i suoi sottoposti, Dio santo, sono instabili dal primo all'ultimo, a partire dal moccioso che si porta sempre appresso, un raccomandato di prima categoria che dovrebbe stare in un manicomio come il suo superiore."
"Raccomandato?" Gli chiedo, al che lui annuisce con decisione.
"Ohh, sì: è il fratellino di Alessandro Draghi, il capitano della Quattro ed ex-compagno di merende del bastardo quando stava al Vittoria. Come possa un uomo così rispettabile essere parente di un parassita simile rimarrà sempre un mistero per me. Comunque, lasciate che vi dia un consiglio, io che sono qua nella Fondazione da quasi vent'anni: girate al largo da Quinto e dai suoi tirapiedi, portano solo rogne - se va tutto bene."
Continuiamo a fargli domande sul Minerva e sui suoi occupanti per almeno una decina di minuti e ogni risposta fa crescere in me un senso di ansia sempre più soffocante. Poi, d'un tratto, l'ufficio si riapre e Portesi ci raggiunge, massaggiandosi la testa con aria sofferente.
"Ehi Fede, com'è andata?" gli chiede uno dei colleghi, la voce piena di curiosità e apprensione.
"Bene… uh, bene, credo, ma mi è venuto un mal di testa tremendo con tutte quelle immagini sfarfallanti e abbaglianti che mi ha mostrato. Non un'esperienza che rifarei."
"La signorina Raini Monica è pregata di entrare per lo svolgimento del test." L'annuncio proveniente dall'ufficio interrompe il flusso del discorso e mi lascia con un groppo in gola. Tocca a me.
Deglutisco per farmi coraggio ed entro nella stanza, cercando di non fare caso alle gambe pesanti, o al fatto che sento il cuore battermi all'impazzata, o alla voce nella mia testa che mi urla "TORNA INDIETRO, BRUTTA PAZZA SUICIDA!". La porta si chiude di scatto alle mie spalle, facendomi sobbalzare lievemente. Beh, tornare indietro non è più un'opzione, eh vocina?
Sono condannata.
Nonostante i rimpianti e le fisime che mi tormentano la mente, riesco a sedermi in maniera composta davanti al dottor Vanacore, il quale mi tende la mano e sorride amichevolmente.
"La signorina Raini? — annuisco e gli stringo la mano. È ruvida e callosa, con una stretta decisa: mi ricorda quella di mio nonno, un vecchio meccanico che aveva passato cinquant'anni a lavorare in un'officina, non proprio ciò che mi aspetterei da un ricercatore. — Dunque, ho appena letto il suo documento dell'archivio e devo ammettere che sono positivamente sorpreso. Una ragazza così giovane laureata in ingegneria robotica, e con voti così alti! Non mi sorprende che sia stata indirizzata al Vulcano."
"La ringrazio, signore." Balbetto nervosamente a testa bassa. Ahh, devo anche umiliarmi in questa maniera?!
"Ahah, agitata? Stia tranquilla, capisco perfettamente: dopo un monologo di Quinto e quel Classe XII uditivo chiunque non si sentirebbe a suo agio. Gliel'avevo detto che forse era troppo, ma lui 'nooo, si devono abituare'. Ahh, ma chi me lo fa fare…"
"Mi scusi, ma non è per quello. In effetti, io non ho visto nulla." Lo interrompo e alzo la testa per guardarlo in volto; con mia somma sorpresa, i suoi occhi sono spalancati dietro le spesse lenti e sul suo viso è dipinto un sorrisetto curioso.
"Davvero? Oh, questo è interessante… Una resistenza ai Classe XII; promettente, molto promettente."
Oh no, no no no no no. Non sta succedendo davvero.
"Bene, prima di fare il test, mi dia il suo tesserino e firmi qui, per cortesia… — obbedisco meccanicamente, nonostante ogni fibra del mio essere non voglia farlo. Lui non sembra notare il mio tormento, invece, e si limita a strisciare la tessera in uno slot vicino alla tastiera e a cliccare su un'icona. — Ok, possiamo procedere. Vede il visore alla sua sinistra? Mettilo per favore e accendilo - c'è un interruttore sul lato sinistro."
Indosso l'oggetto con mani tremanti. Davanti ai miei occhi vedo il logo della Fondazione, nero su uno sfondo bianco.
"È troppo luminoso? Dimmi se ci sono problemi, così possiamo iniziare."
"Nessun problema." Gli rispondo, senza riuscire a trattenere un leggero tremolio nella mia voce alla fine. "Inizi quando vuole."
"Come desideri. Dunque, adesso ti mostrerò 25 memi diversi, ciascuno dei quali causa lievi contrazioni muscolari ritmiche al braccio sinistro dei soggetti sensibili. Eviti di fingere o trattenersi per favore, le conseguenze non sono piacevoli."
Nonostante stia per piangere dall'ansia, scoppio a ridere: "Hah, non ci penso nemmeno! Non voglio mica fare una brutta fine!"
"Scelta saggia. Allora inizio, Classe I."
Dinanzi a me compare la frase 'spasmi al braccio sinistro'. Non quello che mi sarei aspettata.
"Uhh, perché c'è questa frase? Non dovrei vedere un glifo o dei colori?"
"I Classe I includono tutti i linguaggi umani con pochissime eccezioni. Ne siamo tutti immuni, se non in casi estremamente rari o indotti, per cui dobbiamo comunque assicurarcene. Molto bene, andiamo avanti."
La frase scompare e viene rimpiazzata da un glifo, non troppo dissimile da quello che il Sovrintendente aveva sul suo volto. Dopo quindici secondi senza reazioni, esso scompare e viene rimpiazzato da un altro, a cui ne segue uno ancora diverso e così via per una decina di simboli. La complessità sempre crescente dei simboli è semplicemente ammaliante e quasi mi fa dimenticare l'ansia che mi aveva attanagliata quando la guardia mi aveva parlato. Poi, a un certo punto, ai glifi si accompagnano strie dai colori cangianti che mi lasciano senza fiato: sembrano opere d'arte moderna, ispirate dalla calligrafia orientale.
Sono così incantata da rimanere scioccata nel constatare che il mio braccio sinistro è in preda a ritmiche contrazioni spasmodiche. Non fa male, ma è una sensazione strana dato che non sta avvenendo per mia volontà; tuttavia, memore delle parole del Direttore della Divisione, cerco di ignorarlo e di concentrarmi sullo spettacolo di colori e simboli che mi viene presentato, che a un certo punto divengono immagini tridimensionali quasi emerse da un videogioco.
E poi di nuovo il logo della Fondazione sullo sfondo bianco. Sbatto le palpebre confusa; il test è già finito? A quanto pare sì, perché il dottor Vanacore mi chiede di togliermi il visore, che sfilo e passo all'uomo di fronte a me; noto che sembra molto soddisfatto mentre posa l'apparecchio dov'era prima e mi chiede:
"Allora, che ne pensi? Non è stata drammatica come pensavi, eh?"
"Per niente! Ammetto che quando sono entrata ero un po' nervosa, ma ho trovato l'esperienza molto gradevole, mi è sembrato di essere in un museo di arte astratta circondata da tante opere diverse." Resto sorpresa dalla velocità e dalla naturalezza della mia risposta: effettivamente non sento più quella morsa opprimente allo stomaco, né quel desiderio di allontanarmi e scappare via. Al contrario, mi sento entusiasta ed energica, come dopo aver visto un bel film al cinema.
Lui ridacchia sommessamente, coprendosi la bocca con una mano: "Ne sono felice e mi è piaciuta molto la descrizione che hai fatto dei nostri lavori. In effetti, l'arte è memetica, in quanto trasmette idee, concetti, valori e sentimenti attraverso il suo contenuto. Ah, ma mi sto dilungando troppo e il tempo è poco. Se non hai domande, puoi andare, il risultato ti verrà comunicato direttamente nella sala convegni da Quinto."
"In realtà avrei una domanda, ma non riguarda il test. Ecco, diciamo che nello scorso periodo ho sentito voci molto negative sulla vostra Divisione e mi chiedevo se fossero fondate."
"Mhh, la risposta breve è 'sì e no'. La risposta lunga richiederebbe molto più tempo di quanto ne abbiamo, per cui te la risparmio per la prossima volta. Anche se… ah, vedrai dopo. Quinto mi ha ordinato di tenere la boccaccia chiusa per non rovinarvi la sorpresa."
Queste parole mi mettono un po' in soggezione, ma decido di non indagare troppo e di limitarmi ad una risposta di circostanza, così posso uscire dall'ufficio. Subito i miei colleghi mi tartassano di domande a cui rispondo in maniera distratta: considerato il suo comportamento finora, ho la sensazione che la "sorpresa" in serbo per noi non sia affatto piacevole.
I test successivi impiegano quasi un'ora e mezza, che noi passiamo prima a confrontarci sugli esami, poi sulle parole della guardia, la quale ha deciso di non dirci più niente per 'non finire nei guai' e infine restando semplicemente in silenzio ad aspettare. Poi, finalmente, il dottor Vanacore
esce dalla stanza e ci guida nuovamente verso la sala conferenze; quando arriviamo, essa è già gremita dato che, a quanto pare, siamo tra gli ultimi ad essere arrivati. Nonostante questo, la prima fila è completamente vuota - probabilmente è riservata a qualche ospite o a coloro che hanno superato il test, quindi non pensiamo nemmeno di sederci.
Mi siedo nel primo posto libero che trovo e rivolgo lo sguardo al podio: sullo schermo è ancora proiettato l'elenco dei nostri nomi, mentre il Sovrintendente è ancora al suo posto a giocherellare assente con Nero mentre legge qualcosa sul suo telefono. O almeno, credo stia leggendo, data l'anomala tensione della sua postura; non ho tempo però di soffermarmici troppo, dato che gli ultimi due gruppi arrivano assieme e lui si alza per riceverli e continuare:
"Bentornati signori, spero che il test sia stato gradevole. Dunque, vi prego di lasciare la prima fila vuota dato che ci si siederanno coloro che hanno superato l'esame. A tal proposito, sono certo stiate morendo dalla voglia di sapere chi lavorerà nella mia Divisione, vero? Beh, scopriamolo ora, che ne dite?" Premendo un tasto sul computer, la tabella dei nomi cambia colori, con una ventina colorata in verde, due in rosso e tutti gli altri in grigio; inoltre una serie di numeri appare a fianco a ciascuno di essi, probabilmente a indicare il risultato ottenuto.
"Dunque, sedici di voi hanno superato il test con un punteggio sopra il 13 su 25, due di voi hanno totalizzato punteggi inferiori con almeno una resistenza rara e gli altri sono nella norma, ovvero tra il 4 e il 12 su 25. Detto ciò, i signori che compariranno adesso sono pregati di passare avanti per assistere alla dimostrazione."
La schermata cambia e adesso mostra solamente i nomi degli studenti che hanno passato il test. Scorro velocemente tra i nomi, per vedere se riconosco qualcuno e… Oh.
Ohhh.
C'è il mio nome là.
Che… gioia. Ok, niente panico, non fa nulla… Devo solo avvicinarmi a quello che è stato descritto come peggiore di un ragno demoniaco, non ho mica qualcosa da temere. Ohh, mi tremano le gambe, se ne stanno accorgendo? Dai, su, pensa positivo, dopo la dimostrazione farai le valigie e partirai per il Vulcano per lavorare a qualche bel progetto lontano dal signor senza-faccia.
Questi pensieri mi accompagnano mentre raggiungo la prima fila e mi siedo, o meglio mi lascio cadere, su una delle sedie. Mi rimbombano nelle orecchie le parole della guardia e la brutta sensazione di cui mi ero liberata durante il test mi attanaglia nuovamente, mi sento stringere lo stomaco. Devo fingere che vada tutto bene, però: il Sovrintendente è a forse tre metri da me e potrebbe urtarsi se mi comportassi in maniera anomala.
"Vi ringrazio della cortesia. — continua melenso lui, che da questa posizione pare torreggiare su di noi anche quando fa un esagerato inchino. — Ora arriva la parte davvero importante dell'orientamento, sia per coloro che lavoreranno con me che per gli altri: vi mostrerò esattamente cosa facciamo noi della Divisione di Ricerca Memetica, quindi una breve dimostrazione. Volontari? No? Beh, me lo aspettavo, quindi ne ho scelto uno in anticipo."
In quell'esatto momento, la porta si apre per lasciar entrare una comitiva agghiacciante: una giovane donna priva di sensi è immobilizzata su quella che sembra una sedia a rotelle, spinta da un agente mentre un collega - lo stesso che ci aveva sorvegliati prima! - lo affianca, puntandole contro la propria arma. A chiudere il gruppetto, un ricercatore bassino e dai capelli biondi, con un paio di occhiali infilati nel taschino della giacca, cammina al fianco di un uomo calvo, un po' corpulento e dall'aria severa accentuata dai folti baffi brizzolati. Questi ci saluta con un cenno del capo, poi si piazza di fronte al Direttore, che lo squadra dall'alto del suo podio.
"Bigotto." Il Sovrintendente sibila con malcelato disprezzo.
"Bigotti, dottor Verdi." Replica questi con un sospiro, al che il Sovrintendente ridacchia malevolo:
"So quello che ho detto. Allora, a cosa devo l'onore di avere il Direttore della SRE-M qui per la mia piccola dimostrazione?"
"Sono qui per valutare lo svolgimento dell'evento e prevenire qualsiasi violazione del Codice Etico della Fondazione, in modo particolare degli articoli 27 e 53 sulla tutela dei prigionieri."
"E il marmocchio?" Il Sovrintendente muove appena la testa in direzione del ricercatore più giovane, che indietreggia nervosamente di un passo.
"Un mio assistente che intendo preparare per il ruolo di rappresentante della Divisione al Minerva."
"Adorabile. Beh, sedetevi dove volete e godetevi lo spettacolo." Con queste parole, il Sovrintendente congeda i colleghi e riavvicina il microfono al viso per rivolgersi al resto della sala. "Dunque, vi presento uno dei miei colleghi, il dottor Bigotto…"
"Bigotti…" Ringhia questi, venendo completamente ignorato.
"… Direttore della Sezione Regolamentazione Etico-Morale. Un nome, un programma, eheh. La signorina che vedete qui sul podio vicino a me, invece, si chiama Mariella e prima di assistermi con questa presentazione lavorava nell'ormai ex-Base 16 del CFO. Dunque, come il qui presente Bigotto può confermare, qualche anno fa venne stabilito che i prigionieri del CFO e di altri GdI ostili potessero essere interrogati dalla nostra Divisione, nel caso si mostrino poco collaborativi. Adesso io vi dimostrerò come si conduce un corretto interrogatorio e, allo stesso tempo, come si testano gli agenti memetici in condizioni di sicurezza personale e d'altri.
"Per prima cosa, i memi da testare possono essere in formato visivo, cartaceo o digitale, e acustico. Per i primi, noi usiamo delle cartelle con sigilli fornite di avvertimenti o programmi speciali che necessitano di una password per essere aperti; lo stesso programma è utilizzato per i memi uditivi, che ovviamente non possono essere custoditi in altro modo. Se vi è tutto chiaro, adesso vi spiego come si espone un soggetto a un agente memetico: innanzitutto, per quelli visivi, assicuratevi che nessuno eccetto il soggetto del test li abbia nel suo campo visivo per evitare esposizioni non volute; per quelli uditivi, usate delle cuffiette wireless messe nell'orecchio del soggetto - non entrambe, così che possa sentire chiaramente le domande.
"Al soggetto viene solitamente fatta perdere conoscenza con un Classe XIII, così da poter essere facilmente immobilizzato su un supporto e preparato alla fase di test. Domande? Nessuno, nemmeno voi della prima fila? Va bene, allora procedo. Come vedete, ho qui un supporto per prendere appunti, sia sui risultati dei test che sulle risposte alle domande, abbiatene sempre uno con voi, mi raccomando. Può servire nel caso vogliate scribacchiare un meme che vi è venuto in mente. Ok, penso sia tutto, inizio la dimostrazione."
Il Direttore si mette tra noi e la ragazza immobilizzata, dandoci le spalle senza però coprirla completamente, e inizia ad armeggiare col cellulare; in una ventina di secondi, la donna alza la testa e si guarda attorno disorientata.
"Ma cos… dove…- Inizia, interrompendosi quando nota il Sovrintendente a pochi passi da lei; dalla mia posizione, la vedo chiaramente impallidire e tentare freneticamente di liberarsi, senza però alcun successo. "Oddio no, no, no, no! Non tu!"
"Ok, ora sono offeso." Replica lui, con tono falso e chiaramente divertito dalla reazione della donna. "Eppure sono sta…"
"Stammi lontano, non ti avvicinare!"
"… dubito tu possa fare qualcosa per impedirmelo. Dunque, già che sei qui, che ne dici di raccontarci cosa facevi là alla Base 16? Abbiamo solo una vaga idea e ci piacerebbe qualche dettaglio." A quelle parole, la prigioniera sembra irrigidirsi e rimane silenziosa. "Allora?"
"Preferisco morire piuttosto che tradire il Dictator." Sibila lei con tono freddo e risoluto; il Sovrintendente, dal canto suo, si volta e fa spallucce.
"Dite tutti così voi del CFO, siete noiosi. Beh, dato che sono di buon umore, ti do un'unica chance di uscire con le tue gambe da quella porta: se parli adesso, non solo vivrai, ma ti cancellerò la memoria e ti farò rilasciare - in alternativa morirai da traditrice. A te la scelta."
Sta scherzando, vero? Non… non intende davvero ucciderla?
"Uno sporco vigliacco traditore della Patria non riuscirà a piegare la mia volontà, né la mia fedeltà al Dictator e alla sua causa."
"Chissà dove ho già sentito questa… Oh, beh, mi verrà in mente. Nel frattempo, iniziamo il test." Una pausa innaturalmente silenziosa occupa l'istante che separa le parole del Sovrintendente, pronunciate con gelida, cinica ilarità, e le urla di dolore della donna, che inizia a contorcersi sulla sedia, stringendo i pugni e dibattendosi impotente contro gli anelli di metallo che la bloccavano sulla sedia. Il Sovrintendente sembra non curarsi di ciò e si rivolge a noi con melliflua calma:
"Dunque, ho iniziato con un meme uditivo di Classe IX che corrisponde all'incirca al concetto 'bruciare'. In questo momento, lei si sente come se le sue carni stessero andando a fuoco, anche se come vedete non ci sono fiamme da nessuna parte; in effetti, tutto sta avvenendo nel suo cervello che, stimolato dal suono che ha udito attraverso la cuffietta, genera esso stesso la sensazione. Con il meme giusto, un Classe XIX per la precisione, potrei anche far sviluppare combustione spontanea… ma quello potrebbe essere troppo."
Nessuno osa parlare dinanzi a questo spettacolo: sta torturando una povera ragazza a sangue freddo, parlando di bruciarla viva come se stesse parlando del meteo! Allora quell'agente aveva ragione, questo non è un uomo, è un mostro! Quante volte ha fatto una cosa così raccapricciante?
Mi viene da piangere e da vomitare…
Pietosamente, il Direttore preme qualcosa sul cellulare e le urla cessano, venendo rimpiazzate da respiri profondi e irregolari, così che egli possa continuare a parlare con quel tono diabolicamente spensierato:
"Ci sono tre modi con cui l'effetto di un meme può terminare: con la morte del soggetto, che in questo caso sarebbe sopraggiunta dopo circa quindici minuti dall'esposizione per shock, l'apposita inoculazione antimemetica, che può essere temporanea o definitiva, o semplicemente per il termine dell'effetto del meme. Oh cielo, vi vedo un po' scossi, qualcosa non va?"
"Che un bastardo simile sia non solo a piede libero ma anche a comando di questa istituzione, ecco cosa!"
Come un sol uomo, i presenti si voltano verso uno degli studenti delle file centrali, saltato in piedi con tale foga da aver fatto cadere la sua sedia e che adesso fissa rabbioso il Sovrintendente; questi è rimasto impalato sul podio, rigido e completamente immobile, e sembra ignorare il commento poco lusinghiero che l'assistente di Bigotti rivolge al suo mentore.
Qualcuno inizia a battere le mani e, nel giro di un minuto, applausi scroscianti accompagnano stringhe di insulti di ogni tipo rivolti all'uomo sul podio. Sono quasi tentata di unirmi a loro, quando sento un suono che mi fa gelare il sangue nelle vene.
Il suono di una risata appena soffocata proveniente dagli altoparlanti.
"Povero disgraziato…" sento Bigotti sospirare dal suo posto, facendomi voltare di scatto. Per un attimo il mio sguardo incrocia il suo, che appare stanco e rassegnato prima di tornare duro e severo come quando è entrato. "Capirai subito."
Le sue parole sono profetiche e, nemmeno tre secondi dopo, la confusione viene completamente silenziata quando il Sovrintendente non riesce più a trattenersi e prorompe in una risata isterica e maniacale, così intensa da costringerlo ad appoggiarsi alla scrivania per non perdere l'equilibrio.
"Ahh, oddio, è per questo che adoro fare gli Orientamenti… — commenta una volta ripreso il pieno controllo di sé. — Voi novellini siete sempre così innocenti ed esilaranti, è una cosa adorabile. E stupidamente ingenua, aggiungo. Lei - sì, lei in piedi. Ha fatto proprio un bell'intervento, che ne dice di venire qui a parlarmene di persona?"
Lo studente obbedisce e, con passo deciso, raggiunge il Direttore sul podio rialzato: questi torreggia su di lui, la postura rigida come una serpe pronta a scattare.
"Allora?" Riprende impaziente Quinto, incrociando le braccia sul petto.
"Ho detto che uno come lei dovrebbe marcire in un manicomio, non guidare questa istituzione."
"E perché mai?" Replica il Direttore con la più irritante noncuranza, al che il nostro collega stringe i pugni e alza la voce.
"Perché?! Lei sta torturando una povera ragazza senza alcun rimorso e parla di ucciderla in maniera orribile, e questo senza considerare il come ha ottenuto i dati che ha appena snocciolato. Solo perché era del CFO non significa che la sua vita sia un giocattolo nelle sue mani!"
Il Sovrintendente non risponde subito, ma ridacchia tra sé: "Sta per caso provando a fare colpo su una cavia? Non è molto professionale, lo sa?"
"Non provi a sminuire le mie parole!" Urla furioso lo studente, facendo un passo verso il suo interlocutore e puntandogli un dito verso il volto. "E come osa definire un essere umano una cavia?! Non ha alcun rispetto per la sacralità della vita che la Fondazione dovrebbe proteggere?"
"Capisco, quindi lei è uno di quelli… Bene, le farò avere il modulo per licenziarsi dalla Fondazione e la capsula di amnestico standard. Può sedersi a posto e smetterla di sprecare il tempo dei presenti."
"Cosa intende dire?" Sibila il collega, al che il Direttore scrolla il capo e sospira.
"Che lei semplicemente non è fatto per questo lavoro. Che lei è uno smidollato senza spina dorsale utile solo a lamentarsi e a frignare. Dove sta scritto che noi 'proteggiamo la sacralità della vita'? Da quale sogno allucinato ha tirato fuori una cavolata di queste proporzioni? Si vede che lei è stato qui a scaldare la sedia, come tutti gli altri imbecilli che hanno scimmiottato fino a un minuto fa. Ma dove credete di essere, all'oratorio? Alla scuola materna?
"Questi discorsi sono fantasie di zotici che non capiscono cosa sono stati chiamati a fare, dignità umana, sacralità della vita… Pure e semplici idiozie! Chi di voi verrà mandato all'Asclepio? Beh, preparatevi ad inoculare ogni tipo di porcheria nelle cavie umane per vedere come reagiscono e ad osservare con attenzione ogni singolo dettaglio della malattia. Al Vittoria? Se vi va bene, vi mettono nelle SPeV e dovrete contenere qualche anomalia uscita dal contenimento. Se vi va male, finite in una SSM come la Quattro e dovrete avere a che fare con i traumi psicologici dovuti ai vostri amici e colleghi morti atrocemente sul campo o a quello che potreste trovare nello scantinato di una Base del CFO.
"A tal proposito, vedete questa bella ragazza qui seduta? Sapete cosa stava facendo quando la Pugnus Ferri l'ha trovata? Stava monitorando una ricercatrice della Fondazione catturata tre mesi fa dal CFO a cui avevano mozzato gambe e braccia per tenerla buona e che stavano usando come utero per quattro Chimere a base umana. Ho letto i rapporti che descrivevano come l'addome di quella donna fosse gonfio come un pallone e come si vedessero le sagome di quelle bestie che si muovevano dentro di lei. Mi ripeta quel discorso sulla sacralità della vita umana adesso."
Il nostro collega, pallido come un cencio e chiaramente scosso, deglutisce nervosamente e balbetta:
"Questo… questo non significa che quello che sta facendo lei sia giustificato. Lei non è migliore di questa donna, nemmeno alla luce di queste informazioni."
"E allora lei non ha davvero capito niente sulla Fondazione." Commenta con risoluta fermezza il Sovrintendente. "Noi non siamo qua per essere migliori del CFO, a nessuno di noi importa, se non a voi bambocci che pensate di fare i supereroi e i cacciatori di mostri. Noi non siamo niente di tutto ciò.
"Noi siamo il male necessario. Se il mondo sapesse di noi, ci odierebbe per i nostri crimini; eppure, senza di essi, il mondo stesso non sarebbe come lo conosciamo - nel migliore dei casi. Vedete, la Fondazione ha due motti principali: il primo è "Sicurezza, Contenimento, Protezione" ed è la sintesi della nostra missione; il secondo, che ritengo così importante da averlo adottato come motto personale e dell'intera Divisione, recita: 'Noi siamo coloro che muoiono nell'ombra, così che gli altri possano vivere nella luce'.
"Molti, nel sapere di essere parte di un'organizzazione segreta, hanno subito pensato che sarebbero divenuti eroici difensori dell'umanità, impegnati in un'epica battaglia contro il male. Ebbene, se lo pensate, siete degli illusi. Capite questo: noi non siamo eroi, ma servitori sacrificabili, coloro che offrono le loro conoscenze, le loro anime, le loro stesse vite così che gli altri possano continuare a esistere senza temere l'ignoto e l'anomalo."
Nessuno osa fiatare durante l'arringa del Sovrintendente, né mentre ordina alle guardie di portare via la cavia, rimasta a fissarlo sorpresa, o mentre invita il collega a ritornare al suo posto con tono perentorio, ma senza più l'acceso fervore mostrato fino a quel momento. Egli si siede sul bordo della scrivania con un sospiro, prendendosi un istante prima di ricominciare:
"Questo era il primo esempio di quello che facciamo noi qui dentro. Non è che un assaggio, che ho anche preferito interrompere in anticipo per non turbarvi più del dovuto. Ora siete a un bivio, potete scegliere di tornare nella luce e vivere ignari di tutto, al che vi daremo un amnestico e questi ultimi mesi verranno sostituiti con una storia di copertura, o di restare nell'ombra e dare tutto per il bene comune. Sappiate una cosa però: entrando nella Fondazione, avete rinunciato alla vostra anima. State solo scegliendo a quale diavolo venderla. Ho concluso, coloro che hanno superato il test riceveranno il modulo per entrare nella Divisione all'uscita. Buona giornata."
Senza dire un'altra parola, il Sovrintendente si rialza e si allontana, seguito da alcuni ricercatori e dai due membri della SRE-M. Nel momento in cui la porta si chiude alle loro spalle, un brusio frenetico riempie la stanza, la pressione esercitata dalla presenza di quell'uomo ormai sollevata. Io appoggio la testa sullo schienale, espirando rumorosamente mentre chiudo gli occhi pensierosa: è stata un'esperienza scioccante, mi tremano le mani e la testa mi gira all'impazzata, sapevo che la Fondazione compisse atti tremendi, ma questo va ben oltre ogni mia immaginazione!
Eppure non riesco a dargli torto. Per quanto pensi che quello che ha fatto sia disumano e orrido, le sue parole hanno perfettamente senso, specialmente considerando quello che ci è stato mostrato durante queste settimane all'ULIS; se quello che ho visto in questi mesi è stata solo la punta dell'iceberg, se davvero questo è il male minore… sono pronta ad assumermi questo fardello?
Rimugino a lungo, tormentata dalle tante emozioni contrastanti evocate dalle esperienze odierne, quando improvvisamente qualcosa mi tocca la spalla facendomi sussultare.
"Terra chiama Raini, mi ricevi?" Sbatto le palpebre, confusa, e mi trovo davanti il dottor Vanacore, sempre con quel suo sorriso divertito ma con una punta di preoccupazione nello sguardo. "Allora, com'è stata la presentazione?"
"Traumatica." Commento mentre mi guardo attorno; la maggior parte della sala è ormai vuota e solo qualche studente e un paio di ricercatori sono rimasti ancora all'interno.
"Eheh, beh, Quinto non ama indorare la pillola, se deve dire qualcosa lo fa e basta. Non è cattivo, solo distaccato e completamente privo di tatto, ma quello che dice non è sbagliato."
"No, non penso che abbia torto, solo che forse ci sono altri modi…"
"Se ci fossero, li avremmo adottati. Purtroppo, siamo costretti a fare cose sgradevoli così che nessun altro le debba fare."
"Anche lei ha… sperimentato su delle persone?"
"Sì, essendo il vice-direttore della Divisione, anche io ho fatto test su soggetti umani. Tutti lo facciamo, è il nostro lavoro." La sua risposta, immediata e lapidaria, mi colpisce come un pugno allo stomaco e mi fa abbassare la testa in preda al disgusto. "Però, non pensare che ci piaccia farlo. Una cosa è catalogare e creare nuovi agenti, glifi o meme di altro genere, un'altra è utilizzarli. Tranne Quinto, ma lui è un caso a parte."
"Non so se sono pronta…" Inizio, ma il vice-direttore mi interrompe passandomi alcuni documenti.
"Nessuno lo è, né qui né da nessuna parte. Prenditi la serata per rilassarti e pensarci, poi domani vai alla segreteria per comunicare la tua scelta. Se decidi di andare al Vulcano, come mi hai detto prima, ti auguro buona fortuna e una lunga carriera senza troppi incidenti; se invece sceglierai di restare qui, sappi che non siamo male come ci descrivono, se non sul lavoro. Bene, si è fatto tardi, ho scartoffie da compilare e ragazzini traumatizzati da calmare. Au revoir!"
Lo guardo mentre va via a passo svelto, canticchiando qualcosa tra sé, poi mi concentro sui fogli che mi ha passato, ognuno adornato dal simbolo della Fondazione. Chissà se al Vulcano sono così, se anche alla Divisione Robotica ci sono tutte queste caselle da barrare e risposte da fornire. Ho ancora la possibilità di scoprirlo, di andare là e continuare la mia carriera lontano dal Quinto Sovrintendente e dai suoi sottoposti. Ripongo i fogli nella borsa e mi alzo per andare al mio appartamento. Ho davvero molto a cui pensare.
Alle nove e mezza di mattina, dopo una lunga notte insonne passata a metabolizzare tutti gli eventi della giornata precedente, mi ritrovo nella sala mensa del Sito Minerva a rigirare meditabonda una tazza di tè ormai freddo. Molti dei miei ex-compagni di sventura sono partiti il giorno precedente alla volta dei vari Siti sul territorio italiano, mentre io sono ancora qui a guardare la schiuma sulla superficie della bevanda.
I risultati, signore e signori.
D'un tratto, noto una ragazza bassina e dai corti capelli castani farsi strada cautamente tra i tavoli, muovendosi con attenzione per non far cadere il contenuto del suo vassoio. Quando raggiunge quello a cui sono seduta, fa un cenno con gli occhi azzurri verso il posto libero di fronte al mio:
"Ehi, posso sedermi lì o aspetti qualcuno?" Mi chiede con un un sorriso smagliante. Deglutisco nervosamente, riordinando frettolosamente i pensieri per non umiliarmi, e replico:
"Certo. Cioè sì, non sto aspettando nessuno. Siediti pure." Lei ridacchia e appoggia il vassoio sul tavolo prima di sedersi e stringermi la mano.
"Io sono Chiara, Chiara Lombardi, molto piacere! Sei nuova anche tu?"
"Il piacere è tutto mio, mi chiamo Monica Raini. E… beh, non proprio. Ieri ho finito l'ULIS ma non sono sicura di sapere dove andare."
"Raini, hai detto? Il nome mi è familiare, per caso hai superato anche tu il test ieri?"
"Beh, sì. — replico, massaggiandomi nervosamente la nuca. — Però non sono sicura di volermi unire alla Divisione. Ieri è stata molto pesante e mi sento molto in ansia, specialmente dopo la dimostrazione."
La mia collega annuisce, gli occhi chiusi in pensosa meditazione: "Mh, comprensibile, effettivamente è stata molto intensa. Anche io avevo dei dubbi all'inizio, però il discorso finale del Sovrintendente mi ha convinta che questo sia il luogo giusto per sfruttare al meglio i miei talenti."
"Beata te." Sospiro stancamente, appoggiando la testa sulla mano e continuando a rigirare il tè. "So che quello che ha detto è vero e ho capito, in un certo senso, il perché la Fondazione faccia cose simili, ma mi mette ansia la naturalezza con cui ne parlava. Sembrava stesse parlando del meteo o qualcosa di simile. Roba da brividi."
"Fammi indovinare, non vuoi diventare come lui, vero?"
"Sai leggere nel pensiero?" Le sorrido scherzosamente e lei scoppia a ridere.
"Mi aiuterebbe molto col lavoro, ma no, purtroppo non ho questo dono. So solo interpretare abbastanza bene i gesti e le parole dei miei interlocutori, il che è molto utile in tutti i campi della vita. Comunque sia, a me ha dato l'impressione di un chirurgo che si è così abituato al suo lavoro che ormai sangue e budella non gli fanno più alcun effetto."
"Sarà." Mi rimetto a girare il tè e a guardare assorta i movimenti dell'acqua scura. "Ma hai ragione, non voglio essere come lui, così insensibile e cinica. Mi fa paura la sola idea di diventare così disumana."
"Secondo il mio modesto parere, lo diventeremo tutti indipendentemente dal nostro ruolo. Il Direttore lo disse, no? Stiamo solo scegliendo a quale diavolo vendere l'anima."
"Confortante."
"Per niente." Replica lei con una risata squillante. "Quindi… alla fine che farai?"
"Non so. Ieri sera avevo compilato il modulo per sicurezza, ma non so se voglio consegnarlo. Ho opinioni troppo contrastanti su questo posto."
"In che senso?"
"Beh, ecco… una guardia ieri ci ha parlato un po' della Divisione, ha detto che sarebbe meglio avere a che fare con Zero-Ventisette, che ha quanto ho capito sarebbe una sorta di 'ragno demoniaco', che restare qua al Minerva. Ha detto che qui portano tutti rogne, a cominciare dal Direttore."
"Se sono loro a fare gli interrogatori, è possibile che abbiano una fama da 'inquisitori', per così dire. Forse sono temuti perché non esitano a mettere sotto torchio gli interrogati, anche se membri della Fondazione, per avere le informazioni che cercano. Se vuoi il mio parere, io penso sia un'esagerazione mossa dalla paura di finire su una di quelle sedie, un po' come dal dentista. Solo, con glifi e roba simile."
Rimugino un po' sulle sue parole. Hanno senso, perfettamente senso, però…
"E se lo rimpiangessi?" Chiedo, esitante. Chiara sbatte le palpebre sorpresa, ma recupera subito la sua compostezza.
"Cambierai Divisione. Ci sono moduli apposta."
"La fai troppo facile."
"Non mi piace complicarmi la vita." La ragazza di fronte a me scrolla le spalle e mi lancia un sorriso disarmante. Sospiro pesantemente e scuoto la testa.
"Se me ne pentirò, te la farò pagare, te lo prometto."
Lei scoppia a ridere alla mia minaccia e si limita a indicarmi la porta, al che mi alzo con falsa esasperazione e mi dirigo alla segreteria per vendere la mia anima al Quinto Sovrintendente.
Speriamo bene…