Thomas Bailey si svegliò con la luce del sole che filtrava dalla finestra. Fuori facevano 25.6 gradi centigradi, e considerando che lui si trovasse nel Circolo Antartico in piena estate, ciò non era affatto normale. Si strofinò gli occhi e si affacciò alla finestra, la aprì ed osservò le strade della Città Imperiale in cui si trovava il suo appartamento.
Al di sotto di lui, dei bambini della Corte Estiva giocavano in uno dei tanti giardini di licheni del distretto nobile. Un uccello fisso a terra grande quanto un pastore tedesco, il quale Tom riconosceva essere un Auk Imperiale (Pinguinus impennis imperialis) zampettava portato a guinzaglio da una donna nobile con addosso una veste dalle maniche spesse con orli in verde ed un cappello decorato con piume di pinguino. Dall'altro lato della strada, un corriere della Corte Nera correva tra le mura degli appartamenti, sostenuto solamente dall'inerzia (e possibilmente da una benedizione). I corrieri venivano utilizzati soltanto per consegnare la posta più confidenziale; per ogni altra faccenda come informare delle bollette arretrate si utilizzava il telefono, oppure se si trattava di pubblicità o simili si ricorreva alla posta tradizionale. Pertanto, la lettera doveva essere importante.
Come era certo, il corriere saltò da un appartamento all'altro- 10 metri buoni all'incirca -e ed entrò per la finestra aperta da Tom. Bailey riuscì ad allontanarsi per un pelo così lasciando che l'uomo peloso gli saltasse sul letto come una pantera. Questi quasi si mimetizzava in mezzo all'appartamento di Tom, visto che indossava cuoio di camaleonte occidentale il che lo rendeva quasi invisibile.
Il corriere, un uomo di nome Da'ai lo Svelto, gli disse in antarticano, "Sarebbe cortesia tenere le finestre chiuse se si è in attesa di me e dei miei colleghi.1"
"Mi piace vedere il paesaggio la mattina," rispose Tom nella stessa lingua incrociando le braccia. "E non ti stavo proprio aspettando; cosa accade?"
"Messaggio dall'Istituto," borbottò il corriere mentre gli porgeva una lettera col sigillo dell'IISPE.
Tom afferrò la lettera e si sedette. Aprirle di fronte ad un corriere era cattiva educazione. L'uomo peloso tossì sporgendo la mano; Tom gli passò 5 imperiali."Da'ai, lo sai che non dovresti ricevere mance."
"Vedila come una tangente, Thomas Bailey." Il cortigiano nero lo pronunciava "Too-mass Balley". "Tu mi dai i soldi ed io non dico a nessuno cosa ci fosse nella lettera."
"…La prossima volta terrò la finestra chiusa," disse Tom prendendo distanze. Da'ai lo Svelto uscì dalla finestra e salì sul tetto. Tom sentì il rumore dei passi che si facevano sempre più rapidi. "…sbruffone," borbottò Tom aprendo la lettera.
Passata mezz'ora, Tom percorreva le strade della Città Imperiale sul 484 Saquah Speeder2. Passò per il distretto commerciale, dove accanto a lui passavano dei ciclisti che tentavano di vendergli assicurazioni automobilistiche. Tom li ignorò e tirò fuori del lichene dal vano porta oggetti per poi masticarlo; l'effetto che dava era simile a quello del tabacco, con la differenza che non causava il cancro con l'uso quotidiano per 60 anni. Il lichene poteva causare calvizie, una tintura violacea della pelle e la perdita di qualunque benedizione, ma almeno non dava il cancro.
Passando di fronte al Palazzo al centro della città, dalla radio dell'auto partì l'Inno Antarticano. Tom non si stancava mai di sentirlo nonostante avesse vissuto in quel posto per gli ultimi tre anni; sospettava che l'inno avesse qualche proprietà memetica che gli impediva di stancare. Il palazzo in sé era stato scolpito nelle ossa di un gigante… qualcosa che era chiamato il Sanak Thiuh, il cui cranio faceva da ingresso. Ne aveva sempre voluto prendere un campione, ma anche solo per aver toccato uno dei muri esterni senza permesso lo avrebbero giustiziato con accusa di vandalismo.
Sorpassando il Palazzo, Tom arrivò ad una stazione dell'Istituto e vide un bus ad alta velocità l' parcheggiato. Da questo uscivano alcuni membri della 'nobiltà del nord', o per come li conosceva lui, ricercatori della Fondazione. Ne riconobbe alcuni come provenienti dal Sito-87, ma oltre a quelli, erano tutti volti nuovi. Con tutta probabilità erano tutti provenienti dalla stazione degli zeppelin3. Una di questi nuovi arrivati - un orticultore - si era piegato per osservare un fiore. Tale fiore le saltò in faccia e si aggrappò al suo naso per poi cominciare a succhiarle il sangue. Lei si agitò nel mentre che alcuni medici benedetti tentarono di rimuovere il fiore, uno di questi lo colpì e l'altro trattò la ferita.
Novellini, pensò Tom, scuotendo la testa e dirigendosi verso l'entrata dell'Istituto.
L'assistente di Tom, Yu'nai Bitop andò verso di lui, la sua pelle scura rifletteva la tenue luce dell'illuminazione dell'edificio nel mentre camminavano uno accanto all'altra. Quelle luci erano in netto contrasto con l'illuminazione intensa di Siti come l'87 e il 19; queste erano incandescenti, giallognole e piacevoli alla vista. L'illuminazione era appunto la prima cosa che Tom aveva notato la prima volta che era entrato in un edificio dell'Istituto. "Sono nella sala d'attesa. Hai il discorso pronto?"
"Sì, Yu." Tom le sorrise, le mostrò un bigliettino e canticchiando si diresse verso la sala. Si presentò sul palco, il quale più che altro era una piattaforma rialzata nel mezzo della sala, questa era sta ricavata dall'osso a forcina di una delle ultime gru selachimorfiche giganti note.4
Contò i presenti. Ce ne erano 40, per lo più donne, il che era una novità gradita. Cominciò a parlare. "Buon pomeriggio," disse Tom. "Sono il dottor Thomas Bailey e mi duole informarvi che per i prossimi due anni, non riceverete una goccia di caffè. Non vedrete i vostri compagni. Sarete costantemente sorvegliati. Lavorerete sotto ad una autorità che non comprende i vostri bisogni come specie- un attimo." Tom osservò i suoi appunti sbronciato e si batté la mano sulla fronte. "Dannazione! Questi sono gli appunti per l'orientamento al Sito-19."
La folla rise, in particolare i pochi che provenivano dal Sito-19. "Ad ogni modo. Temo di essere stato serio per quanto riguarda il caffè, ma qui ci sono lucertole dal sangue caffeinato. Provate pure un po' della loro carne e questa vi sveglierà meglio di qualunque bibita di Starbucks." Tom tirò fuori un pezzo di lucertola essiccata dalla tasca, la confezionavano in pacchetti come quelli degli M&Ms e degli Skittles. Lo mangiò di fronte al pubblico, di cui alcuni furono disgustati, ma di cui i più pensarono 'eh, una volta che vedi un uomo ribaltato come un calzino dal suo stesso intestino, non c'è più molto che ti tanga'.
"Questo luogo non è affatto come la realtà di base. Qui vi sono cose che crediamo anomale ma che in realtà sono la norma, ad esempio, le lucertole caffeinate. Ci sono squadre armate il cui unico scopo è di uccidere pinguini antartici giganti prima che possano aggredire i cittadini o la nobiltà imperiale. La magia esiste e la sanno utilizzare molte persone; e prima che me lo chiediate, potete pure riprodurla, se siete degli Studi Occulti." Emerse un leggero 'aww' da alcuni dei presenti, mentre una coppia di donne ispaniche sul retro si diede il cinque. Tom continuò. "Il più dei locali ha come minimo cinque nomi, ma a patto che non siano dei nobili, potete usarne solo due. L'Impero è un matriarcato, quindi signore, non fatemi giustiziare per starvi annoiando." Tom si tolse il cappello di paglia per salutare una ricercatrice pel di carota che aveva già conosciuto al Sito-87; ricordava che il suo nome fosse Lara? Del Dipartimento di Teologia.
"La prima cosa che dovete imparare è la lingua, la quale conoscete già tutti, visto l'esame linguistico mandatario che avete superato per arrivare fin qui. La seconda è la cultura e purtroppo, nonostante le mie continue lamentele, gli esami culturali non sono mandatori." Tom scosse la testa e scese dal palco. Questo emerse prendendo la forma di un cilindro e dei proiettori cominciarono a mostrare una presentazione dell'IISPE intitolata: "LA STORIA DEL TERZO IMPERO". "Il fiml dure tre ore," commentò Tom. "Ma ha delle parti buone. Piango sempre quando parlano della prima imperatrice."
Quattro ore più tardi, il bus ad alta velocità depositò all'incirca un terzo dei novizi nel Quartiere Nobile dell'Impero Antartico. Gli altri sarebbero stati condotti in altri luoghi più remoti per fini antropologici, zoologici, botanici o altre ricerche. Molti di loro erano diretti a studiare la Corte Nera in prossimità del mare5. I rimanenti sarebbero rimasti nello stesso edificio di Tom.
L'edificio era una struttura oblunga scolpita nel calcare fungino; il fungo rinforzava la debole roccia, permettendogli di sopportare grandi pesi, ed inoltre la rendeva incredibilmente resistente contro, ad esmpio, una bomba anti-imperialista. Veniva utilizzata per le fondamenta di molti palazzi vicini alla Città Imperiale. Avere una casa interamente composta da tale materia era sia segno di benessere che di paranoia, e sia la Fondazione che l'Istituto abbondavano di entrambe per quante riguarda la 'nobiltà del nord'.
"Eccoci qua," disse Tom aprendo la porta. "Ognuno ha la sua stanza?" Vi fu un mormorio affermativo. "Bene. Ci troverete dei pacchetti di benvenuto. Oh, non preoccupatevi dell'acqua; il sapore sarà pur strano, ma è solo perché è stata filtrata." Tom sottointese da cosa fosse stata filtrata, pensando fosse meglio che lo capissero per conto loro. Lasciò che i nuovi arrivati facessero ingresso nelle loro camere ed infine si diresse verso la sua. Lì, steso sul letto, vi era Da'ai lo Svelto.
Tom lo fulminò con lo sguardo. "Cosa ci fai qua? Così spargi i peli sul mio letto! Non voglio che la governante faccia girare delle voci di nuovo!"
"Un altro messaggio, Toomas Balley." Saltò in piedi offrendogli una lettera. Questa era contrassegnata dal simbolo della casata Ka'Ki. Devono aver speso molto per fargli arrivare il messaggio.
Tom scocciato aprì la busta. "Mi sfidano di nuovo a duello? Almeno vedo che l'hanno piantata di mandarmi dietro dei sicari, è un miglioramento."
"In realtà mi hanno offerto 500 imperiali per piantarti un coltello in gola." Da'ai gli sorrise con le arcate nere per la mancata igiene orale della Corte Nera.
"Hai accettato?" Chiese Tom con fare serio, mentre ancora osservava la lettera.
"E perdere le mie benedizioni? Per l'amore dell'Imperatrice!"
"Peccato. Avremmo potuto fare a metà. Ti avrei anche lasciato una fetta più grande in realtà." Tom appoggiò la lettera sul comodino e sospirò. "Parti. Digli che prenderò in considerazione l'invito."
"…hai fegato, Toomas Balley. Soprattutto dopo ciò che hai fatto."
"Tutto ciò che ho fatto è stato chiedere gentilmente all'Imperatrice di aprire delle indagini. Tutto il resto l'hanno fatto gli esattori." Tom sorrise sedendosi. "Non ti avevo detto di partire?"
"Sì, lo hai fatto." Da'ai lo Svelto si rivolse verso la finestra. "Stammi bene, Toomas." Da'ai fece un balzo, per una frazione di secondo impattò il suolo, per poi saltare su di un'altra parete, arrampicarsi su di un tetto ed infine sparire verso l'orizzonte.
Tom gli urlò affacciandosi alla finestra, "Resti uno sbruffone!" Scosse la testa e serrò gli occhi per poi sedersi di nuovo e sospirare. D'estate, il sole non tramontava mai; si abbassava e basta. Pertanto, chiuse le persiane, poi la porta ed aprì una copia de Il Figlio del Cimitero di Neil Gaiman che si era portato da casa. Lo aveva già letto quindici volte.
Ora della sedicesima.
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