Affari da Vicolo sul Retro

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Anderson Massey trattenne un brivido, mentre varcava la soglia. Dall'altro lato, quello vero e proprio, era un'elegante porta a vetri in stile georgiano dalla trabeazione raffinata. Da quel lato, era legno grezzo coperto di vernice screpolata e sbiadita. Inoltre, la temperatura era più bassa di una trentina di gradi e c'era la nebbia. Egli si voltò verso la guida, un uomo tarchiato con un completo molto più economico, e gli disse:

«Bene, andiamo»

La guida era uno dei tanti "specialisti" assunti dalla Marshall, Carter e Dark. Nessun dipendente dell'azienda si poteva definire squallido, ma il suo cappotto blu era molto più dozzinale di quello di Anderson; anche il suo sigaro era dozzinale ed emanava fumo acre. L'uomo grugnì dietro una sciarpa grigia e si addentrò nel vicolo. Era sempre un vicolo nel Mercato delle Ombre. Non c'erano strade principali, solo vialetti stretti che avvolgevano edifici di mattoni con le finestre barricate e le porte chiuse a chiave. Lì dentro, era nascosta qualunque cosa i Sorveglianti vi custodissero.

Anderson odiava quel posto. Non era certo al di fuori del mondo che conosceva: faceva parte del lavoro presso la MC&D e ne era una parcella. Ciò che odiava era il suo squallore. Era un ambiente di bassa lega, progettato per la feccia. Il suo posto era il suo ufficio o la sala riunioni, non un vicolo fangoso sotto un crepuscolo tetro, offuscato da un velo costante di fumo che puzzava di tabacco e carbone. I gentiluomini non avrebbero dovuto arrancare da nessuna parte, bensì marciare con un proposito. Anderson calpestò qualcosa che non distinse bene e trattenne un'imprecazione. Con voce tagliente, sibilò:

«Non così in fretta. Queste strade sono un dannato pantano e alcuni di noi tengono alla cura del loro aspetto»

La guida borbottò dietro la sciarpa:

«Vabbè»

Da quando si erano presentati, la guida aveva detto a malapena una dozzina di parole. Anderson strinse gli occhi:

«Se fossi in te, baderei al mio tono. A meno che non voglia trovare un impiego alternativo»

Al di fuori della MC&D, era una minaccia vacua. Al suo interno? Nessuno lasciava mai l'azienda di sua volontà e una persona si poteva impiegare in parecchi modi. L'uomo si limitò a grugnire. Anderson strinse i denti; avrebbe dovuto provvedere a qualcosa di molto sgradevole. Gli specialisti erano utili, ma dovevano restare al loro posto.

Qualche volta, mentre percorrevano i vialetti, i due uomini superavano altre persone. A volte erano Sorveglianti, con le loro giacche di pelle grigie e i loro occhialini di ottone cromato. A volte era un uomo dal mondo normale, con le spalle curve e lo sguardo che guizzava da un posto all'altro. A volte era qualcosa di più esotico. Alto e magro, oppure basso, tozzo e squamoso. Finalmente, la guida si fermò all'ingresso di un vicolo cieco più corto e stretto di molti altri.

«Eccoci» disse.

Anderson gli lanciò un'occhiataccia carica di sdegno:

«Be', grazie tante! Aspetta qui, e guai a te se scopro che ci ascolti. Questo è un incontro molto sensibile, non sei pagato per origliare»

La guida grugnì. Anderson raggiunse il fondo del vicolo e aspettò. Com'era ovvio, iniziò a piovere. All'ora che le gocce di pioggia attraversavano la coltre di fumo e colavano giù dai tetti spioventi, erano grigie. Anderson rabbrividì e strinse un po' di più il cappotto. In quel momento, rimpianse di non averne indossato uno più simile a quello della guida. Avrebbe dovuto lavarlo con cura, sempre che fosse ancora salvabile. Gli affari da vicolo sul retro non avrebbero dovuto essere così letterali.

L'unica cosa che riusciva a vedere della sua guida era il flebile bagliore rosso dell'estremità del suo sigaro. Dopo qualche minuto, si rese conto di non essere solo: lo stavano aspettando due Sorveglianti. Nessuno dei due si voltò per guardarlo e nessuno dei due disse una parola. Non mostravano segni di disagio per la pioggia, anche se era difficile capirlo, visto che avevano gli occhi nascosti dalle lenti di vetro affumicato. Solo i nasi e le bocche dimostravano che erano umani. O perlomeno, avevano nasi e bocche umanoidi. Nessuno di quelli con cui Anderson aveva parlato era del tutto certo su quello.

Anderson pensò di chiedere cosa ci facessero lì, ma decise che non valeva la pena disturbarsi. Finalmente, quando ormai era inzuppato, nel vicolo entrò un uomo aborigeno. Era il signor Fire, anche se lo pronunciava in modo stranissimo. Il sorriso del signor Fire era fin troppo radioso e il suo completo, molto più bello di quello di Anderson, sembrava pulitissimo e a malapena inumidito. Portava con sé una valigia da viaggio. Lo salutò:

«Anderson! Non ti vedo da quanto, due mesi? Come sta tua moglie? Tuo figlio sta per iniziare a giocare a softball

Anderson fece un sorriso forzato. Non gli aveva mai parlato né di sua moglie, né di suo figlio.

«Stanno bene. Grazie per aver chiesto»

«Sei venuto in anticipo, avresti dovuto chiamare. Sarei partito prima, ti avrei risparmiato la doccia inquinata»

«Oh, non fa niente. In fondo, so che è una bella scarpinata» rispose Anderson.

C'era qualcosa su cui era stato informato da un altro specialista della compagnia: "L'Ambasciatore cammina dovunque. Davvero dovunque. Vetture e aerei, treni e furgoni blindati, tutti a sua disposizione, oltre a mezzi più strani, e cammina. Da un capo all'altro del mondo, non importa quanto in fretta deve viaggiare, arriva proprio quando vuole". Il signor Fire sorrise ai due Sorveglianti:

«Be', quel che è fatto è fatto. Signori, sono contento che ce l'abbiate fatta anche voi»

Uno dei due fece spallucce:

«Ci ha pagati»

Anderson ritenne che le spalle si muovevano in modo innaturale. Lo specialista che l'aveva accompagnato fin lì si stava avvicinando. Anderson fremé per l'irritazione, ma si sentì anche più a suo agio. All'improvviso, si sentì vulnerabile, in compagnia dei due Sorveglianti e del signor Fire. Rimpianse di essere stato così sgarbato con la guida, ma chiunque lavorasse per la MC&D era abbastanza professionale per svolgere un lavoro nonostante il trattamento. E in ogni caso, il rango di un dirigente era molto superiore a quello di un teppista qualsiasi, a prescindere dal suo talento. Il signor Fire ammonì:

«Paga sempre i tuoi creditori quando puoi, o pagherai ancora di più quando non puoi. L'avete portato?»

Per tutta risposta, il Sorvegliante gli porse un orologio da taschino rotto. Doveva essere un sogno o un ricordo. Anderson era stato informato su quegli oggetti magici: potevano assumere quasi qualunque sembianza, dalle audiocassette ai ninnoli per turisti, persino monete usurate. Nell’ufficio del signor Carter c’era un frammento di ossidiana che doveva essere il ricordo più vecchio che i Sorveglianti avessero mai rubato. Il signor Fire prese l'orologio da taschino e lo mostrò a Anderson. Il flebile tintinnio della catena fece eco con la risata di un uomo e la faccia sorridente del signor Fire si rifletteva sulla superficie luccicante.

«Cos'è?» chiese Anderson.

Lanciò una rapida occhiata allo specialista, che ora stava dietro di lui. Il signor Fire gli rispose:

«È un ricordo, estratto dalla mente della Regina Nera. In passato, avete avuto problemi con lei»

«Non quanto voi» replicò Anderson, sospettoso.

«Ah, ma io so già cosa svela questo ricordo. A voi potrebbe tornare un po' più utile. Credo che ci siano più informazioni qui che nei registri di cui abbiamo parlato»

«Non abbiamo parlato di nessun…»

All'improvviso, la sua guida prese la parola e lo interruppe:

«Affare fatto. Avrete i registri del campo giovanile domani, il resto sarà pagato dopo»

Anderson diede un'occhiata all'uomo tarchiato. Aveva a malapena parlato durante l'andata. Che stava facendo? Il signor Fire esultò:

«Mi fa piacere saperlo! Ma ti dirò: il nostro amico Andy, qui, mi sta simpatico. Includi anche lui e saremo pari»

Con crescente confusione e orrore di Anderson, l'uomo tarchiato annuì, sputò nella sua grossa mano e la tese. Il signor Fire gliela strinse. A quel punto, lo specialista fece un gesto strano e Anderson si sentì le gambe flaccide. Le sue palpebre si fecero pesanti. L'uomo tarchiato disse:

«La consegna sarà al solito posto. E sarà meglio che non ci siano trucchi, O5-4»

Mentre sveniva, Anderson sentì la risata dell'Ambasciatore:

«Trucchi? Mai. Perché ingannare il mio caro amico Carter?»


Nel suo ufficio, il signor Carter mise via il ricordo. Sarebbe stato revisionato dopo. Per ora, l'incidente degli zombi a Happy Acres era la priorità. Ogni azienda che si rispettasse doveva fare tre cose, per avere successo: gestire i soldi, occuparsi dei clienti e fare il lavoro. Skitter Marshall se la vedeva coi clienti: avrebbe consolato i genitori in lutto e lisciato le piume spettinate. Robert Carter gestiva il resto. Che Dark lessasse in qualunque posto fosse l'inferno da cui proveniva. Che Skitter fosse il volto sorridente dell'azienda. Non avrebbero potuto fare niente, senza il signor Carter.

C'era una risma di fotocopie e cartellette sulla sua scrivania: tutte le informazioni che aveva potuto raccogliere, rubare ed estorcere sull'incidente a Happy Acres. Quella risma di cartellette gli era costata caro: rapporti sul campo da un agente corrotto della Coalizione Globale dell'Occulto. Le informazioni più affidabili che i suoi contatti nella Mano del Serpente avevano saputo dargli. Un senatore complice che gli aveva fornito l'accesso alla banca dati dell'Unità Incidenti Insoliti, in cambio di qualche favore.

I soldi e la conoscenza erano potere. Si poteva scambiare i primi per l'altra, se si sapeva come fare, e Robert era un esperto. Aveva speso un mucchio di soldi per accumulare tutta la conoscenza che aveva trovato. Ora che l'aveva, era il momento di farne uso. Prese la prima cartelletta e iniziò a leggere. Uno dei muri del suo ufficio era una bacheca di sughero: il signor Carter non si fidava dei computer, per quel tipo di lavoro. Gli piacevano le cose che poteva toccare. Nel corso dei giorni successivi, quella bacheca si riempì di uno schema sempre più intricato di fogli, fotografie, puntine, fili colorati e appunti scarabocchiati.

Uno alla volta, Robert eliminò i soliti sospettati. La Coalizione era impegnata a fare altro. L'Insorgenza del Caos era incapace di agire così allo scoperto senza spargimenti di sangue. Avrebbe sentito parlare di membri della Mano che pianificavano un tale attacco; inoltre, non c'erano Vie nei dintorni di quel campo giovanile. Quando il signor Carter finì la sua analisi, rimaneva solo una scheda su cui non aveva ancora disegnato una croce.

LA FONDAZIONE

Quello sì che era un sospettato interessante. Era piuttosto bizantineggiante, ma al Comando O5 piacevano molto i giochetti: ci voleva Dark per far filare tutto liscio. Che fossero stati loro? Avrebbero potuto? No. Sapeva ogni parola che i Sovrintendenti si erano detti nelle ultime due settimane. Se ci fossero stati loro dietro quegli zombi, l'avrebbe saputo. Un agente operativo ribelle? Il Comando O5 teneva bene d'occhio le sue risorse. Lo faceva da quando era successa una certa cosa, in una particolare data. Robert chiamò l'oggetto a forma di donna che presidiava la sua scrivania:

«Jennifer, passami i nostri rapporti sulla Fondazione da… uhm… facciamo il settembre del 2006»

«Sì, signor Carter»

C'era una nota metallica nella sua voce. Robert avrebbe dovuto parlarne alla sezione di Ricerca e Sviluppo, prima che annunciassero la serie per i loro clienti. La segretaria gli passò un vecchio fascicolo con gli angoli piegati che odorava di polvere e carta vecchia. Il signor Carter lesse il nome che stava cercando sulla prima pagina. Posò il fascicolo e prese il telefono. La sua mano non tremava, ma le vene sul dorso erano in rilievo e gli venne un tic all'occhio sinistro. Compose il numero. Gli rispose la voce del signor Marshall, vellutata ed esperta come quella di O5-4:

«Robert! Stavo giusto parlando coi coniugi Goldberg. Cosa posso fare per te?»

«Abbiamo problemi»

«Oh, non può essere così grave, se lo stai gestendo tu. Quanto è grave?»

«Al punto di scomodare Dark»

All'altro capo del telefono ci fu silenzio, dopodiché Skitter mormorò:

«Cazzo»

«Mi serve un'assemblea dell'intero consiglio di amministrazione al più presto. Quanto ti ci vorrà ancora per sistemare le famiglie?»

«Posso arrivare di prima mattina»

«Va bene»

Non c'era bisogno di contattare Dark: sarebbe arrivata senza che glielo chiedessero; o arrivato, dipendeva dalle fattezze che avrebbe avuto. Il signor Carter si strofinò la schiena nel punto in cui, fino a poco tempo prima, i tubetti l'avevano connesso a… Jenkins? Franklin? No, era stato Cho. Non importava. Ora non c'erano più. Tanti saluti. Robert riattaccò il telefono, prese il pennarello rosso e tracciò un'ampia barra sulla scheda con scritto "LA FONDAZIONE". Prese un'altra scheda e la inchiodò sulla bacheca di sughero. Vi scrisse un grado militare e un cognome:

IL GENERALE BOWE

Dopo una breve riflessione, il signor Carter vi aggiunse un punto interrogativo. Sperava con tutto se stesso di sbagliarsi. Altrimenti, sarebbe stato molto negativo per gli affari della MC&D.

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